Allora, c'era questo pettirosso,
piccolo che lo tenevi nel pugno della mano, ma con le sue idee
che nessuno riusciva a togliergliele dal capo. Voleva volare in
quà e in là a vedere il mondo, becchettare dove c'era da
sfamarsi, e non gli piaceva per nulla che gli avessero assegnato
il suo posticino e morta lì. Così che un giorno prese il coraggio
a quattro mani e si presentò dal signor falchetto, il re degli
uccelli del bosco. “Vorrei il permesso, signoria, di andare un
po' dove mi pare, tanto non darei fastidio a nessuno, piccolino
come sono”. Così gli disse, e intanto gli tremavano tutte le
penne. Il falchetto s’adombrò immediatamente e fece la voce
grossa: “Questa è una faccenda che non mi piace per nulla. Tu
devi mettere la testa a posto e non star a disturbare con le tue
pretese. Fila via o chiamo le gazze'”. E nel dirgli questo, senza
neppure farci caso, gli diede una zampata che gli artigliò a
sangue un’ala. L’aveva pagata cara quell’uccelletto la sua smania
di libertà. Ma testardo com’era, in due o tre giorni era di nuovo
in aria a volare. Certo, alla bell’e meglio, che arrancava dietro
alla sua aluccia offesa tutto di sghimbescio. Sembrava diventato
un pagliaccio tanto era buffo come si era ingegnato di volare con
un’ala sola. E tutti gli uccelli giù a ridere. E ridevano a
crepapelle anche il signor falchetto e le gazze. Così che dal
gran ridere nessuno si accorgeva che ogni giorno che passava il
pettirosso volava sempre più in alto e un po’ più in là del posto
che gli avevano assegnato. E il giorno che il falchetto se n’è
accorto il pettirosso oramai volava così in su che dall’alto
prese a bombardare sul capo il re degli uccelli a colpi di
cacatine.