Se devo essere realista mi sto accorgendo di qualcosa che era già in atto da tempo, mi conosco e riconosco dei limiti. Son letteralmente trasportato altrove, mi sento spoglio come un albero in inverno. Pensieri che sento di dover scrivere di impulso prima che possa o tornare in testa, in disordine, perdersi. Chissà com'è perché escono per poi riperdersi la maggior parte delle volte, come fosse la loro natura quella di spiccare sopra a tutti e tutto. La fretta di farlo stavolta per non lasciarmi modo di gestire tutto come faccio sempre. A costo di parcheggiare l'auto sul ciglio della strada, senza motivo apparente. Libertà guadagnata se non altro per loro che chiusi in gabbia perderebbero nome e forma. Non lo faccio col concetto di prendermi cura di me, non c'è metodo, non c'è un reale motivo, come dicevo son trasportato altrove. In questo processo la mia natura mi porta a bruciare e consumarmi. Uno ad uno i pensieri che non ho fatto in tempo a liberare tornano da dove sono venuti e resta un silenzio assordante. Intanto osservo gli altri pensieri che come foglie, tardivamente cadono attorno a me. Ero troppo giovane per i frutti, ora è troppo tardi per pensare di germogliare di nuovo.
Ciò che ho detto che ho fatto che sono sembrato
Fogliame fogliame che muore e lascia all’albero
soltanto il gesto nudo delle braccia
Cambiamenti. Cambiamenti che troverei anche altrove, ma giungerò a destinazione prima o poi e ad "altrove" troverò anche me stesso, assieme a questi cambiamenti che questa malattia ci sta portando mutando tutta quella che è la nostra vita.