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Domenico Molinini - Tempo vivente

Concerto per Flauto e Pianoforte
Flautista Michele Bozzi
Pianista Gianni Saponara
29 Giugno 1980 - Corato

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Post n°71 pubblicato il 10 Giugno 2012 da domenicomolinini

Domattina, lunedì 11 giugno dell'Anno di Grazia 2012, inizia la stampa del primo di tre volumi che raccolgono le mie fatiche musicologiche.
La casa editrice si è detta sicura che entro tre giorni il testo (poco più di 400 pagine) sarà disponibile in libreria.

Adesso non mi resta che... lavorare per fare in modo che al più presto vedano la luce anche gli altri due volumi.

Tra qualche giorno lo presenterò in questo blog.

 
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Venti anni dopo: per non dimenticare

Post n°70 pubblicato il 22 Maggio 2012 da domenicomolinini
 

Il compito di ricordarci le due figure che sono nell'immaginario collettivo a rappresentare la guerra contro la Mafia e contro tutte le mafie, lo ha svolto, sabato scorso, 19 maggio 2012, Melissa Bassi.
Altri compiti sarebbe stato giusto che Melissa fosse chiamata a svolgere nei giorni e negli anni che verranno, ma non per lei.
Compiti in classe, attesi con trepidazione, e, più in là, compiti legati alla professione che avrebbe voluto svolgere "da grande".
Ma sabato il suo sorriso e i suoi sogni sono stati spenti per sempre.

Melissa non era ancora nata il 1992,
eppure avrà visto le figure di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo,  Paolo Borsellino  e delle loro Scorte col senso di ammirazione reverenziale che si ha per gli eroi, orgogliosa di frequentare l'Istituto, il suo Istituto, dedicato a Francesca Morvillo.

Adesso Melissa è con gli eroi.

E io, che, come tutti gli anni, a partire dal 1993, cerco in qualche modo di ricordare quegli eroi, mi ritrovo a parlarne partendo da lei.

 
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Brindisi...

Post n°69 pubblicato il 19 Maggio 2012 da domenicomolinini
 

In questi giorni, mentre lavoro freneticamente per terminare di scrivere un libro, penso a cosa dire per ricordare ancora una volta Giovanni Falcone, Francersca Morvillo, Paolo Borsellino e le loro Scorte.

Il 23 maggio e il 19 luglio sono due date che non dimenticherò mai.
Due date che si sono aggiunte alle altre che le hanno precedute.

A Francesca Morvillo è dedicato l'Istituto Professionale di Brindisi.
Lì stamattina, alle 7,45 circa, e iniziato un incubo.
Un incubo che a quelli che hanno la mia età ha subito rammentato altri incubi.

Melissa, immagino, fosse come tutte le sue coetanee.
Stamattina sarà uscita di casa serenamente.
Oggi la Puglia ci sta offrendo una giornata piena di sole, luminosa.Sarà andata sorridendo incontro alla sua amica più cara.
Si saranno dette le cose che possono dirsi due ragazze della loro età.
Avranno fatto commenti, e come tutti i giorni piccoli e grandi progetti. Sorridendo.

Sono sicuro che fossero liete di andare a scuola.

Oggi è sabato.
Oggi è il 19 maggio.
L'Anno scolastico volge al termine.
La Puglia ci ha regalato una magnifica giornata di sole.

Chi lo conosce questo Istituto, fatta eccezione per chi lo frequenti e, forse, per i brindisini?
Ho avuto e ho studenti provenienti da Brindisi, ma nessuno di loro me ne ha mai decantato le qualità che, pure, immagino abbia.
Oggi ho saputo che a Brindisi c'è un eccellente Istituto Professionale per i Servizi Sociali, il Turismo e la Moda.

Ma non l'ho saputo, come sarebbe stato giusto, per i suoi meriti: una scuola nel meridione che si distingue per l'eccellenza (e ce ne sono tante) fa sempre piacere, specie a uno che vede l'insegnamento come una missione.
L'ho saputo dalla televisione che ascolto, mentre lavoro.
Ho saputo di Melissa. Una giovane ragazza che oggi è andata ignara verso la morte.
Sul suo viso sorridente si sono sovrapposti i visi di tantissime mie studentesse.
Da quelle che, ventenni trentaquattro anni fa, quando ho iniziato a insegnare in Conservatorio, adesso sono ultra cinquantenni (ma io le ricordo com'erano, e a ritrovarle resto sempre sorpreso e intenerito), a quelle di oggi.
Non è possibile, mi sono detto.
Non è giusto.
Le ragazze a 16 anni devono studiare, sognare, fare progetti e sorridere...

 
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Primo Maggio

Post n°68 pubblicato il 01 Maggio 2012 da domenicomolinini
 

Avrei voluto scrivere tante cose sul Primo Maggio.
Ad esempio sull'ipocrisia su cui "galleggia".
Sul tanto rumore che si fa per celebrarlo, sicché poco di esso si coglie, sommerso com'è dal frastuono e dalla retorica.

Ancora non vedo l'epilogo positivo del macroscopico errore sociale, morale, etico che continua a discriminare tra donne e uomini, professioni e professioni, mansioni e mansioni.

Nulla è risolto.
Peggio, aumenta l'impero della disumana ideologia del capitalismo, mostro pagano mai sazio delle vittime innocenti che si continuano ad immolare sugli altari dei templi affollati dai suoi folli adoratori.

Oggi ci saranno parole roboanti.
Tutti tuoneranno; ammoniranno; condanneranno.
Bandiere sventolaranno e piazze gremite si stordiranno di suoni ed effetti, poiché - nunc est bibendum - come dice Orazio che fa eco ad Alceo: adesso è il momento di bere...

Ma mentre noi berremo, danzeremo e festeggeremo inebriati, altri avranno affollato le pance di enormi falsi cavalli, apprestandosi a mettere a ferro e fuoco e radere definitivamente al suolo la nostra città.

 
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La prima rondine

Post n°67 pubblicato il 06 Aprile 2012 da domenicomolinini
 

C'è poco da festeggiare, è vero.
Tuttavia basta anche poco per festeggiare.
Io ad esempio, il mattino dei giorni che concludono il mese di marzo sto a lungo a guardare in cielo, per verificare se sia arrivata la prima rondine.
Ogni anno scruto con attenzione e ogni anno la vedo: la staffetta che volteggia solitaria nel cielo profondo.

Non si trattiene molto, poiché torna velocemente indietro a raggiungere le altre che attendono.
Ma dopo qualche giorno, eccole!
E vedendole mi prende la gioia e già pregusto il loro volo veloce e disordinato e l'aria piena dei loro garriti che fanno da contrappunto al canto degli uccellini e al "basso continuo" delle tortorelle che numerosi affollano gli alberi che circondano la mia casa.

Basta poco per festeggiare.

Intorno a me, i cialtroni, i farabutti, mascalzoni senza scrupoli, materialisti adoratori del dio profitto, cultori della disumana ideologia del capitalismo, folleggiano. Felici nelle loro fuoriserie, pieni i portafogli di soldi mal guadagnati. Cinici e arroganti (e ignoranti aiutatemi a dire quanto), convinti che il mondo sia fatto solo per loro a danno degli altri.
E a tutti costoro fanno da falso bordone gli intelligenti che hanno deciso di mettere la loro intelligenza al servizio di ciò che non è giusto. Alteri, pieni di sussiego (istruiti, ma privi di cultura), anche loro convinti (ancora più colpevolmente) che il mondo sia fatto solo per loro. Sono, questi, come frutti bellissimi, invitanti, lucida e colorata la buccia. Ma, guai ad addentarli, poiché dentro la polpa è marcia e una volta aperti si rivelano fetidi e rivoltanti.
Illusi.
A uno a uno anche loro cadono e tanto più è rovinosa la loro caduta quanto più effimera
sia stata la loro ascesa.

Buona Pasqua a tutti (compreso quel sedicente prete che non ha capito una mazza delle creature di Dio).

 
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Il tempo...

Post n°66 pubblicato il 15 Marzo 2012 da domenicomolinini

Mi capita sempre più spesso di sognare.
Sognare un negozio dove sia possibile acquistare una merce preziosissima.
Una merce che tanti sperperano, illudendosi che sia come acqua che scaturisca da una fonte inesauribile: il tempo.
Il tempo, dimensione tutta umana che nella realtà fisica dell'universo non esiste, poiché tutto è, e non esiste passato, presente, futuro.

Tutta questa tiritera per dire ai miei pochi amici di blog che non ho il tempo che mi occorrerebbe per scrivere qualcosa, qualunque cosa, pur di confermare la mia presenza.

Per adesso le mie presenze e visite ai blog amici saranno, poiché necessario, sporadiche.

Tornerò.
Spero abbastanza presto. Non appena sarà stato pubblicato il mio ultimo libro.

 
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Compleanno...

Post n°65 pubblicato il 02 Febbraio 2012 da domenicomolinini

Cos'è un compleanno?
Le risposte a quella che può sembrare una domanda retorica sono tante; e tutte valide: a seconda dello stato d'animo in cui ci si ritrovi una potrebbe risultare più acconcia dell'altra.
Cos'è, dunque, un compleanno?
Una sorta di capodanno personale, potremmo dire. Anche questo, come quello collettivo, vuole essere una celebrazione  dello "scorrere del tempo", la convenzione che ci siamo dati per misurare le nostre piccole e grandi cose che fanno il nostro tempo.
Il nostro tempo, il nostro capodanno, in qualche modo, l'eterno ritorno dell'uguale, se si voglia fare proprio il concetto di Nietzsche.
Sant'Agostino,
riferendosi al tempo affermava che, se nessuno gli chiedesse cosa fosse, lui conoscerebbe la risposta, ma, se qualcuno glielo chiedesse, lui non saprebbe quale risposta dare.
Ai miei studenti, descrivendo la grande differenza che c'è tra ritmo e metro, non faccio che ripetere che il tempo non esiste; che si tratta di una nostra invenzione, seppure comoda, irreale.


E i miei studenti, ieri pomeriggio, per dimostrare che hanno compreso appieno la mia concezione del tempo, hanno deciso di festeggiare il mio compleanno...

Alle 16, circa, Marta e Onofrio sono arrivati con un enorme vassoio di dolci; con autorevolezza Marta lo ha poggiato sulla cattedra ed ha aggiunto: "per il suo compleanno, Maestro!".
Il tono, perentorio, non ammetteva repliche.
Pertanto, rassegnato, ho continuato a spiegare per un paio d'ore e, poco dopo le 18, ho invitato Marta a scartare il vassoio dei dolci.
Devo dire che la pasticceria barese da cui si sono riforniti merita un encomio!

p.s.
In verità, qualche giorno prima, avevo pensato di portare qualcosa  di sfizioso in conservatorio, per festeggiare il mio compleanno con i miei studenti.
Ma, proprio il giorno del mio compleanno, mercoledì mattina, avevamo un appuntamento col veterinario, perché facesse un prelievo a Figaro, per fare delle indagini relative alle malattie che possono colpire i gattini.
Il veterinario ha deciso di procedere, facendo il prelievo dalla giugulare.
Non è stato facile.
Non è riuscito a prelevare la quantità necessaria di plasma, decidendo di sospendere, viste le "vivaci" contestazioni di Figaro.
Abbiamo fatto tardi.
Quando siamo tornati a casa, ero piuttosto mogio; non ho più pensato al mio compleanno; mi sono messo in ordine per andare a Bari in conservatorio e sono partito.
Ma i miei studenti avevano precedentemente "complottato" e dato l'incarico a Marta e ad Onofrio, baresi (gli altri vivono in altre città; anche in altre province, vedi Brindisi e Taranto), che hanno mirabilmente provveduto.

 
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E adesso ditemi voi...

Post n°64 pubblicato il 02 Gennaio 2012 da domenicomolinini
 

Cosa c'è da festeggiare che valga un paio di morti e quasi seicento feriti dichiarati?
Possibile che la gioia, a prescindere dalla congruità di ciò che ci faccia gioire, debba manifestarsi in modi e stati mentali così poco qualificati?
Non mi stancherò mai di affermare che la gioia e la felicità, come la tristezza ed il dolore dovrebbero essere più contenuti, e, questo conta di più: autentici; determinati da fatti reali.

Il tripudio collettivo, deprime chi non abbia mezzi e motivi per festeggiare; acuisce il senso di solitudine in chi sia solo; laumenta la cognizione di povertà negli indigenti...

Penso all'immensa e cupa tristezza che sarà piombata sull'animo dei due detenuti che si sono tolti la vita. Anche loro vittime della infelice condizione sociale di questa nazione che non può definirsi una società, seppur imperfetta, ma almeno speranzosa di esserlo.

E adesso ditemi voi se vi sia parso che le cose inizino a funzionare meglio.

Qualcuno dirà (molti sicuramente lo penseranno) che io sia esagerato.
Forse lo sono.
Ebbene, esagerare per esagerare, penso che, di questo passo, le armi vere sostituiranno i botti; e alla fine accadrà quello che ci mostrano i telegiornali: gruppi di esagitati, felici per non si capisce che cosa, saltano e sparano con pistole, fucili e mitra.

 
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SAN SILVESTRO 2011

Post n°63 pubblicato il 31 Dicembre 2011 da domenicomolinini
 

Basta cambiare il numero finale ed il 2011  diverrà 2012.
Ma è proprio vero?

Il giorno di San Silvestro 2010 scrissi un post il cui incipit era:
"E così il tempo del 2010 è proprio agli sgoccioli."

Proverò a riscriverlo, e nel mentre deciderò cosa lasciare; cosa cancellare; cosa aggiungere.

Il Tempo (i musicisti dovrebbero essere grandi conoscitori di questa dimensione) esiste solo per gli uomini (o almeno così riteniamo).
Il tempo è l'ingegnoso sistema che ci siamo dati per misurare la nostra finitezza e per segnare la nostra fugace presenza di fronte alla grandezza incommensurabile dell’Infinito.
Parafrasando un dignitoso programma di Rai3, potremmo dire che il Tempo siamo noi.
Il nostro ancestrale bisogno (dettato dalla paura, e fors'anche dalla superbia) di rappresentare tutto a nostra immagine e somiglianza, poi, ci induce ad antropomorfizzare anche il Tempo.
Puntualmente, rappresentiamo la dimensione soggettiva (che ci illudiamo di poter rendere oggettiva) che chiamiamo anno come un Vecchio di cui vogliamo sbarazzarci, poiché affidiamo la soluzione delle nostre paure, insicurezze e bisogni al "nuovo nato", cioé al nulla.

Ed anche questa volta, a celebrare il passaggio dal nulla al nulla, sarà il solito rito di scempiaggini, accomunate dal denominatore della vacuità, cementate dal principio di evitare di fermarsi un attimo a pensare.
Pensare fa paura. Pure, è l'unico vero atto che (a detta di quelli come Don Tiziano parrebbe distinguerci dagli altri animali) può metterci in contatto con l'Infinito.

Prepariamoci quindi alla grande Sagra della Pagliacciata Sonora.

E’ la Musica a farla da padrona in queste occasioni. Ma... quale musica...

La sera del 31 dicembre, temo che, chi vorrà sintonizzarsi con qualsiasi emittente, assisterà allo stesso spettacolo che si ripete puntualmente e che avverrà anche in ogni piazza ed in ogni locale che si rispetti.
Il brulichio di varia umanità allegra e ridanciana, poiché
La parola d'ordine è una sola, categorica e imperativa per tutti, essa già trasvola e accende i cuori dalle Alpi all'oceano Indiano: ridere. E rideremo!
Bisogna, per forza, mostrarsi ed essere allegri, a tutti i costi e contribuire allo spettacolo che riempirà e saturerà piazze e studi televisivi (in altri casi ho detto stadi) e discoteche e locali e quant’altro, quasi tutti (per non dire tutti) bercianti d’impostura strapagata. Secondo un  copione trito e ritrito la faranno da padroni menestrelli e guitti (i primi trattati da grandi musicisti, gli altri da grandi attori), e la demenzialità dilagante si accompagnerà ed accomunerà a frizzi e lazzi.

Inutile sperare che il peso delle immani tragedie che l’umanità sta sopportando possa non dico fermare, ma, per una volta almeno,  ingentilire l’ottusa baldoria del Circo globale ed "obbligato", poiché sarebbe giusto e doveroso si tornasse a scegliere quando, come e dove ridere, senza che la risata e il tripudio generali continuino a ferire ed offendere i tanti, troppi, che non hanno di che ridere e gioire.

E chissà che anche questa volta non ci sia il conduttore di turno a cui venga in mente di proporre minuti di raccoglimento o riflessioni che, all’interno della bolgia ottusa e stolida, s’incastonerebbero come brillanti in mezzo allo sterco.

Non occorre che proprio stasera ci si sciolga in lacrime al pensiero delle condizioni in cui versa questa povera Italia imbarbarita.
Basterebbe, tuttavia, ci riappropriassimo di ciò che ci è stato tolto: vivere (o imparare a vivere) ore di serena, intima allegria, con parenti, ed amici, in luoghi non connotati da vacua promiscuità, falsi indici di crescita intellettuale e sociale, quanto, semmai, fucine di confusione mentale, scuole di incultura ed ingreggiamento.

Aspettatevi, poi, le facce ed i toni di circostanza con cui, a partire da lunedì e, temo, giorno dopo giorno, in un grottesco crescendo, i notiziari ci racconteranno quante lacrime dovremo versare e quanto sangue gli illuminati soloni, con le spalle (e tutto il resto) ben coperte da rigonfi portafogli, ci caveranno, per salvare il Paese, preservando i soliti dritti amici ed amici degli amici.

Pensate. Non fatevi strumentalizzare dai cocchieri alla guida di carovane  che vogliono farvi credere dirette al Paese dei Balocchi.

Mi spiace per quelli che leggendo dovessero restare traumatizzati.
Ammesso che qualcuno legga.

Auguro a tutti, me compreso, di riuscire a scrollarci di dosso l'apatia che, come una camicia di forza, hanno saputo farci indossare.
Bisogna fare presto a spalancare tutto, porte, balconi e finestre, perché l'aria pura e frizzante torni a farci respirare, salvandoci dai miasmi pestiferi che piano piano, dopo averci addormentati, promettono di ucciderci.

 
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L'Amore per il Creato

Post n°62 pubblicato il 28 Dicembre 2011 da domenicomolinini
 

Il commento che cofni13 (che si professa sacerdote e si firma Don Tiziano) ha scritto nel post n 798 di ilike06 potrebbe aprire un ampio dibattito.Un dibattito che, laddove ci fosse,  auspicherei potesse essere pacato.
Quando si parla di Dio, a mio sommesso parere, bisogna farlo tenendo conto di varie condizioni e stati d’animo.
Li elenco senza essermi proposto alcuna intenzione ordinale d’importanza:
avere fede;

essere scettici alla ricerca della fede;

essere scettici rassegnati all’idea di non trovarla;
essere atei.

All’elenco precedente, che non ambisce di essere completo ed esaustivo, aggiungerei la condizione che, sempre a mio sommesso parere, dovrebbe costituire il denominatore comune delle azioni deell’umanità: il sapere di non sapere.

Possedere la fede ritengo sia uno stato di grazia. Uno stato di grazia che tocca pochi, poiché molti sono quelli che ostentano, ma poco o nulla fanno che sia in coerenza con quello stato.

Sullo scetticismo di chi cerca e (ancora) non trova “quaesivi et non inveni” mi viene da dire che sia una condizione di onestà intellettuale (la invoca anche Don Tiziano). Taluni mi hanno detto che bisogna avere fede. Ebbene io ho fede di riuscire ad avere fede, ma non riesco a compiere un atto di intellettualità acritica che, più che sconfinare, si porrebbe appieno nell’ipocrisia.

La condizione di chi sia scettico e rassegnato la vedo pencolante: lo scettico rassegnato può sempre divenire o tornare ad essere, se lo sia stato, un attivo ricercatore.

L’ateismo non posso condividerlo. L’ateismo è non avere fede neppure nella speranza. Pensare che non ci sia una prima causa causante significa anche escludere i principi fisici e materialistici che, pure, nella catena degli eventi a ritroso, sempre più a ritroso, portano all’origine e alla causa prima.

Qui il mio discorso potrebbe concludersi, ma rimane l’ultima condizione che io ho posto:il sapere di non sapere.Non a caso nel mio precedente intervento ho citato il poverello di Assisi: frate Francesco che parlava agli altri nostri fratelli del Creato (mi si permetta il maiuscolo).
Le mie ripetute letture dei Vangeli e delle varie  Vite di Gesù (Franz Alt, Francois Mauriac, Giuseppe Ricciotti) non mi hanno consentito di sapere, e quindi decidere, con certezza che gli altri esseri del Creato non costituiscano il prossimo nostro. Ma forse, le mie letture, sebbene ripetute negli anni, possono essere state distratte.
Tuttavia noi, a mio sommesso parere, abbiamo il dovere di amare.
Amare tutto il Creato.
Senza se e senza ma.
Credenti o non credenti che possiamo essere, non dovremmo commettere il peccato, sia in senso laico, sia religioso, di non amare, coltivando la speranza di essere amati.
Iddio nella sua infinità sa e comprende l’anelito di amore che avvolge  e permea l’universo (parola di presuntuoso scettico che cerca e spera di trovare), che sia l'amore di una coppia; l’amore materno; l’amore paterno; l’amore filiale; l’amore fraterno; in una parola l’amore per il prossimo nostro dal quale non mi sento di escludere nessuno e alcuno.

La Chiesa è la Chiesa. Sarebbe follia “vomitare” veleno sulla Chiesa e sulle Chiese (che tutte, nessuna esclusa, anelano a Qui creat et non creatur, anelito che solo la follia dell'umanità non capisce).
Additare i falsi servi della Chiesa è altra cosa.
Pertanto si dovrebbe sempre fare un rigoroso distinguo, per non incorrere nel grave  rischio che, per salvare la Chiesa, si salvino i pessimi, sedicenti ministri che sono i primi a insozzarla.
Invero, quelli che perseguitano la Chiesa sono imbecilli a tutto tondo. E l’imbecillità si accompagna alla cattiveria.
La critica, tuttavia, non è, e non si deve confondere con la persecuzione.
La critica spesso nasce dalla delusione, dal dolore, dalla mortificazione, originati dalla violazione di principi, fino a un certo momento ritenuti incrollabili, compiuta da figure credute degne di fiducia oltre la certezza della stessa fede.

Le opere assistenziali le misconoscono solo gli imbecilli di cui sopra, e alla Caritas (che bene conosco e con la quale ho interagito) se ne devono aggiungere altre, altrettanto meritevoli.

Ricordo sempre un mio amico sacerdote, morto da diversi anni. Un amico col quale ho condiviso anni di assidua frequentazione anche giornaliera. Un dotto sacerdote che ha pubblicato testi sui Vangeli, pubblicati dalle Edizioni Paoline e dalle Edizioni San Paolo.
Ebbene, un giorno gli raccontai una mia tesi sugli angeli e sui diavoli.
Mi ascoltò senza mai intervenire e con la straordinaria attenzione di cui era capace. Quando comprese che avevo terminato mi disse che nulla poteva dirmi che confermasse o confutasse la mia tesi. Non mi suggerì di avere fede. Chissà, forse lui aveva capito molto più di quanto io pensassi in quel momento. A lui avrei voluto parlare dell’amore per gli animali e della speranza che  essi lo concepiscano e ci amino, nonostante la nostra cattiveria nei loro confronti.
Forse mi avrebbe dato risposte diverse da quelle che avrei voluto fossero, ma questo non mi è dato di confermarlo.
Lui non c'è più e io, in attesa di sapere, resto uno che sa di non sapere.

 
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Natale 2011

Post n°61 pubblicato il 25 Dicembre 2011 da domenicomolinini

Nel corso della settimana che ha preceduto questo Natale, ho fatto qualche capatina ai blog amici.
Quasi tutti hanno messo in evidenza ciò che di stridente avviene ed appare con quella che dovrebbe essere la Festa delle feste, mano mano che questa si avvicina.
L'ostentata celebrazione dell'opulenza, quale veste che si dà alla festa di Chi è nato povero tra i poveri e per i poveri, ancora di più mette in risalto la visione di ristrettezze economiche: telegiornali e rubriche varie vanno in onda con una scaletta cinicamente fatta di servizi su pranzi soifisticatissimi quanto costosissimi e sulle file alle mense della Caritas.
Ogni italiano spenderà una certa cifra in euro - ci informa la vellutata voce della cronista.
Peccato che quella cifra sia di molto superiore all'ammontare della maggior parte delle pensioni e anche di certi stipendi.
Ecco cosa regalare - consiglia un sapiente servizio televisivo nel corso del telegiornale, mostrando gioielli che, come riferisce un azzimato tizio, all'uopo intervistato, costano una fortuna, ma si vendono.
Finito il luccicante servizio, eccone uno sui disoccupati, e sull'indigenza di chi non può permettersi neppure di pensare a regalini modestissimi per i figli.
Ma questo, in verità, è un copione di tutti gli anni.
Già immagino il responsabile di una qualsiasi testata televisiva obiettare che si tratta di informazione e che è normale fare sapere che qualcuno (tanti?) possono anche spendere centinaia di euro a persona per il solo cenone della Vigilia.
Forse in altri tempi la ricchezza aveva un barlume di dignità, di decoro, di rispetto, di pudore, per starsene nascosta. Forse.
Quand'ero ragazzino rivestivamo di carta stagnola (conservata gelosamente nei mesi precedenti) mandarini, noci ed altro. Era la carta stagnola che rivestiva i rari cioccolatini ed i gianduiotti che costituivano i nostri dolciumi. Non sapevamo di altre ricchezze e quegli ori ed argenti ci saziavano e rendevano felici.
Da anni, troppi anni, una genia di abili pupari ci dice cosa si debba intendere per ricchezza, per felicità, per soddisfazione; e ci mette tutto davanti agli occhi; e ci convince che se quello che ci mostra non possiamo averlo, allora vuol dire che siamo insoddisfatti.
Tra pochi giorni tutto sarà (sembrerà) finito. I pupari però saranno sempre al lavoro per noi. Questa volta per convincerci quanto sia d'uopo, avendo messo sù qualche chiletto durante le feste, rimettersi in linea.
Il tutto in attesa di una imminente Pasqua di pace, concordia e fratellanza.

 

 
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Chi sa...

Post n°60 pubblicato il 18 Novembre 2011 da domenicomolinini

 

Chi sa che, non dico a partire da subito, ma nel breve, brevissimo termine, si possa finalmente iniziare a scrivere post che trattino argomenti non centrati solo e soltanto sulla figura dell'Innominato, con un briciolo di certezza d'essere letti, e commentati.
Chi sa che non finisca la caciara a cui mi riferisco nel post precedente. Caciara che, ripeto, tanti danni ha fatto, trasformando in vittime
i carnefici, grazie all'uso becero di forme di critica non discorsive, bensì urlate.
Spero inizi un nuovo periodo dove a scrivere di fatti di cronaca politica siano quelli che, di parte o non di parte che siano, hanno gli uni il dono di far ridere e sorridere, gli altri di far pensare.

 
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Fatto...

Post n°59 pubblicato il 04 Novembre 2011 da domenicomolinini

Cancellazione eseguita.
Operazione indolore.
Su tutto questo, tuttavia, occorrerebbe meditare.
Mi chiedo che senso abbia fare proclami, di destra o sinistra che possano essere, piuttosto che scrivere pacatamente.
Tanto, laddove si dica il vero ed il giusto, pur sapendo di avere di fronte a sé un muro di silenzio, un velo di omertosa connivenza, non si sortisce alcun risultato.
Anzi, così facendo, si otterrà di dis(turbare) quelli che la pensano nella stessa maniera, ma non sopportano di vedere urlate in forma stentorea e farneticante argomentazioni di per sé giuste e condivisibili, che così presentate prestano il destro ad essere confuse come ingiuste.
Ma tutto ciò ha una ragione, una scaturigine che non è politica: si chiama voglia di protagonismo.
Tutti, chi più chi meno, siamo ammalati di protagonismo.
Alcuni sono incurabili.

 
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una necessaria, riflessione...

Post n°58 pubblicato il 02 Ottobre 2011 da domenicomolinini

Quando ho aperto questo blog, l'ho fatto con la precisa intenzione di mettere a disposizione di chi fosse interessato quel poco di sapere, relativo alla Musica, che lo studio, mai interrotto, e la mia professione mi hanno dato e continuano a darmi.
Quando ci si pronuncia, che si stia trattando di musica o di storia medioevale, se lo si faccia con onestà e rigore intellettuale, si rende più o meno palese il proprio profilo ideologico.
Il mio credo sarà apparso da come scrivo quel che scrivo (così come avviene quando parlo), poiché voglio sempre sottendere l'idea che ognuno di noi nella vita, scienziato, spazzino, presidente del consiglio, metalmeccanico, professore che sia, abbia un mandato etico e morale da perseguire, dal quale sentirsi continuamente animare e sollecitare, ed il quale giammai tradire o, come spesso avviene, ignorare.
Tuttavia, è bene chiarire, laddove inspiegabilmente non si evincesse dai contenuti, che io non ho mai pensato di aprire un blog per farne una tribuna dalla quale muovere campagne elettorali pro Tizio contro Caio.

La politica si fa anche, e soprattutto, svolgendo in maniera impeccabile il proprio lavoro (lo facessero i nostri politici, ma anche la gran parte della caleidoscopica popolazione di questa amena Penisola), tentando di raggiungere le vette dell'eccellenza, il che significa non solo soddisfare l'amor proprio, ma dare il meglio  di sé agli altri.

Politica (che è termine carico di valenze positive per chi abbia studiato la storia della letteratura greca) si fa quando l'eccellenza costituisca binomio con l'onestà, con la probità, con l'alto esercizio dell'intelletto. [Non dimentico mai lo specialista (professore ordinario di *** e direttore della relativa scuola di specializzazione) che consultai 25 anni fa, il cui onorario per una visita, ammontava a duecentocinquantamila lire (allora una cifra notevole). Prima della visita, la segretaria del professore incassò la cifra e, con fare professionale, mi chiese se volessi la ricevuta fiscale (già, perché si chiede, spesso in Italia la si dà solo su richiesta), mettendo una crocetta su una casella, avendo io assentito. Non mi dette, tuttavia, la ricevuta e quando, finita la visita, la chiesi direttamente al luminare, il grand'uomo mi rispose che aveva finito il blocchetto delle ricevute (sic), rassicurandomi che me l'avrebbe data alla prossima visita. Un'ulteriore visita non ci fu una. Ero sano come un pesce, anche se lo scoprii da solo, visto che il cialtrone accademico non me lo comunicò, ché altrimenti avrebbe perso una fonte del suo cospicuo  e lievitante capitale.]. Eccellenza ed immoralità, purtroppo, costituiscono spesso un iniquo binomio, i cui monomi si pensano antitetici, spesso confermato dai fatti della quotidianità.
Dopo questa digressione, chiarisco il senso della mia riflessione.
Alcune persone, per altro degnissime e rispettabilissime, hanno chiesto la mia amicizia, ma, dopo averla ottenuta, non hanno mai letto una sola riga di un mio post. Di contro, anche sei sette volte al giorno, ricevo notifiche relative a loro post. Si tratta di scritti a sfondo politico ideologico il cui contenuto è costituito da proclami, postulati che non ammettono di essere dimostrati e discussi, e rifuggono dall'elemento primario che, a mio sommesso parere, dev'essere alla base dei rapporti umani: il dialogo.
Avendo premesso che queste persone non leggono i miei post, ci si potrebbe chiedere che sugo abbia questa riflessione a loro precipuamente diretta. Spes ultima dea, dicevano i latini, eppoi, con il loro stesso senso pratico, prima che questo anno di grazia 2011 termini, cancellerò questi, davvero, pseudo-amici dalla mia lista.

 
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Ma che musica (5)

Post n°57 pubblicato il 15 Settembre 2011 da domenicomolinini

Nel precedente post ho citato il processo ad espansione. Nell'intento di chiarire di che cosa si tratti (cecilia2day, in particolare, sarà contenta), riporto quanto ho scritto al riguardo nel paragrafo La lettura musicale nei processi linguistici e semantici contenuto nel II capitolo del mio testo Musica Nuova, Elementi di teoria musicale & dintorni, Papageno edizioni.

...la lettura musicale si attua attraverso due percorsi fondamentali:

il primo riguarda la lettura finalizzata all’esecuzione strumentale (fondata sulla notazione assoluta). Le note sono riportate sul pentagramma, reso specificamente funzionale, quindi relativo ad ogni strumento, secondo il procedimento detto “ad espansione”. Nel caso del pianoforte, ad esempio, si pensa alla struttura formata da due pentagrammi sovrapposti, al centro dei quali corre il rigo del Do centrale, inteso come taglio addizionale condiviso. La lettura strumentale avviene secondo princìpi tecnici, costituenti un tracciato, la prassi esecutiva (che non può essere definito in assoluto, poiché la sua articolazione è strettamente legata alle peculiarità dello strumento musicale impiegato), attraverso l’associazione di ciascun segno sul pentagramma con un luogo preciso dello strumento, e si traduce con una altrettanto precisa posizione gestuale, secondo il percorso che dall’occhio va alla mano;

il secondo percorso consente di associare i segni grafici con immagini mentali, evocate attraverso l’ascolto interiore, e quindi permette di sentire i suoni musicali come, leggendo una pagina, si sentono mentalmente i suoni verbali, trasformati in concetti.

I due percorsi, a ben vedere, sono totalmente indipendenti l’uno dall’altro, condizione la cui essenzialità è importante avere ben chiara, poiché presuppone due diversi approcci alla lettura:

l’apprendimento delle note, per la prassi strumentale (leggere per suonare), è un obiettivo elementare, fondato su automatismi, che può essere raggiunto relativamente presto;

l'apprendimento per la pratica vocale, richiede, invece, un lungo esercizio, che non può essere proposto in forma concentrata, come avviene solitamente nell’attuale corso di solfeggio, ma deve essere distribuito durante tutto il corso degli studi, in misura proporzionale ai livelli di maturazione dello studente, attraverso una didattica intelligente e mirata. In questo caso, infatti, si tratta di stabilire una correlazione tra le immagini uditive delle relazioni melodiche (che abbiamo acquisito in forma inconsapevole, grazie agli stimoli sonori proposti a livello ambientale), e le immagini visive della notazione musicale, ponendosi, quindi, in grado di sentire ciò che si legge e leggere mentalmente ciò che si sente...

(continua)

 
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Ma che musica (4)

Post n°56 pubblicato il 09 Settembre 2011 da domenicomolinini

Laddove ci fosse la possibilità di approfondire certi assunti, si paleserebbe come tanti "professionisti" della musica siano in realtà "suonatori" che, privati dello strumento su cui esercitano l'atto pratico del suonare, non sono minimamente in grado di concettualizzare i suoni. Insomma, posti davanti ad uno spartito, non canticchiano autonomamente in qualche modo ciò che è scritto (a guisa di un dattilografo che scriva una tesi su un qualsiasdi argomento senza capire un'acca di ciò che stia scrivendo).
A questa categoria di professionisti (sic) manca la capacità di cantare in anteprima ciò che sono in procinto di suonare.  In tal caso l'atto di suonare rimane nei limiti di una pratica meccanica (secondo un processo detto "ad espansione") ed è solo dopo aver suonato che  si può scoprire, attraverso l'udito, il contenuto musicale dello spartito.
Qualora non si possegga la capacità della lettura musicale intonata, e tutte le abilità ad essa correlate, non si è in grado
di leggere mentalmente ciò che è scritto, ossia di tradurre in suoni, ossia in significati sonori, i significanti segnici scritti sulla pagina dello spartito.
Mi riferisco, quindi, ed è bene segnalarlo a caratteri cubitali, al possesso di un tipo di abilità che non si ottiene con l'inutile e spesso dannosa pratica del solfeggio,
bensì con la pratica di discipline sinergiche che nei paesi anglosassoni prendono il nome di ear training e che consistono nell'educazione della percezione auditiva, ritmica, motoria, melodica e via dicendo fino a quella relativa all'ascolto musicale: alla piena comprensione del discorso musicale.
Ed è anche opportuno, a scanso di equivoci, sottolineare che, essendo la musica una forma di linguaggio, per ascoltarla e "comprenderla" non occorre assolutamente conoscerne la grammatica e la sintassi. La musica si ascolta come si può ascoltare un notiziario. La comprensione delle notizie è determinata dalla conoscenza degli antefatti, ma prim'ancora dalla comprensione della lingua con cui essi sono riferiti ed ancorpiù dal grado di conoscenza del lessico.
Tranquilli, quindi. Ci sono "suonatori" che non comprendono la musica ed "ascoltatori" che, invece, non conoscono la grammatica musicale, ma capiscono la musica, sanno valutarla e distinguono quella buona da quella mediocre o pessima.
Buona, mediocre, pessima non significano assolutamente la becera distinzione che certuni fanno tra la musica cosiddetta "classica" e quella cosiddetta "leggera" (aggettivazioni a mio sommesso parere filologicamente poco corrette). Difatti, negli ambienti cosiddetti accademici si sono scritte e si scrivono composizioni  (colte?) che sono delle vere e proprie ciofeche (come avrebbe detto Totò), mentre ci sono delle pagine stupende di musica (incolta?) scritta per vestire mirabilmente canzoni, colonne sonore cinematografiche,  musica jazz, senza dimenticare la musica popolare, linfa che ha alimentato tante mirabili pagine di musica sublime dei più grandi compositori.
Quindi, c'è musica e musica.
C'è musica e musica come c'è vino e vino, ma non secondo le superficiali distinzioni che si fanno solitamente riferendosi all'una o all'altro.

(continua)

 
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Ma che musica (3)

Post n°55 pubblicato il 24 Agosto 2011 da domenicomolinini

Allo sguardo di taluni, la mia denuncia sui "vuoti" musicali potrebbe sembrare contraddittoria, visto che in Italia sono tanti a professarsi cultori ed a dirsi esperti di musica.
Gli italiani sono infatti convinti di essere un popolo di amanti della musica. E' questa una concezione acritica che si fonda su l
uoghi comuni, facilmente confutabili su basi scientifiche, e che si può ritenere valida solo se per amore verso la musica si voglia intendere il consumo generico di prodotti complementari alla musica (vedi i supporti audio dei quali i consumatori in Italia sono tanti), precipuamente rivolto all'ascolto.
Ci sono, poi, quelli che affermano di studiare o aver studiato la musica, convinti che "studiare la musica" consista e coincida con l'apprendimento della tecnica per suonare uno strumento musicale. Ebbene, la maggior parte di queste persone, bene o male, suona uno strumento musicale.
Ma, suonare uno strumento significa in ogni caso che si stia facendo musica? E fare musica cosa significa? E cos'è la musica?

(continua)

 
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Ferragosto

Post n°54 pubblicato il 15 Agosto 2011 da domenicomolinini
 

Ho guardato il mare dal mio balcone.
Sono le 7,30 del mattino. Oggi è Ferragosto.
Il mare, il mio Adriatico, è a circa 6 chilometri in linea d'aria. Appare calmo. A quest'ora è anche lasciato in pace. Conosco le abitudini dei suoi frequentatori e a quest'ora lo trovo sempre deserto.
Il mare che vedo è stato quello della mia fanciullezza e giovinezza. E' lì che prestissimo ho imparato a nuotare, istintivamente, e nei fondali rocciosi del Trabucco (la zona del litorale di Trani riservata agli esperti e considerata con timore dai bagnanti) ho iniziato ad immergermi per pescare, per anni senza maschera subacquea. La mia prima maschera subacquea l'ho acquistata con i risparmi di un anno, frequentavo già le medie. Il negoziante mi ha guardato male quando ha visto la montagna di soldini contenuti nella busta di carta marroncina del pane.
Ricordo quando, ragazzino, all'inizio degli anni '60, tornavo a casa con una borsa a rete enorme, piena di ricci. Saturavano con il loro profumo l'autobus della *** che allora ci portava dal mio paese al litorale di Trani e ritorno. Qualche signora più ardita me ne chiedeva qualcuno che io munificamente elargivo.
Ma il momento topico era il mio arrivo a casa. Solitamente era l'ora del pranzo. Un'ora in cui a quei tempi si sentiva solo il rumore delle stoviglie a contatto con i piatti, ammesso che riuscisse a sovrastare il canto assordante e meraviglioso delle cicale. Quando arrivavo al cancello della palazzina condominiale, però, tutto si fermava, poiché si celebrava il rito della distribuzione dei ricci ai coinquilini, tra i quali i cugini di mio padre che io chiamavo zii.
Com'erano lunghe quelle estati.
Da decenni il mio Adriatico è quello del Gargano che ho iniziato a conoscere il 1969, andandoci con la mia seconda auto. La prima fu una Fiat 500 bianca, con le portiere controvento ed il tetto apribile; la seconda una Fiat 128 di un colore carta da zucchero che a ricordarlo mi vergogno ancora.
Il Gargano degli anni '60 possono ricordarlo solo quelli che l'abbiano vissuto. Non c'era nulla o quasi di quello che oggi lo deturpa e insozza. Ho calcato luoghi deserti ed incontaminati dove a partire dalla fine degli anni settanta sono sorti dapprima campeggi discreti poi diventati villaggi bercianti.
Eppure, ancora oggi il Gargano riserva spiagge, dove tutto questo c'è, ma non in maniera invasiva. E restano le lunghe scogliere, impraticabili dalla riva, dove tutto è rimasto come sempre e domina la macchia mediterranea i cui profumi si mescolano a quello del mare.
Ho guardato il mare dal mio balcone.
Prima di iniziare a fare ciò che faccio quando resto solo in casa.
Si può restare soli in casa anche il giorno di Ferragosto.
Per tanti motivi.
Quando accompagnavo da piccolo mio figlio in ospedale, per consolarlo gli dicevo: "guarda abbiamo come al solito problemi per parcheggiare. Questo significa che ci sono tanti bambini che non stanno bene come te. Forse qualcuno sta anche peggio...". Chissà quante volte mi avrà mandato mentalmente.
Oggi è Ferragosto, ma per chi dializza non fa differenza: che sia il  dì della Vigilia o il giorno di Natale o quello San Silvestro o di Capodanno o di Pasquetta.
Eccezione fatta per le domeniche, non fa differenza.

 
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Ma che Musica... (2)

Post n°53 pubblicato il 06 Agosto 2011 da domenicomolinini
 

E veniamo alle dolenti note.
I protagonisti della cultura e della politica italiana del secondo '900 sono stati
prevalentemente persone che non hanno mai saputo cantare decentemente neppure l'inno nazionale. Se fossero stati in grado di farlo, allora sarebbero stati in condizione di scoprire e comprendere se l'inno di Mameli abbia o non abbia  effettivo spessore musicale (cosa non da poco visto che di polemiche al riguardo ce ne sono state e ancora ce ne sono).
Nel bene o nel male, fino al dopoguerra governanti e ministri italiani
un'educazione o un'esperienza musicale l'hanno avuta.
Giuseppe Mazzini, ad esempio, ebbe una solida preparazione chitarristica; possedeva tra l'altro una chitarra costruita nel 1821 da
Gennaro Fabbricatore (i Fabbricatore sono stati una  famiglia napoletana di liutai  d'eccellenza ). Buon cultore della musica, Mazzini citò, nelle lettere che spedì alla madre dagli esili svizzeri ed inglesi, numerosi compositori per il suo strumento prediletto. Della sua passione per la musica restano alcuni cimeli e la sua Filosofia della Musica scritta nel 1836.
La maggior parte dei politici italiani, ministri
compresi, fino al fascismo suonava uno strumento o aveva studiato canto. Tutti, in ogni caso, erano assidui frequentatori del teatro d'opera.
Anche Mussolini fece studi di
violino, pare per 8 anni, e mi viene da pensare che se  avesse continuato a dedicarsi a quegli studi, forse avremmo avuto un concertista in più e, chissà, magari nello stesso tempo avremmo evitato la catastrofe che tutti conosciamo.
Nell'Italia repubblicana nessun presidente del consiglio
è stato un fruitore abituale di musica; a parte De Gasperi, nato austriaco, a Pieve Tesino, in Trentino, un'area compattamente italiana, ad eccezione di alcune isole linguistiche tedesche, dell'Impero austro-ungarico ed eletto parlamentare a Vienna nelle file del Partito Popolare.
A proposito dell'Austria, se l'Opera di Stato di Vienna scioperasse si rischierebbe una crisi di
governo (come avvenne negli annni '90). Non così in Italia dove se scioperassero tutti gli enti lirici la notizia  non desterebbe più clamore di tanto e probabilmente finirebbe nelle pagine interne di qualche quotidiano.
Essendo questo il profilo musicale della classe dirigente, l'ignoranza
musicale ha potuto attecchire ben coltivata dal mondo politico che ha gestito la musica sostanzialmente in maniera clientelare: dapprima, ai tempi delle vacche grasse, foraggiando acriticamente a pioggia, allo scopo di raccogliere una messe di voti; dopo, tagliando indiscriminatamente, per ostentare "adamantini" rigori di bilancio e magari incassare un ritorno elettorale. Nell'un caso e nell'altro, l'hanno fatta franca i furbetti, ossia quelli che, invece che per fare musica, hanno allenato le articolazioni a portare borse, le lingue a leccare quel che sappiamo ed il cervello a non pensare.

(continua)

 
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Ma che Musica... (1)

Post n°52 pubblicato il 03 Agosto 2011 da domenicomolinini
 

Il mio giudizio negativo sullo stato della musica in Italia, discorso sul quale tento (in verità con poca fortuna) di aprire un dibattito su questo blog, ha radici profonde.
Sicuramente buona parte dello stato delle cose è dovuta all'esilio permanente della musica dalla scuola italiana di ogni ordine e grado.
Innanzitutto chiarisco che  i danni che lamento hanno cause ben più remote della pessima gestione del Sapere (non solo musicale) fatta dai recenti ministri e dai loro spesso insipienti collaboratori.
Il fatto è che la musica, a partire dal dopoguerra e secondo un processo segnato da un continuo impoverimento qualitativo, risulta completamente assente nell'universo della "cultura" italiana.
Gli esponenti del mondo culturale italiano
mostrano di non sapere assolutamente nulla di musica.
Tra le poche eccezioni Eugenio Montale che affronta seri studi musicali di Canto, interrompendoli ad un certo livello e rinunciando ad una carriera per la quale è particolarmente dotato.
Dall'altra parte i musicisti colti (e sono così tanti che non sto ad enumerarli) discutevano e discutono abitualmente di arte con gli storici dell'arte, di filosofia con i filosofi, di architettura con gli architetti, di storia delle letterature classiche con i latinisti ed i grecisti.
Per una persona di media cultura, è vista come una grave lacuna (e ne convengo)  non sapere nulla di Pitagora o Kant; di Michelangelo o di Picasso; di Dante o di Eco; di Galileo o di Fermi.
Sembra, invece, del tutto normale ignorare Marchetto da Padova o
Stravinskij; Monteverdi o Pizzetti; Palestrina o Petrassi; Scarlatti o Berio.La quasi totalità dei nostri laureati ignora, ahimè, come la musica faccia parte dei Saperi e del Sapere.
Nel corso delle mie lezioni ho potuto constatare quanto si ignori che la musica  costituisca la gran parte della speculazione filosofica di tutti i pensatori; che la Divina Commedia sia anche un poema sulla musica (al riguardo sto scrivendo un saggio), ma anche l'Aminta del Tasso, per fare un esempio, è musicata e segna sicuramente il trapasso dalla favola pastorale alla vera e propria opera in musica. E la tragedia greca? La tragedia greca, quasi ovunque ritenuta una forma squisitamente letteraria e come tale appresa, è la progenitrice del melodramma, essendo il suo pregevole testo destinato ad essere cantato. La tragedia in buona sostanza è un libretto d'opera.
Che Michelangelo scrivesse sonetti, ma lo faceva anche Lorenzo, si sa, ma si ignora che i loro sonetti fossero destinati ad essere musicati, come  accadeva per tutti i sonetti e le canzoni contenute nei canzonieri. Altrimenti, perché il sonetto e la canzona (dal latino sonus e cantus) così si chiamerebbero?

(continua)

 
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