Creato da huvec il 12/06/2007

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Post N° 13

Post n°13 pubblicato il 24 Ottobre 2007 da blu_notte.fm

Leggo poco il giornale perché non ho tempo, vedo qualche telegiornale più incuriosita dalle lotte tra le lobby che dalla notizia stessa, che viene filtrata in talmente tanti modi e non sai mai cosa credere. Non mi riferisco a Garlasco, Cogne etc… mi riferisco in primis ai nostri cari Ministri della Repubblica.
L’Italia è una Repubblica fondata sul Lavoro. Ogni tanto me lo ripasso a mente il primo articolo della Costituzione perché, quando tra cinque o sei anni Marina, Dudi o Barbara prenderanno il potere, probabilmente lo cambieranno d’ufficio senza passare per la prassi parlamentare. Io di procedura parlamentare so veramente poco. Sono un’ignorante in materia. So solo una cosa, che auspico l’avvento di una nuova strategia del terrore. Non quella delle signorine anni Settanta. Quella dei violenti imbarazzati da un’ideologia già allora fallimentare. Bisogna mettere a ferro e fuoco questo Paese. Bisogna eliminare fisicamente capi e prole, radere al suolo il sistema di valori, spegnere la televisione, controllarci l’un con gli altri per evitare che tali sistemi di poteri riprendano il sopravvento. Fascisti, comunisti. Parole prive di senso, perché quando conviene ad un fascista abbracciare un comunista, lo farà e allora a cosa serve combattere e rovinarsi la vita? A cosa serve? Serve... lottare quotidianamente sulle piccole cose, i piccoli principi. Perché non siamo altro che quelli. Dobbiamo cambiare forse dentro, risocializzarci, fuggire alla monotonia di giorni incartati nei nostri mali di cuore e d’anima. Bisogna partire pensando che risolvere i nostri piccoli problemi quotidiani dell’Italietta non ci farà risolvere granché nel mondo, perché qui è di questo che parliamo. Bisogna ragionare in termini di sistema politico planetario, anche se poi quando pago la metà di tasse del mio stipendio e vedo che i prezzi delle case schizzano alle stelle, dei separatisti ceceni un po’ mi dimentico. Perché ci stanno rubando la possibilità di vivere in un mondo migliore? Ed io che mi spacco il culo dal primo giorno di scuola, perché devo lavorare non potendomi permettere un tetto sopra la testa, mentre Gasparri e Rutelli, che nulla sanno fare, pensare e proporre, campano con il frutto del mio lavoro? Perché mi si chiede di sapere parlare sette lingue quando la media dei parlamentari non sa nemmeno quando c’è stata la Rivoluzione Francese? Per avere la vera DEMOCRAZIA prima o poi dovremo uccidere questa Democrazia. Questa falsa partecipazione popolare, questa prassi consolidata da secoli. Ma almeno nella Storia passata la società gerarchica, sebbene ingiusta, aveva un regolamento interno, una serie di norme basate sui valori come l’onore che ormai è rimasto solo all’interno di un’organizzazione a delinquere: la Mafia. Io non so cosa sarà del mio futuro, del vostro, del nostro. So solo che mi sento fortunata, perché almeno io un lavoro per altri nove mesi ce l’ho. Ma che fine hanno fatto i miei compagni di corso, quelli che hanno osato sfidare la casta dei super raccomandati figli di? Io trovo che per rinascere bisogna incenerire qualcosa, qui si fanno i partiti democratici, avendo perso di vista il concetto di libertà e giustizia sociale. Io non giustifico la violenza, soprattutto quella nei confronti dei civili, ma non giustifico nemmeno lo Stato e le Istituzioni che hanno fatto della Cosa Pubblica un Affare Privato, una torta da spartirsi tra clientele, favori e favoritismi. Siamo inquinati. Dobbiamo reagire, partendo dalle piccole cose. Ogni volta che consumate un prodotto, ogni volta che pagate una tassa, ogni volta che mettete la croce su quella scheda ricordate che state compiendo un’azione utilissima non solo a voi stessi ma a quella cosa che sembra essersi dimenticata di noi, la comunità nella quale vivete. Abbiamo bisogno di una Rivoluzione, abbiamo bisogno di RIAPPROPIARCI dei nostri diritti: vivere… vivere bene… lavorando… al massimo delle nostre possibilità. Ci stanno togliendo i sogni, e credo che questo basti per farci incazzare almeno un po’. Uscite fuori dal vostro caldo giaciglio e cominciate a pensare ed agire. Non basta un vaffanculo, ora ci vuole l’azione, quella quotidiana, perché il sistema si combatte intaccandone un pezzo alla volta. Siamo noi le cellule impazzite.

 
 
 

Post N° 12

Post n°12 pubblicato il 22 Ottobre 2007 da leg75
 

Un unico contratto e tante delucidazionidi Tito Boeri e Pietro Garibaldi 13.09.2007

Con il rallentamento della crescita dell'occupazione, certificato dalle ultime indagini sulle forze lavoro, vengono al pettine i nodi irrisolti delle riforme del mercato del lavoro degli ultimi quindici anni. E al persistente dualismo territoriale, si sovrappone il dualismo fra contratti permanenti e contratti temporanei. Un problema reale che abbiamo cercato di affrontare con una proposta di riforma pubblicata su lavoce.info più di due anni fa. Molti lettori ci hanno chiesto spiegazioni a riguardo e vogliamo qui offrire risposte ad alcuni dei quesiti più frequenti.

Con il rallentamento della crescita dell’occupazione, certificato dalle ultime indagini sulle forze lavoro, vengono al pettine i nodi irrisolti delle riforme del mercato del lavoro degli ultimi quindici anni. Se la disoccupazione continua a calare è soprattutto perché diminuiscono le persone in cerca di lavoro. Aumentano i "lavoratori scoraggiati", quelli che rinunciano a cercare lavoro, più che gli occupati. Il Mezzogiorno registra un vistoso calo del suo tasso di occupazione. Al persistente dualismo territoriale del nostro mercato del lavoro, si sovrappone il dualismo fra contratti permanenti e contratti temporanei. La quota di lavoratori temporanei sul totale del lavoro dipendente è ulteriormente aumentata nell’ultimo anno, portandosi al 13,4 per cento. Per le donne l’incremento è stato quasi di un punto e mezzo: oggi una donna occupata alle dipendenze su sei ha un contratto a tempo determinato. Molte altre donne gonfiano le fila del lavoro parasubordinato. I lavoratori duali si avviano a superare la soglia dei 4 milioni. Sono la maggioranza tra i più giovani. Questo nuovo dualismo non può essere considerato un problema marginale, come sostenuto recentemente da Alberto Bombassei, vicepresidente di Confindustria. Secondo noi è un problema reale che deve essere affrontato con ben altro passo e determinazione rispetto a quelli mostrati dall’attuale governo e da quello precedente.

Qualcosa si muove

Il senatore Tiziano Treu ha inserito nella bozza di programma del Partito democratico un esplicito riferimento a un contratto di lavoro unico con tutele crescenti nel tempo, in sintonia con una parte della proposta di riforma per combattere il dualismo elaborata e discussa su www.lavoce.info da più di due anni, e accolta allora con notevole apertura dal sindacato. Walter Veltroni, candidato alla leadership del costituendo partito, ha mostrato interesse nei confronti della proposta. Da allora molti lettori ci hanno chiesto delucidazioni a riguardo. Alcuni hanno addirittura formulato proposte integrative per renderla maggiormente incisiva. Nel ringraziarli per il loro interesse, vogliamo qui offrire risposte ad alcuni dei quesiti più frequenti.

Oltre al contratto unico, rimane tutto come prima?

No. Una strategia vincente contro il dualismo deve imporre standard minimi che valgano per tutti i tipi di contratti. Altrimenti ci saranno sempre delle asimmetrie. Per questo riteniamo fondamentale che venga introdotto un salario minimo orario che valga per ogni tipo di prestazione alle dipendenze offerta nel nostro paese. Per tutelare il futuro previdenziale dei giovani, tutti i contratti alle dipendenze dovrebbero, inoltre, garantire lo stesso livello di contributi previdenziali. Infine, per dissuadere un uso eccessivo dei contratti a tempo determinato, riteniamo che chi assume con contratti a termine debba pagare contributi più alti per le assicurazioni contro la disoccupazione, dato che più forte è il rischio che il contratto sfoci in un periodo di disoccupazione. 

Come può il contratto unico conciliare flessibilità e tutele?

Il contratto unico permette alle imprese un’assunzione "flessibile", aumentando gradualmente le tutele del lavoratore, senza forti discontinuità. Nella nostra proposta, il contratto ha tre fasi: la prova, l’inserimento e la stabilità. Chi viene assunto con un contratto a tempo indeterminato, è soggetto a un periodo di prova di sei mesi, come oggi avviene già per alcune categorie. Serve a non scoraggiare il datore di lavoro, che vuole essere garantito circa le qualità del lavoratore. Successivamente, dal sesto mese al terzo anno dopo l’assunzione, il lavoratore è coinvolto in un periodo di inserimento in cui viene tutelato dalla protezione indennitaria (da due a sei mesi di salario) nel caso di licenziamento economico e deve essere reintegrato in azienda nel caso di licenziamento discriminatorio o lesivo di diritti fondamentali. In questo periodo di inserimento, datore di lavoro e lavoratore investono in capitale umano. Al termine del terzo anno, l’obbligo di reintegrazione (la cosiddetta tutela reale) viene esteso anche ai licenziamenti economici senza giusta causa.

Non sono troppi tre anni?

Nella nostra proposta la prova dura solo sei mesi. Dopo questi sei mesi, l’interruzione del rapporto di lavoro dà diritto a un indennizzo. Oggi i lavoratori a progetto non hanno diritto ad alcun indennizzo e i contratti a tempo determinato hanno sempre una scadenza, al termine della quale non vi è alcuna compensazione monetaria nel caso in cui il rapporto di lavoro si interrompa. Nel contratto unico, dopo i sei mesi di prova c’è sempre quanto meno un indennizzo monetario. In questo senso, la nostra proposta è decisamente migliorativa.

Ma non c’è già l’apprendistato? 

Il contratto unico a tempo indeterminato può essere offerto a tutti, non solo ai lavoratori con meno di 30 anni, per facilitare il reingresso nel mercato di donne dopo il periodo di maternità e di lavoratori più anziani. Non ha limiti di durata. E non prevede riduzioni dei contributi previdenziali, come oggi avviene per l’apprendistato. La nostra proposta non comporta oneri per il contribuente, come invece avviene per l’apprendistato. Quindi è davvero molto diverso.

Il contratto unico è la stessa cosa del Contrat de Premiere Embauche (Cpe) che ha scatenato le proteste nelle piazze francesi?

Niente affatto. Semmai, il contratto unico ha qualche similitudine con il Contrat Nouvelles Embauches (Cne) in vigore in Francia dal 2005, dove ha contribuito a stabilizzare i rapporti di lavoro. A differenza del Cpe, il contratto unico è a tempo indeterminato e non riguarda solo i giovani. Nel caso di licenziamento economico durante il periodo di inserimento, il datore di lavoro è comunque tenuto a fornire una motivazione e a offrire un risarcimento, cosa non prevista nel Cpe (e nello stesso Cne) in cui, nei primi due anni, il licenziamento non richiede alcuna giustificazione e solo un breve periodo di preavviso.

Cosa succede agli altri contratti?

Rimangono, ma devono essere compatibili con gli standard minimi definiti sopra, in termini di salario minimo orario e contributi previdenziali obbligatori.

Cosa impedisce a un datore di lavoro di allungare il periodo flessibile?

Se un datore di lavoro assume un lavoratore con un contratto a tempo determinato (o un contratto a progetto) e, al termine di questo contratto, vuole assumere il lavoro con un contratto a tempo indeterminato, il contratto partirà dal periodo di stabilità, non potrà contemplare né periodo di inserimento, né periodo di prova.

Cosa impedisce a un datore di lavoro di interrompere il rapporto di lavoro prima dell’inizio della terza fase?

Il datore di lavoro che vuole interrompere il rapporto di lavoro nel periodo di inserimento dovrà compensare il lavoratore offrendogli fino a sei mensilità. Come abbiamo detto, tale onere oggi non è presente nei contratti a progetto e a tempo determinato giunti alla scadenza. In altre parole, anche nei primi tre anni aumenta la protezione dei lavoratori rispetto allo status quo, la modalità di gran lunga dominante di assunzione dei lavoratori con meno di 40 anni.

 

 
 
 

Post N° 11

Post n°11 pubblicato il 18 Ottobre 2007 da leg75
 

Il dibattito sul lavoro precario, una realtà che ormai riguarda almeno due generazioni, è, a mio modesto parere, viziato da alcuni luoghi comuni e da carenza di informazioni. Cominciamo dalla Legge Biagi. Sgomberiamo il campo dall'idea che la legge 30 abbia creato il lavoro precario nel nostro paese. Infatti a livello legislativo le misure di flessibilità nel mercato del lavoro sono state massicciamente introdotte con il pacchetto Treu del 1997. Se non sbaglio votò a favore anche Rifondazione. Vero è che la legge 30 ha forse allargato alcune maglie nella disciplina previgente, ma non ha avuto questo impatto rivoluzionario. In fondo il contratto a progetto è uguale al cococo, ha cambiato solo nome. è anche vero che la legge 30 ha previsto degli strumenti che rendono più facile la lotta a certe odiose forme di sfruttamento. Tutto abbiamo applaudito quando gli ispettori del ministero del lavoro hanno sanzionato i call center e ordinato la trasformazione dei contratti in essere in contratti di lavoro subordinato. Ebbene, tali provvedimenti sono stati previsti dalla legge 30. Invece dal dibattito è quasi del tutto assente il tema degli ammortizzatori sociali. In tutti i paesi con una forte flessibilità del lavoro è previsto un sistema di ammortizzatori sociali, che serve sia a garantire la sopravvivenza quando il lavoro non c'è, sia a integrare il reddito quando questo è troppo basso. In realtà il Libro Verde di Marco Biagi proprio a questo modello, la cosiddetta flexicurity, si ispirava. Peccato che quando si è trattato di tradurne il legge il contenuto questa parte se la siano dimenticata, come s el'erano dimenticata quelli che avevano elaborato il pacchetto Treu. L'Italia è l'unico paese occidentale che non ha una rete di protezione sociale nei confronti di disoccupati e indigenti, soprattutto se giovani. Invece si spendono tante risorse per mandare la gente in pensione a 56 anni con il 90% dell'ultima retribuzione. E i sindacati fanno tassare i precari al 40 per cento per trovare le risorse necessarie a sostnere questo sistema. E poi il problema del lavoro, precario o no, è rappresentato dalla mancanza di investimenti. Questo paese fa paura agli investitori stranieri a causa della burocrazia, del fisco punitivo, della giustizia lenta, ma anche a causa della nostra maledetta cultura che ci rende allergici al rispetto delle regole, per non parlare della criminalità organizzata che rende certe regioni più simili alla Colombia più che a un paese europeo.

 
 
 

caro ministro

Post n°10 pubblicato il 17 Ottobre 2007 da huvec

volevo scrivere qualcosa io al ministro ma questa lettera mi sembra più che esaustiva dell'argomento.

Gentile Ministro Padoa Schioppa,
Sono un ragazzo di 30 anni, lavoro come operaio, vivo in periferia di una
grande città e, ahimè, vivo ancora a casa dei miei.
L´altro giorno ho sentito le sue parole in tv, e mi sono immediatamente
identificato in coloro che lei definisce "bamboccioni", quei trentenni che
lei vorrebbe "mandar fuori da casa".
Mi son detto: "Grande Ministro, Lei ha ragione".

Mi sono così rivolto alla mia Banca per ottenere un mutuo.
"Grande Ministro, avrò finalmente una casa tutta mia", ho pensato!
Guadagno 1.000 Euro al mese + 13esima e 14esima, le quali spalmate in 12
mesi mi garantiscono un reddito mensile di 1.166 Euro.
Visto che la rata mutuo non può superare 1/3 dello stipendio, mi posso
permettere una rata di 388 Euro al mese.
Con questa rata mi viene concesso un mutuo di € 65.770 Euro in 30 anni
(se aspettavo un altro po´, vista l´età, non me lo concedevano un mutuo
trentennale... Grande Ministro, grazie per avermi fatto fretta!)

Con il mio bel preventivo in tasca, ho deciso di rivolgermi immediatamente
ad uno studio notarile, per farmi preventivare le spese che dovrò
sostenere per acquistare una casa.
Dai 65.000erotti Euro, dovrò infatti togliere:
- Euro 3.000 circa di Tasse in fase d´acquisto ("solo" 3.000 euro visto
che è la mia Prima Casa! Grande Ministro, grazie)
- Euro 2.500 circa di Notaio per l´acquisto
- Euro 2.000 circa di Notaio per il mutuo
- Euro 2.500 circa di Allacciamenti alle utenze acqua, gas, enel.
Per un totale di Euro 10.000 circa

Beh... ho ancora a disposizione ben 55.770 Euro per la mia casetta!
La dovrò arredare, ovvio, mica posso dormire per terra...
Mi sono rivolto così ad un mobilificio, per ora posso accontentarmi di una
cucina, un tavolo con 2 sedie, un divano a due posti , un mobile tv, un
letto matrimoniale, un armadio e due comodini... il minimo, ma mi conosco,
mi saprò adattare.
Euro 7.000 circa, se i mobili me li monto io! Beh... pensavo peggio!

Ho ancora a disposizione ben 48.770 Euro per la mia casettina, sono sempre
90erottimilioni di una volta! Grande Ministro, grazie!
Entro gasatissimo in un´agenzia immobiliare, è arrivato il momento...
Con 48.770 euro mi dicono che posso acquistare:
- un garage di 38 mq. al livello - 2 di un condominio di 16 piani;
- due cantine (non comunicanti tra loro) di mq. 18 ciascuna nel condominio
adiacente.
Per l´abitazione più piccola ed economica - un bilocale trentennale di 45
mq. al piano seminterrato di uno stabile a 20 km dalla città - dovrei
spendere 121.000 Euro!

Me ne torno a casa Ministro, a casa dei miei, ovviamente!
Ho fatto quattro conti: per potermi permettere quel bilocale, dovrei:
-          o indebitarmi per altri 63 anni, quindi l´ultima rata la
verserò finalmente a 93 anni!
-          oppure dovrei guadagnare 3.000 euro al mese!

Grande Ministro, grazie!

 
 
 

Grazie Bersani (ortolano)

Post n°9 pubblicato il 15 Luglio 2007 da sparus_rm
Foto di huvec

Non la farò lunga, ma vorrei solo dare qualche spunto di riflessione. Il Governo, prima delle elezioni, mette al primo posto nella sua agenda la lotta alla precarietà. Bene, anzi, benissimo. Poi, arriva la finanziaria che è la traduzione pratica della linea politica del governo, e tra le misure varate ne troviamo una curiosa di cui si è parlato poco e nulla sui giornali. Per disincentivare l'utilizzo dei precari da parte delle imprese e delle aziende statali aumenta il carico fiscale sui contratti a progetto e simili. Risultato scontatissimo: fatto 100 il lordo per un determinato contratto l'anno scorso tra tasse e ritenute ne pagavo circa 23,5. Quest'anno invece ne pagherò il 47,5. Con l'invidiabile differenza di aver triplicato il numero di scartoffie inutili da compilare e presentare e di procedimenti amministrativi per poter essere pagato. Nessuno si è posto il problema di creare uno strumento di transizione e di ammortizzazione, e le aziende hanno reagito semplicemente scaricando in toto i nuovi oneri fiscali sul lavoratore precario, così come l'inevitabile allungamento dei tempi per liquidare i contratti. Tanto che gli importa a loro, che uno stipendio fisso ce l'hanno?

Morale della favola: gira gira va sempre in culo all'ortolano.

 
 
 
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