Creato da FraZigno il 05/10/2010

I viaggi

Racconti di viaggi e avventure nate in Australia e non solo....

 

L'esperienza di Masterchef

Post n°71 pubblicato il 15 Febbraio 2017 da FraZigno
 

Immagina di sostituire Bastianich e Cracco con me e Mario, benvenuto nel Masterchef Lefkada. Quello che potete vedere al link sotto riportato non è altro che una gran bella idea avuta da Mario durante il campoavventura di Lefkada nell'estate del 2016. 

La location? una casa "essenziale" nell'isola di Lefkada. i Protagonisti? sedici adolescenti e soprattutto volenterosi campisti.

Sinceramente, ho subito pensato che l'idea fosse un po' pazza, anzi, molto pazza! Un osservatore esterno che vede la cucina di questa casa penserebbe subito che è meglio andare a mangiare in un ristorante e invece i nostri baldi giovani hanno creato un'atmosfera a dir poco magica!

https://youtu.be/8fSFzu2XE8M

 
 
 

Giordania 3/3

Post n°70 pubblicato il 19 Dicembre 2016 da FraZigno
 

 

Mentre leggo un quotidiano on-line trovo la notizia di un attacco terroristico in Giordania, a circa 120 km da Amman, precisamente nel castello di Karak. Poco più di tre anni fa eravamo lì anche noi. Il ricordo di questa fortezza è ancora vivo in me.

Pochi giorni fa, un collega mi ha confidato che non organizzerebbe mai un viaggio in Medio Oriente. Con serenità gli risposi che la Giordania è un paese tranquillo, meritevole sicuramente di una visita e non solo perché si può trovare una delle sette meraviglie del mondo: Petra.

Credo che viaggiare significa libertà e che questa libertà permetta agli uomini di confrontarsi e conoscersi, seppur nelle differenze delle molteplici culture presenti nel nostro pianeta.

Ho viaggiato tanto e non ho mai avuto paura; mai ho pensato di visitare zone con il rischio di attentati terroristici. E' solo questione di fortuna, parafrasando un famoso detto, non essere nel posto sbagliato al momento sbagliato. La paura non deve fermare il viaggio e il confronto. Viaggiare ti rende ricco, felice e con meno pregiudizi (maledetti pregiudizi!). Nessuna arma mi farà cambiare pensiero, in fondo, vivere è viaggiare...

Ripropongo il link dove scrivevo dei bellissimi giorni passati in Giordania a cavallo del 2013-2014:

http://blog.libero.it/FraZigno/12657438.html

 

 

 
 
 

Appunti di viaggio: La fine della guerra del Vietnam

Post n°69 pubblicato il 25 Maggio 2016 da FraZigno
 

10:45 del 30 aprile 1975. Il carrarmato numero 843 irrompe nel palazzo presidenziale di Saigon. E' la vittoria totale del Vietnam sull'imperialismo americano. L'ambasciatore statunitense, seduto nel suo ufficio, aspetta i valorosi Viet Cong per consegnare loro le chiavi della città. Ed è qui, nella stanza dell'ambasciatore, che durante la mia visita al palazzo presidenziale, leggo uno degli aneddoti più belli scoperti in tutti i miei viaggi: l'ambasciatore, nel consegnare le chiavi della città ai Viet Cong, dice ai soldati nemici che non è scappato ma che era ancora li ad aspettarli per consegnare pacificamente le chiavi della città. La risposta dei Viet Cong, a questa falsa ammissione della resa, è un tripudio alla libertà: “Tu non ci devi consegnare niente, perché voi non avete mai avuto niente”.

Ho scoperto, leggendo “Saigon has Fallen” di Arnett, che la sera prima del 30 aprile 1975 scattò l'operazione “Option Four” un codice che significava “Operation Frequent Wind”. Una grande evacuazione di personale americano e sud vietnamita che, in caso di resa, doveva essere aviotrasportato da Saigon su navi americane ormeggiate lungo la costa del Vietnam del Sud. Il segnale alla radio di questa operazione era la canzone di Bin Crosby: “White Christmas”. Quando ho letto questo aneddoto ho riascoltato la canzone e sono nate in me emozioni completamente nuove. Così, gli americani scapparono da una guerra mai dichiarata.

L'evento che ha fatto scatenare la furia americana sul Vietnam risale al 3 gennaio del 1963 quando i Viet Cong abbatterono nei pressi del delta del fiume Mekong 14 elicotteri americani che collaboravano vigliaccamente con l'esercito del Vietnam del Sud. Questo evento scatenò la furia statunitense; non si resero conto di esser entrati in un tunnel senza uscita.

Gli americani trovarono nel popolo del Sud politici consenzienti che volevano trasformare il Vietnam in una moderna nazione occidentale. Uno di questi era il presidente Diem che governò il sud del Vietnam fino alla fine del 1963. Tristemente famosa è la protesta dei monaci buddisti contro il suo governo. In quell'occasione è rimasta impressa nella mente dell'intera umanità la foto del monaco buddista che si diede fuoco davanti all'ambasciata della Cambogia. L'opinione pubblica americana si indegnò di fronte a questo accaduto e, probabilmente, quella foto costò la vita al presidente Diem ucciso, nei mesi successivi, da un gruppo non ben identificato di persone, (complotto americano?).

La strategia bellica degli americani si può riassumere nell'operazione “Search and Destroy” del generale De Puy. Si dovevano scovare il maggior numero di postazioni nord vietnamite e le si dovevano radere al suolo. I numeri dei caduti erano fondamentali. La guerra si vince solo uccidendo senza pietà il nemico. Questa è stata la filosofia iniziale dei generali americani. E, come dargli torto, all'inizio funzionava. Le iniziali vittorie americane trasmisero ai soldati la consapevolezza che la guerra sarebbe finita in poco tempo. Ma non fu così, i Viet Cong erano organizzati per superare anche lunghi momenti di intensi bombardamenti.

30-31 gennaio 1968, capodanno Vietnamita. 40.000 mila soldati nord vietnamiti morti contro i 3000 americani e sud vietnamiti. Questa sono i numeri dell'offensiva del Tet nel gennaio 1968. Tali numeri possono ingannare e far pensare a una vittoria schiacciante americana. Ma non è così, proprio grazie a questa offensiva, l'esercito del Nord inizia a rendersi conto che la vittoria non è impossibile. Durante l'offensiva anche il centro di Saigon, roccaforte americana, viene violato dai Viet Cong e questo dà fiducia ai militari. Dall'altra parte invece, questa offensiva mette con le spalle al muro il presidente Americano Johnson che inizia a perdere molta popolarità negli Stati Uniti. Questa perdita di popolarità impedisce al presidente di presentarsi per una seconda ricandidatura alla casa Bianca. L'uscita di scena di Johnson lascia carta bianca a Nixon..

 

 

 
 
 

Forme di Resistenza

Post n°68 pubblicato il 24 Aprile 2016 da FraZigno
 

Domani è il 25 aprile. Chissà quante cose avrebbero da dire i partigiani agli italiani di oggi, così svogliati nella partecipazione politica e interessati solo ai propri affari. La rivoluzione, questa non è mai stata fatta in Italia. La rivoluzione viene fatta da un popolo unito contro una ingiustizia. Gli Italiani non sono un popolo unito anche perché conoscono poco la storia o, perlomeno, sono disinteressati a quello che è successo ai loro nonni.

A Sarajevo ho scoperto che la popolazione civile è riuscita a sopravvivere all'assalto delle forze armate serbe grazie alla costruzione di un tunnel sotterraneo che collegava due parti di città chge erano pesantemente sotto l'attacco dell'artiglieria serba.Questo mi Il tunnel di Sarajevoha permesso di ricordare, con grande piacere, i tunnel scavati dai Viet Cong a Cu Chi e che hanno permesso, a loro volta, al Vietnam di vincere una guerra mai dichiarata contro gli invasori americani.

 

 

Che grandi popoli quelli del Vietnam e della Bosnia! Non è retorica, ma il pensiero che le guerre vengono vinte non dagli eserciti più potenti e attrezzati ma da quelli che combattono per ideali veri, come la libertà.

Hanno scavato tunnel, si sono nascosti, hanno aspettato che il nemico scaricasse tutte le bombe e poi hanno vinto, spinti dalla consapevolezza che quelli erano i loro terreni e che nessun altro al mondo li poteva conquistare e governare.

Il “Tunel Spasa” (in italiano tunnel della speranza), fu completato a metà del 1993 e permise alle riserve alimentari e agli aiuti umanitari di raggiungere la città di Sarajevo e alla popolazione di fuggire. Il tunnel fu una delle principali vie per oltrepassare l'embargo internazionale di armi e per fornire ai combattenti nella città le armi necessarie.

 

I tunnel di Cu Chi hanno avuto un ruolo strategico fondamentale nel mantenere la guerra di sfinimento contro gli Stati Uniti, che proprio a Cu Chi avevano una delle basi più grandi, ed hanno svolto un ruolo fondamentale nella preparazione all'offensiva del Tet che sancì l'inizio del disimpegno americano in Vietnam. Questi tunnel erano inseriti in una lunghissima rete di gallerie sotterranee che collegavano la parte centrale del Vietnam del sud con territori Cambogiani dove erano presenti le forze armate nord Vietnamite. Questi tunnel permettevano il rifornimento di armi, viveri e soldati in zone che erano sotto il controllo americano.

 

 

 

E i nostri partigiani? Hanno combattuto sui monti, si sono nascosti anche loro, non nei tunnel, ma nei boschi. Hanno vinto anche loro, hanno cacciato ogni forma di razzismo di estrema destra dall'Italia. Purtroppo però, il loro ricordo nel popolo italiano si sta pian piano consumando. Il 25 aprile, una giornata che ai più permette solo di andare al mare a prendere la prima abbronzatura! Io non voglio che sia così, io vorrei che nelle scuole il 25 aprile si festeggiasse più del Natale e della Pasqua; infondo, è grazie ai partigiani che posso scrivere in totale libertà le mie idee e non grazie ad entità di dubbia esistenza.

 

 
 
 

La mia Sarajevo/2

Post n°67 pubblicato il 10 Aprile 2016 da FraZigno
 

Ci alziamo presto. Rispetto al Trentino, le temperature mattutine sono ancora piuttosto basse. Facciamo una leggera colazione. L'appartamento che abbiamo affittato è spazioso e fornito di tutto il necessario per cucinare. Dopo aver bevuto un caffè americano solubile, verso le 9.00 usciamo da casa. Sarajevo si è appena svegliata dopo un sabato notte di festa. Decidiamo di fare una lunga passeggiata verso il simbolo della guerra combattuta 20 anni fa: l'Executive Council Building.

Oggi il palazzo è completamente ristrutturato ma scattare una foto nelle sue vicinanze trasmette ugualmente forti sensazioni. Nei pressi del palazzo, attraversata la via zmaja od bosne, arteria della città molto trafficata, si trova l'Holiday Inn l'albergo che ospitava i giornalisti durante l'assedio di Sarajevo. Entriamo. La hall è vuota, l'unico rumore che si sente è l'aspirapolvere utilizzata dalle donne delle pulizie. Siamo stupiti, non ci sono turisti. Regna un silenzio inquietante. Scopriremo poi che l'albergo è fallito e che attualmente non è aperto al pubblico. La hall è molto grande. Affascinante. Ricorda le hall degli alberghi di lusso degli anni ottanta. Chiudo per un attimo gli occhi e provo ad immaginare la grande paura e frenesia vissuta dai giornalisti durante i cinque anni di assedio. Anche l'Holiday Inn fu danneggiato gravemente durante i bombardamenti; alcune foto vicino alla reception mostrano la differenza tra la struttura danneggiata e l'attuale, fa impressione. 

Vicino all'hotel si trova il museo storico della città. Tutta la mostra riguarda i cinque anni di assedio. Troviamo diverse testimonianze interessanti e anche una riproduzione di come era presumibilmente fatto l'interno di un appartamento duranta la guerra. Veniamo fermati da una guida freelance che cerca di venderci un tour della città in cui è compresa anche la visita al "Tunnel Spasa" il tunnel della speranza scavato dai bosniaci. Durante l'assedio della città questo tunnel collegava due zone di Sarajevo costantemente sotto attacco dell'artiglieria serba; a detta di molti, durante la guerra, è stato questo tunnel a salvare gran parte della popolazione civile di Sarajevo.

Decidiamo di lasciar perdere la proposta. Preferiamo fare questo tour il giorno successivo, accompagnati dal ragazzo che ci affitta l' appartamento e che parla un ottimo italiano visto che ha vissuto nel nostro paese per diversi mesi della sua vita.

Rientriamo verso il quartiere arabo camminando lungo Marsala Tito. A Sarajevo una delle vie principali è dedicata al maresciallo Tito; tutto questo mi sembra molto strano pensando agli anni di dittatura. Evidentemente, i cittadini di Sarajevo non ricordano con così grande disprezzo quegli anni. La storia si capisce meglio viaggiando...

Lungo la via troviamo il monumento alla memoria dei bambini caduti durante l'assedio. Rimango impressionato. I nomi riportano date di morte comprese tra il 1990 e il 1995 ma rimango ancora più sconvolto dalla data di nascita. Molti sono del 1979, miei coetanei.

Continuiamo lungo la via fino alla fiamma eterna: Vjecna Vatra; la fiamma ricorda la liberazione della città dai nazisti nel 1945. Proseguiamo verso via Ferhadija e, nel vicino parco Oslobodenja, vediamo tante persone attorno a una grande scacchiera disegnata sul pavimento asfaltato. Mi ricorda i parchi verdi di Sydney in cui, anche lì, i vecchi si trovavano a giocare a scacchi per amazzare il tempo nei bollenti pomeriggi australiani. Vicino alla scacchiera si trova la cattedrale ortodossa di Sarajevo con la sua tipica cupola colorata di nero e a pochi passi la cattedrale cristiana della città: la cattedrale del Sacro Cuore. All'esterno c'è la statua di Papa Giovanni Paolo II in onore della sua visita fatta nel lontano aprile del 1997, due anni dopo la fine dell'assedio. Lontana cinque minuti a piedi da questi due importanti chiese, si trova la Moschea Ghazi, il più imponente centro di culto mussulmano di Sarajevo. Meditiamo; in meno di 1 km quadrato tre importanti centri delle religioni del mondo più diffuse. Sarajevo, la Gerusalemme d'Europa.

Siamo affamati, mangiamo cevapcici da Zeijo. Buonissimi, uno dei posti migliori per mangiare questo tipico piatto che lascia un terribile alito di cipolle ma, chissenefrega, è buono.

 
 
 

La mia Sarajevo/1

Post n°66 pubblicato il 01 Aprile 2016 da FraZigno
 

 

Il 28 giugno del 1914 fu ucciso a Sarajevo l'arciduca Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia. Il principe fu assassinato immediatamente dopo la cerimonia matrimoniale, dal serbo Gavrilo con diversi colpi di pistola che ferirono mortalmente anche la neo sposa in dolce attesa. I reali appena sposati non furono ucciso sul ponte romano reso tanto famoso dai libri di storia, ma nella piazza vicina. Ma il fatto che più mi ha colpito nella visita di questa zona di Sarajevo è stato scoprire che prima della cerimonia il futuro principe e sua moglie sono sopravvissuti ad un altro attacco da parte di un altro serbo Cabrinovic, complice di Gavrilo, che lanciò una specie di bomba carta verso la macchina che trasportava i regnanti. Insomma, il 28 giugno 1914 se dopo essere scampati al primo attentato, l'arciduca austroungarico avesse interrotto la cerimonia e si fosse portato -insieme alla futura moglie- in un luogo sicuro, probabilmente la scintilla che fece scoppiare la prima guerra mondiale non sarebbe stata in Sarajevo.

Ma la visita in Sarajevo non è stato scoprire solo i particolari di questo tragico evento che ha cambiato la storia del mondo e che purtroppo spesso viene insegnato solo superficialmente a scuola.

La visita di Sarajevo è stata unica. 902 chilometri separano la città bosniaca da Trento, 600 chilometri dal confine italiano. La guerra di 20 anni fa era proprio attaccata a noi, non me ne rendevo conto. Siamo entrati in Slovenia e distese di prati verdi e fattorie in stile alpino ci hanno accompagnato fino al confine croato. La frontiera con la Croazia ha richiesto un po' più di tempo ma i controlli sono stati rapidi, si respirava ancora aria europea. Ci siamo fermati una notte a Zagabria, affascinante capitale croata. Il giorno seguente ripartiamo. La frontiera bosniaca richiede più tempo. Perdiamo la bellezza di Schengen. La guardia di confine bosniaca trasmette rigore e disciplina e, soprattutto, poca felicità. Mi ricorda le vecchie frontiere europee di 20 anni fa. Sconfiniamo in Bosnia e scopriamo di essere nella parte della Bosnia Erzegovina in cui la presenza dei serbi è la più elevata. Impareremo più avanti che il governo della Bosnia Erzegovina è formato da tre diversi entità politiche che si alternano al governo circa ogni otto mesi: Questo ordinamento è funzionale alla presenza di tre popoli costitutivi: la componente croata (cattolica cristiana) e quella bosgnacca (o bosniaca-musulmana) che si raggruppano sotto il partito della Federazione di Bosnia ed Erzegovina e quella serba (ortodossa) del partito Republika Srpska.


Attraversiamo il territorio dei Balcani. Percorriamo una strada molto stretta che ricorda le nostre vie asfaltate di alta montagna. Passiamo da Banja Luka, piccola città dispersa in mezzo alle montagne. Nel viaggio di andata non abbiamo dato troppo peso a questa città ma nei tre giorni passati a Sarajevo abbiamo scoperto che questo paese, posizionato in mezzo ai Balcani, durante la guerra è stato il più importante centro abitato sotto il controllo serbo. Fino alla cittadina di Zenica la strada è ancora tortuosa. Le bandiere ci ricordano che siamo ancora in territorio dove il partito serbo della Republika Srpska governa con ampia maggioranza. Da Zenica a Sarajevo sono circa 60 km. Finalmente guidiamo lungo una autostrada. Arriviamo a Sarajevo verso le 19. Qui spopolano le bandiere della Federazione di Bosnia ed Erzegovina. Ci accorgiamo subito di essere immersi in una città multiculturale: chiese ortodosse si avvicendano a moschee che a loro volta lasciano lo spazio alle cattedrali cristiane. Siamo finalmente a Sarajevo, la Gerusalemme dell'Europa.

 

 La cattedrale di Sarajevo

 

 

 

 

 

                     La moschea dell'imperatore

 

la principale chiesa ortodossa di Sarajevo La principale chiesa orodossa di Sarajevo

 
 
 

Informazioni Australia

Post n°65 pubblicato il 13 Gennaio 2016 da FraZigno
 

Oggi una mia alunna mi ha chiesto: ma come si fa ad andare in Australia?

Ho deciso quindi di riportare un vecchio post scritto anni fa, in cui cerco di dare risposte ad una futura viaggiatrice nella terra dei canguri.

 

 

Fino a quale eta’ e’ possibile fare l’applicazione del Working Holiday VISA?

Si puo’ fare fino al giorno prima in cui compi 31 anni...Io l’ho fatto a maggio 2010 avevo 30 anni e 10 mesi....

(tutto va internet: http://www.immi.gov.au/visitors/working-holiday/)

Assicurazione sanitaria:

Per quanto riguarda l assicurazione sanitaria ti dovrai presentare con il tuo passaporto, il tuo visto e la carta dell assistenza sanitaria italiana ( codice fiscale) in un ufficio Medicare, che altro non e' che la USL australiana , che ti rilascera' una carta sanitaria australiana. Tutto ciò e' gratis per 6 mesi poi dovrai uscire dall Australia per almeno un giorno ( noi siamo andati a Bali) e al rientro te la rinnoveranno per altri 6 mesi ( sempre gratis, l unico impegno e' recarsi di nuovo in un medicare).

E’ vero che devi avere in conto corrente almeno 5000 AUD? Se posso chiedere con che budget sei partito?

Anche noi avevamo sentito del mito dei 5000 dollari ma e'rimasto un mito. Al nostro atterraggio nessuno ci ha chiesto dettagli sul nostro conto. Se proprio non ti fidi fatti fare una carta dalla tua banca che attesta che hai almeno 3000 euro sul conto ( la mia ragazza l ha fatto ma ha buttato nel cestino tale documento, causa inutilita')

 

Accettano le carte di credito prepagate mastercard (anche se non hanno i numeri in rilievo)?

Sulle carte prepagate non ti saprei dire noi avevamo bancomat  e carta di credito italiana e tutto funzionava, poi abbiam aperto il conto australiano alla NAB ( national Australian Bank)- banca che ti consiglio in quanto puoi aprire il conto senza spese- e abbiam girato sul conto australiano un po' di soldi italiani cosi non abbiam piu usato carte italiane.

 

Come tutti vorremmo girare e fermarci per lavorare e mettere via un po' di soldi x finanziarci il viaggio...hai siti di lavoro/ricerca case che possono tornarci utili? (come lavoro va bene qualsiasi cosa ovviamente, sia farm che nella ristorazione che mi par di capire sono i più comuni).

 

Il sito per eccellenza e' gumtree.com.au ; li trovi tutto: case, van e annunci di lavoro ma attenta alle scam!!!!!Ti consiglio vivamente di stampare dei curriculum e portarli direttamente nei bar e nei ristoranti...con questo sistema abbiamo trovato ben 5 lavori sui totali 7 che abbiamo svolto....

Spesso abbiamo lavorato da persone che in cambio di 5 ore di lavoro giornaliero ci davano vitto e alloggio così durante il viaggio riuscivamo a riposare in una vera casa per alcuni giorni...il sito dove trovavamo questi scambi si chiama helpx.net

 

Quanto costa un van e quanto costa mantenerlo x tutti quei km circa?

Un van affidabile e che ti permette di girare tutta l Australia senza problemi costa dai 5000 ai 6000 dollari. L Australia e' un paese caro meglio spendere prima che rovinarsi il viaggio pagando meccanici a prezzi alti sparsi per il bush australiano...quanto c' e' costato fare 30000 km ? bella domanda! Di benzina penso 3500 dollari il resto dipende da che vita volete fare...io e la mia ragazza evitavamo campeggi e mangiavamo noodles, così ho perso anche 10 kg eh eh

Info generali:

L ‘Australia ha un clima mite tutto l anno solo nei periodi invernali e solo nel centro la temperatura si abbassa e di notte puo' essere prossima ai 5 gradi.

Ti sconsiglio vivamente di andare verso nord in estate ( gennaio febbraio marzo) rischiate di incontrare qualche ciclone e in piu l alta temperatura e l umidità rendono difficile la vita per noi europei....

Per gli ecologi ( ho il dottorato in ecologia) e naturalisti l Australia e' un posto affascinante come pochi al mondo.... Ti divertirai....(centri di recupero animali? Li trovi ma solo come volontariato..purtroppo io ho trovato grosse difficoltà nella ricerca di un lavoro nell ambiente tanto che , dopo 6 mesi, ho lasciato perdere...comunque magari tu sarai piu fortunata!)

 

Volete leggere ulteriori curiosita’?  http://www.voglioviverecosi.com/index.php?diari-di-viaggio-racconti-esperienze-di-viaggio-libri-di-viaggio_67/vite-avventurose-vivere-in-australia-dentro-una-casa-a-quattro-ruote-_777/

 

 
 
 

Capodanno Australiano: "Look at the bridge, look at the bridge!"

Le scie dell'aereo nel rosso, quasi rosa, tramonto di Neutral bay. Un volo che dura una decina di minuti lasciando nel cielo la seguente scritta "r u ready? ". Tutto è pronto a Sydney per festeggiare l'inizio del nuovo anno. Stanotte comincerà il 2011. Sono passati tre mesi dal nostro arrivo in Australia e stiamo  per vivere il primo capodanno dall'altra parte del mondo. Sono le 18, in Italia le 10 di mattina. Fa caldo ed è alquanto strano pensare a queste otto ore di differenza. Il nostro Frankie è parcheggiato sotto casa di Marilena e Bob nel loro parcheggio privato all'ombra. Ci hanno invitato a casa loro per l' ultimo dell'anno: dalla loro terrazza, la vista su Sydney e sull'Harbour Bridge, dai cui spareranno i fuochi artificiali famosi in tutto il mondo, è mozzafiato! Con noi ci saranno anche altri loro amici e Francesca non vede l'ora di aiutare Marilena in cucina: le manca cucinare, le mancano le piccole cose semplici e ricercate allo stesso tempo da preparare per le occasioni speciali. Bob prepara il suo famoso guacamole: lo adoro, la polpa degli avocado burrosa e profumata di sole con il pomodoro e la cipolla...mmmm

Siamo un po' imbarazzati: ogni invitato porta qualcosa.... Noi come al solito non abbiamo soldi e ci presentiamo con patatine, noccioline e.... tanta simpatia!!! I preparativi fervono, Marilena, cuoca provetta, è organizzatissima. Andrea si mette a disposizione per organizzare il bar, mettere le birre in ghiaccio e dispone le bottiglia di spumante per il brindisi della mezzanotte. Preparate le tartine, i primi e i secondi, disposti i dolcetti sui vassoi vado a mettermi carina: ovviamente nel mio zaino non ho neanche un vestitino, ma Marilena me ne presta uno e tutte contente..... Si festeggia!!!!

Arrivano gli invitati. Piano piano, la terrazza allestita per la cena si riempie di persone. Io e Francesca, ma soprattutto lei, cerchiamo di fare conoscenza con gli invitati che ci guardano inquadrandoci come la coppia di italiani amici di Marilena e prossimi alla partenza per il "giant loop" dell'Australia. Verso le 23 dall'Italia ricevo un messaggio da parte dei miei parenti che mi augurano buon anno. Hanno sbagliato i conti ma non li biasimo, in Italia sono le 15 e manca ancora tanto alla fine del 2010.

Mancano pochi minuti alla mezzanotte. Il ponte è illuminato, gli occhi di migliaia di persone in attesa non aspettano altro che l'esplosione di colori data dai fuochi artificiali. Io e Andrea siamo davvero fortunati e felici di essere qui: comincia il conto alla rovescia, 5, 4, 3, le bollicine dello spumante nei bicchieri, 2, 1 e poi....un grido unanime:" Look at the bridge... Look at the bridge!!!! Che spettacolo!!!! Penso che Sydney è Sydney e che sembra davvero irreale essere qui stasera. Fuochi d'artificio belli e spettacolari, indescrivibili e belli quasi come quelli di santa Rosalia a Palermo: quando ancora di rosso vestita ad Andrea non pensavo proprio.

Sono circa le tre di notte, in Italia le 19. Io e Francesca siamo nel 2011 mentre i nostri più cari amici e parenti sono ancora alle prese con la preparazione del cenone per la fine del 2010. Dopo gli ultimi saluti, la terrazza si svuota completamente. Siamo tra gli ultimi a scendere e a dare l'ultimo sguardo al ponte ancora fumante per gli indimenticabili fuochi d'artificio sparati per piu di un'ora dopo la mezzanotte. Andiamo a letto nel nostro Frankie parcheggiato sotto il pergolato esterno della casa di Marilena e Bob. Ogni tanto nella vicina strada passa qualche Aussie che, probabilmente carico di alcool, canta e rumoreggia chiassosamente inneggiando al nuovo anno. Per me e Francesca il primo gennaio segnerà l' inizio del viaggio. Il nostro 2011 non sarà un anno qualunque ma bensì l'anno dei 35000 km in giro per l'Australia.


Ci addormentiamo nel nostro van con un po' di difficoltà mentre nella mia mente riecheggia l'urlo" Look at the bridge!, Look at the bridge!......."

 

 

 
 
 

Il Natale, spiaggia e sole. Non è poi così strano

Post n°63 pubblicato il 16 Dicembre 2015 da FraZigno
 

25 dicembre 2010. Io e Francesca avevamo da poco iniziato a vivere nel nostro mitico Frankie, un Toyota Hiece del 1996, con cui poi avremmo fatto il giro di tutta l'Australia. La notte della vigilia l'abbiamo passata in giro per Sydney. Finita la serata, decidiamo di andare a dormire parcheggiati vicino alla mitica casa di Ultimo (un quartiere di Sydney) in cui abbiamo vissuto i primi tre mesi Australiani.

Tra i vari via e vai, nella casa abbiamo vissuto in sette. Oltre a me e a Francesca vivevano: due peruviani, un ragazzo australiano, la taiwanese Susi e Stefano, un altro ragazzo italiano della provincia di Vicenza.

Questo Natale è particolare. Siamo in pantaloncini e maniche corte e abbiamo deciso di festeggiarlo in spiaggia. Il nostro pranzo di Natale? Ma naturalmente un barbecue, come non rispettare le tradizioni Australiane! Questa idea mi rende particolarmente felice; un Natale in costume da bagno di fronte all'oceano: che figata!

Siamo in cinque: io, Francesca, Stefano, Jaime uno dei due ragazzi peruviani, e Susi la ragazza di Taiwan. Siamo tutti e cinque con pochi soldi disponibili quindi decidiamo di fare una spesa essenziale al discount vicino alla casa di Ultimo. Un po' di carne, qualche verdura, la sala barbecue (che non può assolutamente mancare) e pane. Tutto questo naturalmente accompagnata da una decina di birre scrupolosamente australiane. Dopo un'oretta passata al supermercato alla ricerca di tutto il necessario utile per il pranzo, carichiamo la spesa sul Frankie e poi partiamo: direzione Coogee beach, una delle spiagge più famose di Sydney dopo Bondi beach.

In poco più di mezz'ora di viaggio siamo di fronte all'oceano. La spiaggia è già incredibilmente affollata: famiglie, gruppi di amici e semplici turisti riempiono ogni spazio libero della battigia. E' preso in assalto anche il prato verde vicino alla spiaggia. Appena sceso dal van però non mi preoccupo di non trovare un posto dove fare da mangiare. Quello che mi lascia a bocca aperta è vedere la gente in costume da bagno che indossa il capellino di Babbo Natale. Mi affiorano alla mente ricordi di persone vestite così solo in alcune scene del telefilm baywach che vedevo più di 20 anni fa.

I gruppi più giovani hanno già iniziato a bere nello stile australiano e a mezzogiorno si vedono i primi Aussie,sia maschi sia femmine, collassati.

Cerchiamo il primo bbq disponibile nel prato. Fa caldo e il sole picchia fastidiosamente sui nostri visi. Non è facile trovarne uno libero. Molti ragazzi hanno avuto la nostra stessa idea e di postazioni libere per grigliare non ce ne sono. Dobbiamo condividerle. Ci facciamo spazio, un po' con delicatezza e un po' a gomitate, su una griglia in cui sono già presenti circa 20 ragazzi asiatici. Condividiamo con loro la cottura del pranzo natalizio.

Francesca e Susi cercano un posto all'ombra dove mettere il tavolino da campeggio con le due sedie a disposizione. Stefano e Jaime cucinano la carne. Io inizio a stappare qualche birra da sorseggiare.

In poco più di dieci minuti la carne è cotta e le verdure sono pronte. Ci alterniamo sulle sedie per tagliare la ciccia e poi ci sediamo sul prato e iniziamo a mangiarla. Tra chiacchiere e commenti vari sulle tradizioni natalizie peruviane, taiwanesi e italiane, passiamo più di un'ora seduti sull'erba di fronte al mare. Una leggera brezza diurna rende piacevole e rilassante tutto ciò. Il caldo non è poi così fastidioso e l'ombra dell'albero ci ripara sufficientemente bene dai dannosi raggi del Sole australiano.

Finito questo attimo di convivialità è il momento di andare in spiaggia. E' giunto anche per noi l'attimo di mostrarsi in costume da bagno con il cappellino da Babbo Natale. Francesca e Susi si godono il Sole australiano sdraiate in spiaggia, io e Stefano andiamo a farci un bagno nell'oceano mentre Jaime si riposa all'ombra come una balenottera spiaggiata. 

Nel tardo pomeriggio sulla spiaggia gira più gente in stato confusionale che sana. Noi ci salviamo in quanto, avendo avuto a disposizione pochi soldi, non siamo riusciti a comprare quantità d'alcool sufficienti a creare uno elevato stato di ubriachezza. Notiamo in giro i soccorritori della St John Ambulance Australia, una specie di Croce Verde Italiana, che raccolgono per terra ragazzi prossimi al coma etilico. Ma anche questo fa parte del vero Natale Australiano. Verso le cinque decidiamo di tornare in città.

Il nostro pranzo natalizio è stato veramente semplice ma alla fine quello che davvero conta è l'atmosfera che abbiamo respirato. Sono oramai passati 5 anni, ma il ricordo dentro di me è ancora indelebile.

 

 
 
 

Vivere a quasi un giorno di distanza. Ma nei nostri cuori sono così vicine! 1/2

 

Nei nostri viaggi sono tanti i giorni indimenticabili. E' bello trovarsi seduti su di un divano e ricordare le varie esperienze vissute ed è ancora più unico poter confrontare esperienze simili vissute in due paesi che distano quasi 24 ore di volo. Quando nell'isola di Pinzon (Galapagos) sono le 9.00 di mattina a Bairon Bay (South Australia) è già notte fonda. Eppure, per me e Francesca, queste località sono davvero vicine. Per quale motivo? In entrambi questi posti abbiamo nuotato e vissuto momenti indimenticabili con le foche...


Porto Ayora, isola di Santa Cruz, 22 agosto 2015. Galapagos. La sveglia suona alle 6.40 della mattina. Dopo una colazione veloce andiamo in agenzia dove ci aspetta il taxi che ci porterà al porto. Sulla barca veloce siamo in dodici. Al porto, mentre aspettiamo la guida, la prima sorpresa: ad accoglierci infatti uno stormo di Boobies (o Piqueros o Sule) dai piedi azzurri cattura l'attenzione dei turisti volando compatto sul porto e lanciandosi ripetutamente in acqua per pescare i pesciolini che nuotano a banchi vicino alla superficie. Rimaniamo increduli perché quello che avevamo visto solo nei documentari è ora davanti ai nostri occhi.


Bairon Bay ore 8.00 di mattina del 15 febbraio 2011. Dopo una notte tranquilla passata nel nostro Frankie, prepariamo la colazione. Siamo felici perché oggi, dopo giorni di attesa per il mare mosso, finalmente la barca “Ecotour” ci porterà a nuotare con foche e delfini. I giorni precedenti all'uscita non sono stati per niente noiosi, i panorami vissuti a Bairon Bay nel South Australia sono unici al mondo e i pellicani in lontananza sono stati soggetti di istantanee indimenticabili. Oggi però, finalmente, si va in acqua. Alle ore 10, dopo aver indossato le mute la barca Ecotur lascia gli ormeggi del porto. Il capitano Greg, un Aussie molto spavaldo, punta la prua dell'imbarcazione verso l'oceano aperto. Siamo tutti molto emozionati e impazienti di tuffarci in acqua. Dopo 15 minuti di navigazione sentiamo il capotano urlare:”Look over there, Dolphins!” Ed eccoli li, i tanto amati delfini che ci nuotano attorno. La voglia di buttarsi in acqua è incontenibile e velocemente infiliamo le mute.


 

 

Dopo esser rimasti a bocca aperta per il raro spettacolo a cui ha dato vita lo stormo di Blue Boobies, ci imbarchiamo su un veloce motoscafo usato soprattutto per le uscite di pesca d'altura. Il capitano Pedro, dopo aver lasciato la baia protetta, dà tutto gas ai motori e grazie ai 200 cavalli di ognuno dei due propulsori, la barca inizia a volare sull'acqua. Prima tappa l'isola di Daphne Maggiore dove nidificano molte Sule di Nazca, simpatico uccello con il becco arancione e il corpo ricoperto da piume bianchissime. Non possiamo scendere dalla barca perché l'ecosistema dell'isola è molto fragile. La barca quindi riparte per raggiungere dopo circa un'ora e mezza di navigazione l'isola di Pinzon. Indossiamo dopo tanta attesa la muta, le pinne e la maschera ci tuffiamo in acqua e dopo 5 minuti di bracciate raggiungiamo una specie di insenatura. Ed eccole davanti a noi...

I delfini non sono molto socievoli. Nuotano in branco e difficilmente si avvicinano all'uomo. Per fare delle buone fotografie li dobbiamo inseguire nuotando rapidamente. Rimaniamo in acqua circa dieci minuti anche se fatichiamo a restare a contatto con i cetacei. Nonostante la fatica, nuotare con questi stupendi mammiferi marini ci ha lasciato un ricordo indelebile nel cuore. Una volta risaliti sull'imbarcazione Greg riaccende i motori e dopo circa 30 minuti siamo vicini ad una insenatura protetta dalle onde dell'oceano grazie alla presenza di scogli molto alti. L'acqua all'interno di questa baia è calma. Eccole finalmente davanti a noi...


 
 
 

Vivere a quasi un giorno di distanza. Ma nei nostri cuori sono così vicine! 2/2

Le Galapagos sea lion (zalophus californianus) dell'isola di Pinzon si avvicinano senza timore e iniziano a giocare con noi. Con la testa sott'acqua vediamo numerosi pesci colorati nuotare tra le rocce mangiando placidamente le alghe. Nell'acqua più bassa riusciamo a vedere anche due squali dalla pinna bianca che oziano dopo la caccia notturna. Numerose sono le iguane marine perfettamente mimetizzate tra le rocce laviche. Ad un tratto una di queste si butta in acqua ed è ora che Francesca vive uno dei momenti più belli di tutta la gita. L'iguana avanza a pelo d'acqua verso di lei. Grazie ad un movimento armonico della coda le si avvicina sempre di più ma non riesce a raggiungerla in quanto, una simpatica foca, lo afferra alla coda con i denti. Inizia così una divertente scenetta in cui l'indifesa e scocciata iguana è costretta a subire i dispetti da parte della foca giocherellona. E' difficile ridere indossando maschera e boccaglio ma, grazie a questa scena, siamo riusciti a fare anche questo. Meraviglioso!


Gli Australian sea lion (Neophoca cinerea) si avvicinano alla barca incuriositi. Greg, dopo anni di lavoro in questa zona, le riconosce una ad una. Ce ne descrive alcune ma dentro di noi abbiamo solo voglia di entrare in acqua. Dopo un breve spiegazione sulle azioni da evitare per non dare troppo fastidio agli animali, il capitano da il permesso di tuffarci. In pochi secondi siamo in acqua. Ad accoglierci ci sono una quindicina di foche. Ovunque ci giriamo le troviamo davanti agli occhi. Che spettacolo! Saltano fuori dall'acqua e con movimenti armoniosi nuotano attorno a noi sfiorando le nostre maschere quasi per volerci lasciare un bacio. Alcune di loro si riposano sul fondo con occhi così dolci che mi ricordano il gatto di Sherk. Meraviglioso!


Dopo circa un'ora in acqua tra foche, squali e iguane, è giunto il momento di ritornare a bordo. Per noi turisti è ora di pranzo mentre per le foche è il momento del relax. Le vediamo raggiungere la riva e salire sulle rocce per prendere il sole nel loro modo goffo ma così speciale, che buffe! Arrivederci zalophus californianus è stato fantastico giocare con voi.


Un'ora nelle acque ghiacciate dell'oceano Pacifico è volata. Abbiamo nuotato e piroettato con loro e solo le nostre labbra viola ci ricordano che, forse, è giunto il momento di risalire a bordo. Le foche però non sono dello stesso parere e vogliono continuare a giocare. E così assistiamo a una scena veramente divertente: un cucciolo insegue la barca e quando Greg accende il motore, il getto dell'acqua di raffreddamento che esce dal propulsore diventa, per la piccola foca, una divertente cascata simile a quella dell'idromassaggio nelle piscine termali. E' divertente osservare il cucciolo mentre si rilassa nel ricevere l'acqua sul muso. Così ci salutiamo, arrivederci neophoca cinerea giocare con voi è stato fantastico. 

 
 
 

Il Terrore naviga sul Lago Titicaca 1/2

Post n°60 pubblicato il 01 Novembre 2015 da FraZigno
 

Il Titicaca è il lago navigabile più alto del mondo: si trova infatti 3812 metri sopra il livello del mare.

Arriviamo a Puno con il bus verso le 19 da Arequipa: questa è l'ultima tappa prima di arrivare a Cusco e al tanto sognato Machu Picchu. L'aria della sera è fredda e rarefatta: nell'albergo che abbiamo prenotato, dopo una cena frugale, ci accoccoliamo sotto le coperte. Francesca è raffreddata e io incomincio ad avvertire uno strano cerchio alla testa che mi accompagnerà tutta la notte... questi sono gli effetti dell'altitudine. Come se non bastasse, soprattutto durante la notte mi è capitato di alzarmi perché avvertivo strani formicolii nelle braccia: davvero una brutta sensazione.

I giorni di permanenza al lago, stabiliti dal nostro programma di viaggio sono quattro: il giorno successivo al nostro arrivo facciamo un giretto per il paese e prenotiamo una crociera organizzata che ci consentirà di visitare le isole del lago che sono famose in tutto il mondo. Qui incominciano le nostre disavventure: in tutti i nostri viaggi (Gerusalemme compresa) non abbiamo mai rischiato così tanto la vita come sul lago Titicaca.

La crociera che abbiamo prenotato ci porterà alle isole Uros, ad Antamani, dove alloggeremo presso una famiglia, e a Taquile. La crociera è di due giorni e costa 80 soles a persona: il costo ci sembra un po' basso, ma in linea con quello che ci aspettavamo, e quindi prenotiamo a cuor leggero.

Siamo davvero curiosi di vedere soprattutto le isole Uros, isole galleggianti fatte utilizzando la Totora (Schoenoplectus californicus ssp.) che cresce abbondante nella zona del lago vicino a Puno, dove i bassi fondali sono ideali per la sua proliferazione.

Il giorno dopo siamo al porto di Puno: 8.45 qui iniziano le prime difficoltà. Sulla barca siamo in 23 ma i posti a sedere sono solo 22. Naturalmente, con la grande fortuna che ho, io rimango senza posto. Passo la prima parte di navigazione seduto sugli scalini. La barca è piccola e i fumi di scarico del motore entrano direttamente in cabina. Iniziamo proprio bene. Sull'imbarcazione, oltre a me e Francesca, ci sono altri 6 italiani, 4 francesi, 2 peruviani, 4 tedeschi, 3 spagnoli, una americana e uno sloveno.

A causa del fumo di scarico la cabina diventa a poco a poco invivibile così ci troviamo quasi tutti sul tetto dell'imbarcazione e lì iniziamo a conoscerci. Scopriamo che alcuni passeggeri hanno pagato meno di noi, mentre altri hanno pagato addirittura il doppio. Iniziano le prime incongruenze e la nostra guida Jeorge perde pian piano di credibilità.


La prima sosta è su di una piccola piccola isola dell'arcipelago delle Uros: scendiamo dalla barca e veniamo spinti su di una imbarcazione fatta di totora per un breve giretto intorno all'isolotto: prima di scendere il barcaiolo ci chiede di dargli 10 soles a testa perché siamo saliti sulla barca... ovviamente la cosa non era stata concordata in precedenza e suscita il disappunto di tutti noi. Tra il malumore collettivo in seguito ci viene spiegato come è costruita l'isola e le abitazioni. Scopriamo però, nel viaggio di ritorno, che il vero centro della civiltà Uros dove è sviluppato tutto il villaggio galleggiante si trova in un'altra zona del lago.

Probabilmente gli abitanti pagano delle tangenti alla guida e al comandante della barca per “dividersi” i turisti: iniziamo a pensare che le varie agenzie di Puno tengano per sé la maggior parte dei proventi dei turisti e che davvero poco arrivi agli abitanti delle isole. Insomma, l'isola è caratteristica, ma l'atmosfera che si percepisce è quella di una mezza fregatura. Dopo circa un'ora, l'imbarcazione guidata dal nostrogiovanissimo capitano, riparte alla volta di Amantanì dove, da programma, ci aspettano delle famiglie locali per il pranzo.


La navigazione procede bene fino a che, apoche miglia dall'isola, non veniamo abbordati da una lancia che trasporta il comitato locale dell'isola. Scopriamo che questo comitato è creato per far si che le diverse agenzie rispettino una turnazione. Su questa isola esistono sei comunità e il principale e, forse unico, introito per tutte le famiglie che abitano l'isola viene dal turismo. E' dunque importante che le varie agenzie smistino i turisti in comunità differenti seguendo una specifica rotazione. La nostra guida non l'ha mai ammesso però, secondo tutti noi, il comitato organizzatore ci ha abbordati perché non stavamo rispettando le regole. La guida e il comandante sono obbligati quindi a cambiare rotta e a dirigersi verso una comunità diversa da quella prevista. La discussione con il comitato organizzatore continua anche una volta raggiunta la riva. Alcuni ospiti lamentano il fatto che avevano prenotato il pernottamento in una famiglia stabilita il giorno prima con l'agenzia quindi non si arrendono al fatto che siamo finiti in un'altra zona. Abbiamo fame e loro continuano a litigare. Passa più di un'ora e finalmente la situazione si sblocca. Rimaniamo tutti in questa comunità. Onestamente a me e a Francesca non cambia molto, per altri invece la rabbia di esser stati nuovamente fregati fa ribollire il sangue. La famiglia che ci ospiterà per la notte ha una splendida casetta di mattoni vista lago: dalla finestra si sente lo sciabordare delle onde e il sole splende caldo in cielo. Siamo affamati e ci viene servito il pranzo: un pezzo di formaggio e un piatto di patate di tante forme e colori diversi. Abbiamo portato in dono, come consigliato dalla guida della frutta fresca: le persone sono davvero ospitali e molto gentili e cerchiamo di scambiare qualche parola anche se il nostro spagnolo è davvero stentato. Dopo aver mangiato ci rechiamo nella piazza principale del villaggio: da li iniziamo la salita verso i templi di preghiera di Pacha mama e Pacha tata, la Madre e il Padre terra. Queste antiche rovine si trovano nelle cime più alte dell'isola. I colori del tramonto del sole nel lago sono fantastici: finalmente, dopo una giornata un po' agitata, ci godiamo la bellezza della natura.


La sera è previsto un ritrovo in costume tradizionale di tutti i turisti in una specie di palestra comunale dove suona un gruppo locale. Carino, ma nulla di ché (anche questo si sentiva essere un evento solo turistico, privo di un vera cultura locale).

Andiamo a letto verso le 23 e passo la notte più brutta di tutti i 34 giorni di viaggio. L'altitudine mi fa esplodere la testa, mi viene addirittura da vomitare. Grazie all'aiuto di Francesca sopravvivo a questa notte che rimarrà per parecchio tempo nei miei ricordi più brutti.

 

Purtroppo però, la paura non finisce qui...

 
 
 

Il Terrore naviga sul Lago Titicaca 2/2

Post n°59 pubblicato il 01 Novembre 2015 da FraZigno
 

Il giorno dopo, è prevista la visita all'isla di Taquile. Durante l'ora di navigazione che occorre per andare dall'isola di Amantani a Taquile, la nostra guida riceve una telefonata dalla capitaneria di porto di Puno che lo avvisa del fatto che sta per arrivare vento forte dal golfo di Puno: tutte le imbarcazioni devono far ritorno il prima possibile in porto. Naturalmente sia il capitano che la guida, danno poco peso a questo allarme e ingannandoci con un ”Non vi preoccupate, il vento arriverà quando noi saremo già ormeggiati a Puno” continuano la navigazione verso l'isla di Taquile. Di per se, l'isla è molto bella. I magnifici paesaggi naturali ricordano vagamente un'isola del Mediterraneo. Raggiungiamo il centro dell'isola e lì abbiamo la possibilità di vedere le donne e gli uomini tessere tipici abiti peruviani.

Arriva velocemente l'ora di pranzo. Il ristorante si trova proprio in cima all'isola. E' qui che ci assale un vento fortissimo. Non ce ne eravamo accorti in precedenza perché eravamo nella parte dell'isola sottovento ma ora, in cima, il vento si mostra in tutta la sua potenza. Il tetto in lamiera del ristorante sembra saltare via da un momento all'altro. Tutti noi mangiamo ma ognuno sa che con un vento così il lago è agitato e la navigazione pericolosa.

La nostra guida è visibilmente preoccupata. Le barche non possono navigare con queste condizioni meteo ma purtroppo alcuni di noi insistono nel voler partire in quanto hanno tutto organizzato e restare un giorno in più a Taquile causerebbe la perdita delle coincidenze con i bus prenotati in precedenza. Nonostante tutte le altre barche siano ferme in porto, sotto questa continua insistente richiesta, il giovane comandante è costretto a lasciar gli ormeggi e a provare il difficoltoso rientro a casa. Finché navighiamo sotto-costa e sottovento la navigazione fila liscia ma appena la protezione dell'isola finisce, il lago manifesta tutta la sua terribile potenza. Onde alte più di due metri fanno sobbalzare la piccola imbarcazione come polvere al vento. E' ingovernabile. Iniziamo tutti a essere spaventati: urliamo al comandante di tornare indietro, alcune persone iniziano a piangere e, inoltre, poco rassicurante è la temperatura dell'acqua prossima ai 10 gradi che non ci lascerebbe molto scampo in caso di ribaltamento. Dopo tre onde che hanno messo la nostra prua sott'acqua e dopo l'isterismo di tutti i passeggeri che urlavano ”Go back!” finalmente il nostro comandante quindicenne e senza patente nautica decide di invertire la rotta e tornare indietro. Seppur per pochi istanti, la barca durante la virata si è messa ovviamente parallela alle onde e qui qualcuno dall'alto ci ha aiutato. Il rollio è stato terribile ma fortunatamente le mura di sinistra sono entrate solo parzialmente in acqua e come una molla, sono risalite rimettendo la barca in assetto. 

Il peso casualmente distribuito sull'imbarcazione, era fortunatamente ben ripartito o, forse, qualcuno dall'alto ci ha salvato. Lo spavento è stato forte e da quel momento in poi nessuno ha avuto più fiducia nella nostra guida Jeorge.

Rientrati nel porto, non rimaneva altro da fare che aspettare. I comandanti delle altre barche continuavano a dire che probabilmente verso le 3 della mattina il vento si sarebbe calmato. Una decina di barche sono ferme e tutti i turisti fremono per partire: prendiamo d'assalto i mini market del porto e ci rifocilliamo con snack e the caldo. Le famiglie del posto non possono ospitarci perché altri turisti sono arrivati e passiamo la notte in barca.

Verso mezzanotte arriva anche una imbarcazione veloce: il capitano chiede 50 dollari a chi vuole raggiungere Puno. L'imbarcazione sicuramente è grande e sicura, ma tutti vogliono salire e noi decidiamo di aspettare: quando parte è sovraffollata, hanno caricato molte più persone di quello che sarebbe consentito per navigare in sicurezza.

Verso le tre del mattino le altre barche incominciano a partire: il capitano vuol partire con gli altri perché non se la sente di navigare da solo. Ovviamente siamo tutti in barca tranne la guida che ha trovato ospitalità presso amici dell'isola: doveva essere in porto alle tre, ma evidentemente si era addormentato. Dopo averlo aspettato un po', vedendo che le altre imbarcazioni partivano, abbiamo deciso all'unanimità di lasciare Pedro sull'isola e siamo partiti. La nostra imbarcazione era molto vecchia, il fumo continuava ad uscire da sottocoperta e a intossicare i nostri polmoni. Eravamo molto più lenti degli altri e quindi dopo poco ci siamo trovati da soli, in mezzo al lago, nel buio della notte nelle mano di un sedicenne senza la patente nautica. Francesca si è accoccolata vicino a me e siamo rimasti vicini rincuorandoci uno con l'altro.

All'arrivo a Puno, la barca fumava, il nostro gruppo si è disperso verso le varie destinazioni, noi siamo tornati in albergo, abbiamo raccontato quello che ci era successo e abbiamo preso il primo bus in partenza per Cusco.

Dopo quest'avventura difficilmente io e Francesca torneremo a Puno e sul lago Titicaca.

Un suggerimento: se decidete di visitare il lago Titicaca, organizzatevi le escursioni da soli senza agenzie. Basta andare nel porto di Puno e utilizzare le imbarcazioni pubbliche, mi raccomando non aumentate lo sfruttamento delle agenzie nei confronti degli isolani!!!


 
 
 

L'ultimo giorno di crociera. Isola Isabela e il suo immenso vulcano!

Post n°58 pubblicato il 19 Ottobre 2015 da FraZigno
 

Eccoci qui, ultimo giorno di crociera nelle mitiche Galapagos. Dopo una notte vissuta finalmente senza il mare in burrasca, alle 6.00 di mattina la Yolita II getta l'ancora nella baia del porto di Villamil, nell'isola di Isabela, la più grande dell'arcipelago. Ultima colazione a bordo; sia io che Francesca siamo piuttosto tristi. Mangiamo l'abbondante cibo a disposizione consapevoli che il giorno dopo rimpiangeremo tutto quel ben di Dio. Concluso il breakfast, prepariamo gli zaini e liberiamo la camera.

Oggi il programma di Jorge prevede la visita al cono vulcanico del “Volcan Sierra Negra” e poi, per noi e per un'altra coppia di svizzeri, la crociera organizzata sarà terminata.

Scendiamo dalla barca verso le nove, salutiamo l'equipaggio e ci dirigiamo verso il molo del porto. Ad attenderci c'è un pulmino da 10 persone e un pick up. Sono fortunato, con Francesca ed un altro ragazzo tedesco salgo sul pick up che sembra essere molto più affidabile e comodo del pulmino. Arriviamo all'inizio del sentiero venti minuti prima dei ragazzi che hanno viaggiato nel pulmino.

Ricompattato il gruppo, iniziamo a seguire Jorge lungo il sentiero. Camminiamo immersi in un verde intenso con un piacevole profumo di muschio che si sposa con la tipica umidità di queste sommità montuose. A tal proposito, Jorge ci dice che in un anno sono pochi i giorni privi di nuvole in cui è possibile ammirare in toto la bellezza e la maestosità del secondo cratere più grande del mondo. Con questa triste notizia, cammino a testa bassa consapevole che sarà pressoché impossibile vedere lo spettacolo del vulcano. La passeggiata dura circa 45 minuti e, con stupore, più saliamo di quota più il cielo si libera dalle nuvole. Non ci credo, raggiungiamo i 1490 metri della cima e l'orizzonte è completamente sgombro di nuvole, che fortuna! L'immensa caldera vulcanica si apre davanti a noi in tutto il suo splendore. Chilometri di distesa lavica si estendono su una superficie di decine di chilometri quadrati.

Notiamo una parte di lava più scura; Jorge punta il dito verso quella zona spigandoci che è lava recente venuta alla luce durante l'eruzione vulcanica del 2005. La nostra guida ci racconta che ha vissuto con emozione l'eruzione e che anche quando il vulcano eruttava, lui era lì, a godersi l'irripetibile spettacolo a pochi passi dall'incandescente lava. Ci racconta che la colonna di fumo sprigionata dal vulcano ha raggiunto i 20 km di altezza, wow! Rimaniamo a contemplare tale bellezza più di mezzora; questa escursione mi ha permesso di affermare con certezza che l'unicità delle Galapagos non risiede solo nella sua fauna e flora ma anche nei suoi maestosi e particolari paesaggi.

Ritorniamo sul pick up direzione porto Villamil. Siamo tristi, la nostra crociera finisce qui. E' alquanto traumatico salutare i nostri compagni di avventura ma alla fine, con il senno di poi, ci rendiamo conto che gli 850 dollari spesi per la crociera sono il denaro meglio speso in tutta la nostra vita.

Prima di rientrare verso l'isola di Santa Cruz con una speedy boat, abbiamo circa 4 ore per visitare porto Villamil. Il paese ha circa 2000 persone, ma veniamo subito catturati dalla massiccia presenza di otarie che oziano intorno al porto. Decidiamo quindi di lasciare perdere la visita del paese e ci tuffiamo in una spiaggia vicino al molo dove è possibile fare snorkelling. Purtroppo non riusciamo a sguazzare ne con i leoni marini ne con i pinguini però vediamo nuotare sul fondo dell'oceano una colonia di sette aquile di mare, spettacolo alquanto unico! La fortuna è dalla nostra parte: riusciamo anche ad avvistare una piccola manta. Ci tornano in mente i ricordi australiani di Coral Bay dove per la prima volta nuotammo con una manta, quella volta però era una manta gigante!


L'isola di Isabela ci saluta con una coppia di otarie nuotare nel porto e con le velocissime acrobazie di due pinguini che si divertivano a passare a tutta velocità da una parte all'altra del molo da dove partirà la nostra speedy boat. Alle tre del pomeriggio la veloce imbarcazione lascia gli ormeggi di porto Villamil e dopo poco più di due ore a tutto gas (nel vero senso della parola) siamo di nuovo sull'isola di Santa Cruz. Galapagos, il sogno!


 
 
 

Alle Galapagos si può nuotare anche con loro. Isola Bartolomè: Pinguini e Master and Commander

Post n°57 pubblicato il 12 Ottobre 2015 da FraZigno
 

La notte è molto agitata, onde alte fino a tre metri fanno balzare regolarmente la barca su e giù. Addormentarsi con questo beccheggio è alquanto complicato. Francesca si arrende e prende una xamamina. La attraversata dura circa 9 ore. Arriviamo nei pressi del famosissimo Pinnacle Rock dell'isola di Bartolomé verso le sei della mattina.

Jorge durante la colazione ci dice di aver già visto tre pinguini nei pressi del Pinnacle. Galapagos, il sogno! Prima di arrivare in questo arcipelago non immaginavo si potesse nuotare anche con questi animali. I pinguini delle Galapagos sono piccoli e abili uccelli appartenenti alla specie Spheniscus mendeculus da non confondere con i grandi pinguini dell'Antartide. Infatti, questi uccelli misurano poco più di 50 cm di altezza e sono gli unici pinguini in grado di vivere a cavallo dell'equatore. I pinguini all'equatore? Che strano, ma questa è la natura. Nell'arcipelago delle Galapagos si trovano in due distinte colonie: la meno numerosa sull'isola di Bartolomè, mentre la più popolosa si trova nella parte nord occidentale dell'isola Isabela. Galapagos, il sogno! Non vedo l'ora di vederli e soprattutto di nuotare in acqua insieme a loro.

Prima di fare snorkelling, il programma di Jorge prevede l'ascesa alla ventosa sommità dell'isola di Bartolomè. Attraverso una passerella in legno con scalini, attraversando un ambiente vulcanico selvaggio, raggiungiamo quota 114 metri sul livello del mare. Ogni tanto Jorge si ferma e ci fa piccole lezioni di geologia. Uno dei “laboratori didattici” prevedeva il sollevamento di grosse rocce di basalto che alla vista sembravano pesanti ma invece, una volta prese in mano, si sono rilevate leggere e semplici da alzare. Il segreto sta nell'alta quantità di gas intrappolato nel viscoso materiale lavico fuso che raffreddandosi lentamente ne ha impedito la fuoriuscita. Interessante richiamo all'esame universitario di vulcanologia! Arriviamo in cima e “tadam” ecco lo stupendo panorama reso famoso dal film “Master and commander”. Le scene del film con protagonista Russell Crow durano solo pochi minuti. Nel film, il capitano del vascello Aubrey non lascia molto tempo al dottore/naturalista della nave intento ad esplorare le isole e, velocemente, riparte all'inseguimento della nave francese.

Noi siamo più fortunati del dottore del vascello comandato da Aubrey e Jorge ci lascia parecchio tempo libero per scattare diverse fotografie.

Dopo circa un'ora di passeggiata siamo di nuovo in barca. E' ora dello snorkelling: Pinguini delle Galapagos, stiamo arrivando. Entriamo in acqua 500 metri a sud rispetto al Pinnacle Rock; qui ci dicono che è possibile avvistare anche gli squali. In effetti è così, in lontananza scorgo uno squalo nuotare in direzione opposta alla mia. Va troppo veloce, non riesco ad avvisare i miei compagni di immersione. Dopo circa mezz'ora di snorkelling e nuotando verso nord, arriviamo nei pressi del Pinnacle e qui vediamo, fermi in piedi su di una roccia, tre pinguini. WOW! quasi si possono toccare. E' emozionante, non ho parole... è stupendo il contatto che sento con al natura intorno a me. Nuotare con i pinguini? È possibile! Galapagos il sogno! Facciamo delle belle fotografie, poi uno di loro si butta in acqua e così scopro che nuotano velocissimi, è impossibile inseguirli.

Sono l'ultimo a uscire dall'acqua. Dentro di me sento che questa è un'occasione unica, voglio vivermela tutto il tempo possibile. Non nascondo che quando Jorge ci ha richiamato per salire in barca per il pranzo, un velo di tristezza sia sceso sul mio volto. Jorge mi assicura che nel pomeriggio avrò ancora la possibilità di nuotare con questi splendidi uccelli, mi rinfranca molto questa nuova possibilità.

Mangiamo un ottimo pranzo e poi abbiamo ancora un'ora e mezza di riposo prima di scendere a terra: oltre ad un secondo snorkelling, nel pomeriggio visiteremo Sullivan Bay.

 

Alle due e mezza siamo di nuovo sui gommoni da sbarco della Yolita II. La Sullivan Bay si trova sulla costa orientale dell'isola di Santiago. In questa baia un'immensa colata di lava nera si è solidificata, circa un secolo fa, in uno strato che arriva fino al mare. Il percorso permette di ammirare formazioni vulcaniche ancora intatte come le bolle di lava e i buchi lasciati dai tronchi d'albero prima di ridursi completamente in cenere. Mi colpisce molto il contrasto di colore tra il nero pece della lava e i rossi carapace dei granchi Grapsus Grapsus che scorrazzano veloci su questa distesa lavica. La camminata dura circa un'ora e mezza, è molto bella ma io voglio rivedere i pinguini!

Alle quattro siamo di nuovo in acqua. Il gruppo prima di noi ha nuotato per parecchio tempo con una coppia di pinguini, finalmente ora tocca a noi. Mi tuffo per primo e raggiungo velocemente il luogo dove sono stati visti la coppia di uccelli. Ci rimango male, non c'è più loro traccia. Li cerco disperatamente per un'ora nuotando avanti ed indietro per diverse centinaia di metri. Vedo: tartarughe, aquile di mare, pesci pappagallo ma di pinguini neanche l'ombra. Risalgo sulla Yolita II molto triste e con la consapevolezza che nella mia vita sarà veramente difficile nuotare ancora un'altra volta con questi stupendi animali. Sigh Sigh!....almeno lo posso e lo potrò raccontare...questo mi rinfranca...(forse!)

 

 
 
 
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