Pd diviso

Post n°13 pubblicato il 17 Luglio 2012 da eserpentini

PD diviso

Pd diviso su primarie e nozze gay,

Bersani avverte: "Ora basta beghe''.

Il partito compra mascolinità su ebay

e annuncia la coalizione delle seghe.

Non c’è posto per diritti omosessuali,

solo per quelli agli atti più normali,

quale rubare in nome del partito

continuando ad essere servito e riverito.

Vietato tra maschi prendersi per mano

o guardarsi negli occhi in modo strano,

meglio far sesso con una donna Bindi

che con un uomo bello dai capelli biondi.

Son questi i bersaneschi insegnamenti

che danno al PD mille e più  tormenti,

altro che orgogliosi di fare le primarie,

questa è pura, autentica barbarie.

Sor Paolo

 

 
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Tu chiamali, se vuoi, giornalisti

Post n°12 pubblicato il 17 Luglio 2012 da eserpentini

Tu chiamali, se vuoi… giornalisti. Ma non lo sono. Come accade per gli editori, alcuni di loro sanno di non esserlo, altri no. Pensano di esserlo, ma non lo sono. Manca loro ciò che qualifica l’essere giornalisti: il piacere, direi la necessità, di esprimere liberamente il proprio pensiero, la propria opinione. Quando chi scrive, a qualsiasi titolo, su un giornale o parla, a qualsiasi titolo, da un’emittente radiofonica o televisiva non esprime la propria opinione ma quella di un altro, magari a difesa dei di lui interessi (legittimi o illegittimi che siano), non è un giornalista, ma un servo scrivente o parlante. Chi scrive un articolo sotto dettatura o omette di dire e di fare qualcosa, rendendo incompleta l’informazione che dà, o ponendola al servizio di qualcun altro che non sia il proprio lettore, non ha il rispetto di sé e non è un giornalista. Non lo considero tale. Quelli che mettono la propria penna al servizio di qualcuno e non riescono a mettere al riparo dal servilismo la propria mente non sono giornalisti. Tu chiamali, se vuoi, giornalisti, ma io no. Non lo faccio. Non considero giornalisti i tanti che ho incrociato e che nei loro articoli, rinunciando alla propria indipendenza di giudizio, esprimevano quello degli altri, ai quali erano devoti o di cui erano fedeli (che non vuol dire leali) esecutori di ordini. Non considero giornalisti quanti usano la propria penna come una spada e la impugnano per difendere i propri padroni e offenderne i nemici; quanti si vendono al miglior offerente e quindi si pongono al servizio ora di questo ora di quello; quanti rivolgono stando in ginocchio timide domande a coloro che temono e sottopongono a serrati interrogatori coloro dai quali non hanno nulla da temere. Non considero giornalisti quei direttori che ho sorpreso ad origliare dietro le porte mentre erano in corso riunioni di redazione in cui si parlava anche di loro; quelli che ho visto imporre ad aspiranti giovani cronisti servili comportamenti ed ossequiose riverenze in cambio della realizzazione del sogno di veder comparire il proprio nome in calce ad un articolo; quelli che cestinano i pezzi dei propri collaboratori o ne stravolgono il senso perché non possono consentirsi la pubblicazione sul giornale da loro diretto di cose spiacevoli a chi dà loro il pane e il companatico. Non considero giornalisti quelli che ingannano i propri lettori spacciando per informazione la comunicazione di proclami o la difesa di interessi di parte; quelli che si nascondono dietro il paravento di una presunta obiettività e non rendono palese il proprio punto di vista, accettando il confronto con tutti, anche con i propri lettori. Non considero giornalisti quei direttori che fanno la cresta ai già poveri emolumenti dei propri collaboratori né quei collaboratori che per ambizione arrivano al punto di andare a casa dei loro direttori e si prestano perfino a fare i lavapiatti. Non considero giornalisti quanti non riconoscono che a volte (anzi assai spesso), alcune colleghe sono superiori a loro né quelle oche che spesso starnazzano accanto ai capi, ancheggiando, pensando di poter far emergere solo in questo modo le loro qualità.
Tu chiamali, se vuoi, giornalisti, quei cialtroni che sparano a piena pagina i loro titoloni scandalistici, che sbattono mostri in prima pagina, che spendono e spandono la loro superficialità e la loro incapacità ad approfondire una notizia o rinunciano a spiegarla e perfino a capirla; quelli che fanno della loro incompetenza un merito di cui si vantano, pur tentando di nasconderla; quelli che si ostinano a scrivere e a parlare senza prima aver appreso ad imparare e senza conoscere la lingua in cui scrivono; quelli che si ostinano a considerarsi giornalisti da più di cinquant’anni senza esserlo stati per davvero neppure un solo giorno; quelli che non sanno raccontare una città e la sua popolazione, non sanno rappresentarne i sogni e le aspirazioni, ma anche le delusioni e le frustrazioni. Io non considero giornalisti i succubi del potere, quanti rinunciano per principio a fare le pulci a coloro che lo detengono, quanti non ambiscono ad altro che ad un incarico o a un riconoscimento dei potenti, comportandosi come fanno a sera i cani, dopo una giornata di caccia, quando non aspettano altro che una carezza del padrone. Non considero giornalisti quelli che, mentre ero impegnato nella difesa dell’indipendenza di una testata di cui ero responsabile editoriale, mettevano a disposizione dell’editore con cui ero in difficili trattative la propria illimitata flessibilità, garantendo di essere capaci di piegarsi ad ogni suo ordine come mai io avevo fatto e millantando una capacità di gestione non posseduta. Non considero giornalisti quanti tentavano di segare le gambe delle sedie sulle quali ero seduto, tramando nell’ombra per prendere il mio posto. Non considero giornalisti quanti ai potenti che protestavano per il contenuto o la forma di qualche mio pezzo di giovane cronista, rispondevano servilmente che sarei stato punito o redarguito, pur assicurando a me, presente, con larghi sorrisi, che non lo avrebbero fatto.
Tu chiamali, se vuoi giornalisti, quanti mistificano la realtà, diffondono interessate falsità, si imboscano negli anfratti degli uffici stampa istituzionali, diventando megafoni, scrivono il contrario di quello che pensano e pensano il contrario di quello che scrivono, non dicono quello che pensano e non pensano quello che dicono, scrivono sulle gazzette e concionano sugli schermi televisivi officiando messe di ringraziamento ai propri benefattori o compiendo riti propiziatori per essere beneficiati, quanti snocciolano i loro rosari per esibire crediti ingiustificati e ingiustificabili, quanti usano come clave i collaudati “metodi Boffo” contro coloro che  hanno avuto l’ordine di danneggiare con la calunnia e la diffamazione (reati che non saranno loro mai contestati grazie alle collusioni e alle complicità di cui godono) Non chiamo giornalisti quanti traggono maggiori benefici dal non pubblicare una notizia che dal pubblicarla; quanti, dovendo pubblicare una notizia spiacevole a qualcuno, la pubblicano insieme con la smentita dell’interessato e spesso pubblicano prima la smentita che la notizia, arrivando a volte a pubblicare la smentita senza pubblicare la notizia. Non chiamo giornalisti quanti considerano la notizia come un’arma di ricatto né quelli che la considerano come  incenso e mirra da dispensare in cambio di oro.

Tu chiamali, se vuoi, giornalisti.
Io no.

Elso Simone Serpentini

 
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Paga Pantalone

Post n°11 pubblicato il 09 Agosto 2010 da eserpentini
 
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Non è sempre lui a pagare e in tutti i modi?

 
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La cazzata

Post n°10 pubblicato il 21 Gennaio 2006 da eserpentini
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Stupenda e magistrale interpretazione dell’attore teramano LINO FRANCESCHINI, nella parte del consigliere di destra passato a sinistra che elogia il sindaco di destra, dicendo di essere contento quando è d’accordo con lui. Lunghe code ai botteghini dello Smeraldo per andare a vedere il film dell’anno.

 
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La spartizione

Post n°9 pubblicato il 25 Ottobre 2005 da eserpentini
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La spartizione. Destra e sinistra si giocano ai dadi il futuro del commercio teramano.

 
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