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Ma analogie e clonazioni non si fermano alle parti più
arcaiche e mitologiche della Bibbia. Esemplare a questo proposito è
il racconto, contenuto in Esodo, della nascita di Mosè. Il nome
stesso del profeta ebraico fa riferimento all’estrazione dalle
acque, anche se è dibattuto se si riferisca al salvataggio del
neonato dalle acque del Nilo o all’aver condotto il popolo
attraverso il Mar Rosso (in realtà, la palude detta Mare di
giunchi, secondo le interpretazioni filologiche più accreditate,
situata a nord di Suez: anche ad aver fede nel miracolo della
divisione delle acque, non si spiegherebbe il motivo per cui Mosè
abbia spinto il suo popolo così a sud, nel viaggio verso Canaan).
Ritornando all’esposizione di Mosè nelle acque del Nilo, per
salvarlo dall’eccidio dei neonati ebrei ordinato dal faraone, e la
conseguente salvezza dell’infante dovuta all’intervento della
figlia del faraone, il racconto segue pari pari il mito di Sargon,
fondatore dell’impero accadico, la prima civiltà monumentale
semitica della storia. Sargon, figlio illegittimo di una
sacerdotessa, viene da questa abbandonato nel fiume, da cui viene
tratto in salvo dal pastore e contadino Akki. Il racconto di Sargon
combacia persino nei particolari (la cesta impermeabilizzata col
bitume) con racconti successivi (non solo Mosè, ma anche Romolo ed
altri) ed è stato considerato archetipale per una serie di miti di
eroi nazionali da Otto Rank, allievo e assistente di Freud, nel suo
fortunato saggio d’esordio del 1909 Il mito della nascita
dell’eroe.
Le ragioni di una tale quantità di coincidenze tra la Bibbia
e i poemi mitologici mesopotamici sono facilmente intuibili e sono
narrate nello stesso libro sacro giudaico-cristiano. Abramo, il
primo patriarca, emigrò col padre Terah e la famiglia da Ur dei
Caldei, antichissima città sumera situata non lontano dal Golfo
Persico, ad Harran, nei monti della Mesopotamia settentrionale; da
qui, successivamente si spostò nella terra di Canaan, da dove, a
causa di una carestia, dovette emigrare in Egitto. Appare ovvio che
il patriarca si portò dietro un bagaglio culturale costituito dai
miti di origine sumera, evidentemente popolari nella sua terra di
provenienza. Se poi consideriamo che i riscontri storici
dell’epopea di Abramo sono situabili nella fase finale del III
millennio a.C., in un periodo immediatamente successivo alla fine
dell’impero degli Accadi, popolo semita come gli Ebrei, appare
verosimile ipotizzare che in quel bagaglio culturale ci fosse anche
il mito di Sargon, fresco di conio.