Affondo
con fame antica, non c’è parola che valga più del tuo sapore vivo.
Mi nutro di te, del tuo scarto di fiato, del tremore che scorre come vino denso tra cosce che si aprono come rivelazione.
Ogni piega, ogni stilla, è un sacramento laico che m’infiamma la lingua. Non c'è vergogna nel bere alla fonte, solo desiderio che si inginocchia e gode del suo inginocchiarsi.
Ti sento stringere l’aria, mentre io cado dentro il tuo battito, e godo non solo del tuo piacere, ma del mio nell’essere lì, nudo d’ego, solo bocca e fame.