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Un blog creato da sara_1971 il 13/07/2007

S_CAROGNE

Avvertenze: questo è un blog, bipolare come i più comuni disturbi dell'umore

 
 

Sara

 

AREA PERSONALE

 
 

Vecchio Paz

Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...

 

Cuor di Carogna

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Diario di una gravida

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Ma

Post n°791 pubblicato il 02 Marzo 2016 da sara_1971

Ma qualcuno mi spiega perché Vendola sia andato fino in Indonesia quando c'ero io qui disponibile? Tra l'altro con Ed avremmo potuto far tutto al naturale visto quanto è figo. 

 

 

 
 
 

Breaking ago

Post n°790 pubblicato il 02 Gennaio 2016 da sara_1971

Cinquemilacentododici giorni. 
Mentre all'improvviso le Torri crollavano altrettanto inaspettatamente tornavamo insieme. Che strano: il mondo cedeva sotto il peso della sua provvisoria vanità e noi per la prima volta ci davamo una certezza. 
Di quel giorno ricordo lo sferragliare delle chiavi nel tornare a casa insieme e il tuo pacchetto di cancerose sul tavolo dell'ingresso. E poi la televisione... un cinebrivido che non ci avrebbe più abbandonati. 
Forse l'avrei dovuto capire già da allora che tutta quella felicità tra cotanto dolore fosse quantomeno inopportuna, ma trascurai l'avvertimento. 
La verità è che il pianto più antico nella storia dell'uomo è quello fatto su se stessi, perciò tremila morti non ne fanno uno solo. 
Nella fattispecie tu, qualche tempo dopo. 
E di nuovo tutti quei flash flash flash delle fotografie. Guarda un po' il cinebrivido era passato dall'altra parte.
Il mondo cercava di ricostruire e io pure: quante cene passate a fotografare l'intero menù come alternativa al creare piacevoli conversazioni. Come se fosse poi possibile ricostruire per davvero.
Il fatto è che la vita non è quella vissuta ma quella che si ricorda. Allora sarai contento di sapere che sei un po' come l'ultima nota della quinta sinfonia: risuoni ancora nonostante. 
E anche adesso, che mi sembra di stare un piccolopoco meglio, sono sempre su un planetario a guardare le macerie. L'amore, d'altronde, ha la forza di portarti in qualsiasi posto: dipende da quanto sei inerte. Un po' come l'odio, insomma.

 
 
 

Omnia

Post n°789 pubblicato il 17 Luglio 2015 da sara_1971

Da quando stiamo insieme non mangio più scatolette. Negli ultimi due anni ne avrò aperte sì e no due, prima era una cosa quotidiana. Mi lavo i denti tutte le sere, gioco meno alla Playstation e non mi addormento più sul divano. Fumo meno sigarette, comunque troppe ma meno, e non mi faccio più tante canne. Passo poco tempo a leggere cazzate sul computer, bevo meno caffè, di certo più birra: Mi prendo poche sbronze, e spesso me le prendo con te Non lascio più i vestiti ammassati a terra fino al punto di non ritorno e ho smesso di mangiare i Ringo a letto. Cucino meglio, leggo di più, sono meno autoreferenziale, meno testardo, meno arrogante, meno sicuro di me,probabilmente ancora troppo. Ho imparato a capire per quali persone vale la pena sbattermi e per quali no. Faccio più cose di quelle che facevo prima – lavorare, uscire, spaccarmi e scrivere – e sono infinitamente meno instabile e disordinato; sono più sicuro dell’idea che ho su come vivere questa cazzo di vita. Ho perfino imparato un po’ a stirare.

C'ho anche provato a dimenticarti ma non è servito stare solo, non è servito stare insieme ad un'altra, la verità è che non è servito niente. Che poi, voglio dire, magari fosse bastata qualche settimana di astinenza sessuale per capire tutto quello che devo cambiare in me stesso: a volte ho raggiunto anche il quadrimestre senza beneficiarne in termini introspettivi, anzi.

Ho passato una vita ad infuriare insieme alla bufera, e adesso che penso solo alle cose semplici non so più nemmeno che tempo faccia là fuori.

Tutto può, basta che tu ci creda. E io ci credo, anche se scivolo ogni tanto.

Ci sono innumerevoli palline che potrei far scivolare su questo piano,ma l’unica cosa che conta e che rende il cerchio più rotondo di quello che Giotto abbia mai disegnato è che ogni sera torno a casa e infilo le chiavi nella porta sperando che tu ci sia, anche se ho già visto le serrande abbassate sul balcone. 

 
 
 

What seest thou else In the dark backward and abysm of time?

Post n°788 pubblicato il 13 Maggio 2015 da sara_1971

Ogni momento finisce dissolto presto o tardi, lo so che è questo che pensi, e come tutto sembri nulla una volta terminato, di quanto poco resti traccia soprattutto se non si ripete più. E come darti torto?I baci di quello che va via sulla porta di quello che rimane, la prima volta andata perduta subito, travolta dai mesi che la seguiranno, quella vicinanza così consolatoria (toccare consola, la mano del medico, la mano sulla fronte).

Ma tutto questo scorrere, sebbene condannato inesorabilmente a viaggiare verso il suo stesso svanire, per altri (per me!) non sarebbe stato motivo sufficiente per tornare indietro sui propri passi, o nei propri letti, uno disfatto e l'altro intatto.

Avrei firmato a cuor leggero un per sempre (e me ne sarei pentita: l'hai detto tu, tu che metti in guardia gli altri al pari di te stesso) piuttosto che star lì a puntualizzare le clausole di un contratto.

Non so se finirà come la vedo io,perché perfino il tempo che rifiuta di passare alla fine passa e se lo porta via lo scarico. 

Però sebbene tutto si deformi man mano che passano i giorni -tutta quella materia incerta, sfumata che avremmo anche scelto, ma che siamo stati ben lontani dall’aver ottenuto -alcune cose trascinano le altre pur ignorandosi tra loro, e continuano a far sentire ogni rovescio, ogni passo non compiuto della vita spezzata che avremmo voluto nostra e in cui, nonostante tutto, non riusciamo a smettere di confidare.

 
 
 

Addio alle armi (the end)

Post n°787 pubblicato il 03 Maggio 2015 da erbavoglio_70

E poi anche quell'aspetto del tatto, del garbo. Davvero è così importante? L'essenza della cosa non cambia, l'irreversibilità di cui sopra resterà tale, per cui il fatto che voi avreste gestito diversamente il timone poco importa. E poi, con questa mania della gentilezza, delle buone maniere, non incantate nessuno: non siete certo immuni dal peccato.

Concesso: ora parliamo di amore, che invero era stato Amore, e non solo, parliamo di tempo, che era stato Tempo, e lo avete sottratto ai vivi e ai morti in nome della follia, giacché non è mai stata – lo vedete che siete folli? - vostra intenzione costruire nulla di concreto con l'altro, laddove concreto non è (ma che scuole avete fatto?!) stabilire un legame unico, eterno, senza riserve, segreti, obblighi, morale, scavando nella propria carne e nel proprio animo fino a trovare, pur conservando tutti gli odori e le immagini pregresse, l'armonia.

Ed ecco che di nuovo torna il passato. Sempre lo stesso errore. È stato. Non è più. Basta. Andare avanti è l'unica possibilità. Qualcuno lungo il cammino si incontra. Non è questo un posto per le cose definitive.

Ora, le storie d'amore si basano sul concetto di unicità: l'altro è in grado di suscitare in noi una determinata modalità (quella adatta al momento) di sentimenti, emozioni, sensazioni. È, in questo almeno, unico. E intorno a questa sua capacità, che dio sa quanto vorremmo appartenesse a persone più alla nostra portata, più semplici, che la vita ci ha destinato, costruiamo una storia, fatta sì delle abitudini simili a quelle della volpe, ma anche di unici modi di toccarsi di ridere di aspettarsi di cercarsi. Ora, depauperando il rapporto di tale unicità, dicendo “Non mi servi per vivere, so fare a meno di te”, il gioco di specchi e di coincidenze è distrutto. Eravamo così annoiati da concedere ad un altro essere umano di infiltrarsi nella nostra esistenza e di renderla più amena, poi sono subentrate le comode ripetizioni digesti e parole, l'impossibilità di provare ogni giorno emozioni diverse, e la appagante sensazione di essere importanti. A volte, nelle storie d'amore vere, ci si spaventa anche un po'. Perché si sperimentano abissi sconosciuti e si prova un senso di appartenenza tale che sentire l'odore del culo di un'altra persona è come tornare nel grembo materno. Accettiamo anche i difetti che ad altri non perdoneremmo. Questo, in genere, non dura per sempre.

Ma quando lasciamo una persona, lo sappiamo che la stiamo uccidendo? Come simbolo, come essere in grado di emanare luce e unicità. Non la amate più, potete vivere senza di lei, eppure è la stessa persona di prima, di prima che il processo – anch'esso meraviglioso e unico - si innescasse e vi conducesse a pensare che lei è una persona che si può anche perdere di vista.

Si dovrebbe aver cura di quelli che abbiamo amato, anche perché si dovrebbe ricordare che per alcuni l'amore non è convolare a giuste nozze, bensì sentirsi protetti. (Questo capita spesso quando si è avuto un rapporto difficile con la propria madre, e questo è ancor più grave quando esso tende a restare irrisolto.) E allora? Mi lasci qui ad affrontare le giornate da sola, incurante di quello che provo? Beh, io sono una bambina, ma tu sei un mostro.

Per coerenza ti donerò unicità, un trattamento unico in questo commiato. Rispettando le tue volontà, non saprai come mi staccherò da te, poiché non vuoi sapere, non credi sia opportuno, non hai forse tempo, o sai già tutto o - peggio ancora -scorgi ipocrisia. Dal canto mio, qualcosa dovrò pur fare, giacché non so proprio liquidare qualcosa, figurati qualcuno, senza doveroso rito funebre, tanto più solenne quanto più profondo è stato il sentimento. Adoro le tradizioni, ad un inizio si addice una fine. La costruirò e serberò per me. Forse un giorno non sarà più così importante. D'altro canto, sapessi quanto tempo ho sprecato a sognare nei dettagli il mio abito bianco! L'errore, allora, era pensare che il bianco esistesse. Oggi quello di pensare che, una volta superatala soglia dell'indecenza, ci fosse singolarità. Eh sì: con tutto quello che sai di me, con tutto quello che hai toccato di me, non meriti vendetta – altrimenti bestemmierei sul mio stesso sangue –ma solo il dolore del distacco definitivo, quello che si riserva ai morti.

Bello avere (più di) quarant'anni. Come vedi non inveisco, non ti maledico, non predico un futuro felice lontana da te. No, nulla di tutto questo. Semplicemente, mi organizzo: molte cose belle si possono ancora fare.



 
 
 
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