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LabileAurora

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La dama ricordava. Un giorno di primavera dell’anno precedente, quando il marito stava ancora bene, erano andati insieme alla servitù a raccogliere erbe vicino alla cavità della montagna. L’erba tenera stava appena spuntando e sulle soffici e delicate foglie delle piante si vedevano chiare le sottili venature. Il prato  che rivestiva la superficie della cavità era tappezzato di fiori e, a poca distanza da esso,  si scorgeva una piccola cascata dove accorreva solo un filo d’acqua. Da qualche parte doveva essere nascosta una fresca sorgente. Ma da quel punto in poi il sentiero si faceva molto pericoloso, e seppure a malincuore dovettero ritornare, Man mano che questi ricordi si facevano più forti, lei fissava attentamente la lontana cavità, che da quella distanza sembrava una minuscola nicchia.

Il suo sguardo rivelava una preghiera angosciosa. Una preghiera limpida in cui lei stessa non era cosciente, una preghiera brevissima e potente capace di smuovere la volontà di Dio. Il desiderio con uno splendido battito d’ali si levò dalla sua anima e volò lontano.

In quel momento in mezzo ai luminosi gigli della cavità, la dama vide una massa bianca e indistinta che splendeva con la stessa energia dei fiori. Sembrava un tronco d’albero, ma ondeggiava flessuosa. La donna concentrò lo sguardo su di essa ed ebbe la sensazione che si avvicinasse. Il sole estivo inondava l’atmosfera, dalla verde e afosa valle fin sulla cima dell’alta collina era tutto un abbagliante e caldo luccichio. La dama aguzzò ancor di più lo sguardo e in un batter di ciglia quella massa si fece più chiara. L’immagine era confusa, ma sembrava una donna dai capelli lunghi e lucenti che indossava una lunga veste bianca. Accanto a quel candore abbacinante si intravedeva una luce bianca, piccola come un punto: era un giglio che stringeva nella mano. Una donna con abiti così nobili ed eleganti non si sarebbe potuta incontrare neanche nella capitale, cosa ci faceva mai in quel recesso di montagna? Ma la dama era così affascinata da quella visione che la sua mente non fu neppure sfiorata da simili domande.

Yukio Mishima - La foresta in fiore

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Guardando in basso, i muri bianchi e i muri ricoperti di tegole e intonaco, che circondavano il perimetro del castello, si confondevano intersecandosi tra loro. Gli alberi splendevano alla luce del sole e dal fogliame dei ciliegi si sentiva il canto sordo delle cicale. Il verde che ricopriva tutta la montagna creava una delicata armonia fra i colori tenui e il luccichio delle foglie. Nei pressi della cima il vento soffiava impetuoso e la luminosità degli alberi si spezzava sibilando. In un’ampia cavità della montagna gli alberi si facevano radi, e la luce riverberava abbagliante sull’erba e sui pochi tronchi. Le macchie candide che si vedevano sparse qui e là in mezzo al prato luminoso dovevano essere gigli. L’aria era limpidissima, soffiava una brezza profumata e tutto ciò che splendeva al sole restava immobile come un istante di paradiso. La dama aveva la sensazione di riuscire a sfiorare con le mani quelle montagne lontane, e il mare azzurro pallido all’orizzonte. Dentro di lei bruciava silenzioso il profondo orgoglio di poter raggiungere tutte le cose. In questi momenti sul suo volto smunto e pallido apparivano i colori brillanti di una gioia rara. La mano destra, delicata e piena come un cuscino di morbidissima seta bianca, sfiorava lievemente il crocifisso di argento brunito che portava al collo. Era forse quel contatto a donarle quella gioia soprannaturale? 

Yukio Mishima - La foresta in fiore

 

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Ordinò alla cameriera di restare nella camera e uscì nel corridoio scuro e gelido illuminato appena da una luce fioca proveniente dal soffitto. Salì per una vecchia scala che emetteva freddi scricchiolii, guardò in alto e vide una luce chiara come quella del paradiso.

Giunta in cima alla torre, si sporse dal parapetto e si trovò finalmente di fronte alle sembianze e all’atmosfera della stagione. Il sole cocente riverberava allegro sui pilastri e sul muro ricoperti di polvere, conferendo perfino a questi elementi inanimati un aspetto gioioso. In lontananza, nella parte bassa del castello, si intravedeva il portale. Da quel punto, su una dolce pendenza che arrivava sino al mare, la città allineava i neri e bassi tetti sovrapposti che brillavano al sole rovente come oggetti di lacca. Sembravano i relitti di un’inondazione che traboccavano dalle strette strade e si riversavano con furia selvaggia in ogni direzione. Alla periferia della città si vedeva il mare scuro e calmo, al di sopra del quale il cielo era così nuvoloso che non si riusciva a scorgere la linea dell’orizzonte. Le nuvole sature di pioggia si ammassavano uniformi solo in quella zona, simili a uno strato di umida terra sabbiosa. Alla dama sembrò di udire lontano il rombo di un tuono: il cielo rifletteva il suo spirito malinconico e avvilito. Aveva la sensazione che l’estendersi di quelle dense nuvole avrebbe ingrandito le sue sofferenze. La donna distolse lo sguardo dallo scenario, si allontanò dal punto in cui si trovava e si avvicinò alla parte opposta del parapetto. Poiché il castello era situato in un’ampia valle, da quella posizione si scorgevano alcune placide montagne. Una di queste si ergeva in lontananza proprio di fronte al belvedere, con accanto una dolce collina che, più bassa, le si addossava come ci si accoccola vicino a un intimo amico.

Yukio Mishima - La foresta in fiore

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Io so dove sono nascosti i miei desideri. Essi sono come un fiume che scorre veloce, qualsiasi punto della sua corrente muta di continuo. Gli uomini non fanno in tempo a guardarlo che esso è già cambiato. I loro sguardi non possono fermarlo perché è eterno. I miei desideri devono essere lì, dove si sono sempre nascosti i desideri dei miei antenati. Cosa abbastanza insolita, i miei avi appartengono sia alla classe militare sia all’aristocrazia. Quando mi recavo con mio padre e mia madre nei luoghi di origine della mia famiglia, lungo il percorso del treno, un incantevole fiume appariva e scompariva come se volesse proteggere il nostro viaggio. Ah quel fiume, io lo capivo. Capivo il segreto messaggio che trasmetteva dagli antenati a me: i tuoi desideri non sono morti, si celano da qualche parte. E in quel luogo recondito fioriscono come rose in un’antica siepe di bambù. Per mia nonna e mia madre il fiume dei desideri scorreva sotto terra. Per mio padre era diventato un piccolo ruscello. Per me… ah, se si trasformasse in un grande fiume impetuoso, maestoso come una tessitura di damasco, solenne come un canto celebrativo degli Dei.

Yukio Mishima - La foresta in fiore

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Han Kang - L'ora di greco

 

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Se la neve è silenzio che scende dal cielo, la pioggia forse è un'interminabile catena di frasi.

Parole che cadono sui marciapiedi, sui tetti dei palazzi di cemento, sulle pozzanghere nere, e rimbalzano.

Lettere della mia lingua madre avviluppate in gocce d'acqua nere.

Tratti dritti e rotondi, sfuggenti.

Virgole e interrogativi che si incurvano.

 

Han Kang - L'ora di greco

 

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Han Kang - L'ora di greco
 

 

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Kaho Nashiki - Le bugie del mare

 

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“Sedici anni per la strada e si imparano tante cose. Ma tutte quelle sbagliate, non quelle che vuoi imparare. Sedici anni per la strada e vedi tante cose. Ma tutte le cose sbagliate, non quelle che vuoi vedere.”

S.E. Hinton - The Outsiders, I ragazzi della 56a strada

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LabileAurora 01 giugno

 


R̶e̶v̶e̶r̶s̶e̶ ̶i̶n̶ ̶B̶l̶a̶n̶c̶u̶r̶a̶


͜͜͜͝͝͝͠
͠͡

"Non raccontate mai niente a nessuno.
Se lo fate, poi comincia a mancarvi chiunque.
"

J.D. Salinger - Il Giovane Holden
 
 

 

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