“Ci sono alcuni posti al mondo in cui uno si sente orgoglioso di essere membro della razza umana. Uno di questi è certo Angkor. Dietro la sofisticata e intellettuale bellezza di Angkor c’è qualcosa di profondamente semplice, di archetipo, di naturale che arriva al petto senza dover passare per la testa. In ogni pietra c’è un’intrinseca grandezza di cui uno finisce per portarsi dietro la misura.
Non occorre sapere che ogni particolare aveva per i costruttori un suo significato, che ogni pietra, ogni scrittura, ogni cortile, ogni pinnacolo erano tasselli dell’immenso mosaico che doveva raffigurare i vari mondi, compreso quello superiore, con al centro il mitico Monte Meru. Non occorre essere buddhisti o hindu per capire. Basta lasciarsi andare per sentire che ad Angkor, in qualche modo, ci si è già stati”. Un indovino mi disse, Tiziano Terzani.