Arrivò al parcheggio che il sole già
cominciava a calare, tutto intorno distese di campi gialli,
talmente gialli che sembravano ripassati con
l’evidenziatore.
Spense il motore, aprì lo sportello e scese lentamente,
richiudendo poi con decisione. Lui era in piedi di spalle, un
sottile filo di fumo si alzava dalla sua sagoma in controluce
sul cielo rosato.
“Ti ho cercato…” disse piano lei quando lo raggiunse,
avvicinando il viso alla sua spalla e guardando nella sua
stessa direzione.
“Sì, lo so.”
Rimise la sigaretta in bocca e aspirò una lunga boccata, senza
voltarsi.
“Non mi hai risposto…” continuò lei con lo stesso tono di voce,
dolce, e quasi rassegnato.
“E’ vero.”
Irritata dalla sua immobilità, lei fece
due passi e si andò a mettere di fronte a lui, coprendogli il sole
che tramontava, e cercando il suo sguardo azzurro che lui
volutamente teneva fisso in un punto lontano.
La luce rosata del tramonto sembrava mitigare tutto, come una sorta
di anestetico che si potesse respirare senza rendersene conto ma
apprezzandone comunque il beneficio.
Lei alzò dolcemente la mano destra, la posò sulla sua guancia e
disse: “Guardami, per favore”.
Lui abbassò lo sguardo fino a guardarla, alzando un sopracciglio
come a dire: “Sì? Parli con me?”
Lei aveva ormai capito che non poteva
fargli discorsi profondi, spiegargli quello che aveva dentro,
parlargli delle sue aspettative, che lui stesso aveva generato, e
delle delusioni che costantemente raccoglieva quando cercava di
ritrovare le sensazioni dei primi tempi. Ci aveva semplicemente
rinunciato, tanto lui non capiva, e lei soffriva solamente. Ma non
voleva rinunciare a lui.
Guardava i suoi splendidi occhi di ghiaccio e intanto,
tranquillizzata dalla luce del tramonto, cercava di pensare a come
comunicare con lui, a quali emozioni trasmettergli, a quante e
quali possibilità aveva di raggiungere ancora il suo cuore, e di
sentirlo vicino come era un tempo.
Lui non sostenne il suo sguardo a lungo,
approfittando della sigaretta lo distolse e, dopo alcuni minuti di
silenzio, si rigirò di scatto verso di lei chiedendo: “Quindi?”
Lei ebbe allora la precisa sensazione che nulla fosse trapelato
della sua ennesima delusione, del suo senso di ingiusto abbandono,
si sentì come qualcuno che scrive le sue ragioni in grande sul muro
di un luogo deserto, dove nessuno le leggerà mai…
Si avvicinò alle sue labbra, in un istintivo desiderio di baciarlo,
ma un attimo prima del contatto alzò gli occhi, vide l’azzurro di
quelle due stelle fredde rimanere senza luce, senza il calore e la
passione che ci aveva letto in passato… e si
fermò.
Senza togliere la mano dalla guancia di
lui distolse un attimo lo sguardo per ricacciare dentro una
lacrima, e rigirandosi a guardarlo disse: “Quindi… ciao, ci
vediamo…”
Lui senza cambiare espressione, e senza accennare a muoversi le
disse: “Ciao, ci vediamo”.
Lei si girò, raggiunse la sua auto, si sedette al posto di guida.
Attese qualche minuto prima di accendere il motore, poi, piangendo,
fece inversione e scomparve contro il cielo ormai
viola.