Mi descrivo
"un banano nel temporale;
il gocciolio dell'acqua nel catino
scandisce la mia notte."
Matsuo Basho
"Amore mio"
“Amore mio”. Meu amor. Ripetere queste due parole per dieci pagine,
scriverle ininterrottamente, senza sosta, senza spazi bianchi,
prima lentamente, lettera dopo lettera, disegnando le tre colline
della M manoscritta, l’anello tenue della E simile a braccia che
riposano, il letto profondo di un fiume che si scava nella U, e poi
lo sgomento o il grido della A sulle onde del mare, eccole,
dell’altra M, e la O che non può essere se non quest’unico nostro
sole, e infine la R divenuta casa, o tetto, o baldacchino. E subito
dopo trasformare questo lento disegno in un unico filo tremolante,
la traccia di un sismografo, perché le membra rabbrividiscono e si
turbano, il mare bianco della pagina, una distesa di luce o un
lenzuolo levigato. “Meu amor, “amore mio” hai detto, e l’ho detto
anch’io, spalancandoti la mia porta, e tu sei entrata. Tenevi gli
occhi bene aperti venendomi incontro, per vedermi meglio o più di
me, e hai posato la borsa per terra. E, prima che ti baciassi, per
poterlo dire serenamente, hai detto: “Stanotte rimango con te”.”
José Saramago da “Manuale di Pittura e calligrafia”