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sardegna e mito

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Post n°7 pubblicato il 13 Febbraio 2011 da stelladelsud2010

Un pò di sardegna

Siamo andati a visitare la mostra allestita al Ghetto degli ebrei a Cagliari.
La collezione esposta nella mostra proviene dal Museo Storico della Tortura di S. Gimignano in Toscana e comprende un centinaio di pezzi di grande valore e pregio.


Tra questi spiccano gli strumenti creati dalla Santa Inquisizione per strappare confessioni durante i processi sommari che resero quest’istituzione tristemente nota: la “Veglia” (o culla di Giuda), la “Vergine di Norimberga” e ancora la “Gogna”, la “Ghigliottina” tra i più famosi, affiancati da numerosi e inquietanti macchinari come le “sedie inquisitorie”, i “cerchi schiacciatesta”, il “crocefisso/pugnale” e tanti altri.
Non si tratta solo di tormenti per il corpo, ma anche supplizi psicologici studiati per umiliare e privare della dignità il malcapitato per esempio attraverso le “maschere di derisione”. Scopo della mostra è voler documentare aspetti della storia dell’uomo che non vanno dimenticati, tematiche scabrose spesso segrete ma purtroppo ancora attuali su cui riflettere.

 

Ma cosa era la Santa Inquisizione? Fu un tribunale ecclesiastico istituito in età medioevale che si propose in forme diverse fino all'età moderna e finalizzato alla prevenzione o repressione di insegnamenti e dottrine contrarie al dogma e alla morale cattolica. Le origini dell'Inquisizione o Sant' Uffizio vanno ricercate nel dilagare delle eresie popolari che verso la metà del XII secolo si svilupparono dell'Europa occidentale e nella necessità per la chiesa di opporvisi duramente al fine di eliminarle. Càtari, valdesi, ussiti provocarono, a partire dalla Francia e dall'Italia del nord ovest, la reazione violenta di principi e papi che iniziarono le persecuzioni nel 1162. Si distinse in quest'opera repressiva l'ordine dei frati domenicani cui il papa Gregorio IX aveva affidato nel 1235 i Tribunali della Santa Inquisizione. Famosa per efferatezza divenne in seguito l'Inquisizione spagnola che a partire dal 1478 vide il terrificante attivismo del domenicano Tomàs de Torquemada. Nel nome del Signore centinaia di migliaia di innocenti persero la vita dopo aver subito orrende torture per mano delle istituzioni ecclesiastiche e secolari. Il terrore dilagò nel 1500 nelle terre del Nuovo mondo dove i conquistadores spagnoli sterminarono intere civiltà.
Purtroppo non è stato possibile fotografare gli strumenti esposti, per cui, descrizioni degli utilizzi e foto sono stati trovati in rete.

Scorticamento
La pelle del condannato veniva tolta a strisce con svariati strumenti.

Allungamento o Cremagliera
Si trattava di un modo semplice per estorcere confessioni. Il condannato veniva posto su una tavola e legato ai polsi e alle caviglie con corde che venivano tirate da parti opposte con argani; in questo modo era "tirato" fino alla morte. In alcune varianti, dei rulli venivano passati sopra la tavola (e in modo preciso sul corpo) fino a slogare tutte le articolazioni.
Taglia lingua
La lingua del condannato veniva recisa con strumenti di vario tipo.

Mutilazione

Si utilizzavano diverse armi con le quali il carnefice eseguiva la condanna alla mutilazione, riservata solitamente agli indigenti che non avevano i mezzi per pagare forti multe. In alcuni casi il carnefice cavava gli occhi, tagliava orecchie e nasi. Ai ladri colti in flagranza era tagliata la mano sinistra la prima volta e, in caso di recidiva, la mano destra.

 

Cintura spinata
Si trattava di un collare munito internamente di aculei. Era utilizzato come punizione per coloro che violavano la disciplina ecclesiastica o familiare, agli ubriachi, alle donne litigiose e alle prostitute. Si restava prigionieri del collare e oggetto del pubblico dileggio fino ad un periodo massimo di sei settimane.  Spesso il reo era obbligato a

portare sul petto un cartello sul quale era indicato il motivo della condanna.
Veniva anche utilizzato come strumento di esecuzione. l'erosione fino alle ossa della carne del collo, della mascella e delle spalle, la cancrena dilagante, la setticemia febbrile, portavano al collasso letale in breve tempo.
Di solito la sua immagine era infissa ai muri delle chiese, dei cimiteri, alle porte delle prigioni o nelle piazze frequentate dai mercanti.

Cintura di contenzione
Queste strumento veniva applicato alla vita delle vittime, i cui polsi si serravano negli appositi anelli ai fianchi. L'imprigionato veniva così sottoposto alle torture oppure abbandonato a morire.

 
 
 

..........SARDEGNA

Post n°5 pubblicato il 07 Aprile 2010 da stelladelsud2010

 
 
 

sardegna

Post n°4 pubblicato il 01 Aprile 2010 da stelladelsud2010

 
 
 

buongiorno da ketty

Post n°2 pubblicato il 24 Marzo 2010 da stelladelsud2010

 
 
 

il muto di gallura

Post n°1 pubblicato il 09 Marzo 2010 da stelladelsud2010

 

 

Nel 1800, una faida tra due famiglie di pastori

 che durò decenni, procurò moltissime vittime

e ancora oggi si sente parlare dello spietato killer

 soprannominato Il Muto di Gallura.

Ad aggius e nato BASTIANO TANSU,

CONOSCIUTO COME IL MUTO DI GALURA,

uno dei piu’ noti banditi sardi e tra i piu feroci

e disperati vendicatori della lunga faida

Che insanguino’ a meta’800 il suo paese.

Figlio di modesti pastori,a causa della sua

menomazione(era muto)Visse un’infanzia

 infernaleper le continue umiliazioni subite

 dai suoi compagni.La faida venne originatada

uno sconfinamento di bestiame e sconvolse

il piccolo paese di Aggius tra il 1849 e il 1856,

provocando oltre 70 vittimee segnando il destino

 di varie famiglie.Il romantico e disperato

 Bastiano,bandito astuttissimo,e feroce e

innamorato chiamato anche il Terribile e

Figlio del Diavolo,ancora oggi e’ protagonista

ad Aggius….

 

La leggenda di Aggius



Al finire del secolo XVII c'erano in Aggius

- piccolo villaggio della Gallura - due ragazzi,

figli di due famiglie nemiche, che, come

 accade sovente in Sardegna, ed anche

altrove, facevano all'amore.
Lei aveva tredici anni, egli quindici; ma

 benché così giovani sembravano, forti e belli

 entrambi, grandi di vent'anni, e si amavano

 perdutamente, con tutta la passione indomita

degli abitanti della Gallura, bizzarra regione

 montuosa al nord dell'isola, che ha, nel

paesaggio e nella natura dei nativi, molta

rassomiglianza con la vicina Corsica.
Ma, come accennai, le famiglie dei due

amanti erano nemiche. Pare che tutto il

villaggio fosse diviso in due fazioni, e

l'odio il più mortale soffiava negli animi

di entrambe: ad una apparteneva la

 famiglia del giovine, all'altra quella

 

della fanciulla. Ciò non impediva che essi

si adorassero e che si dessero frequenti convegni

 notturni nella stessa casa di lei. Usavano

 le più fini prudenze, la vigilanza più intensa, ma alla fine

furono scoperti e il padre di lei, ardente d'ira e

d'odio, una notte solenne, una notte di Pasqua,

 

trucidò il misero amante. L'inimicizia allora fra

le due fazioni si rinfocolò tanto che li costrinse

ad aperta battaglia. E scesero in campo!

Schierati in una piccola pianura sottostante

 ai monti rocciosi e desolati, gli abitanti di

 Aggius, armati di carabine e di pugnali,

stavano per azzuffarsi, allorché al primo colpo di archibugio,

tirato dal padre della povera innamorata,

s'udì un terribile rombo che echeggiò per

 tutta la Gallura.
Erano rovinate le montagne, ed erano

cadute sui maledetti guerrieri, seppellendoli

 sotto le rocce immense donde nessuna forza

 

umana poteva più trarli.
Scamparono solo pochi abitanti, vecchi, donne

e fanciulli che non avevano preso parte alla

battaglia. di Enrico Costa

Il Muto di Gallura

 

Enrico Costa

 

 
 
 

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