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Mi descrivo

Esisto in simultaneità; in me non una, ma una moltitudine di Donne estrose e affaccendate.

Su di me

Situazione sentimentale

-

Lingue conosciute

Tedesco, Francese, Russo

I miei pregi

Sensitività

I miei difetti

Ipersensibilità

Amo & Odio

Tre cose che amo

  1. Volontà
  2. Creatività
  3. Riservatezza

Tre cose che odio

  1. Animosità
  2. Arroganza
  3. Volgarità

I miei interessi

Passioni

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Sport

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Libro preferito

Quello che devo ancora scrivere

Film preferito

Quello che devo ancora vivere

IL MIO BLOG

"LUMEGGI IN ORO LUCE E OMBRA"



"Allargare le braccia,
superare le nubi delle ciglia e violare gli occhi pieni di lacrime.
Divorare il Sole ipocrita che illumina ogni pensiero seduttore
godere della Natura attraverso gli uomini.
In una scrittura cannibale e sentimentale"

Greta Rossogeranio

La Gallery è dell'artista polacco Michal Karcz

 

 

 

 

  

"Последняя женщина от красных волос"


Rossogeranio è Greta,
ma ho anche altri nomi, multipli, mutanti,
carichi di echi marziali, taciti e antichi.
Epiteti di lamina e rumore.

Ogni aspetto che assumo è carpito nell’antro recondito del mio scrigno segreto.
Scelgo sempre io chi essere e non ho vizi d’abitudini.

Sono romagnola e provengo da generazioni di pescatori.
Ho sempre respirato il sapore d’antiche tradizioni marinaresche,
che mi rimandano ad un mondo depresso,
lontano dai ritmi ossessivi della nostra era tecnologica.
Le barche sono state la mia vera casa, la tartana Greta I, la fucina della mia infanzia.

Mare e sabbia, il pegno del tempo.
Ed ancora le evasioni, le scorribande in bicicletta
per le colline del Montefeltro e del Marecchia a vivere paesaggi, castelli
e boschi in cui sono ambientate tutte le mie storie.

Le trame che ricamo, svelano la donna che mi vive dentro.
Un’ equilibrista imperfetta sul filo sottile di nicchie esclusive e isolate.
Nutrita d’arpeggi di luce e d’ombra, nell’incantevole bruma rosata della mia terra di Romagna.


Come sono fuori? Naturalmente Rossa,
ma ho smesso da anni di nascondere con belletti,
iperbati e allegorie la mia semplicità.
Nonostante questo,
rimango mio malgrado una donna eccentrica,
sofisticata.

E’ sempre dalle conclusioni che si ricomincia.
Le curiose esperienze che ho vissuto, nel momento in cui prendono forma in una pagina, si confondono in un’unica fuga concettuale.
Pubblicare le lettere, spezzare le righe,
è una forma di protesta e un garbato esorcismo
contro la mia privata insoddisfazione.
Nel tempo ho scorticato e dilatato gli scritti
in un massacro sapiente e metodico.
Una sfida virtuosa che ha avuto un successo personale e intimo insperato.
La comprensione nel vedere le parole stendersi,
allinearsi e prendere corpo e forma.
In sostanza: anticipare prepotentemente gli ordini.
Il mio credo quotidiano.


Scrivo d’Eros perché “Il tempo dell’Eros ferma tutti gli altri” ed anche “La Vendetta del Sesso è l’Amore”.
L’avventura del mio erotico è vissuta abbracciando l’uomo immobile,
quello erculeo e corrotto che alla fine esce sempre sviscerato, ridimensionato e giudicato.
Così sono diventata più forte e integrata, rimanendo in ascolto, sempre.
Ho sviluppato un gusto nuovo nello stile e nelle argomentazioni e sono appagata da queste mie regole suggellate dal cuore.


Non ho bisogno davvero di un pubblico d’occhi invisibili che sfilano con commenti slabbrati risillabandomi dietro il non concepito.
Io adoro e il silenzio, come cavalcare spuria un maroso nel vento.
Ecco perché ho scoperto di amare la scrittura.

Lo spaccato cerebrale che non fa baccano.

Il mio erotismo narrato è colmo di atmosfere che s’ispessiscono a tratti, sfiorando il pastiche.
La penna s’infuria e spara docce sfrenate e accenti isterici a ripetizione.


Quasi tutto l’erotismo che leggo oggi, non costituisce un rinnovamento.
Si continua a cercare lo stesso effetto di sempre, vale a dire un senso a macchia d’unto, che si rimira da solo e imbratta lo specchio.


C’è però qualcuno che si basa su un’idea diversa della suggestione suadente ed emozionale.
La ricezione sta cambiando, io credo, e la categoria artistica dovrà mutare insieme alla storia, alla politica e al costume.


Scrivo in un intermezzo di quiete, magari nel cuore della notte.
Basta un’ora per dare un Volto e un Significato a una storia.
Cosa c’e’ di me in quello che scrivo? Tutto.
Il mio intimo rapporto subletterario connaturato tra sensualità, ballata e memoria.

Io detesto la perfezione; è’ un altro assetto ed allineamento che cerco.
Da qui il mio uso eccessivo del termine “soprannaturale”, infarcito di lapislazzuli, idiomi e frenesie demotiche, per la buona pace dei puristi.

Non m’interessa essere impressa in qualche modo, nel mondo.
Per la mia grandissima modestia e riservatezza non cerco conferme.

Sono solo l’artefice e vittima di tendenze dominanti, una funambola che piroetta su di un pantano di preziosismi ed ignobili stucchevolezze.
La concierge variopinta di opulenza e banalità.
La mia linea eccessiva e formale insieme, esotica e nostrana, raffinata e puerile, anarcoide e organizzata, rossa e nera.
Con accenni di candido bianco: preziosismo e purezza.

Quando scrivo si crea nella mia mente un mulinello d’energia
e cerco la penna per incanalare all’esterno il flusso e l’idea.
Come se la mia mano andasse a scollare la schiuma del mare,
per inondare il porto.
Alla fine si ritira, appagata, con la stessa intensità.
Le volute dei periodi si trasformano così in trappole amorfe,
in fauni ibridi,
in sessualità confuse.

Il bestiario che scaturisce sul mio foglio non è altro che la proiezione di chi sono dentro.

Ogni racconto lo sento strisciare addosso
e se provassi a guardarlo vedrei guizzare una sottile lingua rossa
che raccoglie nel suo scorrere un arcobaleno di rimembranze ed umori.
Rinnovando esperienze e sensazioni,
ho la percezione nitida di rincorrere una maturità più alta e consapevole, lontana da questo mondo in decomposizione.


La mia ambizione massima è sopravvivere oltre la materia,
in una spiritualità assoluta.

Ecco la spiegazione dei mie argomenti visionari ed impliciti.
Perché dopo certi avvenimenti,
niente potrà essere più ordinario.

Amo la mia Romagna, dove spira un vento caldo di follia.
E’ la Terra Madre: la risposta in un afflato cosmico a tutte le mie domande.

Con i vetri e le serrande chiuse geme torbido il Garbino,
che ti piange dentro come un cucciolo mutilo e abbandonato.

Dalla frequentazione assidua di un Cielo liscio come pergamena e di un Mare opaco di scalcinato inchiostro,
riconosco il tremito che annuncia lo scontro imminente. 
Sono squarci espliciti sul panorama,
scampoli divelti da un folto di pensieri e suggestioni poetiche.
Dominare le immagini bigie dei soffi
che mettono a nudo gli umori angosciati,
le corrusche fantasie note agli uomini dalla tensione illuminata.
L’altoparlante lirico dell’acqua mi sussurra ogni giorno
il presagio che si dovrà compiere.
La sfida è solo cominciata.

Mi piace abbagliare la trama e catturarla,
per poi abbandonare il campo ed uscirne vittoriosa.
C’e’ Amore per il gotico e il barocco, la storia antica e mitologica,
in uno sforzo linguistico sontuoso a ricercato.

Amo da sempre, il grande spettacolo profumato, languido e decadente:
la Donna alata assicurata all’Angelo e aggrappata al budello della coda, l’appendice del Demonio.

Inseguo ogni volta un missile che mi buchi il cuore,
senza mai capire mai, dove sta esattamente l’organo.
Perché ogni Storia narrata è già vissuta
e perfezionata nella mia sintetica e da me illustrata reinvenzione.


Scrivere mi ha dato la misura di quanto ho perso e calciato via, nel mio peregrinare.
Mi pregia anche di quanto ho guadagnato e che dovrò custodire come un tesoro
“Per la vita oltre la vita”, come disse il grande Maestro, Rol.

Io sono solo la minoranza che osa molte trasgressioni.

Per nulla intimidita dalle rappresaglie divine e antropiche,
recupero ogni sorta di ricordo e ogni singola emozione,
introducendole nel filo delle mie trappole.
In volo libero, con le mie sole leggi.
La Terra e l’Umanità che la presiede.

 La maglia volatile grigiazzurra e fantastica che crea e produce.
Il gioco delle superfici lisce da incidere non ha mai smesso di affascinarmi.
Le esploro, le contorco per trarne vere e pure astrazioni.

I miei stralci di scrittura,
glassati di miele crudele e distillati con l’aroma dell’assenzio.
Un sistema alcolico di aree sotterranee
scritte col linguaggio dell’inconscio vigile.

Perché alla fine Apollo e Dioniso si dovranno pur ritrovare,
forse non hanno mai smesso di essere la stessa persona.
 

Sto cercando di cogliere i fenomeni nella loro mutevole totalità,
per afferrarne lo Spirito e il Senso.
Inseguo la serenità nelle modulazioni regolari di una Fuga di Bach o nel salmodiare dei mutevoli linguaggi della Natura.

Un incessante tessuto recitativo che vuole superare le mie contingenze umane ed andare oltre il visibile,
oltre il possibile.

Come riannodare le corde di un vecchio violino,
in un ambiente rinfrescato dalla musica, dai profumi,
dai ciocchi infiammati di ciliegio.
Nelle nebulose di un caos sentimentale di roghi senza mai cenere.

Greta Rossogeranio

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