"Di ora in ora, di sangue in sangue, avevo paura di imitare gli
storpi, dimenticare una gamba in una guerra vinta, una porzione
di fegato, un occhio, un dito, un callo, protuberanze e falsità.
Mi sai dire, Socrate, come si insegna la virtù? Mi sono stabilito
dentro me stesso, ho approfittato della mia distrazione, col
tempo si impara, e l’idiota stravagante che parla di
costellazioni è certamente un farabutto, un autorevole ruffiano
che mi può seppellire con un rito, un lustrascarpe di quel dio
bestemmiato a mezzogiorno, quando il sole è alto, uno schiavo
dentro una livrea, un uomo dentro lo schiavo, un’idea dentro
l’uomo: uccidere con le mani giunte, preghiera e pugnale, parola
e cosa.
Adesso vado a ricordare, serviranno i secoli, a tratti mi
illumino, poi mi spengo. Breve introduzione alla verità.
Brevissima, è già finita. Ogni giorno una tomba inchiodata alla
testa mi soffoca e mi commuove. Cosa vuoi dire. "Voglio", dire
sarebbe troppo, l’intelletto è una fornitura di asinerie maggiori
e di asinerie minori, sempre e solo asinerie, non si ravvede mai,
riempie la bocca di sentimenti e la vita di tragedie, quando si
comporta bene, e non è detto che si comporti sempre bene. La
realtà, ovvero il costume della realtà, ragazza in gamba ma quasi
trasparente, è uno smisurato delirio, e si dice che io sia il
pazzo, il protagonista dell’opera, e si dice che io abbia perso,
e si dicono un mucchio di cose, tutte sensate, protocollo
saggezza applicato in dicembre alla vita di un disgraziato,
questo dicembre, sul finire di un autunno tra i più belli che
abbia mai visto, pieno di foglie secche e di uomini secchi,
cadono gli uomini, vantiamo centinaia di belle carcasse per ogni
giorno di questo autunno indimenticabile."