Creato da cuoredigabbiano il 29/05/2007

Adiacenze

Nelle adiacenze dell'anima...Pensieri, immagini, emozioni ed altro...

 

 

La mia primavera

Post n°77 pubblicato il 26 Aprile 2008 da cuoredigabbiano

La primavera

Il mio giardino segreto
ha aperto le finestre
ai profumi della primavera.
Una musica delicata
vibra nelle dita del cuore.
Ghirlande di margherite
spuntano sulla pelle
della terra ghiacciata
di dicembre.

Maria



 
 
 

Auguri di Buona Pasqua

Post n°76 pubblicato il 20 Marzo 2008 da cuoredigabbiano

Perdonate la mia assenza ma è un periodo strano questo.  Auguro a voi una serena Pasqua, agli Italiani un governo migliore (ma questo sembra un'utopia) e al mondo pace, soprattutto là dove il dispotismo vuole assoggettare chi non fa del male a nessuno (qui mi riferisco in particolare ai monaci tibetani, è orribile quello che stanno passando) e una maggiore civiltà, abbiamo oltrepassato ogni limite (sempre in Cina pare che i bambini vengano uccisi quando nella famiglia si è passato il limite numerico imposto dal governo e pare che i feti cinesi vengano usati per prodotti di cosmetica. Che schifo!! L'uomo ha superato, in brutalità, la bestia!). A presto!

 
 
 

Videopoesia

Post n°75 pubblicato il 20 Febbraio 2008 da cuoredigabbiano

Videopoesia di Marina Minet - Morte Verità dedicata al sito http://www.troviamoibambini.it/ prodotta da nuoviautori.org - Interpretazione Cinzia Toninato - musica: Andrea Galli ispirato da un tema di - John Tavener - arrangiamento orchestrale ed esecuzione Andrea Galli - fotografia Metallica - montaggio Minet.
Complimenti a Marina Minet e a Cinzia Toninato (che conosco personalmente), due persone dalla grande sensibilità, due bravissime autrici dal cuore grande.
NO all'infanzia oltraggiata, tradita, ferita, strappata.

 
 
 

PREMIO DIECI E LODE 

Post n°74 pubblicato il 20 Febbraio 2008 da cuoredigabbiano

L'amico poeta Mario939 mi ha assegnato il premio Dieci e Lode ( Regolamento) , 

con la seguente motivazione: Per l'arte della parola.

                             Commossa e onorata, ringrazio Mario.                              

Io assegno questo premio a:

1) goccedivaniglia. Dipinge e scrive come sa fare solo una Donna piena di passione per la vita e di amore per le note che questa diffonde nell'animo di chi sa ascoltarla.

2) carmen46c.  Dipinge, scrive, dà coraggio a tutti, ha sempre un sorriso per ognuno di noi.

3) ilgiardinodel cuore. Aiuta chi ha bisogno di far sentire la propria voce in un mondo dove l'indifferenza al dolore altrui è così "rumorosa".

4) tuttiscrittori. Per il riuscire a condividere e a coinvolgere  con grande entusiasmo e professionalità tutti coloro che hanno la medesima passione per la scrittura creativa.

 
 
 

Prendimi per mano

Post n°73 pubblicato il 07 Febbraio 2008 da cuoredigabbiano

L'orgoglio, forse, è il peggiore dei sette vizi capitali ... e può fare molto male.

Prendimi per mano

Siediti qui vicino a me,
poggia sulla panchina
la divisa cucita
masticando pane duro
tra gli echi dei cannoni.
Ascolta il lamento del cuore,
guarda tra le pieghe del pensiero
e con quel tono nascosto
tra le rughe di ruoli ingialliti
chiedimi per una volta
“Come ti va?”
Dipingi la mano
profumata di marsiglia
sui miei capelli orfani.
Sul fondo del sorriso
ombre di parole
attendono l’alba.
Il tempo non è amico
di chi va curvo
per i campi di papaveri*.
Prendimi per mano
sull’ultimo tratto di strada
e insieme leggiamo
il volo dei gabbiani
mentre i nostri passi
si muovono leggeri
su petali rossi.

Maria


* Il papavero, nel linguaggio dei fiori, significa orgoglio.

 
 
 

Per non dimenticare...

Post n°72 pubblicato il 27 Gennaio 2008 da cuoredigabbiano

27 gennaio 1945: i soldati dell'Armata Rossa entravano nel campo di sterminio di Auschwitz, per lo più già evacuato dai nazisti.
Con la legge 211 del 20 luglio 2000, la Repubblica italiana ha proclamato il 27 gennaio Giorno della Memoria, in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti.

Giornata della memoria

Oggi il pensiero va

ai tanti bimbi
la cui vita fu negata
dal filo spinato
di cuori di ghiaccio.
Teneri gigli sterminati
dai gas criminali.

a uomini e donne
nudi nei camici a righe
in quotidiane file di umiliazione
uccisi in nome
della falsa superiorità
dell’acqua nera.

Nella storia dell’uomo,
spesso tinta di sangue,
mai come quella volta
fu il diavolo a regnare
sul mondo.
Un inferno che deve alitare
sui sensi del ricordo
chè l’uomo viva nel terrore
dell’oltraggio a se stesso.

Maria

 
 
 

La gattara

Post n°71 pubblicato il 21 Gennaio 2008 da cuoredigabbiano

La gattara


Una caratteristica di Roma è l’insediamento, da sempre, di colonie di gatti randagi, soprattutto nel centro storico. Li vedi acciambellati sui monconi di antiche colonne romane, tra i piedi delle statue di Giulio Cesare o di Marco Aurelio, sulla scalinata della Basilica di San Paolo. Con gli occhi socchiusi, ma sempre vigili, sembrano sorvegliare la loro città, i loro monumenti. Si aggirano solitari, come tante sentinelle, nelle piazze, nelle strade, nei parchi, a Torre Argentina, al Colosseo, ma si riuniscono insieme quando la gattara dà loro da mangiare. Si dice che siano circa 300.000 i gatti a Roma, di cui 180.000 presso famiglie e 120.000 nelle strade. C’è un legame molto profondo tra i romani e i gatti. La città eterna deve a questi felini l’essersi salvata dalla peste trasmessa dai topi.
Anche nel mio quartiere gironzolano bei gattoni, ti passano tranquilli sotto il naso. E neanche ci fai più caso. Ciò che infastidisce è, invece, l’odore della loro orina in alcuni angoli.
L’edificio della scuola media, proprio dietro casa mia, ha un piccolo giardino, dove bazzicano una decina di gatti. E, spesso, vedo una signora anziana, munita di ciotole e di cibo in scatola e di avanzi, forse raccattati qua e là. Passa ore con i suoi amici felini. E’ sempre intenta a parlare loro con amore. Con cura riempie le ciotole. Mi ha sempre intenerita e incuriosita quella donna, dall’aspetto curato e pulito, anche se si intuisce il suo tono di vita molto semplice, al limite della sopravvivenza.
L’altra mattina, ero in giro per il vicino mercatino, la vidi e, dopo un attimo di esitazione, mi avvicinai.
- Le sono affezionati!-
E lei, alzando lo sguardo verso di me:- Sì, porto loro da magna’ tutti i giorni. Ormai me conoscono e se’ fanno avvicina’!-
Abbassandomi ad accarezzare il gatto a me più vicino e, forse anche il più coccolone, le chiesi:- Ma quanti sono?-
La gattara, mentre riempiva d’acqua una ciotola rossa:- So’ 6, ma ogni tanto si unisce qualche gatto che viene da altri quartieri. Vedi quello nero, laggiù, quello co’ le chiazze bianche? -
Alzai lo sguardo e vidi un gattino spelacchiato e che, dal passo e dagli occhi furbetti, mi sembrava anche il più vivace e, forse, il più giovane di tutto il gruppo.
La donna continuò:- Quello è er più diffidente. Sai quanto tempo ha impiegato per farse avvicina’? Tanto. Era sempre lì, me’ guardava da lontano co’ suoi occhietti furbi e si avvicinava alle ciotole solo quanno io ero distante. Poi, pian piano, passo dopo passo… oggi è er primo a venimme incontro.- La gattara sorrideva; un sorriso fiero, soddisfatto.
- Abita qui vicino, signora? - Le chiesi continuando a giocherellare col gatto coccolone.
- Sì, dietro er mercato! Vengo qui tutte le mattine e faccio compagnia ai miei amici gatti. So’ sola, mia cara. I miei figli vivono al nord, uno a Torino e l’altro a Mantova. Scendono ogni morte de’ Papa qui a Roma. Lavorano, sono in carriera anche le loro mogli. Me’ telefonano una volta al mese. Me’ mandano qualcosa, de’ soldi, ogni tanto, questo sì, ma forse lo fanno pe’ sentisse con la coscienza a posto. Ma a me mancano. I miei nipotini mi mancano. Ho l’impressione che neanche si ricordino de’ me. Ne ho 3, so’ bei pupi. Mio marito, pace all’anima sua, è morto anni fa!-
Ed io, sempre più intenerita da quella storia di solitudine metropolitana, dalla storia di una donna sola, di una madre dimenticata persino dai figli:- Ma non ha proprio nessuno qui? Un parente, un’amica?
- No, cara. Questi - indicando i gatti – sono gli amici miei. Poi, l’uomo te lo raccomanno. E’ tutto preso da altri pensieri, a fa’ denaro. Ha dimenticato se stesso e chi gli sta attorno! Una volta non era così. Sai, quanno ero giovane, abitavo a Testaccio; lì ci si conosceva tutti, ci si aiutava l’uno con l’altro, si passavano ore e ore a chiacchiera’ sotto casa, o sul pianerottolo o alla finestra. Oggi corrono tutti, nessuno te’ guarda in faccia. Ma dove vanno così de’ pressa?-
Sorrisi. Un sorriso amaro:- Ha ragione, è proprio così!- E pensai ai miei vicini; neanche conosco i loro nomi. Si continuò per un po’ la conversazione, mentre l’aiutavo a raccogliere le scatolette e le ciotole ormai vuote. Parlava tanto; avvertivo il suo bisogno di essere ascoltata.
Poi, con rammarico la salutai.
E lei, con occhi lucidi, disse:- Mi ha fatto piacere scambià du’ chiacchiere co’ te. L’ho letto nei tuoi occhi che sei buona e dolce. Tanta fortuna, mia cara!-
Uno scambio di mani, di auguri e di sguardi, molto intenso. Mi allontanai, anche se avrei voluto farle ancora mille domande, ascoltarla, farle ancora un po’ di compagnia.
Ripresi la strada verso casa, era quasi ora di pranzo. Mi sentivo malinconica, ma anche serena. Sorridevo. Pensavo. Quanto tempo sprecato alla ricerca di chissà cosa. A volte basta poco. Basta guardarsi intorno, scambiare un sorriso, due parole anche con una persona sconosciuta, con una gattara, per sentirsi già meglio. Ritrovarsi insieme, come quei gatti randagi, e il cuore pompa già in modo diverso.

Maria

 
 
 

Lacune nella coniugazione dei verbi

Post n°70 pubblicato il 06 Gennaio 2008 da cuoredigabbiano

Racconto scritto immaginando (anche se la realtà è ben più dolorosa)la vita di una donna a cui hanno rubato l'infanzia, una delle tante vittime della violenza.

E' una sera d'autunno.
La luna, affacciata dal grande giardino pensile, osserva i disegni che il vento abbozza sulla città. Foglie, solitarie o a piccoli mucchi, svolazzano, si rincorrono e s'adagiano per dare forma a qualcosa che sta già nei nostri occhi.
Un dipinto che mi sorprende sempre. E mi trascina nella tela sporcandomi dei suoi colori, freddi di notte. E il tempo, linea a carboncino, s'infiltra, attraverso le trame della tela, nel mio corpo stilizzato. Travolge e confonde i modi dei miei verbi. Presente, passato, congiuntivo e condizionale si mescolano e diventano le ombre dei miei ricordi. Lame che scivolano come su nastro di seta tra pube e cuore.
Nel silenzio, sulla scia del sangue che sgorga, arrivano da lontano i rumori della piazza. Di quella piazza, laggiù nella mia infanzia, la domenica mattina. Giorno dedicato a quel Dio, che da tempo mi aveva dimenticata. Abbandonata sola nel bosco, senza via d'uscita. Con me solo il lupo cattivo, quello più cattivo di tutti, perchè vestito degli abiti del mio genitore.
La mamma, poverina, da mesi aveva il suo da fare anche la domenica, da quando la nonna era costretta a letto da una brutta malattia. Povera mamma, così triste, stanca, preoccupata. Se avesse saputo quello che succedeva a sua figlia, sarebbe morta dal dolore.
Ed io, col cuore appeso ad un gancio e il naso appiccicato ai vetri della finestra della mia camera, la guardavo attraversare la strada e allontanarsi. Su quel gancio, il cuore pulsava forte; sapeva.
Ed, eccola, la porta si apriva per rinchiudersi subito.
Il lupo era entrato nella mia camera. Conoscevo a memoria le sue parole. Nello specchio sopra il comò vedevo da mesi sempre lo stesso film. Sul mio corpo sempre quell'aggeggio viscido e duro farsi strada nella mia anima. Con violenza.
Dio, che fai? Sono la tua bambina! Guardami. Aiutami!
E lui "Non preoccuparti, principessa. Tu sei una bambina speciale e se farai la brava avrai un premio speciale!"
E la mia anima si liquefava. La sentivo scorrere lungo le mie rigide gambine.
Dio mio, perchè mi fai questo?
Ma quella domenica all'improvviso sentii il rumore forte della porta che si apriva. Furibonda. E vidi due uomini in divisa che si avventarono sul lupo che cercava di rimettersi gli abiti del mio genitore.
La mamma urlava parole che non riuscivo a sentire. La vedevo aprire la bocca come una leonessa quando sta per sbranare un animale che ha attentato la sicurezza dei suoi cuccioli.
Un pianto attutiva, come coperta, tutti i suoni esterni. Gocce d'innocenza mi ricamavano il viso. E le mani s'incrociavano su di esso a nascondere il colore di quelle lacrime.
Lo sdegno di mia madre. L'orrore. La vergogna. La liberazione. La paura.
Poi il silenzio. Il dolore.
Non incontrai più il lupo cattivo se non di notte sulle pareti nere.
Morta la nonna, cambiammo città.
E la mamma mi accompagnava da specialisti. Psicoterapeuti specializzati sugli abusi ai minori. Ma lei invecchiava ogni volta che mi accompagnava. Sentivo il suo passo reso pesante da una montagna di perchè.Sentivo l'odore del suo orgoglio di donna e di madre umiliato, messo alla gogna dalle domande degli specialisti e dal mio assomigliare sempre più ad un maschio mal riuscito.
Quando andai a vivere per conto mio, lei si risposò.
Il vento smette. I rumori si allontanano fino a sparire. Ed io mi stacco da quella tela. Ma so che nei pori porterò sempre impregnati quei pigmenti di colori freddi.
Sudo tanto di notte a letto con Paola nel tentativo di espellere fino all'ultimo quel liquido insano. Ma il vento ritorna e lo sparge intorno a me. Pulviscoli ad annebbiarmi la vista. Ad accelerare il passo quando attraverso il bosco.
Se non avessi incontrato il lupo io sarei una donna che vive il suo presente guardando con orgoglio il passato.
Il modo dei verbi fu sconvolto nella mia infanzia e non imparerò più la giusta coniugazione dei verbi. Una lacuna che nessuna scuola colmerà.
 
Maria

 
 
 

Felice 2008 a tutti

Post n°68 pubblicato il 30 Dicembre 2007 da cuoredigabbiano


Al suono di un brindisi
si alza il sipario
su un coro di giorni
tutti vestiti di rosso
come nei dì festivi.

Hanno la luce
di sogni nascosti
sotto il cuscino.
Hanno il sapore
del pane bianco
intinto nel latte
della mia infanzia.
Hanno il profumo
di violette spuntate
tra tegole arrugginite.

Un coro di giorni
intonano melodie
che fanno vibrare
anche i sassi al tocco
del tempo che li accarezza.
I miei nuovi giorni
metteranno le radici
in quei sassi innamorati
e apriranno le braccia
al tuo sorriso.

Maria

 
 
 

Natale

Post n°67 pubblicato il 25 Dicembre 2007 da cuoredigabbiano

Una stella brilla timida tra i cirri,
bandiere su carri sospinti
da storie incomprensibili.
La terra,
al morire del giorno,
esala nuvole di nebbia tra pori feriti.
La notte s'insinua coi suoi fantasmi
a ricordare che siamo uomini
di un tempo perduto
nell'infinito vulnerabile.
Chissà se all'alba
quella stella percorrerà cieli azzurri
ad annunciare la nascita
del figlio redento!

Maria

Buon Natale a tutti 

 
 
 
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