Accetto
la mia incompletezza, gli smarrimenti, il bloccare le emozioni
quando non le so gestire, il temere la mia potenza
realizzatrice.
Accetto
l'instabilità, la precarietà,
la
presunzione di sentirmi diversa e la sofferenza dei miei
limiti.
Accetto
che anche il rumore di una foglia fa sussultare la mia anima
bambina,
che una
parola può uccidermi e una parola può ridarmi vita.
Accetto
con amore, con un sorriso, con umiltà la mia imperfezione, le
mancanze, tutte le volte che non ho amato, che non ho osato, che
non ho taciuto.
Accetto
la mia chiusura silenziosa,
il mio
non voler esserci, il mio desiderio di fuga.
Accolgo
le mie fragilità,
la mia
emotività eccessiva e una sensibilità che mi lacera, perché
l'anima ce l'ho sulla pelle, senza protezioni naturali, senza
autodifese.
E così
mi espongo al sole e aspetto che mi maturi come il migliore dei
suoi frutti. Accetto quello che sono, così come sono, nello
splendore di tanta imperfezione, nella luminosità di tanta
trasparenza, nell'oscurità di tanto dolore. Accetto il fiore che
germoglia nel mio seno di donna, nel mio cuore di artista, nel
mio spirito contraddittorio e traboccante di vita.
Nella
ricezione amorevole del mio essere, scelgo di accogliere i
desideri, approdi da cui salpare verso acque interiori, paesaggi
dell'anima immaginati, a cui devo dare un nome, per poterli
chiamare, per poter cantare: "ti ho visto anima mia, ti ho
conosciuto e amato come si fa con la creatura più bisognosa,
affamata di vita e di bellezza, magica, incantevole, miserevole,
compassionevole, vitale, un eterno divenire che mi sfugge e che
pure possiedo nell'annullamento della mia piccola persona, nella
regalità di un sogno privo di dubbi e ardente di
stupore".
(Cristiana
Zampa)