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Olivier.Mira

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Olivier.Mira 18 ore fa

La gentilezza...

Mi è venuta in mente mentre, in viaggio, leggo nuovamente Omoiyari, uno di quei libri che mi piacciono perché, oltre a raccontare la cultura giapponese, si possono assaporare saltando qua e là, senza seguire il corso esatto dell'impaginazione.

La gentilezza, teinei, l'attenzione gentile che dà titolo al capitolo, è una virtù, forse anche un valore, che sta diventando desueta, sia nel rivolgerla agli altri sia nel riceverla.

Eppure è un modo di relazionarsi, che non deve essere una regola né di maniera né servile, che fa bene all'anima, di chi la riceve e di chi viene ricambiato da un Grazie o da un sorriso, ed è contagiosa, invoglia a fare lo stesso. 

La gentilezza verso le persone, verso gli animali, le cose. I luoghi.

Mi piace la gentilezza sincera, frutto, più che dell'educazione, dell'intelligenza emotiva. La gentilezza che genera accoglienza, mi disarma e scalda.

Di tutte le qualità che desidero trovare nelle persone con cui mi relaziono, una schietta e sincera gentilezza occupa sicuramente un posto importante.

 

 

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Olivier.Mira 02 dicembre

Cercando un libro che mi facesse innamorare, sono incappata in uno per bambini dal titolo Ti aspetterò. Nella descrizione, c'è una frase che mi è arrivata più di ogni altra parte, mescolando malinconia e consapevolezza, "Le cose che si dimenticano sono cose che ci aspettano."

Vale anche per le persone, almeno per un po', che, se anche illogico, quel poco sarebbe comunque comprensibile. Di rimanere ad aspettare chi sembra averci dimenticato, raccontandoci che non ha scelto di lasciarci in un ignorato lì. Fino a quando non si capitola di fronte all'evidenza, quella della vigliaccheria, dell'indifferenza che non è neanche un sentimento, della tenerezza che si prova di sé a raccontarsela.

A volte, poi, capita di essere portati via da un nuovo pensiero. Ma si rimane un po' bambini a pensare che chi ci ha dimenticato possa tornare a prenderci.

 

 

 

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Olivier.Mira 22 novembre

E basta con questa cultura che ci vuole resistenti, resilienti, basta con le poesie sulle donne e la loro forza e le canzoni, basta davvero.

Che a fare poesia c’è chi pensa seriamente che ci sia del poetico in tutto questo, a essere eroine e martiri.

E lasciate perdere di educare gli uomini, che ci proviamo da anni con scarsi risultati. Iniziamo a educare le donne, noi stesse.

https://randomwalkmode.wordpress.com/2023/11/22/educhiamo-noi-stessi-le-figlie-le-donne/

 

 

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Olivier.Mira 19 novembre

Qualche tempo addietro avevo condiviso una riflessione, tratta da una frase all'ingresso dell'Ospedale psichiatrico, ormai chiuso da anni, di Teramo, che era una riflessione sul fatto che la follia non è solo quella più evidente delle persone che pensano di essere Napoleone Bonaparte. 

Mi fa strano che in tanti si indignino, seppure giustamente, dell'eccidio di donne che sta qualificando il nostro tempo, quando qui, che è una sorta di campione umano, non è cosa rara incappare in persone inopportune, aggressive, rabbiose, persecutorie e gelose anche dopo una settimana di conoscenza o con tanto di mogli a casa e tutta la sincerità ricevuta del caso, incapaci di rispettare la privacy, la lecita richiesta di cancellare contatti e non farsi più sentire, bugiarde in modo imbarazzante, incapaci di vedersi per l'evidenza del loro opinabile modo di fare e relazionarsi.

Certo, non c'è paragone, almeno finché non ci sono vittime, ma vi assicuro che qualunque comportamento irrispettoso e aggressivo è preoccupante, e lo è ancora di più il fatto che ci sia chi non se ne rende conto, chi pensa di essere nel giusto, chi che sia tutto lecito, quando ogni volta che un uomo o una donna si spingono oltre la reciprocità di interessi e modi e oltre il limite della discrezione e di quanto viene chiaramente sancito, il comportamento umano diventa destabilizzante e offensivo per la serenità altrui e il piacere di conoscere nuove persone.

 

 

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Olivier.Mira 11 ore fa

Diceva Umberto Eco che solo la lista della spesa si scrive per sé stessi.

E, in genere, le mie parole hanno sempre un destinatario.

Come quelle di un pensiero recente condiviso nel mio blog, per raccontare di Murphy, di ciò che, se deve accadere, accadrà, del nespolo del Giappone, che dicono sia di buon auspicio, e dei buoni auspici che spero ci siano sempre per le persone che, per me, erano e sono importanti.

https://randomwalkmode.wordpress.com/2023/11/05/a-murphy-e-a-un-nespolo-del-giappone/

 

 

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Olivier.Mira 07 novembre

L'Autunno è la stagione che preferisco, ne amo gli ultimi giorni dell'Estate, il mare finalmente libero dai profani, le tonalità del verde che cedono il passo a quelle del rosso e del marrone, i profumi che sanno di braci, di vendemmia, di castagne e camini appena accesi.

Dell'Autunno amo i prodotti, che in cucina diventano piatti che raccontano con calore e convivialità la loro stagione.

E all'Autunno inoltrato lego il desiderio, a fine giornata, di chiudere fuori freddo, rumori e pioggia, e di cercarsi, senza dire una parola, per dare voce al desiderio reciproco, come in questo racconto di una pagina personale.

https://randomwalkmode.wordpress.com/2018/10/30/come-foglie-bagnate-in-autunno/

 

 

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Olivier.Mira 28 ottobre

Mi chiedevo...

Ma le parole che non diciamo, quelle belle, sincere, che ci teniamo per un altro momento o per non fare montare la testa o per paura di perdere o per qualche altro stupido motivo, perché non ne trovo uno decente, non le diciamo perché abbiamo timore che finiscano? Perché pensiamo che ce le pagano, come era una volta con i vuoti a rendere?

Perché tanto poi si svuotano a non dirle, restano tra le cose che potevano essere, che potevamo essere.

E le occasioni, chissà se tornano, ma le persone e i rapporti lasciati appassire nel silenzio, è difficile che possano tornare a fiorire.

 

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Olivier.Mira 20 ottobre

Ieri guardavo una serie il cui protagonista, riflettendo sul modo superficiale e sbrigativo con cui si è rivolto a una donna, una sconosciuta, che lo stava cercando, dice tra sé e sé che Ogni tanto l'Universo ci offre tutto quello che vogliamo, e la maggior parte delle volte, visto che in fondo siamo scimmie autodistruttive, glielo risputiamo in faccia.
Ci penso spesso, soprattutto quando mi relaziono a persone che sembrano sempre avere più cose di cui lamentarsi che gioire, che sembrano non voler tirarsi fuori da relazioni stantie, quasi sterili come un terreno che ha dato tutte le sue risorse e che magari non è mai stato nutrito e forse nemmeno coltivato, che la felicità è una scelta, è il punto di partenza, il modo, non l'obiettivo, e che è così semplice da essere difficile per chi, i più, tende a darsi spessore attraverso la lamentela, a complicarsi la vita, a sguazzare in problemi che hanno la profondità di una pozzanghera.
Gli anni, che non nascondo e che raccontano in qualche modo la mia crescita personale, mi hanno dato modo di raggiungere una consapevolezza, ancora in fieri, che comprende il riconoscimento di quante volte cerchiamo emozioni e attenzioni nei problemi, anche in quelli inesistenti.
Magari anche in questo caso il difetto, nel senso etimologico del termine, è la sicurezza, che ci permette di dire a noi stessi che ce lo meritiamo, di essere felici, che ce la meritiamo una persona che ci tratti bene, che meritiamo quella persona e lei merita noi.
Tante volte, ho visto andare via persone che ho cercato di coltivare dando loro quel meglio di me che pochi conoscono, perché è una scelta, non routine, per poi vederle tornare a cercarmi, dopo aver capito che l'amore e l'amicizia dovrebbero fare stare bene tutte le parti in gioco, perché si torna sempre o quasi dove ci si è sentiti a casa.
Ma, come racconto nell'articolo sull'entropia delle relazioni, se un sistema, come può essere una relazione tra due persone, non viene fatto oggetto di attenzioni, tende al caos come naturale che sia, e le persone che hai lasciato in un punto dello spazio e del tempo, non è detto che le ritrovi lì.

Personalmente, con tutto che non bisogna prendere qualcunque cosa o persona solo perché gentile o che, spero di riuscire sempre a prediligire le relazioni in cui posso esprimermi e sentirmi a casa a quelle in cui ci si emoziona per i problemi e si finisce per non saper riconoscere il peso e l'importanza di quanto capita di buono.

 

 

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Olivier.Mira 18 ottobre

Se c'è una cosa che apprezzo nelle persone, negli uomini in primis, è la sicurezza basata su una consapevolezza matura e argomentata del valore personale.
Le persone sicure sanno stare nella loro posizione, non cercano il consenso altrui, non provano il bisogno di elargire giudizi e consigli, non se la prendono quando vengono rimesse al loro posto e sanno scusarsi quando sbagliano, anziché cercare argomenti per anteporre la ragione personale al giusto.
Una volta una ragazza mi disse Sei al di là del bene e del male. Mi è sembrato uno dei complimenti più belli che io abbia ricevuto. È come dire che so riconoscere ciò che è giusto e distunguerlo da quello che mi fa comodo ed è giusto per interesse personale.
Purtroppo c'è chi misura tutto e tutti alla luce del suo piccolo mondo, se viene rimesso al suo posto lo prende come un insulto perché si sente frustrato da quello che interpreta alla luce della sua insicurezza come dileggio o insulto, quando magari è solo frutto del rispetto che chiunque dovrebbe avere per sé e per gli altri.
L'insicurezza di tanti erge a paladini, leader, capi, referenti quei pochi che spesso nemmeno lo meritano. Un vero leader rifiuta il consenso acritico. E crea quelle dinamiche di gruppo che solo noi abbiamo, con queste motivazioni, in tutto il mondo animale. Noi umani adulti e i bambini.
C'è di buono, per loro, che gli ominicchi non si vedono mai per come li vedono gli altri, disprezzano chiunque non li blandisca, si nutrono di convinzioni che non possono mettere in discussione e raggiungono il picco della loro grettezza e pochezza quando spalleggiano in pubblico chicchessia, facendo battute idiote come loro su chi li ha messi al loro posto.
Crescere significa essere responsabili dei propri gesti e delle proprie parole. Se un uomo mi si rivolge come se io fossi un suo territorio, è mio diritto rimetterlo al suo posto facendogli notare quanto fuori luogo sia la sua aggressività. E il mio pensiero inizia e finisce qui, senza bisogno delle esasperazioni che gli dà l'insicuro, che in quella frase ci vede tutte le volte in cui qualcuno lo ha fatto sentire piccolo. Un po' come chi prende picche da uno e decide di essere sgradevole per tutti.
Se vi sentite piccoli, crescete, nutrite la vostra persona, leggete, siate curiosi, datevi dei dubbi, spaziate con il pensiero.
Perché, se vi sentite piccoli, è una vostra responsabilità, il resto è frutto del modo in cui, nella vostra malcelata insicurezza, guardate gli altri.

 

 

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Olivier.Mira 16 ottobre

Da qualche parte ho letto che la misura di una persona, la sua vera natura, vengono fuori durante le discussioni.

In effetti, ho imparato a fare tesoro dei momenti di discussione perché, tra i vari Non volevo dire questo, Stavo scherzando, Non hai capito, Non rispondere – come non fosse un diritto, il diritto di replica –, è innegabile che siano un momento di trasparenza, in cui le persone, lasciandosi andare alle emozioni e al desiderio di fare valere le loro ragioni, si mostrano per quello che sono, per quello che valgono e rendono possibile misurare la realtà del loro affetto e della loro lealtà.

Mi torna in mente tutta la saggezza della mia famiglia, mio nonno materno che diceva che la parola di un uomo rispettabile vale più di un contratto scritto, di mia nonna paterna, che paragonava certe persone al niente mescolato al nulla, mio padre che citava Sciascia, la sua carrellata di tipologie di uomini, passando da quelli che lo sono davvero ai vari ominicchi, quaqquaraquà e via dicendo.
Fino ai soggetti più piccoli, di poco spessore, che durante le discussioni sgranano ovvietà e giudizi leggeri, insulti gratuiti e aggressività, che pensano di avere capito tutto perché qualche persona del sesso opposto, per ingraziarseli, compiacerli o solo per sincera ammirazione da un gradino più basso, li ha convinti di essere migliori degli altri, geniali, saggi.
Quelli che si professano al di sopra della media, e poi, quando ci discuti, viene fuori la loro misura, il loro essere piccoli piccoli, per usare un eufemismo.
A me sta bene, cerco sempre di uscire con una certa eleganza degli impasse, soprattutto quando capisco che, se una spiegazione è richiesta, già vuol dire che chi c’è dall’altra non capirebbe. Certo, a chi troppo si abbassa… e allora, ogni tanto, al desiderio di trovare un punto di incontro e di rimanere nel modo in cui mi riconosco, si sostituisce quello stesso parlare aggressivo e fatto di parole che si potrebbero elargire a chiunque ecceda nel dire e nel fare.
Poco importa. Il tempo è sempre galantuomo, rimette ognuno al suo posto. Così le discussioni. Così i viaggi, così momenti molto più piacevoli e altrettanto funzionali un cui pregio è mostrare, in una direzione o nell'altra, nel bene o nel male, la reale profondità e la reale natura delle persone con cui abbiamo scelto di relazionarci.

 

 

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