Tra le infinite disgrazie di appartenere alla mia infausta
generazione, c’è una eccezione, una eccezione magnifica che
coinvolge con orgoglio e che permette addirittura di rasentare
paradossalmente la felicità.
I figli dei genitori del dopoguerra hanno per decenni raccolto
soprattutto umiliazioni, anche perché, almeno apparentemente,
possedevano una embrionale ma discreta “coscienza del sé”.
Questo fece si che si ribellassero – a volte anche in maniera
violenta ed irrazionale – alla marea di regole obbligatoriamente
prestabilite dalla convivenza sociale e che erano ritenute
assolutamente castranti ed obsolete.
Il tumulto interiore che albergava in soggetti alla ricerca di se
stessi – mescolati senz’altro anche a legioni di debosciati -,
era aumentato da una emarginazione progressiva imposta da
imbonitori di ogni ordine e grado che mai avrebbero lasciato
spazi ai cosiddetti capelloni, tossici e così via..
Il risultato è stato il caos, ossia la totale disintegrazione di
una generazione annientata dalla droga e da un corollario
culturale che ha avuto il suo apice nella “psichedelia”.
E in questo fermento vitale, in mezzo a questo magma detestato da
sempre dal perbenismo borghese, è nata una stella sulla Terra che
brilla e brillerà indelebilmente nel firmamento che ci contiene..
Questa stella oggi è universalmente riconosciuta e porta un nome
pulito e amato da tutte le generazioni che hanno seguito la sua
nascita.
Il suo nome è: Pink Floyd.