QUER FATTACCIO

blog di politica, notizie curiose, amenità varie in ordine più o meno sparso, così come mi vengono nello Zibaldone della mia mente...

Creato da Quer_fattaccio il 03/02/2010

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I SOLDI DEI BAMBINI PER L'ATTICO DI BERTONE

Post n°558 pubblicato il 03 Novembre 2015 da Quer_fattaccio

Vatileaks, l'anticipazione del libro: “I soldi dei bambini per l’attico di Bertone”

Nel libro del giornalista de L’Espresso, i documenti che raccontano gli ultimi scandali finanziari vaticani

di EMILIANO FITTIPALDI

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Vatileaks, l'anticipazione del libro: “I soldi dei bambini per l’attico di Bertone”
RICCHEZZE sterminate, proprietà immobiliari per quattro miliardi di euro, offerte per la beneficenza che non vengono spese per i più poveri ma ammucchiate in conti e investimenti, o per esigenze dei monsignori di curia.

E ancora: fondazioni vaticane dedicate ai bambini malati che investono centinaia di migliaia di euro per ristrutturare la casa di cardinali importanti, imprenditori indagati in Italia che — nonostante l’annunciata pulizia della banca vaticana — ancora nascondono i loro soldi allo Ior, investimenti milionari (da parte del Bambin Gesù, ospedale finanziato dallo Stato italiano e che ha in cassaforte un fondo segreto da 427 milioni di euro) su aziende petrolifere e chimiche Usa come la Exxon e la Dow Chemical.

Nel libro “Avarizia” del giornalista de “L’Espresso” Emiliano Fittipaldi, in uscita per Feltrinelli giovedì 5 novembre, si raccontano decine di scandali finanziari vaticani, grazie allo studio di una documentazione riservatissima e a un lungo lavoro di inchiesta giornalistica.

LAVORI NEL MEGA ATTICO
Partiamo dal Bambin Gesù. O meglio da una fondazione controllata, nata nel 2008 per raccogliere denaro per i piccoli pazienti. Gli investigatori della società di revisione PricewaterhouseCoopers (PwC) nella bozza del rapporto consegnata al Vaticano il 21 marzo 2014 dedicano alla onlus italiana con sede in Vaticano alcuni passaggi della loro due diligence. Nel focus si evidenzia l'affitto di un elicottero, nel febbraio 2012, per la bellezza di 23 mila e 800 euro. Pagati sull'unghia dalla fondazione Bambin Gesù "a una società di charter per trasportare monsignor Bertone dal Vaticano alla Basilicata per alcune attività di marketing svolte per conto dell'ospedale". Ma c'è un'altra spesa della fondazione non pubblicata sul rapporto PwC che rischia di imbarazzare il Papa e il Vaticano.

Quella che riguarda il pagamento dei lavori della nuova casa di Bertone a palazzo San Carlo. La fondazione, definita da PwC come "un veicolo per la raccolta di fondi volti a sostenere l'assistenza, la ricerca e le attività umanitarie del Bambin Gesù" ha saldato le fatture dei lavori per un totale di circa 200mila euro, pagati all'azienda Castelli Real Estate dell'imprenditore Gianantonio Bandera. "Gentile dottor Fittipaldi, alle sue domande" precisa Bertone, "rispondo che il sottoscritto ha versato al medesimo governatorato la somma richiesta come mio contributo ai lavori di ristrutturazione. Non ho nulla a che vedere con altre vicende ".

Profiti, fino al 2015 presidente sia del Bambin Gesù che del consiglio direttivo dell'omonima fondazione conferma invece la spesa autorizzata a favore dell'appartamento di Bertone, già finito nella bufera per la sua ampia metratura. La parcella, spiega Profiti, sarebbe stata giustificata dal fatto che la casa del cardinale sarebbe stata poi messa a disposizione della fondazione stessa per finalità "istituzionali": "È vero: con i soldi stanziati da noi è stata ristrutturata una parte della casa di Bertone. Cercando di ottenere in cambio la disponibilità di potere mettere a disposizione l'appartamento".

BENEFICENZA ZERO
Se analisi della Ernst e Young evidenziano che vendendo benzina, sigarette e vestiti a costi ribassati rispetto all'Italia il Vaticano guadagna ogni anno 60 milioni (i clienti dei negozi dovrebbero essere circa 5mila, ossia residenti e dipendenti della Santa Sede, ma a Roma sono state distribuite ben 41mila tessere a vip, raccomandati e amici degli amici), leggendo le carte è evidente che i denari in Vaticano si trovano dappertutto. E, quando ce ne sono tanti, è facile che non manchino nemmeno gli sprechi.

Un cruccio, per Francesco, che vorrebbe limitarli il più possibile, bloccando rigagnoli infruttuosi per deviarli su attività evangeliche. Una delle voci più interessanti analizzate dai revisori di Kpmg è quella relativa all'Obolo di San Pietro. Il Vaticano lo definisce, letteralmente, un "aiuto economico che i fedeli offrono al Santo Padre, come segno di adesione alla sollecitudine del successore di Pietro per le molteplici necessità della Chiesa universale e per le opere di carità in favore dei più bisognosi".

La carità dei fedeli (esiste anche un conto Iban dedicato) è andata a gonfiare un fondo che non compare nel bilancio della Santa Sede, e che nel 2013 ha toccato i 378 milioni di euro. "Tutte le entità menzionate nella Pastor Bonus sono incluse nel perimetro di consolidamento", riassumono i commissari della dissolta commissione pontificia commentando le analisi di Kpmg, "ma non tutti i fondi esistenti in queste entità, prevalentemente denaro liquido e titoli, sono riportati nel bilancio di esercizio.

Tra gli attivi non consolidati i fondi esclusi dal bilancio consolidato ammontano a nonmeno di 471 milioni di euro; di questi, 378 corrispondono all'Obolo di San Pietro. Questi fondi sono depositati su conti bancari presso lo Ior, l'Apsa e altre banche". Un paragrafo del rapporto Moneyval fa luce anche sulla reale destinazione finale dei denari raccolti: "Nel 2010 gli esborsi erano costituiti principalmente da spese ordinarie e straordinarie dei dicasteri e delle istituzioni della curia romana" e non in opere di carità. Stesse evidenze nella gestione dell'8 per 1000.

CASE E AFFARI
Un documento della Commissione referente, scritto in inglese e in italiano e destinato a George Pell, capo della nuova segreteria per l'Economia voluta da Francesco, sintetizza per la prima volta il valore reale di tutti i beni immobiliari di proprietà di istituzioni vaticane. Leggiamolo: "Sulla base delle informazioni messe a disposizione di Cosea, ci sono 26 istituzioni relazionate alla Santa Sede che possiedono beni immobiliari per un valore contabile totale di un miliardo di euro al 31.12.2012. Una valutazione di mercato indicativa dimostra una stima del valore totale dei beni di quattro volte più grande rispetto al valore contabile, o quattro miliardi di euro".

Già: quattro miliardi tondi tondi. Nel report sono indicate anche le istituzioni papali "con le proprietà più importanti a valore di mercato". Cioè l'Apsa (con un patrimonio da 2,7 miliardi), la congregazione Propaganda Fide (450 milioni di euro, in passato libri e giornali hanno sempre dato stime ancora più alte), la Casa sollievo della sofferenza (grazie alle donazioni l'ospedale di Padre Pio ha un portafoglio di 37 palazzi valutato 190 milioni) e il Fondo pensioni dei dipendenti, che possiede immobili per 160 milioni di euro.

Non è tutto. In un altro report confidenziale della Cosea datato 7 gennaio 2014 si specifica che quasi sempre "gli immobili sono registrati o al costo di acquisizione o al costo di donazione, e molti edifici istituzionali sono valutati a 1 euro. Dunque c'è da aspettarsi che il valore di mercato del real estate vaticano sia molto più grande".

I DEPOSITI DI NOMI ECCELLENTI
Mentre "Avarizia" va in stampa allo Ior galleggiano poco più di cento conti sospetti, tra cui una decina intestati a nomi eccellenti che potrebbero creare più di un disagio a Santa Romana Chiesa. In qualche caso si tratta di eredità di clienti laici ancora da liquidare (a bilancio la somma è messa a 17 milioni), ma altri depositi appartengono a professionisti e imprenditori. "Questi depositi sono stati bloccati", ha giurato il capo dell'Aif Brülhart. A Bankitalia, che ha firmato un accordo di collaborazione con l'Uif, sono però rimasti di sasso quando la procura di Roma ha spedito oltre le mura un'altra rogatoria internazionale, chiedendo conto e ragione di eventuali beni posseduti da Angelo Proietti.

Un costruttore titolare della società Edil Ars, diventato celebre perché la sua ditta ha ristrutturato gratis la casa in cui ha abitato per anni l'ex ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Ebbene, Proietti è uno dei fornitori storici del Vaticano e della curia romana per cui ha eseguito decine di lavori e interventi, e i pm  -  da mesi alla ricerca del suo patrimonio  -  sono certi che parte dei suoi guadagni siano nascosti ancora oggi allo Ior. Anche questa vicenda, se le ipotesi investigative dei magistrati italiani si rivelassero corrette, dimostrerebbe che la Santa Sede scambia informazioni con procure e autorità antiriciclaggio di Roma solo col contagocce.

Lo Ior non conferma e non smentisce l'esistenza del conto di Proietti. "Non è possibile parlare di casi concreti, si violerebbero il segreto di ufficio
e il segreto istruttorio, ma se Proietti aveva un conto presso lo Ior, e questo conto è "non conforme" alla legislazione antiriciclaggio vaticana e alle nuove politiche Ior, ciò che si può affermare è che esso è stato sottoposto alla procedura".
 
 
 

SPACCIATORI 2.0

Post n°557 pubblicato il 01 Ottobre 2015 da Quer_fattaccio

Gli spacciatori “2.0” prendevano ordinazioni su WhatsApp e vendevano nel cortile della scuola
Quattro trafficanti arrestati e 60 clienti segnalati alla procura: per il rifornimento bastava la parola d’ordine

 

23/09/2015
DIEGO ANDRÀ
SAN MAURO

Quattro trafficanti di droga sono stati arrestati e sessanta clienti, tutti giovani di San Mauro, segnalati alla Prefettura di Torino per uso di sostanze stupefacenti. E’ il bilancio di una operazione dei carabinieri del nucleo investigativo di Torino che stanotte ha portato all’arresto di Mauro Caruso, 28 anni,di San Mauro; Antonio De Maria, 29 anni, pure lui di San Mauro; Martin Guri, 31 anni, albanese residente a Torino; e Antonio Tedesco, 32 anni, domiciliato a Volpiano.  

La banda da qualche tempo era diventata il punto di riferimento per l’acquisto di cocaina e hashish. Le ordinazioni avvenivano solo tramite telefono, sms o whatsapp “Drog@2.0” per sfuggire ai controlli dei carabinieri. Facciamo «vuvuzela» era la parola d’ordine per le ordinazioni telefoniche. Le consegne avvenivano a domicilio o nel cortile della scuola elementare «Catti». Le indagini hanno accertato che Caruso e De Maria portavano avanti un’attività di spaccio al dettaglio, e si approvvigionavano dello stupefacente da Guri e Tedesco. 

 
 
 
 
 

NON CARICO LE CARROZZINE

Post n°555 pubblicato il 18 Settembre 2015 da Quer_fattaccio

"Non carico le carrozzine": tassista lascia a terra Pancalli, dirigente del Coni

L'episodio sotto il Comune di Torino dove il presidente del comitato paraolimpico ed ex assessore della Capitale aveva partecipato a una riunione con Malagò. L'autista: "Decido io chi caricare o no": Ma il regolamento gli dà torto

di GABRIELE GUCCIONE e DIEGO LONGHIN

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17 settembre 2015

Luca Pancalli, dirigente del Coni 

"Io non faccio servizio per carrozzine ". Una frase lapidaria, con tono per nulla cortese, anzi, l'espressione del tassista in sosta con la sua auto nel parcheggio di piazza Palazzo di Città era un po' scocciata. Quasi come se davanti a lui non ci fosse un cliente che aveva la necessità di spostarsi, ma una seccatura. Il cliente in questione, martedì pomeriggio, era Luca Pancalli, numero uno nazionale del Comitato Paralimpico, e già assessore comunale della Capitale, impegnato nella riunione di giunta del Coni in Comune.

Pancalli, che conosce bene Torino e che ha avuto un ruolo di primo piano nella realizzazione delle Paralimpiadi, è rimasto un po' interdetto. Insieme a lui c'erano la sua assistente e la presidente del comitato paralimpico piemontese Silvia Bruno. Ed entrambe hanno chiesto conto del rifiuto al tassista, tanto che è nata una vivace discussione davanti al monumento al Conte Verde: "Possiamo sceglierle di farle o non farle. Io non trasporto carrozzine", ha ribattuto l'autista dell'auto bianca che si è chiuso nella sua Seat Altea. Fine della discussione. Pancalli, rassegnato, ha commentato: "Lasciate perdere, non è la prima volta che succede". E si è diretto verso un'altra auto disponibile, scartata in un primo momento perché più scomoda rispetto alle necessità di una persona disabile: troppo bassa per salire agevolmente.

L' episodio è stato raccontato ieri dalla stessa presidente del Comitato Paraolimpico piemontese Bruno alla presentazione di Sbim, Sport e Benessere in Movimento, il 25 e 26 settembre a Torino. Una due giorni con al centro il tema sport e disabilità. Tutti i campi saranno accessibili anche ai portatori di handicap, al contrario del taxi parcheggiato in piazza Palazzo di Città martedì pomeriggio.

Dopo essersi chiuso in taxi l'autista non ha più voluto fornire indicazioni, nonostante le insistenze dell'assistente di Pancalli, molto irritata per il suo comportamento. "Il presidente è una persona con un buon carattere  -  racconta  -  e dopo anni e anni si è abituato a situazioni del genere", racconta l'assistente Caterina Nervi. La presidente del Comitato di Torino, Bruno, anche lei in carrozzella, è dispiaciuta per l'episodio: " Ci potevano essere mille ragioni  -  racconta  -  compresa quella che il tassista potesse pensare che il cliente usi i buoni taxi che non tutti accettano. Ma non lo ha nemmeno chiesto. Ha solo rifiutato la corsa, cosa che non può fare. E non ha nemmeno detto che chiamava la centrale per fare venire un'auto più comoda. Non ricordo di quale cooperativa fosse". L'articolo 35 del regolamento dei taxi, che vige a livello di città metropolitana, è molto chiaro: " Il servizio taxi è accessibile a tutti i soggetti portatori di handicap. La causa dell'handicap non può costituire motivo di rifiuto alla prestazione". E la carrozzina, si legge poco più sotto, deve essere trasportata gratuitamente. Gli spazi interpretativi sono pochi.

I rappresentanti dei tassisti sono stupiti dal comportamento del collega: " Andremo a fondo della questione  -  dice Federico Rolando, portavoce torinese degli autisti delle auto bianche  -  per noi la qualità del servizio è fondamentale. Tanto che Torino, nella classifica europea, è la quarta città come servizio taxi". Non solo. Rolando invita tutti i clienti che non si sentono soddisfatti o hanno dovuto affrontare spiacevoli inconvenienti " a prendere nota del numero del taxi e a rivolgersi alle cooperative o all'ufficio taxi del Comune in via Meucci 4 per denunciare i fatti".

Non sarà il caso di Pancalli. Come ha constatato in piazza Palazzo di Città, durante la vivace discussione con il tassista, è abituato a gesti del genere. I tassisti di Torino, circa 1.600 autisti, vogliono riparare alla figuraccia del collega: " Ci dispiace per l'inconveniente  -  aggiunge Rolando  -  non vorrei che fosse stato un problema di comunicazione, la prossima volta che Pancalli sarà a Torino avrà una corsa omaggio. Ci sembra il minimo".

Poco dopo arrivano le scuse dell'amministrazione: "E' un brutto episodio di insensibilità, comportamento inspiegabile per una città sempre accogliente" sostengono il sindaco Fassino e l'assessore Domenico Mangone.
 
 
 

LA GUERRA PERMANENTE

Post n°554 pubblicato il 25 Agosto 2015 da Quer_fattaccio

L’INTERVISTA
ANNA LOMBARDI
«VIVIAMO in una sorta di guerra permanente. Ogni giorno aprendo il giornale fronteggiamo scenari di guerra. Ci guardiamo intorno con sospetto, continuamente». Mohsin Hamid è lo scrittore pachistano famoso in tutto il mondo per il suo Il fondamentalista riluttante , il romanzo-chiave della letteratura post 11 settembre, dove affrontava il delicato tema della tentazione esercitata dal fondamentalismo sui giovani musulmani. Ora, con un saggio presentato al Sidney Writers Festival pubblicato anche sull’inglese The Guardian , torna a riflettere su quali sono le insidie di un mondo dove la paura è diventata globale. Un mondo dove, ad esempio, il figlio di immigrati integrati può trasformarsi nel macellaio dell’Is, Jihadi John.
CosÕ•, esattamente, quel che chiama guerra permanente?
«Quella che vive la gente sotto le bombe in Siria: ma anche quella di un padre che accompagna i figli a scuola a Peshawar temendo che i Taliban la prendano d’assalto. Quella di chi entra in un caffè a Sidney o in un supermercato a Parigi e si trova all’improvviso nel mirino dei terroristi. Senza dimenticare quella che in America vivono tanti ragazzi neri, che rischiano di farsi sparare addosso solo perché a un poliziotto bianco il loro comportamento appare sospetto...».
Lo considera un effetto collaterale della globalizzazione?
«Credo che più della paura il sentimento che ci accomuna tutti è l’ansia. Intesa come paura emotiva che la nostra società, così come la conosciamo, venga completamente ribaltata. Cioè il punto non è la globalizzazione, che fin dai tempi dell’Impero romano, in fondo, è sempre esistita: ma la velocità, data oggi dalla tecnologia, con cui certi cambiamenti accadono. La tecnologia sta cambiando le nostre vite a una velocità inaudita fino a poco tempo fa: penso a certi villaggi qui in Pakistan dove 20 anni fa nessuno sapeva leggere e scrivere e oggi invece i bambini sono continuamente collegati a Internet, sanno cose che i loro genitori non immaginavano nemmeno 5 anni fa. Ma poi i cambiamenti concreti — sociali, economici, politici — non seguono lo stesso passo. Questo crea ansia: e porta la gente a chiudersi, a creare distinzioni. Nuove tribù».
Cosaintende per trib•?
«Sistemi di identità rigidi: cattolici o musulmani, per esempio, nel caso delle religioni. Ma anche bianchi o neri, europei o americani e così via per sottogruppi. Questo fa sì che stiamo perdendo ogni vocabolario comune, ogni modo articolato per parlare in modo universale. Prendiamo la religione: da sempre dovrebbe essere questo, un sistema universale. Ma sempre di più in questo ambito, nessuno accetta quel che viene detto al di fuori dei propri canoni e parametri, rifiutando, ad esempio, quello che le altre religioni dicono. Lo stesso accade per la democrazia...».
La democrazia? Cosa cÕ• che non va con la democrazia?
che questo in teoria è un concetto universale. Ma non è affatto vero che ogni essere umano è un voto. Se lo fosse dovremmo chiedere a tutta l’umanità di votare per sapere se davvero ci devono essere restrizioni sulle migrazioni. Se davvero abbiamo il diritto di buttare a mare chi fugge da una guerra. Come possiamo parlare di diritti umani se non accogliamo chi è in pericolo? Allora non siamo tutti uguali... Ecco, penso che molti dei concetti che fin qui abbiamo usato per valutare il mondo stiano fallendo: socialismo, religione, nazionalismo, democrazia...».
é da questo che nasce il nuovo fondamentalismo? é per questo che un ragazzo come JihadiJohn, laureato inunÕuniversit ˆ inglese, lascia tutto per andare a tagliar gole in Siria?
«Abbiamo già visto nel corso della Storia che i giovani sono quelli che più facilmente si lasciano sedurre da ideologie pericolose. Vale per chi ha fatto parte della Gioventù hitleriana, per gli squadristi mussoliniani, gli anarchici che mettevano bombe come per chi gira incappucciato con le insegne del Ku Klux Klan. Cercare è nella natura dei giovani: e qui il discorso si fa complesso, intervengono innumerevoli fattori. Ma sono convinto che quello più importante oggi sia la gerontocrazia. La crisi dei giovani è un problema globale, ma lo è a maggior ragione in Occidente dove mai come ora i vecchi hanno denaro, potere, influenza, case, pensioni: sicurezze che ai giovani vengono negate. I fondamentalismi nascono dalla marginalizzazione. E lo sbilanciamento del potere è un fattore di marginalizzazione che prende, fra le tante forme, anche quella religiosa ».
Vedeuna via dÕuscita?
«Bisogna contrastare la narrazione degli ideologi religiosi, deirazzisti, dei demagoghi politici. Ricordarci che anche l’Is racconta storie. E questo, oggi, è il ruolo degli intellettuali, degli artisti, degli scrittori, della letteratura. Dobbiamo riscoprire valori universali che ci facciano parlare la stessa lingua e rompano i tabù delle tribù. Usare la creatività, la filosofia per avere nuove idee che c’impediscano di piangerci addosso perché l’economia va a rotoli ma spingano a cercare soluzioni post-capitalistiche, post- religiose, post-nazionaliste...» é per questo che la cultura • nel mirino dei fondamentalisti?
«Sì, è esattamente questo il motivo per cui lo Stato Islamico distrugge opere d’arte, uccide gli intellettuali. Se vuoi imporre un sistema unico, dove solo tu sei nel giusto, la cultura è il tuo nemico perché ti dice che non ha senso, che non ci sono cose giuste o sbagliate, la mia gente o la tua gente. Ma che la civiltà è qualcosa di molto più sfumato, cui tutti apparteniamo».
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