Giulia mi accarezza la guancia e si avvicina all'albero di tiglio al centro del giardino. Le sue gambe volteggiano e i piedi nudi danzano sull’erba tagliata di fresco.
Un lieve profumo riempie l'aria.
Si volta e mi sorride. «È ora di andare.»
Un raggio di sole tra le fronde le illumina il viso.
Mi mordo il labbro inferiore, non posso fare a meno di guardarla. È così bella: i lunghi capelli raccolti in una treccia che ricade sulla spalla, la scollatura dell’abito leggero, quella piccola cicatrice sopra al seno, gli occhi grandi…
Già gli occhi, non riesco già più a distinguerne il colore e i lineamenti si stanno dissolvendo. È sgradevole, so che sono i suoi ma potrebbero essere quelli di chiunque altro.
Odio questo momento.
La raggiungo e le cingo i fianchi. «Resta ancora un po’.»
«Non possiamo.» Mi abbraccia.
Deglutisco, il suo corpo è ormai impercettibile, eppure mi sembra di sentirlo e il battito del mio cuore accelera.
La bacio.
Giulia mi stringe e mi offre le sue labbra, sono fredde, sta scomparendo.
Tiro il fiato come all’uscita da un’apnea, ci metto un po’ a riempirmi i polmoni. La luce nella stanza è troppo forte, sono fradicio e il mio stesso odore mi urta.
Svegliarsi è ogni volta più difficile.
Dove sei Giulia?