La strada sembra argentata, forse per lo spicchio di luna, che fa capolino tra le nuvole, e per la pioggerellina che l’ha gentilmente accarezzata, mentre flebili luci di lampioni stanchi la lambiscono e l’accompagnano verso l’alba.
Le auto scorrono veloci con il favore della notte e riportano a casa anime appagate di serate allegre o di lavoro lungo, o forse vanno là dove una giornata da affrontare sta già aspettando.
Qualcuno, forse pochi, gettano uno sguardo all’edificio, esteso e buio, a parte qualche luce sporadica, che costeggia la strada: una cattedrale del dolore perché dentro ci sono anime e corpi dolenti.
Anime e corpi dolenti di chi aspetta il giorno con speranza oppure con angoscia, avvolto nel proprio malessere, disagio, malessere ma soprattutto in quella solitudine che subdolamente porta il male.
Dalle stanze buie si scorge una luce tenue che comunque conforta, il corridoio cioè quello che di notte è il percorso degli angeli che confortano, accudiscono e allontanano il dolore e la paura: una luce di speranza.
Quegli angeli in camice bianco che hanno un passo veloce, spesso volti assonnati ma che presto tornano vigili, rassicurano con la loro presenza lì dove il buio della notte ha il sapore dell’ostilità, che fa crescere la nostalgia di vita e di casa.
Presto sarà alba, luce, suoni e rumori e una fattispecie di vita tornerà, con tutto quel che ha da portare: nel bene e nel male.