Creato da peripateticoseduto il 28/11/2009
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Il Malaspina non poteva non essere una tappa forzata...

Post n°6 pubblicato il 03 Dicembre 2009 da peripateticoseduto

Era inverno inoltrato a Terranova di Sicilia, una città totalmente abusiva costruita praticamente sul mare e sul terreno argilloso senza alcuna rispetto delle norme vigenti sulla sicurezza e sull'ambiente. Il freddo non era secco come quello del nord, si viveva bene riparati nei cortili, un pò meno se si lavorava «con il mare»,il vento umido del canale di Sicilia tagliava i volti dei pescatori che ogni tramonto uscivano in cerca di quella pescata in grado di cambiare il tenore di vita della propria famiglia, ma ormai la raffineria ha lasciato poco a questa gente, molto poco e bisogna spingersi fino al largo con delle barche molto simili alla provvidenza dei Malavoglia. Spesso e volentieri questi uomini non fanno alcun ritorno a casa vuoi per qualche rapimento da parte di alcuni bastimenti tunisini o vuoi per qualche tragedia che solitamente restituisce i corpi delle vittime alle famiglie dopo qualche giorno quasi come se il mare volesse vendicarsi del torto subito.
Mirco trascorreva il suo inverno studiando ( non dimentichiamo che il nostro protagonista è anomalo gli piace la vita da gangster ma ama anche prendersi le dovute soddisfazioni a scuola quasi fosse un misto di vivacità, genio e sregolatezza) e spacciando al suo solito posto. Di tanto in tanto continuava a commettere qualche omicidio o qualche avvertimento particolare per conto del suo capo, Orazio, che per lui era quasi una divinità.
Mirco era diventato anche esperto nel tagliare le dosi, aveva rubato in un piccolo negozio di elettrodomestici un frullatore e una bilancia elettrica molto sensibile, riusciva a pesare all'ordine del grammo. Si era procurato della calce e del borotalco e cercava spesso di mixare tutto per andare al massimo del guadagno senza lasciare il proprio «cliente» insoddisfatto, in più per aumentare la produzione di fumo aveva inventato un metodo tutto suo. Aveva preso la panetta da 200 grammi,  una bacinella riempita con del latte e del lucido nero per le scarpe, vi immerse il fumo e lo lasciò per un paio di orette fino a quando si accorse che il nuovo spessore l'aveva soddisfatto.
Tutti questi accorgimenti volevano dire parecchi soldi in più che lo stesso Mirco intascava e investiva in una sua passione particolare la musica. Ebbene si la musica, il suo sogno era quello di diventare un bravissimo chitarrista ma sapeva bene che gli servivano parecchi soldi per realizzare questo suo desiderio e i suoi genitori non potevano di certo esaudirglielo.
Quel 19 gennaio era veramente una serata molto fredda, Mirco era turbato perchè aveva venduto delle dosi a delle persone che non aveva mai visto e che avevano una cadenza molto diversa da quella tipica di Terranova di Sicilia. Si era accorto che anche i clienti erano meno , c'era qualcosa che non andava era come se qualcuno si fosse accorto che lo stessero spiando molto da vicino. Il nostro protagonista cominciò a pensare che era meglio che la giornata si concludesse in anticipo,  infilò nei solchi i suoi piccolo palmi per recuperare il materiale quando all'improvviso una moto endurò blu , un tenerè 600, con due bestioni sopra accostò. Mirco era di spalle, si voltò molto lentamente e fissò i tizi che indossavano due caschi scuri. La persona che stava dietro scese, ferrò il polso del nostro giovane spacciatore con una forza tale che la mano si aprì da sola facendo cadere a terra diversi involucri di roba. L'altro mise in cavalletto l'enorme moto blu, prese il materiale da terra e riconobbe subito l'eroina ed esordì: «E pravo o guaglione», erano poliziotti in borghese, Falchi per la precisione arrivati dal vicino capuologo etneo per dare man forte ai colleghi. Mirco provò a dimenarsi ma in meno di un minuto arrivò una volante, lo sbirro che lo teneva per il polso lo sollevò con una mano quasi fosse una busta di surgelati e lo gettò dentro la macchina e ordinò ai suoi colleghi di portarlo in centrale che sarebbero arrivati molto presto.
Il nostro protagonista in meno di 5 minuti si trovò in una stanza larga e fredda con i due omaccioni che finalmente avevano un volto, erano un napoletano ed un pugliese. Partirono con le solite domande : «Chi ti ha dato questa roba?» e Mirco con viso da impavido disse: «Nessuno, le ho trovate alla villa Garibaldi, sapevo che potevano fruttare e ho cominciato a venderle». Il pugliese non aspettò nemmeno un secondo e gli mollò un ceffone assurdo, il napoletano ripetè la domanda ma l'esito fu lo stesso, appena il pugliese stava per partire con il secondo colpo il napoletano lo fermò dicendo : «Attento, è minorenne» . Poi lo fissò e con calma gli disse : «Benissimo  Mirco, non vuoi parlare? Ok adesso ti facciamo filare subito al Malaspina a Caltanissetta e lì saranno risate, chiuditi per benino il culo perchè è difficile che i visi puliti ne escono illibati...  » passarono un paio di secondi : «Dimenticavo... Ti tocca una chiamata ai tuoi..Buona fortuna».

E fu così che per il giovane e baldo Mirco si aprirono le porte del carcere...

 

 
 
 

Un attentato da manuale.

Post n°5 pubblicato il 02 Dicembre 2009 da peripateticoseduto

La banda ormai viveva tra gli agi e i colpi quasi come fosse una holding dedita al servizio di questo o di quell'altro cliente. I giorni passavano anzi volavano a Terranova di Sicilia, i morti erano sempre lì, per terra ricolmi di sangue. Non c'era differenza tra boss o gregario, tutti venivano colpiti da incontrollate schegge impazzite che per qualche centinaia di migliaia di lire erano in grado di porre fine alla vita di un essere umano. La permeabilità del tessuto criminale e mafioso terranovese nei confronti dei minorenni era notevole, un ragazzino non veniva mai considerato un papabile sicario e anche le forze dell'ordine snobbavano la minaccia.
I giorni che seguirono l'omicidio di Gnaziu furono tranquilli, i membri della gang si erano dati ai soliti furti, ai soliti scippi e alla vendita di roba, era quasi trascorsa una settimana dal fattaccio. Il venerdì ,dopo la ricreazione Orazio chiamò a se Mirco e gli disse: «Ammu a fari un colpo assurdo, tutti si dovrannu riurdare di sto gesto preparati stasira, alle 9 ti vogghiu o garage». Mirco praticamente fuggì di casa e arrivò puntuale all'appuntamento. Orazio aspettò che entrasse, lo fece accomodare in mezzo ad altri due membri più grandi, Gaspare e Totuccio e gli disse : «Stanotte ammu a fari savutare una farmacia ca non sta pagando dei nostri amici e iddi ci hanno incaricato di fare questo. Non dobbiamo mettere una bomba qualsiasi, non dobbiamo incendiare nulla ma dobbiamo lasciare un segno tangibile della nostra presenza, una firma ca tutti l'atri se la dovranno ricordare... » Orazio attese due secondi, quasi come se volesse prender fiato, guardò Gaspare e poi disse: «La vedete quella ritmo blu? Bene, è rubata e sarà la nostra arma, pigghiammo si biruna di benzina, i taccammu do cofano e poi iccammu a machina intra u negozio». Mirco immaginò la scena, pensò a qualcosa direttamente proporzionale alla violenza degli attentati in medio oriente e iniziò a galvanizzarsi anche perchè sapeva che tra gli esecutori c'era proprio lui e questo era quasi un vanto.
Terranova di Sicilia si svuota molto presto, già alle 20 le strade diventano deserte perchè c'è un tacito coprifuoco dettato dalla guerra di mafia, solo chi appartiente ad uno dei due schieramenti gira per la città cercando di proteggere il proprio o i propri boss.
Si eran fatte le 23, i ragazzi uscirono, Oraziò ( neanche quindicenne ) accese la macchina e portò con se Mirco invece ordinò a Gaspare e Totuccio di stargli dietro con le moto enduro e di tirare a se gli sbirri qualora si trovassero sotto inseguimento. Percorsero qualche centinaio di metri e arrivarono in una delle traverse della strada principale di Terranova di Sicilia. La farmacia era proprio in fondo a questa traversa e la strada era leggermente in discesa, i due si fermarono all'inizio dell'incrocio, Orazio disse a Mirco di prendere il pezzo di ferro a doppio uncino (uno per estremità) che era sotto il suo sedile e di fissarlo tra uno dei pedali e il manubrio dopo il suo segnale, Gaspare e Totuccio avevano già attaccato i bidoni colmi di benzina con dello scotch da imballaggio.
Orazio guardò Mirco, riaccese nuovamente la macchina, diede una leggerissima accelerata ,mise in folle e gridò : «Adesso!!» , il giovane pupillo prese il bastone ( intanto la macchina aveva già preso una discreta velocità ) attaccò la prima estremità al manubrio, poi si chinò dove si trovavano i piedi del suo capetto e fissò pure l'ultimo uncino al pedale del freno, avvitò il bastone al centro fissando per benino la misura in modo che non si potesse più sterzare. Orazio accortosi che l'operazione era andata a buon fine gridò : «Amuninni , ieccati fora..» . I due si gettaro quasi fossero due stuntman, rotolarono su se stessi a più non posso e si fermarono grazie ai marciapiedi ai bordi della strada, dopo una decina di secondi la macchina a velocità sostenuta andò a disintegrarsi contro la saracinesca del negozio. Il boato fu enorme e dopo qualche microsecondo si levarono due lingue di fuoco altissime che sfioravano il balcone del terzo piano della palazzina.
L'operazione era veramente riuscita, i quattro scapparono in sella alle due moto contenti del loro gesto quasi come avessero vinto un mondiale o comunque un torneo di importanza internazionale e si diressero a festeggiare nell'unica pizzeria che restava aperta a qualsiasi ora del giorno e della notte , la pizzeria FANTASY.

Mirco tutto rosso e felice provava piacere solo quando si sentiva l'asso di picche del suo capo.

 

 

 
 
 

Le pistole non tardano mai ad arrivare

Post n°4 pubblicato il 01 Dicembre 2009 da peripateticoseduto

Gli affari andavano veramente bene per la banda di Orazio, la droga e i «lavoretti» fruttavano tantissimo. I soldi entravano a palate e andavano investiti per benino perchè in quegli anni la guerra di mafia impazzava per le strade di Terranova di Sicilia. Stidda e Cosa Nostra avevano lasciato già un centinaio di persone sommerse di sangue e il concetto di Killer minorenne a pagamento per depistare gli investigatori cominciava a solleticare i mandanti per salvare e far muovere meglio i propri latitanti e i propri sicari. Orazio aveva intuito tutto, trovò una campagna abbandonata alle porte della città e con alcuni motorini quotidianamente portava i suoi subalterni ad allenarsi al tiro a segno. Le armi erano state comprate grazie alle conoscenze e ormai anche grazie ai soldi non erano nemmeno poche. Arrivarono perfino delle bombe che servivano per far saltare in aria automobili e negozi, ormai il messaggio era chiaro: «Si sta con chi ci paga perchè siamo dei mercenari pronti a tutto». Mirco aveva la sua beretta personale con matricola abrasa e una cinquantina di munizioni, aveva perfino la sua fondina e teneva la pistola sempre con il colpo in canna anche perchè sapeva benissimo che la posizione che utilizzava per vendere la roba era particolarmente ambita.
Una fredda mattina di quel dicembre Orazio incontrò Mirco prima dell'ingresso a scuola e gli chiese di seguirlo. Salirono su una FIAT Uno turbo rossa, percorsero tutto il centro storico e poi di brutto giù verso il lungomare, durante la discesa il conducente sterzò di colpo sulla destra sbucando nel bel mezzo di un canneto nascosto.
Nei posti anteriori stavano sedute due persone sui trentanni, una veramente brutta e bassa con i capelli neri corti e ondulati portati tutti indietro con una gelatina di scadente fattura mentre l'altro ( il conducente ) aveva dei capelli castano chiaro, un pò lunghetti sopra mentre ai lati un taglio netto a zero con il rasoio elettrico. Il moro sembrava il capo della situazione, si voltò lentamente quasi fosse affetto da un terribile torcicollo, fissò Orazio e gli disse : « Stasira ate a mmazzari a  'Gnaziu, ma raccumannu u travagghiu a gghiessere pulito e itivinni subito e vostri posta pirchi nuddu a pinsari a nenti.» Orazio quasi fosse pure lui una persona adulta accese una sigaretta, la pose sulla parte destra del labbro e disse : « Si ma parrammu di piccioli, io parrini ca cantunu missa senza sordi unni canusciu» . Il signore dai capelli neri sorrise, guardò il suo amico , aprì il bauletto prese la pistola e la puntò sotto il mento di Orazio : « Nun si parra mai di piccioli, tu fai u travagghiu e poi ni viremmu.». Orazio impassibile quasi come se fosse abituato ad avere una pistola puntata rispose : «Mezza parola». Il moro tolse la pistola dal mento, lo guardò, sorrise e poi disse al conducente : «Lassammuli a scola». Partirono sgommando e in meno di un minuto erano già dinanzi l'istituto. Orazio non entrò e disse a Mirco : «Ni viremmu o garage e tri, puntuale».
Era già pomeriggio, il nostro protagonista entrò lentamente alzando la saracinesca già per tre quarti abbassata e la riposizionò, una voce dal buio si alzò : «Chiurila tutta». Chiusa la saracinesca si accese la luce e Mirco trovo' una moto enduro che avevano rubato qualche giorno prima e una pistola messa a lucido, una di quelle che vedi nei film in mano agli sbirri federali americani. I due studiarono il piano nei minimi particolari, andarono a fare una partita a biliardo, presero un caffè, tornarono nel garage e partirono.
Orazio portava la moto,caricava e scaricava quelle marce quasi fosse un pilota di motocross, prendeva le strade più malfamate dove c'era meno possibilità di beccare fastidi e maggiore possibilità di via di fuge. Arrivarono in una via abbastanza grande nei pressi del centro storico, passarono la prima volta e poi una volta ancora fino a quando non notarono la motoape di  'Gnaziu. Era solo e stava vendendo patate, ovviamente sapevano che era solo un lavoro di copertura perchè quel personaggio non contava poco. Oraziò partì a tutto gas quasi fosse scattato il semaforo verde durante un gran premio, si fermò dinanzi il mezzo e Mirco con una celerità e una sicurezza di un sicario gli puntò la pistola e lo colpì in pieno petto, non contento scese dalla moto, alzo la visiera del casco integrale che indossava e sparò due colpi sul capo per assicurarsi che fosse morto. Salì sulla moto con una calma sovrumana quasi non fosse accaduto nulla e si dileguarono. Ritornarono nel garage e posarono tutto. Orazio fece i complimenti a Mirco e gli mollò uno schiaffo leggero un pò come fa un fantino con il suo cavallo immediatamente dopo aver vinto una gara. Lo guardò per un secondo per vedere se tremava e dopo aver capito che il suo piccolo pupillo aveva le palle gli disse : «Amuninni, c'è la pizza ca ni spetta».

Mirco aveva provato l'ebrezza di uccidere una persona, di essere un killer.

 

 
 
 

Scegliere di non scegliere la vita

Post n°3 pubblicato il 30 Novembre 2009 da peripateticoseduto

Erano passate alcune settimane dal fattaccio della latrina e Mirco era di fatto un membro della banda di Orazio, ma non uno qualsiasi bensì un personaggio di spicco che si era già macchiato di colpi importanti considerata la banale età di undici anni. In pochissimi giorni aveva rubato diverse autoradio, aveva eseguito una decina di scippi, aveva rubato un ciclomotore ed aveva consegnato una pistola ad un latitante che doveva migrare verso il nord perchè ormai la guerra di mafia era in pieno svolgimento.
Il giovane Mirco si era accorto che il suo boss stava per preparare una nuova attività e il giro dei volti che di volta in volta apparivano era veramente preoccupante, aveva notato che i nuovi affari avrebbero portato parecchi soldi nella cassa della sua nuova banda. Il suo capoccia lo aveva avvertito che presto sarebbe stato chiamato in disparte per chiarire alcune cose.
Un tranquillo pomeriggio come gli altri ,dentro il garage di un certo Totuccio, Orazio prima di dividere i compiti disse : «Mircuzzu, passa cu mia i ca banna ca ta parrari» , lui scattò sull'attenti e seguì il suo leader senza fiatare, andarono in un piccolo stanzino ricavato mediante una tendina. Orazio uscì un paccò, lo scartò e mostrò il contenuto al giovane picciotto : « U sai che è sta cosa?» , Mirco rispose attendendo sempre il suo solito attimo e fissando il suo interlocutore : «No, mai vista..». Ad Orazio si disegnò uno strano ghigno sul viso, fissò il suo giovane pupillo, strinse i suoi occhi quasi fino ad ingrottarli e disse: « Beddu miu chista è droga, rriuvau u mumento di passare e cose serie, Totuccio ti 'drevierà o bonu o nenti e dumani sira ti ni vai a matrici a fari sordi».  Mirco sorrise e tutto eccitato rispose : «Non ci sono problemi».
Totuccio aveva spiegato a Mirco per benino la differenza tra l'eroina, il fumo e l'erba. Aveva fatto capire come erano differenti gli orari a seconda del tipo di droga o cliente  e dove andava poggiata in modo da non farsi beccare dagli sbirri. L'indomani alle cinque del pomeriggio Mirco si recò di fianco al duomo (a matrici), divise a collinette le droge e le mise dietro tre diversi solchi sul muro che solo un polso sottile come il suo poteva addentrarvi. Dopo i primi due minuti un signore sui cinquanta tutto spogliato lo guarda e gli fa vedere trenta milalire, Mirco capisce al volo che si trattava di un tossico e prese il corrispettivo in eroina e glielo rifilò. In meno di quattro ore aveva fatto quasi un milione di lire e aveva venduto praticamente tutto.
Al suo rientro Orazio gli chiese l'esito quasi come un padre si informa del risultato del primo giorno di scuola del figlio, la cosa particolare che lasciò gli altri componenti della banda sbigottiti era il fatto che il loro capo non aveva mai chiesto a nessuno come era andata perchè lui in fondo avrebbe saputo tutto, lui sapeva tutto. La serata era andata veramente bene. Orazio cacciò via gli altri, stacco un ciuffo di erba da un contenitore «personale» , lo sbriciolò, gli aggiunse del tabacco sfilandolo da una sua Lucky Strike ruotandola per benino tra i polpastrelli del pollice e dell'indice e con il filtro rivolto dalla parte opposta della cartina.  Prese un cartoncino, lo arrotolò e lo inserì nella parte destra del suo «taizzaniello», leccò la parte adesiva e fece fare solo un giro completo al suo preparato, passò un dito e bruciò tutta la parte in più di carta che era rimasta fuori. Accese la sua signorina con il suo solito gesto da divo e iniziò a fumare, dopo alcuni tiri la passò a Mirco che con estrema curiosità comincio a tirare cercando di non rovinare quella effimera opera d'arte. Dopo alcuni minuti non restò più nulla da fumare, Orazio si alzò e salutò il suo giovane picciotto andandosene silenziosamente. Il nostro protagonista inizialmente era diffidente sugli effetti poi cominciò a patire una piacevole tachicardia, euforico come non mai decise di andare a trovare i suoi amici in sala giochi.

Mirco da quel giorno capì che forse era meglio decidere di non vivere la vita.

 

 
 
 

Dio vive nei bagni.

Post n°2 pubblicato il 29 Novembre 2009 da peripateticoseduto

Orazio accese la sua quinta sigaretta mattutina con una sicurezza tale da ricevere tutte le attenzioni della gente che in quel momento si trovava in quel bagno. Il suo ingresso e il suo quotidiano gesto erano paragonabili all'entrata di una prima donna in un gran spettacolo di gala, in fondo qualsiasi toilette di ogni scuola «disagiata» è come un regno a se dove il più forte è in grado di dettare legge per poi farla riconoscere anche al di fuodi di quelle mura.
Orazio continuava a buttare fumo quasi fosse una ciminiera, non aveva ancora terminato la sua bionda quando all'improvviso un ragazzone spinse con un calcio in culo un ragazzetto fin quasi dentro la tazza del primo vespasiano. Tutti scapparono perchè quella era zona privata e sapevano che le risse portavano male. Il ragazzetto si alzò con un balzo e offrì un calcio al suo sfidante, questo però con un banale movimento dell'avambraccio lo fece cadere quasi come in estate si muove un braccio per scacciare una zanzara dal nostro spazio circostante. La rabbia della caduta e il viscidume che c'era per terra fece innervosire il minuto e gracile ragazzetto il quale partì con un balzo, alzò la gamba e con la suola dello stivalone CULT fece pressione sulla pancia della ( per lui ) montagna umana, appena si accorse che il suo nemico stava provando a controllare la sua mossa partì con una serie di pugni sul volto facendolo cadere all'indietro quasi fosse un sacco di terra.
Orazio non era per nulla infastidito anzi guardò curioso la scena e poi impose che venissero separati. Si fece portare il più piccolo dei due e gli chiese : «Comu ti chiami?» il ragazzetto con il fiatone e l'adrenalina a tremila temporeggiò un paio di secondi, un pò come il furbo prova ad attendere prima di non dare risposte avventate, e rispose: « Mirco mi chiamo .».
Orazio era più grande di lui di almeno tre anni e nella scuola ormai era una storta di istituzione, alcuni professori parlavano con lui quando ai figli rubavano un motorino o quando ad un parente facevano uno scippo. La gente lo temeva perchè sapeva essere la legge e perchè la famiglia che aveva intorno non aveva di certo una nomea migliore della sua.
Il giovane boss accarezzò i capelli di Mirco, aprì il suo pacco di Lucky Strike e gli disse: « Pigghiti sti tri sigarette, fumitille pi 'mparari pirchì a quarta ta fumi cu mia dumani cà.» . Il nostro protagonista si era accorto che era entrato nelle grazie di Orazio e scappò in palestra a fumarsi le sigarette. La prima fu una tragedia, la seconda un vero dramma, la terza invece fu la svolta. Si prese di coraggio e decise di anticipare i tempi, andò di corsa verso il bagno, guardò Orazio e gli disse: « Pi mia na putemmu fumari macari ora!!!», il giovane capoccia sapeva già che sarebbe tornato in netto anticipo, gli offrì una sigaretta, accese la sua e fumarono insieme e a termine di tutto lo invitò a passare più spesso dal suo ufficio, ovvero il bagno.

Mirco aveva capito che era il preferito di Dio, del suo Dio ed era pronto a chiedergli tutto quello che voleva...

 

 
 
 
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