Libero

C70Inscription

  • Uomo
  • 58
  • Treviso
Capricorno

Mi trovi anche qui

Profilo BACHECA 41

C70Inscription più di un mese fa

Il ladro di biscotti

Una notte in aeroporto, nella lunga attesa prima del suo volo, una signora decise di andare a prendere un buon libro per passare meglio il tempo e ingannare l'attesa. Lo acquistò quindi in uno di quei negozi che si trovano in aeroporto, insieme ad uno sfizioso sacchetto di biscotti che pregustava di sgranocchiare durante la lettura. 
Tornata quindi a sedersi nella sala d'attesa, era già assorta nelle vicende del libro quando d'improvviso vide che il signore seduto accanto a lei... pescava senza imbarazzo uno o due biscotti dal sacchetto che era tra loro due. Finse di non vedere ma cominciò subito anche lei a mangiare i biscotti, diventando sempre più impaziente, mentre il vicino ladro continuava imperterrito a diminuirle le scorte.

Man mano che passavano i minuti la signora si irritava sempre di più, tanto da pensare "se non fossi così educata e gentile, gli tirerei un bel pugno in faccia!". Per ogni biscotto che lei mangiava, lui ne mangiava un'altro.
Quando rimase un solo biscotto la signora era proprio curiosa di vedere cosa avrebbe fatto il bellimbusto. E lui, con un gran sorriso prese l'ultimo biscotto, lo spezzò e le offrì una metà mentre se ne mangiava l'altra.

Lei gli strappò di mano quella mezza parte pensando ma guarda che tipo!, è proprio un villano, neanche un po' di riconoscenza o un grazie!

Non era mai stata così irritata in vita sua ma fu sollevata quando finalmente fu annunciato il suo volo. Raccolse di corsa la sua borsa e si diresse velocemente all'imbarco, senza più guardare indietro verso il ladro ingrato.

Appena salita in aereo, mettendosi comoda sul suo sedile e cercando nella borsa il suo libro per riprendere la lettura...sorpresa! assieme al libro c'era il suo sacchetto di biscotti ancora sigillato...

Se i miei biscotti sono qui... pensò disperata, vuol dire che gli altri erano suoi... e lui li aveva condivisi tranquillamente con lei...

Troppo tardi ora per chiedere scusa. Si rese conto con dolore che era stata lei la maleducata, l'ingrata... la ladra.

Valerie Cox tramite
Wayne Dyer

Ti piace?
2
C70Inscription più di un mese fa

Le tre domande di Lev Tolstoj

 


Un giorno, un certo imperatore pensò che se avesse avuto la risposta a tre domande, avrebbe avuto la chiave per risolvere qualunque problema:

• Qual è il momento migliore per intraprendere qualcosa?
• Quali sono le persone più importanti con cui collaborare?
• Qual è la cosa che più conta sopra tutte?

L’imperatore emanò un bando per tutto il regno annunciando che chi avesse saputo rispondere alle tre domande avrebbe ricevuto una lauta ricompensa.
Subito si presentarono a corte numerosi aspiranti, ciascuno con la propria risposta.

Riguardo alla prima domanda, un tale gli consigliò di preparare un piano di lavoro a cui attenersi rigorosamente, specificando l’ora, il giorno, il mese e l’anno da riservare a ciascuna attività. Soltanto allora avrebbe potuto sperare di fare ogni cosa al momento giusto.

Un altro replicò che era impossibile stabilirlo in anticipo; per sapere cosa fare e quando farlo, l’imperatore doveva rinunciare a ogni futile svago e seguire attentamente il corso degli eventi.

TolstojRitratto di Lev Tolstoj

 

Qualcuno era convinto che l’imperatore non poteva essere tanto previdente e competente da decidere da solo quando intraprendere ogni singola attività; la cosa migliore era istituire un Consiglio di esperti e rimettersi al suo parere.
Qualcun altro disse che certe questioni richiedono una decisione immediata e non lasciano tempo alle consultazioni; se però voleva conoscere in anticipo l’avvenire, avrebbe fatto bene a rivolgersi ai maghi e agli indovini.

Anche alla seconda domanda si rispose nei modi più disparati. Uno disse che l’imperatore doveva riporre tutta la sua fiducia negli amministratori, un altro gli consigliò di affidarsi al clero e ai monaci; c’era chi gli raccomandava i medici e chi si pronunciava in favore dei soldati.

La terza domanda suscitò di nuovo una varietà di pareri.
Alcuni dissero che l’attività più importante era la scienza. Altri insistevano sulla religione. Altri ancora affermavano che la cosa più importante era l’arte militare.L’imperatore non fu soddisfatto da nessuna delle risposte, e la ricompensa non venne assegnata.

TolstojJean-François Millet, "Man with a Hoe", 1860 - 1862

Dopo parecchie notti di riflessione, l’imperatore decise di andare a trovare un eremita che viveva sulle montagne e che aveva fama di essere un illuminato. Voleva cercarlo per rivolgere a lui le tre domande, pur sapendo che l’eremita non lasciava mai le montagne e riceveva solo la povera gente, rifiutandosi di trattare con i ricchi e i potenti. Perciò, rivestiti i panni di un semplice contadino, ordinò alla sua scorta di attenderlo ai piedi del monte e si arrampicò da solo su per la china in cerca dell’eremita.

Giunto alla dimora del sant’uomo, l’imperatore lo trovò che vangava l’orto nei pressi della sua capanna. Alla vista dello sconosciuto, l’eremita fece un cenno di saluto col capo senza smettere di vangare. La fatica gli si leggeva in volto. Era vecchio, e ogni volta che affondava la vanga per smuovere una zolla, gettava un lamento.

L’imperatore gli si avvicinò e disse: “Sono venuto per chiederti di rispondere a tre domande: qual è il momento migliore per intraprendere qualcosa? Quali sono le persone più importanti con cui collaborare? Qual è la cosa che più conta sopra tutte?”.

L’eremita ascoltò attentamente, ma si limitò a dargli un’amichevole pacca sulla spalla e riprese a vangare.
L’imperatore disse: “Devi essere stanco. Su, lascia che ti dia una mano”. L’eremita lo ringraziò, gli diede la vanga e si sedette per terra a riposare. Dopo aver scavato due solchi, l’imperatore si fermò e si, rivolse all’eremita per ripetergli le sue tre domande. Di nuovo quello non rispose, ma si alzò e disse, indicando la vanga: “Perché non ti riposi? Ora ricomincio io”. Ma l’imperatore continuò a vangare. Passa un’ora, ne passano due.

Finalmente il sole comincia a calare dietro le montagne. L’imperatore mise giù la vanga e disse all’eremita: “Sono venuto per rivolgerti tre domande. Ma se non sai darmi la risposta ti prego di dirmelo, così me ne ritorno a casa mia”.

L’eremita alzò la testa e domandò all’imperatore: “Non senti qualcuno che corre verso di noi?”.
L’imperatore si voltò. Entrambi videro sbucare dal folto degli alberi un uomo con una lunga barba bianca che correva a perdifiato premendosi le mani insanguinate sullo stomaco.

TolstojVincent van Gogh, "Olive Grove", 1889

L’uomo puntò verso l’imperatore, prima di accasciarsi al suolo con un gemito, privo di sensi. Rimossi gli indumenti, videro che era stato ferito gravemente. L’imperatore pulì la ferita e la fasciò servendosi della propria camicia che però in pochi istanti fu completamente intrisa di sangue. Allora la sciacquò e rifece la fasciatura più volte, finché l’emorragia non si fu fermata.

Alla fine il ferito riprese i sensi e chiese da bere. L’imperatore corse al fiume e ritornò con una brocca d’acqua fresca. Nel frattempo, il sole era tramontato e l’aria notturna cominciava a farsi fredda. L’eremita aiutò l’imperatore a trasportare il ferito nella capanna e ad adagiarlo sul suo letto. L’uomo chiuse gli occhi e restò immobile.

L’imperatore era sfinito dalla lunga arrampicata e dal lavoro nell’orto. Si appoggiò al vano della porta e si addormentò. Al suo risveglio, il sole era già alto. Per un attimo dimenticò dov’era e cos’era venuto a fare. Gettò un’occhiata al letto e vide il ferito che si guardava attorno smarrito.

Alla vista dell’imperatore, si mise a fissarlo intensamente e gli disse in un sussurro: “Vi prego, perdonatemi”.

“Ma di che cosa devo perdonarti?”, rispose l’imperatore.

“Voi non mi conoscete, maestà, ma io vi conosco. Ero vostro nemico mortale e avevo giurato di vendicarmi perché nell’ultima guerra uccideste mio fratello e vi impossessaste dei miei beni.
Quando seppi che andavate da solo sulle montagne in cerca dell’eremita, decisi di tendervi un agguato sulla via del ritorno e uccidervi. Ma dopo molte ore di attesa non vi eravate ancora fatto vivo, perciò decisi di lasciare il mio nascondiglio per venirvi a cercare. Ma invece di trovare voi mi sono imbattuto nella scorta, che mi ha riconosciuto e mi ha ferito. Per fortuna, sono riuscito a fuggire e ad arrivare fin qui. Se non vi avessi incontrato, a quest’ora sarei morto certamente.
Volevo uccidervi, e invece mi avete salvato la vita! La mia vergogna e la mia riconoscenza sono indicibili. Se vivo, giuro di servirvi per il resto dei miei giorni e di imporre ai miei figli e nipoti di fare altrettanto. Vi prego, concedetemi il vostro perdono”.

TolstojCaspar David Friedrich, "Viandante sul mare di nebbia", 1818

L’imperatore si rallegrò infinitamente dell’inattesa riconciliazione con un uomo che gli era stato nemico. Non solo lo perdonò, ma promise di restituirgli i beni e mandargli il medico e i servitori di corte per accudirlo finché non fosse completamente guarito. Ordinò alla sua scorta di riaccompagnarlo a casa, poi andò in cerca dell’eremita. Prima di ritornare a palazzo, voleva riproporgli le tre domande per l’ultima volta. Lo trovò che seminava nel terreno dove il giorno prima avevano vangato.

L’eremita si alzò e guardò l’imperatore. “Ma le tue domande hanno già avuto risposta”.
“Come sarebbe?”, chiese l’imperatore, perplesso.

“Se ieri non avessi avuto pietà della mia vecchiaia e non mi avessi aiutato a scavare questi solchi, saresti stato aggredito da quell’uomo sulla via del ritorno. Allora ti saresti pentito amaramente di non essere rimasto con me.
Perciò, il momento più importante era quello in cui scavavi i solchi, la persona più importante ero io, e la cosa più importante da fare era aiutarmi. Più tardi, quando è arrivato il ferito, il momento più importante era quello in cui gli hai medicato la ferita, perché se tu non lo avessi curato sarebbe morto e avresti perso l’occasione di riconciliarti con lui. Per lo stesso motivo, la persona più importante era lui e la cosa più importante da fare era medicare la sua ferita.

Ricorda che c’è un unico momento importante: questo. Il presente è il solo momento di cui siamo padroni.
La persona più importante è sempre quella con cui siamo, quella che ci sta di fronte, perché chi può dire se in futuro avremo a che fare con altre persone? La cosa che più conta sopra tutte è rendere felice la persona che ti sta accanto, perché solo questo è lo scopo della vita”.

Ti piace?
C70Inscription più di un mese fa

Il treno sferragliava per i sobborghi di Tokyo in un fiacco pomeriggio di primavera. Il nostro vagone era relativamente vuoto – un paio di casalinghe con i loro figli, alcuni anziani che andavano a fare compere. Guardai distrattamente le case grigie e le siepi polverose.

Le porte si aprirono in una stazione e improvvisamente la quiete pomeridiana venne interrotta dalle incompresibili e violente bestemmie di un uomo. Entrò barcollando dentro il nostro vagone. Indossava abiti da lavoro ed era grosso, ubriaco e sporco. Urlando, vacillò contro una donna che teneva tra le braccia un bambino. La botta spinse la donna contro una coppia di anziani. Fu un miracolo che il bimbo fosse rimasto illeso.
Terrorizzata, la coppia balzò in piedi e si precipitò verso l’altra estremità del vagone. L’operaio rivolse un calcio alla schiena dell’anziana, mancandola poiché si mise prontamente al riparo. Questo infuriò così tanto l’ubriaco che prese il palo di metallo al centro del vagone e cercò di strapparlo fuori dal suo sostegno. Riuscii a vedere che una delle sue mani si tagliò ed era sanguinante. Il treno barcollò in avanti, i passeggeri rimasero impietriti dalla paura. Mi alzai.

A quell’epoca – circa una ventina di anni fa – ero giovane ed in buona forma. Praticavo otto ore di Aikido quasi ogni giorno negli ultimi tre anni. Mi piacevano la lotta e le proiezioni. Credevo di essere forte. Il problema era che la mia abilità marziale non era mai stata testata in un combattimento reale. Come studenti di aikido, non ci era permesso di combattere. “L’Aikido”, mi diceva sempre il mio maestro, “è l’arte della riconciliazione. Chi ha la mente del combattente ha rotto il suo legame con l’universo. Se si tenta di dominare le persone, si è già sconfitti. Noi studiamo come risolvere un conflitto, non come iniziarlo”.

 

 

Ascoltavo le sue parole, ci provavo intensamente. Sono arrivato anche al punto di attraversare la strada per evitare i chinpira, i punk che oziavano alle stazioni ferroviarie. La mia indulgenza mi lodava. Mi sentivo sia forte che santo. Nel mio cuore, però, volevo un’opportunità assolutamente legittima per la quale avrei potuto salvare l’innocente annientando il colpevole. Questo è quanto! Mi sono detto appena in piedi. Delle persone sono in pericolo. Se non faccio subito qualcosa, qualcuno potrebbe farsi male.

Vedendomi in piedi, l’ubriaco focalizzò la sua rabbia su di me. “Aha!” urlò. “Uno straniero! Hai bisogno di una lezione alla giapponese!”
Mi sono aggrappato alla maniglia sopra alla mia testa e gli ho lanciato uno sguardo di disgusto e di rifiuto. Ho pensato di picchiarlo, ma avrebbe dovuto fare la prima mossa. Volevo vederlo infuriato, così strinsi le labbra e gli mandai un bacio insolente. “Va bene!” gridò. “Ora ti darò una lezione.” Si preparò per venirmi contro.

Una frazione di secondo prima che potesse muoversi, qualcuno gridò: “Ehi!” Fu assordante. Ricordo la qualità stranamente gioiosa e cadenzata di quell’urlo – come se tu e un amico steste alla ricerca di qualcosa e lui improvvisamente l’aveva trovata. “Ehi!”
Io mi girai a sinistra, l’ubriaco a destra. Entrambi fissammo un vecchietto giapponese. Doveva portarsi bene i suoi settant’anni, questo piccolo signore, seduto li col suo kimono. Lui non fece caso a me, ma sorrise al lavoratore come se avesse il più importante segreto da svelare.
“Vieni qui”, disse il vecchio all’ubriaco in una lingua comprensibile. “Vieni qui a parlare con me.” Lui scosse delicatamente la sua mano.

 

Il Fondatore con Terry Dobson

L’omone si avvicinò e puntando i piedi con aria di guerra di fronte al vecchio signore, urlò “Perché diavolo dovrei parlare con te?” A questo punto l’ubriaco mi mostrava la schiena. Se si fosse mosso di un solo millimetro, l’avrei massacrato.

Il vecchio continuava a sorridere al lavoratore. “Cosa stai bevendo?” chiese con occhi intrisi d’interesse.

“Bevo Sake,” urlò di nuovo l’operaio, “e non sono affari tuoi!” L’uomo sputò al vecchio.

“Oh, è meraviglioso,” disse il vecchio, “assolutamente meraviglioso! Sai, anche a me piace il Sake. Ogni sera, io e mia moglie (lei ha 76 anni), ci scaldiamo con una piccola bottiglia di Sake e lo portiamo in giardino, e ci sediamo su una vecchia panchina di legno. Osserviamo il tramonto e vediamo come sta il nostro albero di cachi. Il mio bisnonno piantò l’albero e noi continuiamo a prenderci cura di lui nella speranza che si riprenda da quelle tempeste di ghiaccio che abbiamo avuto lo scorso inverno. Il nostro albero ha fatto meglio di quanto mi aspettassi, soprattutto se si considera la scarsa qualità del suolo. E’ gratificante vederlo mentre prendiamo il Sake e usciamo a goderci la serata. – anche quando piove!” Alzò lo sguardo verso l’operaio, con occhi scintillanti.

 

Mentre cercava di seguire la conversazione del vecchio, il volto dell’ubriaco cominciò ad addolcirsi. I suoi pugni lentamente si allentavano. “Sì,” disse, “anche io amo i cachi…” La sua voce si spense.

“Sì”, disse il vecchio, sorridendo. “E sono sicuro che hai una moglie meravigliosa.”

“No”, rispose l’operaio. “Mia moglie è morta.” Con una lieve oscillazione del treno, l’omone iniziò a singhiozzare. “Non ho né moglie, né casa, né lavoro. Mi vergogno così tanto di me stesso.” Le lacrime gli scendevano sulle guance; il suo corpo fu attraversato da un momento di disperazione.

Ora toccava a me. Me ne stavo lì con la mia coscienza pulita e la mia virtù del “mettere al sicuro il mondo per la democrazia”. Improvvisamente mi sentii più sporco di lui. Poi il treno arrivò alla mia fermata. Non appena le porte si aprirono, sentii il vecchio chiocciare benevolmente. “Ahi, Ahi!” ha detto. “Questa è proprio una situazione difficile. Siediti qui e dimmi tutto”.

Ho girato la testa per un ultimo sguardo. L’operaio era disteso sul sedile, la testa sul grembo del vecchio. Il vecchio accarezzava dolcemente i suoi capelli sudici e arruffati.
Mentre il treno si allontanava, mi sedetti su una panchina. Quello che volevo risolvere con la forza era stato risolto con parole gentili. Avevo appena visto l’Aikido testato nel combattimento, e l’essenza di esso è stato l’amore. Avrei dovuto praticare l’Arte con uno spirito completamente diverso. Ci sarebbe voluto un bel pò prima di poter parlare della risoluzione del conflitto.

Traduzione dall’inglese di Simone De Luca

Fonte:  The Foundations Of Peace (IC#4), Autunno 1983, Pagina 35
Copyright (c) 1983, 1997 Context Institute

Ti piace?
C70Inscription più di un mese fa

Marianella Sclavi è una grande esperta della gestione creativa del conflitto.

Nel suo libro Arte di ascoltare e mondi possibili. Come si esce dalle cornici di cui siamo parte parla di 7 regole per mettere in atto un ascolto attivo:

1. Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni.

Le conclusioni sono la parte più effimera della ricerca.

2. Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista.

Per riuscire a vedere il tuo punto di vista, devi cambiare punto di vista.

3. Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva.

4. Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro linguaggio.

Non ti informano su cosa vedi, ma su come guardi.

Il loro codice è relazionale e analogico.

5. Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili.

I segnali più importanti per lui sono quelli che si presentano alla coscienza come al tempo stesso trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti, perché incongruenti con le proprie certezze.

6. Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione interpersonale.

Affronta i dissensi come occasioni per esercitarsi in un campo che lo appassiona: la gestione creativa dei conflitti.

7. Per divenire esperto nell’arte di ascoltare devi adottare una metodologia umoristica.

Ma quando hai imparato ad ascoltare, l’umorismo viene da sé.

Qui le trovi nel suo sito:
https://www.ascoltoattivo.net/le-7-regole/

Ti piace?
C70Inscription 29 aprile

La prima decisione è perchè, la seconda con chi, la terza cosa, la quarta quando, la quinta come.

Ti piace?
C70Inscription 28 aprile

il padrone di casa invita, crea lo spazio per accogliere e proteggere, connette le persone invitate e partecipa alla festa...

Ti piace?
2
C70Inscription 20 aprile

se siamo qui è perchè cerchiamo un contatto umano, per curiosità, per noia, per riempire un vuoto o per dare spazio ad un pieno... incrociarci, metterci in relazione in modo virtuoso è un'arte, una danza. non basta uno, si deve essere in due... 

Ti piace?
C70Inscription 17 aprile

chattare tra sconosciuti ti permette di essere più autentici di quanto non lo siamo nella realtà...

Ti piace?
1
C70Inscription 16 aprile

Cosa vuol dire per te essere rispettata? Ognuno di noi ha una sua idea di cosa sia il rispetto, ma la più profonda a mio avviso è legata all'ascolto. Ti rispetto se ti ascolto veramente, se colgo il tuo punto di vista. Posso non essere d'accordo ma ascolto, comprendo ed agisco di conseguenza. Questo è per me il rispetto.

Ti piace?
1
C70Inscription 15 aprile

La fiducia è un elemento fondamentale nelle relazioni, e non è vero che fidarsi è bene e non fidarsi è meglio. Se non ti fidi sei constretta a controllare a mettere delle barriere mentre se ti fidi puoi lasciarti andare, sai che puoi essere autentica, vulnerabile, perchè sai che l'altro non ne approfitta. La fiducia è a due vie, da una parte bisogna conquistarla, esserne degni, dall'altra bisogna fare delle aperture, prendersi dei rischi. Un processo graduale di esplorazione ed avvicinamento.

Ti piace?
, , , , , , , , , , , , ,