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natodallatempesta0 17 settembre

 

Distrazioni

 

 

"E proprio quando credete di sapere qualcosa, che dovete guardarla da un'altra prospettiva, anche se può sembrarvi sciocco o assurdo, ci dovrete provare. Ecco, quando leggete per esempio, non considerate soltanto l'autore, considerate quello che voi pensate. Figlioli, dovete combattere per trovare la vostra voce. Più tardi cominciate a farlo, più grosso è il rischio di non trovarla affatto. Thoreau dice che molti uomini hanno vita di quieta disperazione.

Non vi rassegnate a questo! Ribellatevi!

Non affogatevi nella pigrizia mentale. Guardatevi intorno!

Osate cambiare. Cercate nuove strade."

 

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natodallatempesta0 più di un mese fa

 

 

 

Scrivo ora. Perché sento il bisogno di liberare un pensiero.

 

Ho appreso, proprio, pochi istanti fa, che l’uomo nella sua magnanima e saggia intelligenza, ha saputo scovare solo una soluzione.

 

UCCIDERE L’ORSA KJ1.

 

La motivazione: “Era pericolosa.”

 

 

 

UCCISA PERCHé HA DIFESO I SUOI PICCOLI.

 

Potrei continuare.... 

Ora scriverò qualcosa che susciterà sdegno e biasimo, ma non mene frega un cazzo.

 

Hitler aveva ragiona sulla soluzione definitiva, il suo errore limitarsi agli ebrei.

 

L’intero mondo.

 

Non meritiamo questa terra.

 

Un’esagerazione è una verità che ha perso la calma
Khalil Gibran

 

Ho esagerato, ho richiamato il male e degenerato le mie parole. L'Orsa non è che l'ultima di una serie di scelte dell'uomo che degradano il bello e il buono. Me ne rendo conto io, un nessuno, un'ombra tra la folla. Come può l'uomo continuare a essere un mostro?

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Guarire

 

Non mi sono mai sentito particolarmente speciale. Il talento che la natura mi ha donato a volte mi ha fatto credere di poter dare qualcosa in più, ma a parte questo nulla e nessuno si è mai presentato a me dicendomi:

 

Ehi!!! Ma lo sai che sei speciale.”

 

Se poi dovessi aggiungere che la mia vita non è stata il massimo. Rischierei di sentirmi dire che so solo piangermi addosso.

 

Categorie!!! Tu, a quale appartieni?

 

Qualche giorno fa ero a casa di parenti. Parlando delle solite cose di famiglia si è rinvangato qualche episodio del passato, come al solito. Si parla sempre del passato. Sia esso vicino o lontano, è sempre “presente” richiamato a risollevare la vita. Rimane comunque sempre passato.

 

Cosa è successo ieri? Conta veramente? Si sprecano tante energie nel rievocare il passato, forse, più di quante se ne dedicano al concepimento del futuro.

 

Non ho partecipato attivamente alla discussione. Devo ammettere che trovo repulsione a discutere con alcuni parenti. Più passa il tempo, più divento allergico a certe dinamiche e certe persone. Le riconosco subito. Non posso farne a meno mi devo schierare, io da un lato loro dall’altro.

 

Me lo chiedo! Quando nella mia vita, il senso di unione, quel senso che definisce famiglia e rapporti, si è perso? E quando il senso di separazione, di solitudine e indifferenza ne ha preso il posto?

 

Ho detto poche frasi, pochi pensieri, che esprimevano un solo stato d’animo: "Le cose non vanno poi così bene". Mia colpa. Non è mai stata mia abitudine fare confidenze e dire cosa realmente sento.

 

Tra una parola e l’altra, mi è stato detto che sono fortunato, che c’è chi sta peggio di me. In passato trovavo saggie queste parole, oggi mi danno quasi l’orticaria. Non tollero più l’ipocrisia di certi discorsi.

 

Scelte.

 

Quanta erosione subisce la nostra anima da tutte quelle scelte che subiamo e non scegliamo?

Quante cose non si scelgono? Quante persone? Non si scelgono i parenti, non si scelgono i vicini, non si sceglie dove nascere, non scelgo il mio corpo, non scelgo il mio carattere, non scelgo chi incontro. Tutto capita.

 

Mi sono sempre chiesto se è possibile evitare l’inevitabile?

 

Zenone di Cizio aveva trovato, forse, la soluzione all’inevitabilità della vita, mi sa, però, che io non sono mai stato, abbastanza, stoico.

 

Perché mi abbandono a questi pensieri?

 

Nel tempo ho trovato solo una risposta, se non lo facessi non guarirei.

 

 

 

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natodallatempesta0 più di un mese fa

 

Tutto ha un costo

 

Capita di litigare, è nella natura umana il conflitto. A volte, però, è indecifrabile il motivo che mi spinge a cadere in questa trappola emotiva.

 

Ieri, litigo con la mia compagna. La cosa che mi ha lasciato perplesso è che non era nelle mie intenzioni, ho semplicemente dato una risposta. Se è di gradimento, va bene, tutto prosegue in armonia, se è non gradita, divento qualcosa o qualcuno che va punito.

Mi rendo conto che nel cuore del litigio, si diventa ciechi alle altrui visioni e si sostiene a spada tratta la propria posizione, anche a costo di farsi male e far male. A volte, è assurda, però, la cecità che si persevera anche dopo, quando ogni rumore cessa e tutto è silenzio.

 

Avrò poi ragione? O ha ragione la mia controparte?

 

“La pazzia, a volte, non è altro che la ragione presentata sotto diversa forma.”

Goethe

 

Alla fine, ho semplicemente esposto un fatto – per me – un fatto non è un’accusa, se lo presenti come tale. Ho ripetuto, con sincerità e onesta, alla mia compagna, “non ti sto accusando”, dico quello che è successo.

 

E cosa era successo?

 

Beh, conta poco. È sempre, o un malinteso, o un’incomprensione, o più semplicemente vedute diverse. Quel che mi spiazza è, che lei reitera nei miei confronti una sorta di punizione. Non mi parla, si mostra scostante e accigliata e smette di fare quei piccoli riti che sono un nostro atto di gentilezza (amore) reciproco, poi gli passa naturalmente. Ma di fatto non comprendo questo, infantile, atteggiamento. Io già dieci minuti dopo il litigio, depongo le armi a terra, e porto le solite idee, le solite frasi, per riconciliarci.

 

Alla fine, non è successo nulla. Le dico. Dimentico subito (io), è nella mia natura. Una difesa che la mia mente ha eretto fin dai primi anni di consapevolezza.

 

Non posso però evitare un pensiero. Non comprendo, come faccia un essere umano a perseverare un atteggiamento negativo. Non voler andare oltre. Perché anche se dopo tutto passa, nulla è risolto. Non si è parlato, questo è un (suo) vizio. Si lascia scemare la cosa senza risolvere nulla, senza chiarirsi o perdonarsi. Non dico che sia sbagliato – ognuno ha la sua verità di cosa è giusto e sbagliato – dico semplicemente che non comprendo (un mio limite).

 

In passato gli stavo dietro e cercavo il chiarimento (con la mia compagna) ad ogni costo, risultando forse fastidioso e impertinente.

Oggi, anche con lei, ho messo distanza, è ineluttabile.

Devo accettare la sua natura, le sue forme litigiose e le sue risoluzioni. Darle spazio.

Questo porta ad un’inesorabile conclusione.

Sono, sempre è comunque, solo.

 

C’è un’idea comune che avvolge le relazioni.

L’idea che va rispettato lo spazio altrui, anche di chi ami. Soprattutto di chi ami.

È giusto!!! Ma ha un costo. Tutto ha un costo.

 

Cosa ho imparato? Che ho cercato l’amore per trovare una compagna. Che ho amato e amo per non sentirmi solo, per essere parte di qualcosa. Quando, poi, sono diventato parte di quell’unicità, si è preteso un prezzo per la diversità che porto.

 

Restare sé stessi ha un prezzo. A volte difficile da pagare.

 

L’inevitabilità della vita.

 

 

 

 

 

 

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natodallatempesta0 più di un mese fa

 

Folle essere umano

 

Apro Libero per entrare nel mio profilo e poi nel blog, e la prima notizia che mi si presenta davanti è:

 

“Padre getta i figli dalla finestra del quinto piano e poi si suicida.”

 

Misero essere umano, meschino essere umano, vigliacco essere umano.

 

Folle uomo, colpevole uomo.

 

La realtà sfida la letteratura e il cinema. (La realtà) potrebbe pure vincere, e sedersi sul trono della tragedia.

Chissà Shakespeare quali pensieri maturerebbe se fosse vivo oggi? Le sue tragedie sono povere d’orrore.

 

Ecco cosa anima, oggi, la società: l’orrore.

 

Fateci caso.

 

Le parole non hanno il potere di impressionare la mente senza lo squisito orrore della loro realtà.

Edgar Allan Poe

 

Per quanto cerchi l’ottimismo e la bellezza, la cronaca e i ridicoli e faziosi cantastorie contemporanei, cospargono la moderna corrispondenza, di morte e violenza.

 

Se si è costretti al cinismo, allora mi sorge spontanea l’offensiva e impudente domanda:

 

(scusate il francesismo)

 

Ma che cazzo me ne fotte se uno si butta dalla finestra. Non ci tenevo a saperlo PRIMA e non ci tengo a saperlo, neanche, ORA.

 

“Non me ne frega un cazzo.”

 

Il disgusto per l’essere umano è diventato così profondo che la mia anima si è ammalata di indifferenza.

 

La cosa tragica o comica è!!!???

 

Che ha una vita che cerco di curarmi. Ho donato, persino il mio talento, all’essere umano affinché la bellezza e l’arte potesse essere un legame sociale di condivisione e benessere.

 

Mi dicono e mi dico, guarda ai buoni, guarda agli onesti, guarda a chi ha amore nel cuore.

 

E dove sono? O meglio?

 

Dove sono quando serve?

 

Forse esagero.

Ma non posso non pensare che stiamo perdendo, piano piano, qualcosa.

 

Sì! Credo d’aver esagerato.

Come rimediare?

Come lasciare il sorriso ed evitare l’amarezza della disillusione.

 

Che ci crediate a no, non era mia intenzione scrivere con questi toni e certo avrei preferito altri contenuti. Era inevitabile, però, puntualizzare la banale verità.

 

Qual è verità?

 

Che voglio la bellezza. Voglio che mi si racconti la gentilezza, che si possa leggere l’umanità nella sua innocenza. Voglio saper dell’esistenza di uomini e donne che hanno nel petto ancora un cuore e in testa un cervello.

 

Voglio la – par condicio – nella cronaca moderna. Sia equa la canzone, sia equo il cantastorie.

 

Tragedia e amore.

 

Equità

 

In quanti modi ti amo? Fammeli contare.

Ti amo fino alla profondità, alla larghezza e all’altezza

Che la mia anima può raggiungere, quando partecipa invisibile

Agli scopi dell’Esistenza e della Grazia ideale.

Ti amo al pari della più modesta necessità

Di ogni giorno, al sole e al lume di candela.

Ti amo generosamente, come chi si batte per la Giustizia;

Ti amo con purezza, come chi si volge dalla Preghiera.

Ti amo con la passione che gettavo

Nei miei trascorsi dolori, e con la fiducia della mia infanzia.

Ti amo di un amore che credevo perduto

Insieme ai miei perduti santi, – ti amo col respiro,

I sorrisi, le lacrime, di tutta la mia vita! – e, se Dio vorrà,

Ti amerò ancora di più dopo la morte.

Elizabeth Barrett Browning

 

 

 

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natodallatempesta0 più di un mese fa

 

Respira

 

Ieri mi è giunta la triste notizie che un mio cugino è morto per un infarto fulminante.

La morte in sé non mi suscita pensieri particolari. Periodicamente mi giungono notizie simili, zii e zie che purtroppo lasciano questa terra, ad una certa età è inevitabile.

Questa volta il trapassato non era così avanti con l’età, qualche anno in più di me.

Non so – mio cugino – che vita ha vissuto in questi ultimi decenni, non lo vedevo da lustri, ma certo è stata, forse, breve – la sua esistenza.

Quando si riflette sulla morte, è altrettanto inevitabile, scivolare in una certa retorica e morale.

Una cosa è certa!? Al morto, nulla più interessa e forse è in pace.

Noi che restiamo ci avvolgiamo d’un sudario malinconico, fatto di pensieri acuminati e afflizioni che solo il tempo, piano piano, sopisce.

Adesso, si possono prendere, solo, due strade.

Riflettere sul dolore lasciato dalla morte. Inevitabile. I vivi soffrano, i vivi ricordano, i vivi rimuginano.

O

Riflettere sulla morte che deve arrivare, anche questo è inevitabile, un trapasso ci porta a pensare alla nostra mortalità.

Chissà se esiste una terza opzione?

Magari è, semplicemente, cambiare discorso.

 

“La vita è un sogno dal quale ci si sveglia morendo.”

Virginia Woolf

 

I sogni sono, di solito, belli.

La vita non è, mai sempre e solo, un sogno, ogni tanto spunta qualche incubo.

Invidio gli ottimisti.

Alcuni brani per passare il tempo è perdersi nel silenzio dei pensieri.

 

 

 

 

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