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bluaquilegia 10 ottobre

 

The Cure – Alone 

Questa è la fine di ogni canzone che cantiamo
Il fuoco si è spento in cenere e le stelle si sono affievolite con le lacrime
Freddi e spaventati, i fantasmi di tutto ciò che siamo stati
Brindiamo con i fondi amari, al nostro vuoto
E gli uccelli che cadono dai nostri cieli
E le parole che scivolano via dalle nostre menti
Ed ecco all’amore, a tutto l’amore
che sta scomparendo dalle nostre vite
Le speranze e i sogni sono svaniti
La fine di ogni canzone

E tutto si ferma
Siamo sempre stati sicuri che non saremmo mai cambiati
E tutto si ferma
Eravamo sempre sicuri che saremmo rimasti gli stessi
Ma tutto si ferma
E chiudiamo gli occhi per dormire
Per sognare un ragazzo e una ragazza
Che sognano di un mondo che non è altro che un sogno

Dov’è andato?
Dov’è andato?
Un lamento con la voce rotta per chiamarci a casa
Questa è la fine di ogni canzone che cantiamo
Dov’è andato?
Dov’è andato?
Dov’è andato?
Dov’è andato?
Un lamento con la voce rotta per chiamarci a casa
Questa è la fine di ogni canzone che cantiamo, da soli

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a nord nord est  l'inverno si scioglie

la mia mano sinistra gelata

eppure salda al suo braccio 

vago gusto resina i baci

riflessi indistinti negli occhi rapaci gialli

gocce di calicanto dietro l'orecchio

 

 

 

 

 

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Non voglio diventare dio, né eroe.

Solo trasformarmi in un albero,

crescere per secoli, senza far del male a nessuno.

 

Czestaw Mitosz

 

 

 

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Merry Christmas Mr. Lawrence - Ryuichi Sakamoto 

From Ryuichi Sakamoto

Playing the Piano 2022

 

 

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WALLACE STEVENS

Il senso ordinario delle cose

 

Cadute le foglie, torniamo
al senso ordinario delle cose. È come se
avessimo esaurito l'immaginazione,
inanimi in un savoir inerte.

È difficile persino scegliere l'aggettivo
per questo freddo vacuo, questa tristezza senza causa.
La grande struttura è diventata una casa modesta.
Nessun turbante percorre i pavimenti immiseriti.

La serra ha più che mai bisogno di una riverniciatura.
Il comignolo ha cinquant'anni e pende da una parte.
Uno sforzo fantasioso è fallito, una ripetizione
nella ripetitività di uomini e mosche.

Eppure l'assenza dell'immaginazione doveva
essa stessa essere immaginata. Il grande stagno,
il suo senso ordinario, senza riflessi, foglie,
fango, acqua come vetro sporco, espressione di un certo

silenzio, il silenzio di un topo uscito a vedere,
il grande stagno e lo sfacelo delle ninfee, tutto ciò
doveva essere immaginato come una conoscenza inevitabile,
imposta, come impone una necessità.




Mondadori Editore, Collana Meridiani, Milano - 2015

 

 

 

fuck nota:

mi sono strappata le ali dal dorso liberandomi dall'utopia di salvare anche solo uno dei frammenti di questo mondo.

Le ferite, ammesso vi fossero, le ha curate il sole rovente assieme alle falci taglienti di lune bianche.

un'inusuale leggerezza mi ha pervaso, sollevata dal mio stesso peso, dal peso della pretesa. 

sotto al tiglio leggo venature di foglie secche, le chiudo nel palmo della mano per ascoltare il crepitio della distruzione.

osservo le fessure sulla terra riarsa, ogni giorno più marcate, nuova geometria,

geografia di frammenti. 
La stagione, in tutto ciò, scorre pacificamente lenta, le radici affondano e si dissetano in acque antiche. 

non desidero nulla, è meraviglioso.

 

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LUIGI PIRANDELLO

 

Io sono così


Quando tu riesci a non aver più un ideale,
perché osservando la vita sembra un enorme pupazzata,
senza nesso, senza spiegazione mai;
quando tu non hai più un sentimento,
perché sei riuscito a non stimare,
a non curare più gli uomini e le cose,
e ti manca perciò l’abitudine, che non trovi,
e l’occupazione, che sdegni
– quando tu, in una parola, vivrai senza la vita,
penserai senza un pensiero,
sentirai senza cuore –
allora tu non saprai che fare:
sarai un viandante senza casa,
un uccello senza nido.
Io sono così.

 

 

 

 


 

                    NICK DRAKE, Fly

                     

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tempo fa credevo che l'agire, il fare, 

fossero il modo opportuno di esistere.

Ora ho compreso che non ho bisogno

di agire strenuamente, molto più semplicemente,  sono.

Se ciò sia sufficiente o meno all'idea che 

altri hanno di me, ai bisogni che cercano di colmare tramite la mia persona,  non mi interessa: mi interessa lasciare che le cose accadano, consentirle, provare il piacere profondo di sapere che, in un campo, mentre vi cammino, sono il vuoto,

un pensiero solcandoni, è il vuoto.

 

 

 

 

 


 

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Patrizia Cavalli
 

Poesie per colazione 

 

Era alla luce terribilmente sabato,
quel sole infimo che annunzia svogliatezze
mentre nella piazza fin dentro le mie finestre chiuse si muoveva il mercato prolungato.
L’ultima offerta e poi si chiude.
Poi la festa untuosa e il silenzio.              Già si smontavano i banchetti con la ferocia trasandata della fine.
Forse era possibile una corsa per prendere qualcosa, forse restava qualche cassetta ancora non riposta.
Ma non mi decidevo a quella corsa.
Quando scendevo ormai era tardi
tra i mucchi di foglie di carciofi
e i pomodori sfatti dove una vecchietta china correva rapace alla riscossa di mezze mele di peperoni buoni per tre quarti.
Ma io non cercavo frutta marcia o fresca,
io volevo soltanto la certezza
della settimana che finisce,
dell’occasione persa.


 

 

versi da:

L’io singolare proprio mio”

in Poesie, Einaudi editore, 1992.

 

 

 

 

 

 

la ricordo Patrizia.

 

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sto qui, su questa mia zattera fatta di parole, solcando i boschi, senza rotta, cercando, nelle nelle parole stesse, un buon silenzio, un silenzio giusto, musicale, misurato. ebbene, dalla zattera di parole ricordate, ascoltate, fraintese, impastate, ho trovato un volumetto straordinario, un piccolo volumetto contenente gli scritti di Abraham Sonne, il Dottor Sonne, tanto ammirato da Elias Canetti. 
 

posso solamente consigliare le sue pochissime parole, silenziose, trasparenti, belle.

eccone un cenno:

 

 

«In queste bianche notti di sogno

sognate da un mondo stanco,

il tempo silente ascolta il suo battito,

mentre le fonti giubilano

celebrando la propria essenza.» (...)

 


Avraham Ben Yitzhak 

 

Poesie

con un saggio di Lea Goldberg, 

Portatori d'acqua Editore, giugno 2020

pagina 55
 

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Jiří Orten

 

Io sono dei piovaschi e delle siepi
e delle erbe chinate dalla pioggia
e della chiara canzone che non gorgheggia,
del desiderio che sta chiuso in lei.


Di chi sono?
Io sono di ogni piccola cosa smussata
che mai spigoli ha conosciuto,
dei piccoli animali che reclinano la testa,
sono della nuvola quando è straziata.

 

Di chi sono?
Io sono del timore che mi ha tenuto
con le sue trasparenti dita,
del coniglietto che in un giardino in penombra esercita il suo fiuto.


Di chi sono?
Io sono dell’inverno ostile ai frutti
e della morte, se il tempo lo chieda,
io sono dell’amore, di cui sbaglio la porta,
al posto di una mela ai vermi lasciato in preda.

 

 

versi editi da Einaudi, scritti il 26 maggio 1940 (per i puristi attentissimi).


lo scatto, invece vi conduce direttamente dentro ad uno dei fiori della mia peonia bianca, fate attenzione, siate a modo... 

 

 

 


 

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