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Scido nel Mondo: 3 Febbraio - San Biagio Santo Patrono di Scido

Post n°36 pubblicato il 03 Febbraio 2013 da romeo.eugenio
 

 

San Biagio Vescovo e martire

S. Biagio

Il martire Biagio è ritenuto dalla tradizione vescovo della comunità di Sebaste in Armenia al tempo della "pax" costantiniana. Il suo martirio, avvenuto intorno al 316, è perciò spiegato dagli storici con una persecuzione locale dovuta ai contrasti tra l'occidentale Costantino e l'orientale Licinio. Nell'VIII secolo alcuni armeni portarono le reliquie a Maratea (Potenza), di cui è patrono e dove è sorta una basilica sul Monte San Biagio. Il suo nome è frequente nella toponomastica italiana - in provincia di Latina, Imperia, Treviso, Agrigento, Frosinone e Chieti - e di molte nazioni, a conferma della diffusione del culto. Avendo guarito miracolosamente un bimbo cui si era conficcata una lisca in gola, è invocato come protettore per i mali di quella parte del corpo. A quell'atto risale il rito della "benedizione della gola", compiuto con due candele incrociate. (Avvenire)

Poco si conosce della vita di San Biagio, di cui oggi si festeggia la memoria liturgica. Notizie biografiche sul Santo si possono riscontrare nell’agiografia di Camillo Tutini, che raccolse numerose testimonianze tramandate oralmente. Si sa che fu medico e vescovo di Sebaste in Armenia e che il suo martirio è avvenuto durante le persecuzioni dei cristiani, intorno al 316, nel corso dei contrasti tra gli imperatori Costantino (Occidente) e Licino (Oriente).
Catturato dai Romani fu picchiato e scorticato vivo con dei pettini di ferro, quelli che venivano usati per cardare la lana, ed infine decapitato per aver rifiutato di abiurare la propria fede in Cristo. Si tratta di un Santo conosciuto e venerato tanto in Occidente, quanto in Oriente. Il suo culto è molto diffuso sia nella Chiesa Cattolica che in quella Ortodossa.
Nella sua città natale, dove svolse il suo ministero vescovile, si narra che operò numerosi miracoli, tra gli altri si ricorda quello per cui è conosciuto, ossia, la guarigione, avvenuta durante il periodo della sua prigionia, di un ragazzo da una lisca di pesce conficcata nella trachea. Tutt’oggi, infatti, il Santo lo si invoca per i “mali alla gola”.
Inoltre San Biagio fa parte dei quattordici cosiddetti santi ausiliatori, […]                      
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Scido nel Mondo: in prossimità del 3 Febbraio.

S.Biagio

 

La festa e il culto di San Biagio a Scido.

"Il culto di San Biagio", era in passato uno dei più diffusi sia in Oriente che in Occidente. La festa, da noi è celebrata il 3 febbraio.
Sono tante le manifestazioni di devozione che riguardano il Santo Vescovo e Martire e in gran parte legate ad episodi della sua vita. In Italia, San Biagio è considerato un taumaturgo ed è noto soprattutto per il suo potere di combattere le malattie della gola che rimanda al noto miracolo della spina di pesce (il Santo avrebbe liberato un bambino da una spina di pesce che lo stava soffocando) e all'orazione che il martire avrebbe pronunciato prima di morire, con la quale chiedeva a Dio di risanare da queste malattie chiunque l'avesse pregato in suo nome.

A Scido, le usanze più diffuse sono l'imposizione sulla gola di due candele incrociate, l'unzione della gola con olio benedetto e la distribuzione soprattutto di pane e dolci benedetti, che trovano testimonianza un po' ovunque.

In passato, l'organizzazione dei festeggiamenti in onore di San Biagio era affidata ad un gruppo di persone, chiamato "Comitato organizzatore", era preceduta dalla "novena" e dalla raccolta "casa per casa" di fondi a sostegno delle spese per la festa ed era diffusa l'usanza di una " banda musicale" che accompagnava la processione per le vie principali di Scido con canti tipici dialettali, di cui rammento solo le prime strofe: "San Biasi veniva di Francia cu 'na spata e cu 'na lancia", diversamente da quanto i libri di storia attribuiscono riguardo alle origini Bizantine di San Biagio.

La festa è caratterizzata dalla centralità che assume la Santa Messa, nel corso della quale il sacerdote benedice il pane offerto portato dal comitato e dai fedeli. Chiude il rito della benedizione della gola effettuata dal sacerdote mediante le candele incrociate e la distribuzione ai presenti del pane benedetto fino a tarda sera.

 

La processione S.Biagio

Le foto sono pubblicate nel gruppo di Facebook: Scido nel Mondo

 

 

 

 
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Scido nel Mondo: Felice Soffrè

Post n°33 pubblicato il 13 Novembre 2012 da romeo.eugenio
 

Lapide ai Caduti

 

Il nostro viaggio intorno a Scido, dalle origini ai giorni nostri, non può continuare senza dedicare una pagina ad uno degli scidesi eccellenti. Anche se conteso con Delianuova, dove nacque nel 1861, Felice Soffrè era di famiglia scidese.

Diede alla nostra terra uno straordinario contributo culturale dedicandosi sin da giovane alla poesia e alla scrittura. Colpito da cecità e con problemi all'udito, fu costretto ad interrompere ogni attività scolastica, però con la voglia di fare, insita nella indole delle persone straordinarie e con l'aiuto di amici e familiari riuscì a lavorare lo stesso e portare a termine molte opere e pubblicarle.

 

Ecco cosa scrisse Rocco Liberti nel suo libro: Scido, Santa Giorgia, Cuzzapodine - Laruffa Editore, di Felice Soffrè, nato a Delianuova il 22 giugno 1861 e morto a Scido, l' 8 ottobre 1927.

<<Vera tempra ardente di squisito verseggiatore e anima d'artista, si formò in quel clima di acceso liberalismo che ancora caratterizzava gli anni immediatamente susseguenti alla conquistata indipendenza della patria. Già avanti negli studi, prometteva una conclusione lusinghiera di essi, quando la fortuna volle sfacciatamente voltargli le spalle. Indebolitisi i delicati organi dell'udito e della vista, fu ben presto costretto ad interrompere ogni attività scolastica.

Consacratosi, quindi, tutto alla poesia, cominciò presto a pubblicare sulle riviste regionali in voga la sua produzione lirica.  In breve diede alle stampe ben cinque volumetti: Primi versi (1884), Primole (1892), Versi (1900), Fragili (1908), Ultime foglie (1920).

Questo il commento del Pascoli ad una raccolta di liriche del Soffre, per la quale scrisse una Prefazione:

C'è del bello e del buono in questi versi; e, qual più qual meno, questi carmi mostrano una felice natura e un ingegno e cuore ben disposti a quella contemplazione serena e severa, che si chiama poesia>>.

Villa Soffrè - Scido

 
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Scido nel Mondo: “un po’ di storia”

Toponomastica di contrade vicine al paese di Scido:

 

"Pedia" o Appedia = da amSéa = pero = terreno a vocazione fruttifera;

"Pera" = da mèra = al di là = terreno oltre i l fiume

"Zervo" = da C,epvó = mancino = posto a lato sinistro;

"Melesseria" = da iiéXo = ape = vespaio; luogo di allevamento delle api;

"Lago" = da Xayój" = lepre = nascondiglio di lepri;

"Catananzi" = da /oaxavayicri = costringere

 Scido- Sentiero di campagna

La storia è istitutrice di vita per tutti; ma solo gli alunni attenti ne assorbiscono la lezione: vivere nel cuore della vita di oggi; carichi dell'esperienza di ieri; protesi alla speranza del futuro; alieni dalle frequenti insorgenze autoritarie.

Alla Gioventù scidese, un invito : osservare lo Stemma del proprio Comune nei suoi eloquenti simboli: BILANCIA = Giustizia; SPADA = Dignità; MAZZA Autonomia (insegna dei Magistrati). L'attenta riflessione su di essi rischiari di vivida luce l'avvenire e indirizzi, sui sentieri della giustizia, della dignità e della libertà, ciascuno, consapevolmente responsabile del comune destino. (Santo Rullo)

 

Lo stemma di Scido

 

Storia di Scido: "MONDO GRECO"

Da: "SCIDO CAMMINO DI UNA COMUNITA' " -dal Medio Evo ad oggi- Autore Don Santo Rullo- GANGEMI ED.

Dal sec. VI d.C. in poi, forse anche prima, noi fummo greci e tali restammo per oltre un millennio. La gente che abitava queste terre parlava l'idioma greco; pregava in lingua greca; venerava Santi greci: Biagio, Nicola, Elia, Fantino...; celebrava in rito greco la liturgia, che si mantenne tale, ufficialmente, fino al 29 marzo 1480, quando venne soppressa da un Vescovo greco, Anastasio Calceopulo2; era governata da Pastori greci: nel 1339, il Vescovo di Oppido, Gregorio, in una dichiarazione inviata al papa e alla Curia Apostolica in Avignone, affermava che Oppido era greca da sempre ed "era solita" essere governata da vescovi greci. A Scido e paesi d'intorno, rito e dialetto greco si mantennero più a lungo che altrove. Il Barrio, parlando di Scido, Pedavoli, Iorghia, Cozzopodine, Sitizano, Lubrichi, scriveva nel 1571: ''Questi villaggi sono greci e celebrano Messa in lingua e rito greco; ma nei discorsi quotidiani, si servono della lingua latina e greca'. Il Marafioti scriveva, nell'anno 1600, che il greco si conservava in vari luoghi di queste diocesi e, in alcuni, anche il rito: "Cosoleto... Pedavoli, Scido, Yeorghia, Lubrichi, Sitizano... nella maggior parte di questi si parla in lingua greca. Mons. Andrea Canuto, Vescovo di Oppido, nel 1602, attestava: "In questa Diocesi, molti sono i paesi, ossia Casali, greci. In detto anno, il rito greco era seguito ancora, il G. B. Marzano ritiene che i l greco sia stato parlato in Calabria senza interruzione, dal periodo magno-greco a tutto il Medio-Evo: "Ho opinione che il greco idioma nelle Calabrie sia stato quasi continuamente parlato dai tempi della Magna Grecia fino al sec. XVI dell'Era Volgare" (da "SCRITTI", Laureana di Borrello, 1992, p. 298). Con lui è Gerard Rohlfs che difende la "continuità della lingua greca in Calabria Meridionale fin dai tempi antichi" ("Le Due Calabrie", p. 62; e "La grecità in Calabria", in "Arch. Stor. per Cai. e Lue", 1932, p. 26). Di parere contrario è J. Gay: "Au temps de Cassiodore cornine au temps de Saint-Gregoire le Brutium est un pay purement latin, et rien ne prouve l'usage du grec" (da '"Italie Meridionale et l'Empire Byzantin", Pars, 1904, p. 10).

Anche P. Russo afferma che la Calabria, completamente latinizzata dalle colonie disseminate dovunque da Roma, ritornò greca con l'arrivo dei Bizantini nel sec. VI ("Storia della Chiesa in Calabria", Soveria Mannelli, 1982, p. 113). Sembra che un sottofondo di greco, a livello popolare, sia sempre esistito dalla diffusione della lingua greca, sec V i l i a.C, alla conquista romana, sec. I l i a.C. Al greco si sovrappose, non si sostituiti i l latino. I Bizantini, conquistando la Calabria (a. 553 d.C), imposero, per oltre 500 anni, l'idioma greco, rafforzando quel fondamento di grecità esistente, nella diocesi di Oppido, da due preti greci che certamente servivano comunità greche. E probabile che fossero della nostra zona, la Costa Magra, dove la lingua greca resistette ancora per alcuni lustri. Il Vicario del Vescovo oppidese, Scipione Sartiano, Abate di Oppido, il 15 Marzo 1563, attestò che Giovan Battista Vocisano del Casale di Scido, e Giovan Lorenzo Monaco e Minico Richichi del Casale Pedavoli, della terra di S. Cristina, in Diocesi di Oppido, erano Chierici e Diaconi greci di "epistola et evangelio" e vivevano "more graecorum" (J. Mazzoleni "Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno 1503-1734", Napoli 1968). Non sappiamo altro; ma è nteressante essere informati che i tre, nel 1563, erano giovani Diaconi, erano nativi di Scido e di Pedavoli, erano greci e vivevano secondo i costumi greci.

Nel 1613 era rimasto un solo prete greco che, nella celebrazione della Messa, usava pane azimo, alla maniera della liturgia latina, e visse fino al 1627, lasciando moglie e figli. Nella Cattedrale di Oppido, in occasione della solennità dell'Annunciazione di Maria, si leggeva e cantava in linguagreca l'Epistola e il Vangelo e ciò fino all'anno 1627. L'anima della nostra cultura è greca. Culto, devozione, arte, architettura, portano l'impronta greca. Il 70% dei nomi della popolazione e il 71% dei toponimi sono greci e solo il 17% dei nomi di persona e il 25% dei nomi di luogo sono di erivazione latina8 . Un elevatissimo numero di vocaboli della lingua viva scidese ha etimi greci, modificati dal tempo e modellati dalla pronunzia locale. Non poche località rurali, attorno al paese, vengono denominate ancora con termini prettamente ellenici. La semantica dei numerosi vocaboli, che designano persone e luoghi legati all'abitato di Scido, può offrire a ricercatori abbondante materia di studio e d'indagine e gradite sorprese. Le particolarità fonetiche della parlata scidese (predominanza della lettera delta (d), dell'ipsolon (i) al posto dell'epsolon (e), dell'ou(u) invece di omicron (o), del doppio ZZ(zz), caratteristiche proprie del dialetto storico), confermano la tesi che i Greci, stabilitisi sulle nostre terre, provenivano, quasi con certezza, dalla Calcedonia, la colonia greca sul Bosforo, quasi di fronte a Bisanzio, e l'idioma importato era quello dorico.Il cordone ombelicale, che legò nel passato la Calabria alla Grecia, non venne mai spezzato. I rapporti con l'Oriente si mantennero attivi e fecondi più che con Roma. L'incontro con la potenza della città tiberina si dimostrò deleterio per la Calabria e i cinque secoli di dominazione romana tra ipiù infausti della sua storia. Anche Cicerone testimoniò l'abbandono e l'impoverimento della alabria: "Magna Graecia, quae nunc quidem deleta est", 'la Magna Grecia che al presente è abbandonata' (Epistola a Lelio). Al contrario la conoscenza e le comunicazioni con la Grecia arricchirono la regione culturalmente ed economicamente e le portarono splendore in campo civile ed ecclesiastico. Quanto di grande e di bello era stato prodotto nelle età precedenti, si trovò espresso splendidamente nella Magna Grecia dove fiorirono ingegni universali: Pitagora (Crotone), Archimede (Siracusa), Ibico (Reggio), Stesicoro (Metauro), Senocrito (Locri), Nosside (Locri); e poi Eschilo, Erotodo, Platone, Senofane che, al cospetto di questo mare e di queste colline, produssero i l meglio della loro creazione.

Ai nostri giorni la Calabria è conosciuta nei cinque Continenti per un capolavoro greco (i Bronzi di Riace), rinvenuto nel fondo delle sue acque.

Nei secoli IX-XI uno stuolo di Santi italo-greci, con la vita e l'insegnamento, diede prestigio e onore a questa terra. Dimorando nelle nostre contrade, o attraversandole di frequente (Palmi, Melicuccà, Delianuova, S. Cristina, Mammola), lasciarono semi di santità e fecondarono, con la loro opera, il seme della Parola divina, sparso nei cuori.

Calamitosi eventi, dopo la partenza dei Greci, precipitarono la popolazione nel baratro della desolazione; ma non riuscirono a cancellare quel filone di cultura classica, di cui era imbevuta, che, qual fiume sotterraneo, attraversò le oscure epoche storiche che seguirono, mostrando, di tanto in tanto, qualche sprazzo luminoso della sua presenza (Baarlam, Leonzio Pilato, Pietro Vitali, Sirleto, Telesio, Campanella...) e che sarà pronto a irrompere ancora gagliardo, appena le future condizioni ambientali gli saranno favorevoli.

Cognomi di origine greca:

Macrì (ifiaK-pv) = lungo;

Malacrini (QieXaxewó) = bruno;

Papaleo (nana Xewis) = prete Leo;

Romeo (pupiaio) = greco;

Scordo (afcópSof) = aglio;

Sofo {(TCXpÓ) = sapiente;

Spanò (onavóì) = sbarbato;

Spasari (Canavapri) = portaspada;

Tripodi (rpLnóSù) = treppiedi;

Zerbi (Ceppò) = mancino;

Managò (jiavaxó) = solo;

Glottologismi greci nella lingua dialettale del popolo:

Bovalàci  /3ovPaXàKLOis /3ov /3aXo = chiocciola

Canna Kavva = canna

Cannata KavaTa = vaso da bere

Catarràtu KarappaKLTJ = botola

Carcariàri KacKaplCcó = lo schiamazzo della gallina

Ceramìda tcepaplSiov = tegola

Ciliari icaXéù = rotolare

Catòju Karàyeio = pianterreno

Còcciu KÓKKO = acino, seme

Còcculu KÓKKClXo = teschio, pignolo

Cudùra KOvXXovpa = pane a ciambella

Curìna KOpVVT = cima, interno della lattuga

Cuzzuràpunu KOVICÓ, e Spenavov = falce

Folìa pùìXia = nido

Gurna yovpva = vasca, fosso

Mpaticàri epnareù epinarucepu = calpestare

Maja fiayeia = incantesimo

Micciu  nvXTì's = lucignolo, punta

Naca vav mica = culla

Muccu = flùCa = naso

Pappù nannov = nonno

Piria nvpà = calore, fuoco

Pitta nrjTTa néaaai = focaccia, cuocere

Pirùni Wf]pOVUL = bruscolo, piolo

Scifu OKVcfr'lOV = trogolo

Trocciulu TpóxiXov = rotella, carrucola

 
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Scido nel Mondo: Saluti dalla Piana

il "come eravamo ",

l'impegno a ricercare e ricostituire sulla scorta di labili

tracce un passato ed una identità che esprima il senso di

una comune appartenenza, di un identico vivere e sentire, di

aspirazioni e lotte quotidiane condivise.

E' quanto Saro Battista e Raffaele Leuzzi condividono con noi in una raccolta di originali cartoline e fotografie commentate in affascinanti pagine del loro libro " Saluti dalla Piana" edito da Barbaro Editore. Un'opera di grande valore didattico e culturale che scaturisce dalla mente di chi vive o ha vissuto intensamente le origini della propria terra, ne rivendica gli usi e i costumi custodendo gelosamente l'originalità di chi solo ha radici in una terra spesso dimenticata dallo Stato ma non per questo seconda a nessuno.

 

Di seguito la prefazione del libro di Cosimo Antonio Calabrò (Presidente Amm.ne Prov.le di Reggio Calabria) e la ricostruzione di qualche immagine, ormai un lontano ricordo.

Prefazione

L'interesse crescente degli studi di storia sociale o il

favore che incontra la cosiddetta "historia minor" nel

ricostruire minuziosamente fatti ed eventi locali di epoca

anche recente, e di cui esiste memoria a volte solo nella

tradizione orale, costituisce un elemento importante nel

quadro di un recupero delle radici storiche per un piccolo

municipio o una più vasta comunità territoriale contraddistinta

da caratteristiche o fattori ambientali e culturali

omogenei.

Lo sforzo lodevole che nasce dall'idea di "raccontare"

agli altri o ai posteri la propria storia, il "come eravamo ",

l'impegno a ricercare e ricostituire sulla scorta di labili

tracce un passato ed una identità che esprima il senso di

una comune appartenenza, di un identico vivere e sentire, di

aspirazioni e lotte quotidiane condivise, ha preservato

dall 'oblio avvenimenti, luoghi e personaggi importanti per

il nostro cammino a ritroso nel tempo fino alle origini,

documentate e documentabili, di un susseguirsi di

generazioni intimamente legate da vincoli di identità

territoriale e culturale.

Fenomeni dolorosi, ad esempio come l'emigrazione o i

terremoti, che hanno sradicato o annientato intere

comunità, non altrimenti avrebbero potuto essere documentate

se non attraverso notizie o immagini che rendessero

viva testimonianza della tragedia vissuta. Ma altrettanto

può dirsi per avvenimenti favorevoli o gioiosi, per iniziative

di cui la piccola comunità locale è andata orgogliosa e che

col tempo, attraverso la narrazione orale e familiare,

possono risultare fortemente deformati, minimizzati o

ingigantiti.

Il lavoro paziente di Raffaele Leuzzi e Saro Battista si

iscrive, a buon titolo, in questa cornice di ricerca per

documentare in un 'area territoriale circoscritta, la Piana, le

caratteristiche salienti di una identità "fisica", che

attraverso le cartoline panoramiche o gli scorci di

monumenti e di chiese, corredate dal commento di poeti e

prosatori, affida un messaggio di vita, fa affiorare

l'emozione dei sentimenti, l'ansia del vivere quotidiano, la

nostalgia di cose perdute, in una pennellata di genuina autenticità.

 

 

Saluti dalla PianaL'orologio di Scido

La proprietà delle immagini è degli autori, Leuzzi- Battista 

 
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