Creato da tanghera il 11/01/2012

serenità

trarre forza dalla luce della fede

AREA PERSONALE

 

TAG

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Marzo 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
        1 2 3
4 5 6 7 8 9 10
11 12 13 14 15 16 17
18 19 20 21 22 23 24
25 26 27 28 29 30 31
 
 

FACEBOOK

 
 

 

Ti conosco mascherina

Post n°40 pubblicato il 04 Febbraio 2021 da tanghera
 

Ancora pochi giorni e ricorrerà l’anniversario di un anno difficile e drammatico, nel quale le mascherine sono state protagoniste sgradite del nostro quotidiano.

increduli e sgomenti, ci siamo ritrovati isolati, forzatamente chiusi in casa con divieto di uscire, fare passeggiate, far visita a figli, genitori, nipoti. I primi sfoghi con canti da balconi e terrazzi li sentivi rompere il totale silenzio del blackdown. La drammatica conta dei morti giornalieri, sepolti in fretta, senza celebrazioni di commiato, senza amici e famigliari, una veloce Benedizione in solitudine eterna. I carri militari che da Bergamo e Brescia trasportavano centinaia di vittime Sars Cov 2, meglio conosciuta come covid 19. Mascherine, guanti usa e getta, gel lavamani, alcool, cloro, farina, zucchero, esauriti e introvabili per settimane. Pasqua celebrata sul web, che anche i più recalcitranti si son arresi alla tecnologia e le Sante Messe, le Adorazioni, i Rosari si seguono in rete e sui social. Il termine delivery spopola e gli esercizi di ristorazione riprendono timidamente le loro attività con le consegne a domicilio. Poi, a maggio i primi spiragli di riapertura, con i dispositivi di protezione, i distanziamenti, gli ingressi contingentati e finalmente l’estate con il caldo e il sole a far illudere che il peggio diverrà presto solo un ricordo.

Invece “Strega comanda color...” regioni a colori:rosse, arancio, gialle e coprifuoco notturni dalle 22 alle 5. La DAD segna la nova era dell’insegnamento a casa, studenti lontani isolati nell'età che di solito li vorrebbe raggruppati in “branchi”

La messa di Natale alle 20:00- 20:30 in tutta Italia, distanziati nei banchi altrettanto distanziati, la Comunione ricevuta fermi sul posto, è il sacerdote che passa tra i banchi, deposita la particola consacrata sui palmi e solo dopo che si sarà allontanato, si potrà sollevare leggermente la mascherina e portare l’eucarustia in bocca. 

E in tutto questo tempo, lei, la mascherina è stata la Protagonista. Compagna costante di ogni nostra uscita da casa. Insieme al gel lavamani invariabili obblighi per la tutela nostra e degli altri. 

Chissà fino a quando...

 
 
 

indigente

Post n°39 pubblicato il 30 Giugno 2019 da tanghera

INDIGENTE

 

Può essere usato come sinonimo di bisognoso o disagiato, ma non di povero o misero che hanno invece una connotazione più negativ

L’origine di indigente è il participio presente (indigens) del latino indigere; significava “necessitare, esser sprovvisto, aver bisogno”, ed era un composto di egere. Un testo scolastico ottocentesco, dopo aver indicato, di entrambi, il costante riferimento «a qualche cosa di buono, a cose onde si ha bisogno per un fine», così distingueva i due verbi: Egere, difettare, esprime la indigenza come una condizione; indigere, aver bisogno, esser bisognoso, dice col desiderio di esser sodisfatto, ancor più che il semplice senso opprimente di questa condizione. Entrambi accennano ad una difficoltà di ottenere ciò che manca (Ferdinand Schultz, I sinonimi latini ad uso delle classi liceali e quinta ginnasiale, prima versione italiana sull’ultima edizione tedesca del prof. L. R. Germano Serafini, con note del traduttore, Napoli, Gabriele Sarracino, 1872, p. 115).

Indigere, in latino, esprimeva dunque il senso di una condizione cui non ci si rassegnava. Chi la pativa era spinto dal desiderio di cambiarla, e faceva il possibile per riuscirci. Come il geomètra del XXXIII canto del Paradiso (vv. 133-139); anche lui fatica, per cercare di capire quel che gli sfugge, e Dante usa proprio indigere per esprimerne lo sforzo di comprendere.. È l’ultima visione del poeta, che sta provando a descrivere il mistero dell’incarnazione, cercando di spiegarsi il modo in cui l’immagine di Cristo si adatti a una luce che la contiene e, al tempo stesso, non la contiene. Come un quadrato che si voglia far coincidere con la circonferenza dalla quale è circoscritto e che, allo stesso tempo, circoscrive.

Oggi un indigente è un disagiato o un bisognoso, e potremmo essere tentati di fermarci qui. Perché il letterario malagiato è parola uscita dall’uso; nullatenente e non abbiente esprimono l’impersonale freddezza del linguaggio burocratico che indigente, pur altrettanto formale, non mostra di possedere; spiantato o squattrinato, del registro familiare, sono parole ben specifiche: il loro significato rende preciso conto della scarsità di risorse finanziarie dell’interessato, suggerendo per di più l’idea che su di lui, malgrado le difficoltà del momento, non pesi la condanna di una sfortuna a vita, come per un indigente, un bisognoso o un disagiato: chi oggi è al verde, forse anche perché non ha un lavoro, domani potrebbe veder mutata la sua sorte; chi è in miseria, chi non possiede nulla o quasi nulla, è assai più difficile che riesca a sottrarsi al proprio destino.

Mi si potrebbe chiedere, a questo punto, perché, tra i sinonimi validi di indigente, non abbia ancora menzionato né povero né misero. Non l’ho fatto perché queste due parole, rispetto a disagiato e bisognoso, appaiono a loro volta collocarsi su un piano diverso. Si può anche essere bisognosi d’altro, è vero (d’amore o d’affetto, di un parere o un consiglio), oltreché di un sostegno economico, ma povero e misero vanno ben oltre un semplice arricchimento di significato: possono esprimere anche il valore negativo di un’offesa. Questo avviene quando diamo a qualcuno del poveraccio, o del povero stupido; quando lo definiamo povero di spirito, non per dire che è una persona umile (l’evangelico povero in spirito) ma per rimproverarlo o accusarlo di essere un ingenuo, uno sprovveduto, un sempliciotto; quando, parlandone come di un essere meschino o spregevole, che è ancor peggio, lo descriviamo come un misero individuo.

La lingua ci appare qui spietata perché chi la usa aggiunge, alla sfortunata condizione di chi non dispone dei necessari mezzi di sussistenza, una forte carica di disprezzo. Scrivono due studenti universitari, per contestualizzare indigente: «Si è assentato da lavoro senza giustificazione. È un indigente»; «Sei una persona indigente». I sinonimi che indicano per spiegare la parola? Il primo scrive inadempiente, il secondo irresponsabile. Gli indigenti, involontariamente, li hanno condannati anche loro.

Tratto dall’Articolo di Massimo Arcangeli Su Il Post del 24-04-2017 

 
 
 

L’abisso è qui

Post n°38 pubblicato il 24 Gennaio 2019 da tanghera
 

 

Quando guardi a lungo nell’abisso, l’abisso ti gurderà dentro.Friederich Nietzsch
 
 
 

Natale 2018

Post n°37 pubblicato il 23 Dicembre 2018 da tanghera
 

Ed eccomi qui, ad un anno dal trasloco nella nuova abitazione. Si, abitazione, non casa. Perchè casa è un Lugo accogliente e caldo, un luogo ordinato nel quale ogni angolo è rifugio nei vari momenti della giornata; la cucina dove preparare e vivere momenti conviviali, un salottino o un angolino dove leggere, guardar la tv o fare qualche lavoro a maglia, condividere qualche momento in relax con i familiari o gli amici che vengono a trovarci, le stanze da letto dove riposarsi e dormire, il bagno dove lavarsi con la confortante acqua calda. Insomma, casa è dove senti di aver messo radici, dove ogni stanza ha un po’ di te e del tuo tempo.

Un’abitazione, invece, è un tetto sulla testa. Solo un tetto sulla testa e dei muri, a protezione di ciò che sta fuori. Non è accogliente, è fredda (e non solo perché non hai il riscaldamento); il divano, salotto soggiorno, non è accogliente (e non solo perché è per metà ingombro si scatoloni) nonostante il tuo sforzo di un tocco di personalità; le stanze da letto sono rifugio quotidiano perché l’unica stanza dove sei riuscita a mettere un po’ di te stessa ma è anche luogo di isolamento e solitudine, perché non ci puoi far accomodare gli ospiti; il bagno una stanza dove espletare velocemente le necessità, dove lavarsi la faccia con l’acqua fredda e dove neanche l’acqua messa nella vasca e scaldata sul fornello per lavarti, riscalda l’ambiente.

Un anno qui, dove avevo riposto sogni e speranze di rinascita ma tutto rotola inesorabilmente in un precipizio senza fine. 

E io, che sogno da sempre una famiglia, qualcuno col quale “Condividere” devo arrendermi. Vivere con qualcuno mi ha tolto tutto. Soldi, sogni, speranze, casa, famiglia, riscaldamento, cibo, acqua calda, amore. Mi ha tolto dignità. 

Ho bisogno di aiuto. Ma la vergogna è l’orgoglio mi impediscono di chiederlo.

Ho bisogno di un lavoro dignitoso, con un guadagno dignitoso. Ma sono troppo vecchia per essere assunta è troppo giovane per la pensione.

 
 
 

Stanca

Post n°36 pubblicato il 23 Settembre 2018 da tanghera

stanca 

 
 
 
Successivi »
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ULTIME VISITE AL BLOG

tangheradaunfioremgf70bartriev1Elemento.Scostantelorenzo1mazara1950ottavia4Stolen_wordsarte1245oscardellestelleles_mots_de_sableannaincantoscrittoreoccasionaleSoloDaisy
 

ULTIMI COMMENTI

Hai ragione, troppe immagini.
Inviato da: tanghera
il 14/10/2017 alle 08:46
 
a me pare di vederne anche troppo di foto in giro ......
Inviato da: katyjo
il 05/06/2017 alle 12:39
 
Grazie Dona. È così, resistiamo al forte vento...
Inviato da: tanghera
il 11/02/2017 alle 23:39
 
Il titolo del tuo post, è come l'esempio della canna...
Inviato da: DoNnA.S
il 03/02/2017 alle 09:35
 
Ti ringrazio per il tuo commento DoNnA.S e per il tuo...
Inviato da: tanghera
il 23/11/2016 alle 01:49
 
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963