La tecnologia ci ha dato tanto e tanto le dobbiamo.
Potremmo usarla anche per capire qualcosa che non sia tangibile ed utilizzabile materialmente.
Per esempio, le immagini ed i video sono, in realtà, un insieme enorme di pixel, cioè piccoli punti luminosi che emanano una luce variabile.
Si potrebbe pensare ai secondi che scandiscono il tempo come dei pixel basilari.
Se provassimo a contare ogni secondo vissuto della nostra vita, ci accorgeremmo che ne abbiamo collezionati migliaia e migliaia fino ad arrivare a milioni.
E ognuno di loro è importante perché il è microscopico mattoncino su cui si costruisce l’evoluzione dell’esistenza.
Ogni pixel/secondo che si vive ha un proprio colore, determinato da quello che si sta prova, sia per scelta propria che per cause esterne.
Ora immaginando che migliaia di pixel/secondi non rilascino luce colorata ma siano fissi su una sfumatura nera o grigia, proviamo ad pensare a come quel tempo sia cupo e immobile. Inutilizzato.
Quindi, considerato che dipende anche da noi e anche per il fatto che i pixel/secondi non sono infiniti, si può pensare che dare “colore” a quel tempo, magari smettendo di restare come ipnotizzati da quel nero che sembra immodificabile, sia un compito da svolgere ogni singolo giorno.
Ogni singola ora, ogni singolo secondo.
Per non restare inerti, fermi nell’oscurità.