Medusa, o delle donne che vengono punite al posto degli
uomini
Non c’è modo di rigirarla la storia di Medusa: come quella di
Cassandra è uno di quei miti che sono un pugno allo stomaco e non
hanno redenzione. C’è lei, che ha la peggiore colpa per una
ragazza: è bella, e non ne fa mistero. Basta questo perché venga
considerata una donna a disposizione da certi maschi e una
pericolosa rivale da abbattere da certe femmine. Medusa fa la sua
vita, ma Poseidone la vede e la vuole. E così la prende. Ma per
farlo aspetta che Medusa sia in un luogo che reputa sicuro: il
tempio di Atena. Fatale errore. Atena fra tutte le dee è quella
meno solidale con le altre donne: è la figlia preferita del
padre, abituata ad imporsi su di lui e a non capire quindi
i problemi delle donne che non hanno un padre onnipotente loro
protettore. Per giunta, non sopporta Medusa che gareggia con lei
in bellezza. E quindi se deve far pagare a qualcuno l’affronto e
il sacrilegio, invece di colpire lo zio Poseidone, rende Medusa
un mostro, con i capelli fatti di serpenti e lo sguardo che
trasforma in pietra. È un mostro, e quindi viene allontanata da
tutti. Finché l’eroe di turno che deve acquisire gloria non
decide di ucciderla tagliandole la testa, per farsi bello con
quella Atena che è stata la causa della trasformazione di Medusa.
E la regala, la testa, proprio ad Atena, che se la mette
orgogliosa sullo scudo. E lei, Medusa, la vittima di tutti,
dei libidinosi e viscidi, di idee maschiliste e
indifferenti e di eroi ambiziosi, muore così, male, dopo una vita
in cui nessuno ha provato per lei un minimo di compassione, o di
solidarietà. Di tutte le figure del mito, lei purtroppo, è la più
femminile e senza riscatto: quella che sconta i peccati di tutti
e finisce pure per essere giudicata un mostro dalla società
perbene.
(Galatea Vaglio)