Creato da terrarte1 il 02/10/2006

TERRARTE

CULTURA A TARANTO

 

 

LETTERA ALLA CITTA’ DI TARANTO

Post n°1 pubblicato il 02 Ottobre 2006 da terrarte1
Foto di terrarte1

 

Questa lettera, vuole aprire una visuale che non è né critica né consigliera: è una riflessione, non solo nel senso in cui potrebbe definirsi questo sostantivo, ma soprattutto in quanto mira a ricordare percorsi o orientamenti, in una via non troppo battuta del pensiero speculativo e frequente di tratti controversi. La concezione ispiratrice di questa lettera probabilmente non tornerà gradita né agli empirici, né ai teorici. Sono desolato ma non è possibile diversamente. E’ mio intento sottrarre i problemi della città di Taranto alla trivialità dei nuovi metodi politici, così come alle infinite infeconde discussioni di chi li prende per campo delle proprie esercitazioni dialettiche, molte volte estranee ai reali problemi e, talvolta, anche all’interesse proprio della città.

Un pulviscolo di pareri e suggerimenti malamente cementati fra loro non costituirà mai una crescita, né basterà il rivestimento di formule più o meno peregrine a conferire valore a percorsi stabili, a compilazioni rapsodiche.

Solo la serena disamina dei problemi e la reale implementazione di veri eventi culturali può dare alla città un saldo fondamento e assicurarle la possibilità di uno sviluppo, in cui allo slancio verso nuove conquiste economiche e commerciali corrisponda la solidità di una struttura concettuale, capace di crescere con quelle e di seguirle nelle nuove posizioni. L’oscurità e la confusione delle idee non potrà non tradursi in errori pratici. L’idea di crescita, da cui si attende miracoli, presuppone un insieme, più o meno organico, di opinioni, che è spesso un mosaico multicolore o una serie più o meno continua di compromessi, in cui si incrociano e si sovrappongono tempi e metodi che non coincidono con le esigenze reali, le quali solo attraverso princìpi chiari e dritti potrebbero arrecare quella vitalità tanto attesa, che, anche se iniziasse oggi avrebbe bisogno di decenni per stabilizzarsi, e creare quel senso di fiducia necessario a guardare avanti.

La fiducia è un valore per il singolo e per la comunità: in molti sensi. Comunque in un senso che potremmo chiamare circolare. La fiducia tocca la persona, ma ha origini sociali: niente fa eccezione a questa realtà. Sono le esigenze, gli stimoli, gli impulsi, la realtà, la concretezza, i fatti sociali che propongono e impongono le suggestioni e i comportamenti che si propongono negli individui. La precarietà del lavoro, una programmazione di crescita poco definita, una serie di traguardi poco raggiunti o non raggiunti, una cultura considerata come scarsa di efficacia pratica se non irrilevante, la salute, i giovani, sono problemi che ognuno sente irriducibilmente propri; assumendo nel più dei casi, un’ampiezza ed una portata sociale: ciascuno viene indotto a tentare le soluzioni di essi in quanto hanno delle immediate ripercussioni nei riguardi personali, come cittadino, non avvertendo il sostegno della comunità. Sembra che a Taranto governi questa preoccupazione sociale, che diventa così un’autodifesa, una difesa individuale, dove ognuno sente che i problemi dell’altro potrebbero minacciare lui stesso. E’ quindi una specie di senso di insicurezza che si è generato e consolidato al riguardo nel profondo dei più.  E il problema del senso di insicurezza pone, il problema del come ci si deve muovere in un ambiente in cui non c’è la sicurezza sociale, e di come si possa, prima di tutto, impedire il formarsi di sensi di insicurezza; del livello fino al quale esso possa costituire una frustrazione positiva in quanto stimolante alla difesa; di come si possa acquisire alla fine, un rassegnato senso di tirare a campare, in attesa di tempi migliori.  Queste riflessioni tanto facili a farsi, appaiono reali, quando portino a generare quel desiderio di chiarezza e di prospettive di carattere generale, che se non presentano fattibilità non hanno senso, in quanto tutta la città è tutta sulla tanto evocata barca comune, affondando la quale si affonda tutti, ed anche a saper nuotare, si affonda un po’ più tardi, ma si affonda comunque.

Fuori di questa visione, il problema dello sviluppo si falsa, e si falsa insieme l’aspetto educativo corrispondente: migliorare appare il problema primo, come problema dell’efficienza, quindi della possibilità di essere attivo, e produttivo, di conseguenza, nella e per la comunità stessa. Lo sviluppo si svela allora come un pubblico bene, più profondamente ancora, un bene comune. La fisionomia etica del problema della crescita di Taranto, non è un ritrovato retorico ed esortatorio, ed assume il significato di obbligo verso sé e verso coloro che sovrintendono ai percorsi tecnici e morali.

Ma non sono da trascurare i problemi di civiltà e di cultura; e dobbiamo pertanto proporci, in termini verificati, il senso e il significato di certe espressioni, collocandole nel loro determinato contesto culturale e civile, sì da coglierne l’intima valenza nel complesso delle componenti di tutta la cultura tarantina, anche agli effetti delle concezioni educative, domandandoci che valore possano contenere di fronte alle nostre tradizioni e ai nostri costumi, che avrebbero bisogno di essere sottolineati non tanto quantitativamente, ma qualitativamente.

Il chiarirsi di una visione di questo genere è condizione importante di opinione privata e opinione pubblica e, psicologicamente, ha una grande importanza preliminare come aspetto della dibattuta questione dei rapporti cittadino-sviluppo. E’ un caso del meccanismo logico dell’astrazione: considerando il quale si giunge a dire, che, più che pensare di fuggire i problemi (sperando che non capiti a me, o, i cittadini si adegueranno), di combatterli. Occorre sostituire per entrambi una mentalità passiva, rassegnataria, fatalistica, casualistica, una mentalità attiva, conoscitiva delle situazioni, tale da indurre a determinati comportamenti attivi, nella costituzionee nei dinamismi della vita, che generino e rigenerino la forza che distrugge date predisposizioni, che rende atti ad incontrare indenni quella realtà che incontrano tutti, e che è tale che, dove la volontà e costruttiva, l’incontro finisce positivamente quasi per una specie di invulnerabilità, non data magicamente ma conquista costante.

Queste dimensioni, dei cittadini di Taranto, costituiscono una linea poco equilibrata tra le esigenze socio-economiche, imprenditive e culturali: nella dinamica di questo rapporto dove è stato necessario adattarsi all’attuale socialità, che molte volte è semplice conformismo, deve trovare la capacità di staccarsi da ciò che è opportunistico, convenzionale, contingente, per giungere ad un livello di partecipazione che è caratteristicamente personale ma è insieme spinta sociale e invito alle istituzioni ad operare con responsabilità. 

 

                                                                                                            VINCENZO GIGANTE

 
 
 

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