Lui arrivò a odiarla. Quindici anni insieme, eppure ogni cosa di lei, ogni mattina, gli dava fastidio. Quel modo di stiracchiarsi e sussurrare: “Buongiorno, amore, oggi sarà una bella giornata.” Una frase semplice, ma lo irritava persino il suo viso assonnato.
Lei si alzava piano, guardava l’orizzonte, poi andava in bagno. Una volta lui amava quel corpo libero, quella dolcezza. Ora provava solo rabbia. Una mattina sentì perfino il desiderio di spingerla. Ma si trattenne, ringhiando: “Muoviti, che fastidio.”
Lei sapeva tutto. Sapeva dell’amante, della sua voglia di sentirsi giovane. E lo perdonava in silenzio. Non lo lasciava toccare la sua pace, perché lei conosceva il valore del tempo. Da quando aveva scoperto di essere malata.
La malattia la consumava giorno dopo giorno. Avrebbe voluto dirlo, chiedere aiuto. Ma non lo fece. Passò le notti peggiori da sola, rifugiandosi in una piccola biblioteca, un’ora e mezza di cammino ogni giorno, cercando risposte tra scaffali pieni di libri sulla vita e la morte.
Lui intanto viveva la sua relazione con l’amante, piena di risate, di fuoco, di gelosia. E un giorno decise: “Chiederò il divorzio.”
Rovistando in casa per cercare i documenti, trovò una cartella blu. Dentro, referti, diagnosi, il suo nome ovunque. Cercò su internet: “Da 6 a 18 mesi.” Ne erano passati sei.
Lei lo attese in un ristorante per quaranta minuti. Lui non arrivò. Uscì e si lasciò accarezzare dal sole, e per la prima volta da quando era malata… provò pietà per se stessa. Non lo aveva mai detto a nessuno. Voleva vivere in pace quel poco che restava. Ma quel giorno… le fece male davvero.
Lui, in casa, sentì per la prima volta il peso del tempo. Si ricordò della sua risata, della sua dolcezza. E desiderò con tutto se stesso che ci fosse ancora futuro.
Nei due mesi successivi non la lasciò più sola. Ogni minuto con lei era un dono. Se qualcuno gli avesse detto che un mese prima voleva lasciarla, non ci avrebbe creduto.
La sentiva piangere di notte, la vedeva aggrapparsi alla vita, anche solo a briciole di speranza.
Morì due mesi dopo. Lui riempì di fiori tutto il percorso verso il cimitero. Pianse come un bambino. E invecchiò di cent’anni in un solo giorno.
Sotto il cuscino, trovò un bigliettino: “Essere felice con lui fino alla fine dei miei giorni.”
Si dice che i desideri di Capodanno si avverino. Forse è vero. Quell’anno lui aveva scritto: “Essere libero.”
E alla fine, ognuno di loro ha ricevuto esattamente ciò che credeva di desiderare.