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Ladro_di_parole più di un mese fa

dal mio romanzo post apocalittico "REFUSI"

 

Uscito fuori dalla tenda, Samuele guardò le stelle, cercando un segno che gli indicasse la via da seguire. Ma le stelle erano mute e indifferenti, come se non volessero rispondere alle sue domande. Fu allora che sentì lo scalpiccio di qualcuno che si avvicinava. Era Sor Pietro, che gli chiese di dividere un goccio di vino con lui. Samuele accettò, ma si sentiva in colpa per aver messo in discussione il suo progetto.

 

Sor Pietro lo guardò negli occhi e gli parlò con sincerità: "Mia figlia Alba è la guida di questo gruppo. Senza di lei, andrebbe via ogni speranza. Ti chiedo da uomo a uomo e da padre che sarai, di lasciarmela accanto, sia a me che agli altri". Samuele capì che Sor Pietro gli stava chiedendo di abbandonare il suo progetto, di restare e di accettare lo status quo. Ma lui non poteva accettare di vivere in una sorta di prigione dorata, dove la libertà era solo un'illusione.

 

Durante la notte, Samuele decise di lasciare il gruppo. Non passò neanche a salutare Alba, perché temeva di non avere la forza di resistere alle sue lacrime. Andò nella stanza di Sor Pietro, lo svegliò con un tocco leggero e gli disse: "Io vado via, vi lascio la mitragliatrice pesante. Qui potete riprodurre i bossoli". Poi, con le lacrime agli occhi, sparì verso l'ignoto, cercando la libertà che gli era stata negata.

La sua vita riprese dal punto in cui l'aveva lasciata, ma con lui c'era un vuoto incolmabile. Una sera, si recò in uno dei suoi rifugi segreti preferiti e sicuri sull'Isola Tiberina. Ma quella notte, non aveva voglia di ammirare l'incanto che il fiume donava. Il canto dei gabbiani e il mormorio dell'acqua sembravano risuonare nel suo animo come un suono senza fine che lo faceva sentire sempre più solo.

 

Si avvicinò ai marmi che delimitavano la parte più a nord dell'isola e prese un pezzo di carbone. Con mano tremante, iniziò a scrivere:

 

 

"Sulla solitaria isola del rimpianto, 

 

Un ricordo si annida nel mio cuore affranto.

 

Il fruscio delle foglie, il sussurro del fiume, 

 

Risvegliano il passato, l'amore che fu mai più illuso.

Accendevo un fuoco per segnalar la mia tristezza, 

Ma i naviganti non videro la mia debolezza. 

Tra le aspre piante che circondavano il nostro regno, 

Perdemmo il sonno, consumati da un amore indegno.

Ma il tempo non può cancellare ciò che fu,

 E il rimpianto si insinua nel profondo di me. 

Quell'isola, un tempo luogo di dolci sogni,

 È diventata prigione di ricordi e abbandoni.

Mi ritrovo solo, a combattere contro il vento, 

Nel silenzio dell'isola, senza alcun alimento.

 Ma se solo tu fossi qui, a scaldarmi con il tuo amore,

Il vuoto e il rimpianto svanirebbero, in un istante, nel tuo ardore.

Ma il passato è passato, e l'isola è ormai deserta, 

Resta solo il rimpianto che in me si riversa.

 Mi aggrappo a quei ricordi, malinconico e stanco,

 Sapendo che, per sempre, resteranno un ricordo lontano.

La mente gli si annebbiò, mentre il dolore interno si faceva sempre più acuto. Ma forse, pensò, quella luce che intravedeva all'orizzonte era la speranza che stava cercando. Una stella caduta prigioniera del mare, o forse solo un'altra illusione. In quel momento, gli sembrava di sentire il turbine del vento che lo avvolgeva, e piano piano si addormentò.

 

Ma quella notte, la malinconia era la sua sola compagna. E lui continuava a chiedersi se l'alba avrebbe portato con sé la pace interiore che tanto desiderava.

Un mattino di ottobre, il sole illuminava la campagna circostante con una luce dorata e il profumo dei fiori riempiva l'aria. Ma per Samuele, il ricordo di Alba pesava come un macigno sul suo cuore. Da quando l'aveva lasciata, non aveva mai smesso di pensarla e di amarla. La notte, quando tutto taceva e la solitudine lo assaliva, il suo pensiero andava a lei, alla loro storia, al loro amore.

 

Era in cerca di baratti per il suo viaggio verso sud, quando notò una colonna di fumo che si alzava in lontananza, in direzione del campo di Pietro. Il suo cuore si contrasse, temendo per la vita di Alba e degli altri. Senza esitazione, corse come un folle verso il campo.Scorse la colonna dei prigionieri del campo, scortati dai miliziani e in catene, in direzione di un campo di lavoro. Il suo cuore si strinse nel dolore, ma Samuele non si arrese. Si armò per bene nel suo rifugio e seguì la colonna, pronta a liberare Alba e gli altri prigionieri.

 

Arrivati verso Ponte Galeria, dove un tempo c'erano le cave di sabbia, si accamparono per la notte. Samuele scrutò con attenzione la disposizione del bivacco nemico, cercando di individuare le debolezze della loro sicurezza. La luce della luna illuminava il campo, ma la sua mente era concentrata solo su Alba, che aveva lottato come una leonessa per la sua libertà.

l sole stava tramontando, tingendo il cielo di una sfumatura dorata che si estendeva all'infinito. Samuele scrutava il campo dall'alto di una collina, osservando attentamente la disposizione dei soldati e delle guardie che circondavano il bivacco. Il terreno era arido e sassoso, le poche piante presenti erano bruciate dal sole e piegate dalla mancanza d'acqua.

La notte calò silenziosa sulla campagna, avvolgendo ogni cosa in un manto scuro e misterioso. La soldataglia, nella sua arroganza, non si preoccupò di disporre le guardie in maniera efficace, creando un perimetro di protezione fragile e vulnerabile. Le poche sentinelle erano mal posizionate e poco attente, senza un sistema di sicurezza adeguato a prevenire eventuali intrusi. La notte avanzò lentamente, creando un'atmosfera densa e avvolgente, interrotta solo dalle fiamme dei falò che ardevano nel campo. Il suono di risate e schiamazzi risuonava nell'aria, accompagnato dall'odore acre del fumo e del liquore che si propagava nell'aria. Samuele prese un pugno di fuliggine da un sacchetto e la spalmò sul viso e sui vestiti, mimetizzandosi con l'oscurità della notte. Si muoveva in silenzio, avvicinandosi al campo nemico con cautela e determinazione. La sua mente era concentrata sullo scopo della missione, ma allo stesso tempo non poteva evitare di sentire l'emozione dell'avventura e la tensione dell'azione imminente. La notte era il suo alleato, celando i suoi movimenti e creando un'atmosfera magica e misteriosa. Samuele avanzava verso il campo nemico, avvolto dall'oscurità e dalla solitudine, pronto a compiere la sua impresa.

 

Con passo silenzioso si avvicinò alle sentinelle, colpendole con precisione millimetrica con la sua pistola silenziata e il suo coltello affilato come una lama di rasoio. L'aria si riempì del suono metallico delle armi e dei gemiti soffocati dei soldati morenti, mentre il sangue si mescolava alla polvere.

 

Poi, finalmente, raggiunse la sua amata, trovandola ancora addormentata. La sua bellezza non era sbiadita, seppur il suo viso fosse stanco e segnato dalla sofferenza. Lei lo guardò con occhi pieni di rabbia, colpendolo con violenza al viso. Lui si difese con le braccia, cercando di proteggersi dai colpi, mentre lei gli urlava addosso.

Vattene via maledetto, le tappò con una mano la bocca e aspettò che si calmasse , poi  la sua voce si spezzò in un pianto silenzioso, mentre Samuele tagliava i legacci dei prigionieri, liberandoli dalla loro prigionia.

 

L'uomo indicò loro la strada del fiume Tevere, per fuggire nella boscaglia e nascondersi dalla vista dei soldati. Il suono dei loro passi si perse presto nella notte, lasciando Samuele solo con la sua amata.

Samuele aveva con sé la dinamite che aveva trovato in una cava abbandonata, e con determinazione si avvicinò alla tenda del comandante dei miliziani. Con un movimento deciso, accese la miccia e si allontanò rapidamente. In un'esplosione tonante, la tenda fu spazzata via, creando un boato che rimbombò in tutta l'area circostante. I soldati rimasero frastornati, incapaci di comprendere ciò che era appena accaduto.

 

Senza dar loro il tempo di riprendersi, Samuele lanciò diversi candelotti di dinamite contro i miliziani, colpendoli con precisione mortale. Il rumore delle esplosioni e dei colpi di arma da fuoco echeggiava nell'aria, mentre la luce dei fuochi illuminava il campo di battaglia. Samuele continuò a muoversi rapidamente, sfuggendo ai colpi dei soldati e infliggendo perdite notevoli alle loro file.

 

Infine, con Alba ormai troppo stremata per continuare a combattere, fuggirono verso il fiume. Samuele aveva preparato in anticipo una zattera rudimentale, costituita da due camere d'aria di camion e un tavolaccio. Caricò la donna a bordo, e con abilità guidò la zattera verso l'isola sacra di Fiumicino, cercando di evitare il porto turistico di Ostia, controllato dalle milizie.

 

Giunti a riva, si nascosero negli anfratti creati dai ruderi romani. Alba era svenuta, ferita alla gamba destra, e la sua vita era in pericolo. Samuele cercò di curarla, sistemando la ferita nel modo migliore possibile. Poi, con un gesto deciso, si allontanò per cercare medicine per aiutare la donna a sopravvivere.

 

Arrivato al mercato di Fiumicino, Samuele si trovò immerso in un mondo frenetico e caotico, dove si vendeva di tutto, dai prodotti alimentari ai beni di lusso. Gli occhi scrutavano ogni angolo del mercato alla ricerca di qualcosa che potesse aiutare Alba. Era un posto dove ogni tipo di commercio avveniva, lecito o meno, e il contrabbando era all'ordine del giorno. Il mercato aveva assunto una posizione strategica, grazie alla vicinanza sia con Maccarese, che produceva beni agricoli di prima necessità, che con il mare, dove le imbarcazioni provvedevano a pescare.

 

Samuele si sentì come travolto dal vortice del mercato, ma la sua determinazione non venne meno. Gli occhi brillavano di speranza, mentre cercava disperatamente una cura per Alba. Il rumore del mercato, le grida dei venditori, le voci dei compratori, il profumo intenso delle spezie e degli alimenti, tutto sembrava confondersi in un unico, immenso turbinio

 

Samuele si ritrovava in un molto pericoloso, dove il baratto era l'unica valuta di scambio. Nonostante questo, egli era riconosciuto da tutti i venditori, salutato con affetto e rispetto. Ma il suo sguardo era rivolto al gigante barbuto, un omaccione dall'aspetto imponente e dalla voce profonda. Sul petto del gigante si stagliava un medaglione che rappresentava un orso, un animale che solo lui poteva chiamare "orsetto mio" con affetto e tenerezza.

 

La richiesta di Samuele era urgente: bende, garze sterilizzate, antibiotici, ago e filo per ricucire punti. Il gigante rispose con una notevole disponibilità e generosità, offrendo ciò di cui Samuele aveva bisogno senza chiedere nulla in cambio. Samuele sapeva che la merce del gigante era stata sequestrata dai miliziani, forse anche dal campo di Pietro ed Alba, ma non poteva sottilizzare. Era grato per la gentilezza del gigante, che lo aveva sempre considerato un amico e un ottimo socio d'affari.

Samuele prese un pacchetto di bende e chiese: "Quanto ti devo per queste?"

 

Il gigante sorrise e rispose: "Niente, sono un regalo da un amico a un altro amico. Ti ho detto di prendere quello che ti serve."

 

Samuele fu colpito dalla gentilezza del gigante e si sentì in dovere di rispondere: "Grazie mille, non dimenticherò mai il tuo aiuto. Ma devo almeno offrirti qualcosa in cambio. Posso trovarti un po' di cibo o qualche altra cosa?"

Il gigante scosse la testa: "Non c'è bisogno, amico mio. Il piacere di aiutarti è già abbastanza per me."

Ho capito dal momento in cui ti ho visto arrivare che sei in qualche guaio, di cui non voglio sapere nulla. Ma ti aiuterò perché in passato abbiamo fatto buoni affari insieme e un vero amico si riconosce nel momento del bisogno

Ma ciò che colpì Samuele profondamente fu lo sguardo del gigante: un misto di tenerezza quasi paterna e di comprensione, che sembrava penetrare nel suo cuore e nelle sue disperate necessità. Senza chiedere spiegazioni, il gigante gli concesse di prendere i medicinali e le bende  con un gesto generoso e altruista che colpì Samuele nel profondo dell'anima.

In quel mondo dove il baratto e la violenza sembravano essere la norma, il gesto del gigante rappresentò una luce di speranza, una prova che ancora esisteva della bontà e della generosità umana. Samuele non poté fare a meno di sentire un profondo senso di gratitudine e di rinnovata fiducia nel prossimo, di fronte a quella scena che sembrava uscita da un sogno.

Samuele annuì, commosso dalle parole del gigante. "Grazie ancora", disse, prima di girarsi per andarsene.

 

"Mantieni la testa alta", disse il gigante, sorridendo. "E se hai bisogno di qualcos'altro, non esitare a venire da me."

Samuele afferrò con decisione gli strumenti medici e si incamminò verso il rifugio in cui si nascondeva Alba, con il cuore che gli batteva all'impazzata nell'attesa di vederla di nuovo. Quando finalmente giunse al suo cospetto, Alba lo fulminò con uno sguardo carico di emozioni contrastanti: rabbia, paura, dolore, ma anche un pizzico di speranza. Samuele capì che doveva dimostrare con i fatti di volerle bene, così si mise all'opera con attenzione e precisione, pulendo con delicatezza la ferita e ricucendola con cura, prima di somministrarle l'antibiotico per aiutare la sua guarigione.

 

I giorni successivi furono una lunga e intensa attesa, tra il rischio costante di essere scoperti e la speranza che Alba potesse riprendersi del tutto. Samuele si dedicò a lei con dedizione, uscendo solo per procurarsi il cibo necessario alla loro sopravvivenza. Ma alla fine, la sua attenzione e cura ripagò: Alba si riprese, giorno dopo giorno, e insieme i due ripresero a respirare.

 

I giorni successivi furono sereni, fatti di lunghe passeggiate mano nella mano e momenti di intimità in cui i due si scambiavano parole d'amore. Samuele si sentiva finalmente libero di esprimere tutto ciò che aveva tenuto nascosto per tanto tempo, mentre Alba lo guardava con occhi sognanti, incapace di credere di avere finalmente ritrovato l'amore che tanto desiderava.

 

Infine, la notte in cui si scatenò la tempesta, tutto esplose. Alba si scagliò contro Samuele con violenza, colpendolo con forza e urlando tutte le sue paure e i suoi dubbi. Ma poi, alla fine, il dolore si trasformò in passione e i due si unirono in un abbraccio appassionato e bruciante, fatto di baci e carezze che riaccendevano il fuoco dell'amore. E quando la tempesta si placò, i due si guardarono negli occhi e si dissero tutto ciò che avevano sempre desiderato: l'amore, la passione, la comprensione e la promessa di stare insieme per sempre, poi Alba lo guardò negli occhi e gli confidò, presto saremo in tre, spero che questo ti renda responsabile, Samuele a quelle parole rimase muto e senza parole, poi pian piano si abbasso e baciò ventre di Alba e poi si risalendo si perdette nel bacio più lungo che avesse mai dato alla sua amata.

I due amanti si mossero verso Bracciano, in cerca di un nuovo rifugio dove nascondersi e attendere il momento giusto per fare ritorno nella capitale senza rischiare di essere intercettati dalle pattuglie dello Stato.

 

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