Una volta eravamo in vacanza, era fuori stagione, era strano...non c'erano mai i soldi per niente. Ricordo il treno che ci portò in Trentino, Trento per la precisione. C'era questo suo amico che ci avrebbe ospitato. Ricordo che non andavamo mai d'accordo, dopo la comunità era stata una guerra su tutto, anche sul nostro rapporto che faceva un passo in avanti e tre indietro. Ricordo di averle fatto proprio perdere la pazienza e quella sera mi son sentito proprio di troppo. Eravamo nelle strade di una città, in questo centro storico dove non c'era nessuno o forse dopo la sfuriata non c'era proprio nessun altro che noi nella mia testa. Dopo un quarto di secolo non so cosa fosse reale, cosa no. Non ricordo esattamente le parole ma il concetto, le sensazioni sono rimaste. Io indietro, lei e lui davanti, sarei potuto sparire. A pensarci ho provato la stessa sensazione di quando perdi qualcuno, quel malessere che parte dal petto e si pervade fino alle dita. La paura da una parte e l'indifferenza dall'altra, la stanchezza, il rimorso, la consapevolezza. Non ho mai affrontato né ricercato confronti né ho mai sentito la necessità di scavare dentro. però in questi giorni...credo che sia lampante quanto mi abbia colpito a fondo questa cosa. Triste non è una storia come un'altra di una madre non all'altezza. Triste può essere che a 36 anni suonati fatichi a razionalizzare quand'è che esattamente ne hai vissuto mezzo l'ultima volta, ridotto ad aspettare persone che non combaciano con i ruoli che hai scelto per loro. Aspettare. Sapere di avere tutta la libertà del mondo, quella di prendere e andare, oppure aspettare ma...non quella di accettare che per quanta libertà ti puoi prendere non è così per gli altri e che se tu vai loro probabilmente non potranno seguirti. per limiti, per scelta, perché non era destino.