Creato da zut_alors il 11/02/2006

zut alors!

ristailin'!

 

E ora che quel tutto ce l'hai...

Post n°268 pubblicato il 18 Ottobre 2014 da zut_alors

... e che sono passati tre anni e mezzo esatti dall'ultima volta che hai scritto in questo blog, ti sorprendi, rileggendoti, che non è cambiato quasi nulla. Che non ti sei calmata. Che continui a saltare su e giù da treni in corsa.

Il mio presente è un paesaggio visto dal finestrino di un Frecciarossa.

 
 
 

Hic et nunc (?)

Post n°267 pubblicato il 27 Aprile 2011 da zut_alors

E potresti avere tutto. Una casa, una famiglia, un compagno. Certezze. Un frigo sempre pieno, panni sempre puliti. Una bicicletta, un bel giardino, delle verdure nell'orto. Fiori in un vaso, asciugamani morbidi. Il calduccio oltre l'uscio. E potresti avere tutto questo, se solo ti calmassi.

Solo che non ti riesce. Ti fa domande alle quali rispondi, ma poco dopo le risposte tornano a sfuggirti. Come sempre sei in corsa. Come sempre vivi nel futuro. E il presente ti sfreccia davanti senza che tu lo veda.

 
 
 

Raons perquè Catalunya s'assembla a la Brianza

Post n°266 pubblicato il 24 Aprile 2011 da zut_alors

El caràcter aspre i esquiu de la seva gent, que t'observa i t'estudia durant un'estoneta abans d'integrar-te en la seva vida. Quan ho fa, però, és per a tota la vida.
La seva
naturalesa desconfiada, sospitosa: ets dels meus?

La deferència gairebé sagrada cap al Déu Treball.
La vida com a sacrifici, esforç, recompensa.

La capacitat de gaudir d'allò més simple: els productes de la terra, una bona copa de vi, formatge casolà, un pastís.

L'idioma quotidià que reflecteix segles de utilitzo rural, domèstic, camperol. És senzill i polit pel vent de les seves muntanyes i valls. De vegades et fa sentir incòmode, de vegades et fa sentir estranger, de vegades simplement no aconsegueixes apoderar-te dels seus sons, però és capaç de la millor poesia, la que neix de les paraules més senzilles.

Les seves muntanyes. L'hàbit que té la gent que les habita d'agafar les botes i començar a seguir el sender, qualsevol sigui, i anar pujant fins on la dugui l'energia de les seves cames. Recollir bolets. Recollir llenya. Viure la muntanya, escoltar, comunicar amb ella, venerada com Deessa Mare i Origen de tota la vida.

L'orgull per ser el que som.




El carácter áspero y esquivo de su gente, que te observa y te estudia durante un ratito antes de integrarte en su vida. Cuando lo hace, sin embargo, es para toda la vida.
Su naturaleza desconfiada, sospechosa: ¿eres de los míos? 

La deferencia casi sagrada hacia el Dios Trabajo.
La vida como sacrificio, esfuerzo, recompensa.

La capacidad de disfrutar de lo más simple: los productos de la tierra, una buena copa de vino, queso casero, un pastel.

El idioma cotidiano que reflecte siglos de uso rural, doméstico, campesino. Es sencillo y polido por el viento de sus montañas y valles. A veces te hace sentir incómodo, a veces te hace sentir extrangero, a veces simplemente no logras apoderarte de sus sonidos, pero es capaz de la mejor poesía, la que nace de las palabras más sencillas.

Sus montañas. El hábito que tiene la gente que las habita de agarrar las botas y empezar a seguir el sendero, cualquier sea, e ir subiendo hasta donde la lleve la energía de sus piernas. Recoger setas. Recoger leña. Vivir la montaña, escucharla, comunicar con ella, venerándola como Diosa Madre y Origen de toda la vida.

El orgullo por ser lo que somos.

 
 
 

Pasqua 2011

Post n°265 pubblicato il 24 Aprile 2011 da zut_alors

Transformar l'angoixa en energia positiva. Escoltar música que arriba a les entranyes i ho cura tot. Aprendre a no esperar res dels altres, mai. Tocar el fons del pou per poder gaudir del raig de llum que hi entra just en aquell moment molt puntual del dia, saludant-ho com si fos el més preciós dels regals. No esperar res dels altres, mai. Acceptar el fet que de vegades pot ser que no siguis indispensable, i gaudir de la sensació de renovada llibertat que aquesta idea brinda. Aixecar-se, obrir la finestra, enfrontar la vida. I honorar-la sense trencar't el cap sobre quin serà el teu lloc al món.

 

Odi la Pasqua.

 
 
 

Feliç diada de Sant Jordi

Post n°264 pubblicato il 23 Aprile 2011 da zut_alors

Avui he gaudit tant de la diada de Sant Jordi, amunt i avall per la Rambla Catalunya, envoltada per una bona energia humana, que gairebé no vull tornar mai més, vull tenir fills catalans, vull viure al Born i donar voltes pel barri amb la meva bicicleta, seguir comunicant amb els carrers d'aquesta ciutat meravellosa que ha arribat a ser la millor amiga de la meva malenconia.
Aquests llocs s'han convertit gradualment en els meus millors amics. Em van escoltar quan tot se'm va esfondrar sobre, m'han suggerit avui que el passat encara és present, que aquell noi anomenat Xavi no està oblidat del tot. M'han anat acompanyant en l'entusiasme, en la joia de viure, en la sensació que la vida m'estigués desbordant del cos i l'ànima.
La ciutat s'ha anat convertint en una companya, hem anat desenvolupant un diàleg fet de passos, d'asfalt trepitjat, de pensaments que ella guardarà gelosament. D'això n'estic segura.

Barcelona, ​​t'estimo.

Gràcies. Fins ara m'has donat molt més del que mai m'hauria atrevit a imaginar em donaries.

 
 
 

12 ragioni per cui Barcellona assomiglia a Milano secondo una ragazza di provincia

Post n°263 pubblicato il 08 Febbraio 2011 da zut_alors

1. E' il capoluogo di una regione ricca, dove c'è abbastanza lavoro.

2. La gente si veste di tutto punto anche per uscire a buttare la pattumiera, anche se segue uno stile alternative / radical chic.

3. Incazzosità medio-standard.

4. La gente si lamenta sempre dei ritardi / disfunzioni dei mezzi pubblici (a torto o a ragione).

5. E' strapiena di stranieri, un buon numero dei quali sembra o è un modello/a.

6. Quelli che ci vivono hanno un alone di autoctono inconfondibile.

7. Ha un suo stile nitidamente riconoscibile tra miliardi di altre città.

8. Si parla praticamente la stessa lingua (catalano/dialetto milanese).

9. Fanno due mercatini di libri usati assolutamente identici.

10. Ipertrofia del settore terziario.

11. Appena del fuori dal centro è piena di cacche di cane.

12. Offerta culturale piuttosto ricca.

 
 
 

Grazie

Post n°262 pubblicato il 11 Gennaio 2011 da zut_alors

Cucinare antipasti, la messa di mezzanotte, stivali da pioggia, il pranzo di Natale, la tombolata, un pancione che fa le capriole, la mia auto, l'ospedale, un tè delle cinque alle undici del mattino, un bambino pelirrojo, il Mexicali e un curioso "a volte ritornano", nuevo corte de pelo, Catalán para dummies, lasagne vegetariane, il Leerdammer, un divano che sa di Pieeero, cavalli tra i ghiacci di Bellagio, Scarabeo, la videointervista, Risikata AKA "distruggi le armate rosse", litigare e fare pace, il vin brulé, zampini, cioccolata calda VS. Spritz, Lecco centro, il concerto pischello, i bicchieri dei Barbapapà, Music Linker, Martini Rosé, Star Wars episodio II e III, Moleskine Peanuts Limited Edition, crema di limoncello casalinga, Real Time, improbabili bomboniere all'uncinetto, la carta da parati da staccare.

 

Grazie a tutti, sono state vacanze bellissime. E io vi amo.

 

I know why I went away. I know why I should come back. I know where home is.


(Alle prossime puntate il compito di spiegare che vuol dire tutto ciò)

 
 
 

Tontolona

Post n°261 pubblicato il 16 Settembre 2010 da zut_alors

Così mi hanno chiamata: tonta. Tonta perché sarei pronta ad anteporre la gioia di una famiglia alla gioia di essere una brava donna lavoratrice pienamente in grado di gestire lo stress di un lavoro ricco di reponsabilità, impegni e presunti trionfi.
In realtà a me tutto appare pallido, se lo confronto con il sorriso di un bambino, o anche con il broncio di un bambino, con un un pigiamino, con un pancino rotondo, con un faccino sporco di lacrime, terra e cioccolata.

Ma la vita vera è pascolare sulle verdi colline di Windows XP, in un ufficio pieno di invidie?

 
 
 

San Silvestro

Post n°256 pubblicato il 16 Giugno 2010 da zut_alors

Oggi, per me, è San Silvestro. Si chiude un anno incredibile, e stavolta ho la sensazione che si tratti davvero di un momento di passaggio.

Un anno fa cominciavo a studiare per l'ultimo esame, il cui programma comprendeva la prima parte della bibliografia della mia tesi. Dal 15 luglio 2009 ho cominciato quell'opera titanica di progressivo svuotamento meglio nota con il nome di "tesi magistrale". 

Verso fine agosto mi sono messa in testa che volevo andare a tutti i costi a vivere a Madrid, dove avrei potuto reperire agevolmente tutti i testi che mi servivano per la tesi: credo di aver trascorso un paio di settimane di fila su tutti i siti e blog di italiani in Spagna per reperire informazioni pratiche sulla faccenda. Ho anche mandato il mio curriculum a tutte le scuole di lingue della città; volevo andare sì a Madrid, ma non volevo perderci soldi: avrei lavorato là, semplice! E mica come umile cameriera: no, io avrei insegnato l'italiano a Madrid, e nel frattempo avrei scritto la tesi laggiù!
Com'è chiaro, nessuna scuola ha minimamente cagato il mio curriculum e così, con la coda tra le gambe, ho dovuto ripensare al mio progetto di espatrio. Non so se abbia vinto la codardia o il buon senso: fatto sta che ho deciso di restare in patria. I testi per la tesi li avrei richiesti con il prestito interbibliotecario.

In preda alla confusione, e per l'ansia di restare senza lavoro, verso i primi di settembre ho accettato un progettino di facilitazione linguistica da 20 ore, credo, alle medie.

Nel frattempo, non contenta, ho deciso di cercarmi un lavoro "vero", uno di quelli da otto ore, ufficio, scrivania, computer, telefono e pausa pranzo. L'ho trovato grazie ad un'amica: cercavano personale nel suo ufficio. Ovviamente, ho prontamente abbandonato i ragazzini delle medie al loro destino, con buona pace della cooperativa con cui collaboravo da ormai due anni.

Là in ufficio sono riuscita a resistere circa quattro mesi: il clima umano, là dentro, mi è risultato da subito insopportabile. Non era il momento migliore per mettermi ad imparare un lavoro nuovo: la mia testa fuggiva costantemente verso il calcolo di quanti articoli o testi avrei dovuto ancora leggere per completare la tesi. La pressione era alle stelle e mi rendeva intollerante verso tutto: mi alzavo presto, prendevo il treno, andavo al lavoro, dove mal sopportavo di stare inchiodata alla scrivania per quasi nove ore al giorno, e dove mal sopportavo capo e colleghe. Soprattutto, rimpiangevo costantemente il vecchio lavoro: rimpiangevo il fatto di averlo voluto lasciare in modo così impulsivo, rimpiangevo il clima umano della scuola dove avevo lavorato per i due anni precedenti, rimpiangevo il contatto con altri esseri umani, rimpiangevo il fatto di avere degli alunni. Dopo il lavoro riprendevo il treno e, durante il viaggio di ritorno, studiavo. Una volta a casa, continuavo a scrivere la tesi.

La cosa ha retto finché, attorno a gennaio, la coordinatrice della cooperativa per cui lavoravo prima non mi ha chiesto se mi andasse di tenere un corso di italiano ad una coppia di brasiliani di passaggio in Italia per un paio di mesi. Lui era amico del marito della suddetta coordinatrice.
Al lavoro avevo appena chiesto ed ottenuto il part-time causa studio: il tempo pieno non mi avrebbe permesso di concludere la tesi in tempo.
L'occasione era però ghiottissima: come potevo farmi sfuggire la possibilità di riallacciare i rapporti con la cooperativa che tanto mi aveva dato nei due precedenti anni scolastici? Ovviamente ho accettato, cosciente di trovarmi di fronte ad una scelta. O meglio, alla scusa buona che attendevo da tre mesi. Sono andata dal capo e gli ho detto: "Se vi state attrezzando per rinnovarmi il contratto, fermatevi! Io cambio lavoro".

Segue parte delirante in cui i sensi di colpa mi divorano corpo e anima: come potevo mollare un lavoro che prometteva prospettive in tempi di cronica penuria occupazionale? Era come sputare in faccia a tutti quelli che un lavoro non l'avevano, a tutti quelli che si disperavano per cercarlo. Ho messo a tacere i sensi di colpa dicendomi che la mia infelicità poteva essere un buon motivo per mollare, crisi  economica o no. Fatto sta che ho cominciato a dare lezioni di italiano a 'sti due brasiliani. Per un paio di settimane ho fatto entrambi i lavori, giusto per rispettare minimamente i tempi di preavviso ai quali mi avevano ancorata in ufficio.

Finita la collaborazione in ufficio, vengo a sapere che la cooperativa chiamava tutti i suoi docenti alla prima riunione plenaria dell'anno scolastico: nonostante gestissi solo un miserrimo corso da 30 ore, ho voluto partecipare anche io. Fa sempre piacere rivedere le care vecchie colleghe.
Dalla riunione, come da tutte le riunioni a cui ho partecipato là dentro (riescono sempre ad incastrarmi, sanno che corde toccare), sono usita con in tasca un nuovo progetto: 130 ore di facilitazione linguistica nella storica scuola dove avevo lavorato durante i due anni scolastici precedenti, e dove sarebbe stato spiacevole annunciare che io non ci sarei più stata. Come una scema, ho accettato. La tesi continuava ad incombere alle mie spalle, e ormai era già febbraio.

Ci sono stati nuovi alunni, nuovi inizi, nuovi piccoli e adorabili bambini a riempire le mie giornate. Ma non era più la stessa cosa: anche qui, la tesi continuava ad inseguirmi. Mi trascinavo per i corridoi della scuola come uno zombie, stanca e pensierosa. Facevo il conto alla rovescia delle ore che mancavano alla fine del progetto. Da impiegata, avevo idealizzato il lavoro di facilitatrice linguistica. Da facilitatrice linguistica, avevo capito che avrei fatto meglio a darmi una seria calmata.

La tesi è stata data alle stampe agli inizi di aprile. Nove mesi dopo il suo inizio. Nel frattempo, tra febbraio e aprile, avevo accettato altri due corsi di italiano per stranieri: in totale lavoravo quattro mattine e cinque pomeriggi alla settimana.

Il calendario delle discussioni di laurea, dopo essersi fatto attendere per lungo tempo, ha rivelato una notizia che non mi è piaciuta per niente: avrei discusso a fine maggio, il 24. Un mese e mezzo dopo il termine della tesi. In altre parole, un'eternità.

Ho continuato il mo tran tran come se non fosse niente, e alla fine è arrivato il 24 maggio. Ho presentato il lavoro di nove mesi in dieci, frettolosi minuti,  durante i quali la presidente della commissione, nonché mia relatrice, ha continuato ad interrompermi per la premura di passare al candidato successivo.

Il giorno dopo la discussione sono andata a lavorare come se nulla fosse. O meglio. Il 17 aprile, giusto una settimana prima della laurea, avevo fatto un colloquio in un posto dove era chiaro che non mi avrebbero mai assunta (senza esperienza).  Avevo mandato il curriculum un po' per caso, rispondendo ad un annuncio un po' vago pensando "tanto 90 su 100 mi scartano senza finire di leggere la lettera di presentazione". Il 25 maggio mi chiamano per fissare un secondo colloquio. Va beh, alla fine risulta che mi hanno presa per lavorare lì. Con un contratto stage e l'obbligo di seguire incontri di formazione interna, eh, però mi assumono. Per sei mesi so cosa succederà. E stavolta non mi concederò ripensamenti. Almeno non per questi primi sei mesi.

Oggi darò l'ultima lezione dell'ultimo corso di italiano per donne straniere ancora attivo. Domani comincio il nuovo lavoro.
Oggi, per me, è San Silvestro.
Finisce un anno intenso e molto faticoso. Ma finisce anche un'epoca: ho come la sensazione che non tornerò a lavorare per quella cooperativa. Ma stavolta non lo rimpiango: è acqua passata, sono stati tre splendidi anni della mia vita che mi hanno dato tanto. Ma c'è un tempo per tutto, e ora tempo per quel lavoro non è più. Questo ormai è chiaro.

Domani comincia un nuovo anno, un nuovo lavoro. Un lavoro che sembra davvero interessante. Lo affronterò senza l'ansia perenne della tesi, senza il nervosismo di chi vuole essere lì ma anche altrove, per esempio a casa a studiare, o su una spiaggia assolata di Capo Verde, o a svolgere il caro, vecchio, confortante lavoro di prima.

Buon San Silvestro a tutti.

 
 
 

Luce

Post n°255 pubblicato il 26 Marzo 2010 da zut_alors

Regola numero uno: in un ritratto, lasciare che la foto sia più ariosa là dove si posa lo sguardo del soggetto.

 
 
 

Forse

Post n°254 pubblicato il 21 Febbraio 2010 da zut_alors

non è il momento di aggiornare il blog, devo finire la tesi blablabla.

Però è che sono felice. Per una volta ho voglia di mettermi in gioco sul serio. Ho voglia di vivere un po' senza pensare che sono sbagliata-debole-noiosa-dejá vue-consueta-brutta-abitudinaria-banale. O che la mia vita faccia schifo. O che non ho ancora combinato nulla. Posso sostenere una conversazione. Posso conoscere le persone. Posso  avere anche io qualcosa da dare. Posso farcela. Oh yeah. Posso farcela.

Tra poco torno in Portogallo grazie ad uno scambio internazionale e incontrerò un mucchio di gente nuova. Il solo pensero mi terrorizza. Eppure lo desidero moltissimo.

Devo trovare la forza di essere, per una volta, stabile, intera, compatta.

 
 
 

... intanto...

Post n°253 pubblicato il 19 Dicembre 2009 da zut_alors

E' passato qualche mese ma resta costante il vizio di correre.

Per una serie di giri del caso ho cominciato a fare uno di quei lavori seri, un lavoro a tempo pieno. Faccio l'impiegata in un ufficio commerciale estero. Ci vado in treno, ogni giorno. Prendo il treno degli studenti, quello che anni fa mi portava alle superiori. Si riaprono pensieri mai chiusi, che avevo solo accantonato crescendo.

Mi affatica pensare alle fatiche degli studenti, agli anni di scuola che li attendono, ai miei cinque lunghi, lunghissimi anni alle superiori.
Li odio e li amo, questi adolescenti. Sono vestiti benissimo, chiassosi e frivoli, sicuri ed insicuri, e tutti bellissimi e pieni di casini sentimentali. Li osservo e non posso non invidiarli un po'.

Nel frattempo scrivo la tesi, una tesi in cui credo molto. Ogni tanto mi reco all'università per qualche incombenza. Vedo le matricole e mi si stringe il cuore all'idea che possano illudersi che il corso di laurea che hanno scelto sia una figata. Sono cinica, lo so.

Tengo la testa in costante allenamento, impegnata ad elaborare una serie infinita di "piani B", tutti più o meno allettanti.
Io vivo per i piani B.

 

 

 
 
 

I miei alunni

Post n°252 pubblicato il 12 Giugno 2009 da zut_alors

La gratuità del loro amore. I loro abbracci. Guardarli con un nodo alla gola e non capire più nulla del perché, dei percorsi, delle direzioni. Capire che esiste solo l'amore e come un vuoto nella pancia, quando li ascolti, e che ti fa desiderare di proteggerli dal male. Giocare ad indovinare le passioni che avranno, il talento che svilupperanno, le strade che imboccheranno.

Dedicata ai bambini, quelle creaturine che sanno essere bugiarde, cattive, oppotuniste, lecchine e rompicoglioni. Ma anche infinitamente leali. I loro sorrisi sono quasi sempre disinteressati. Li amo, e amo il lavoro che faccio.

 
 
 

Corri, Sara, corri.

Post n°251 pubblicato il 14 Maggio 2009 da zut_alors

Ho camminato per le strade di una Milano primaverile che non avevo mai visto così bella con la sensazione che fosse la fine di una specie di epoca, uno di quei momenti irripetibili, ma di cui forse mi dimenticherò presto, come faccio sempre con qualsiasi evento, anche il più importante. 

Finisce la mia vita universitaria vera e propria, quella fatta di lezioni, frequenza obbligatoria, viaggi in treno, relazioni obbligate con compagne di corso che mi sono -mi sono state, per anni- per lo più indifferenti, salvo poche, pochissime, rarissime eccezioni.

E mentre camminavo mi sentivo a tratti felice a tratti spaventata, e a tratti mi sembrava di tornare indietro di un paio d'anni, quando percorrevo le strade di un'altra città che ha segnato un periodo della mia vita, Lisbona.

Milano, una città che non ho mai imparato a conoscere, che ho sempre "usato" in modo asettico, impersonale, come se non mi appartenesse: treno, metro verde, metro gialla, a volte metro rossa, tratto a piedi, università, aula, e di nuovo lo stesso percorso, ma all'inverso.
E di fatto Milano non mi appartiene, non la capisco, non l'ho mai saputa apprezzare. Finisce questa parentesi di estraneità (parentesi che però sono cinque anni), e ora che finisce vorrei averla vissuta diversamente, con meno ombre ad attraversarmi il cuore, con meno fretta, meno orari di treni a cui essere vincolata. Avrei voluto vivermi Milano da studentessa fuorisede, avrei voluto fare vita di quartiere, trovarmi il mio fruttivendolo di fiducia, cose così.

Va beh, ormai è andata. Che esperienza strana, l'università, a pensarci. Strana ma a suo modo centrale, nella mia vita.

E ora penso a Milano, penso al mio lavoro, con i progetti ormai agli sgoccioli e tanto tempo libero che mi si prospetta, penso alle giornate di studio che mi attendono, penso ad una nuova tesi tutta da cominciare.
Mi sfuggono i pezzi di mano, mi sfugge la ragione per cui per cinque anni non ho fatto che correre. Avrei potuto camminare, avrei potuto preoccuparmi prima di osservare il cielo sopra i tetti delle case, i riflessi della luce del sole tra le vie trafficate. E non ridurmi a farlo l'ultimo giorno utile.

Boh, sono proprio una scema.

 

 
 
 

...

Post n°250 pubblicato il 10 Aprile 2009 da zut_alors

Se la morte sociale fosse in cima alla lista dei miei prossimi obiettivi di conquista, in questo momento sarei a cavallo.

Sono una stronza: mi dimentico delle persone, sistematicamente. La mia vita vista da fuori dev'essere di una desolazione incredibile.

 
 
 

...

Post n°249 pubblicato il 11 Marzo 2009 da zut_alors

Finisce una bella settimana pesantuccia, fatta di tutto quello che poteva entrarci. Certi giorni erano talmente saturi che per farci stare tutto ce l'ho dovuto cacciare dentro schiacciandolo con il piede, a viva forza, come quando devi chiudere il sacco della spazzatura ma ti accorgi che è irrimediabilmente stracolmo. Ecco, per capirci.

Penso che sia pure un pochetto inutile -e noioso- che mi metta a fare un sunto rigoroso di com'è andata, giorno dopo giorno. Basti questo, ecco.

Aprile si avvicina, comincio ad intravvedere una flebile luce in fondo a quel tunnel che chiamiamo inverno. Bene. Bene perché con l'inverno finiscono anche alcuni impegni di lavoro, non dico gravosi, per carità, ma che portano via il solito tempotempotempo ai pensieri, ai rapporti umani, al sonno, al respiro e a un po' di sano, maledettissimo equilibrio.

 

 
 
 

Cialtronaggini

Post n°248 pubblicato il 31 Gennaio 2009 da zut_alors

... e poi mi stanno particolarmente in culo quelli che ti vedono come un monolite, e di te resterà loro impressa per sempre quell'immagine che si erano fatti quando avevi qualcosa come diciassette anni e per puro caso (o sbaglio) davi ripetizioni di inglese a quella capra del figlio del loro vicino di casa o giù di lì.

Quelli che ti chiedono «Ah, studi ancora?», indugiando la voce su quell'ancora.
«Eh, no, sai, mio figlio, che è bello-buono-bravo-e-intelligente non ha ancora discusso la tesi ma lavora già da settembre».
E tu pensi «OK, e a me che minchia me ne fotte? O forse un buco nero mi ha risucchiato il ricordo di quel preciso istante in cui ho ingaggiato una competizione con lui (un perfetto sconosciuto, peraltro) in cui c'era in palio il premio: "Mi laureo prima io"... Mmm, sì, forse è colpa del buco nero».
Ma tu cerchi di essere diplomatica, carina «No, per la verità studio, ma lavoro anche (leggi tra le righe: mi sto facendo un culo a paiolo)». E lei «Ah sì? E ma cosa fai, dai ripetizioni?».

Vaffanculo.

Vaffanculo vaffanculo e vaffanculo. A te, soprattutto, che non so neppure chi cazzo sei [è dura vivere in un paese di 3000 persone, cazzo: tutti pensano di sapere tutto di te solo perché conoscono il tuo nome. E io, per la metà della gente del mio paesello della provincia della provincia della provincia del culo del mondo di 'sta minchia, sono e sarò, finché morte non mi libererà, qualcosa come l'eterna cialtronissima studentella semi-inetta della più scontata delle facoltà di perdigiorno (leggi: lettere-e-filosofia)].

Ascoltatemi tutti: io non sono un monolite, un pezzo di granito, una roccia sedimentaria. Anche nella mia vita succedono delle cose, entrano ed escono luoghi e persone. La gente cambia, no? Cambia giri, cambia amici, cambia compagnie, frequentazioni, abitudini.

Bene. Udite udite: è successo anche a me.

E poi, soprattutto, se a me andasse di fare la cialtronissima studentella semi-inetta di lettere-e-filosofia per il resto dei miei giorni: ma a voi che cazzo vi frega?

 
 
 

Merla che sole!

Post n°247 pubblicato il 30 Gennaio 2009 da zut_alors

Bello alzarsi con una nuova certezza: quest'estate andremo in Portogallo.

Mi basta per tirare avanti fino a... direi maggio. Non male. Prima ci sono molte cose da fare: finire i vari lavori che ho in giro, finire gli esami, un intero matrimonio. Ma poi ANDREMO IN PORTOGALLO.

Oh yeah.

 
 
 

Post N° 246

Post n°246 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da zut_alors

Somos soledades
bajo una lluvia incesante

 
 
 

Post N° 245

Post n°245 pubblicato il 23 Dicembre 2008 da zut_alors

Io mi prendo una pausa.

 
 
 
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