Piccina
La bambina, sollevandosi in punta di piedi, scavalcò a fatica la bassa ringhiera. Atterrò sul marciapiede, si cacciò le manine nelle grandi tasche del grembiulino e mi guardò. - Cosa fai qui, piccina? - Le chiesi guardandomi attorno in cerca di un adulto.
La fredda pioggerellina le appiccicò i rossi riccioli sulla fronte, così le porsi il mio ombrello per ripararsi. Era enorme per lei ed a fatica lo afferrò stretto senza smettere di guardarmi.
Sentii la pioggia bagnarmi il viso, appiccicarsi agli occhiali. Vidi la bimba scomporsi in tante piccole immagini come in surreale gioco psichedelico. Mi tolsi gli occhiali e passai una mano sul viso.
- Dov'è la tua mamma? - le chiesi indicando la casa in fondo al giardino alle sue spalle. Lei si tolse di tasca un fazzolettino tutto stropicciato, lo guardò per un secondo indecisa, poi me lo tese.
- Grazie - le dissi cominciando ad asciugare le lenti. Mi avvicinai al cancelletto di legno e suonai il campanello. Vidi una luce accendersi nella grande casa e la bimba si girò correndo e saltellando verso la luce. Forse si accorse di avere ancora il mio ombrello in mano, perché si fermò, ci pensò un momento, poi con una manina mi salutò, prima di scomparire in casa. - Ciao piccina - le gridai sorridendo.
La pioggia si fece intensa e mi strinsi il bavero del giaccone per ripararmi. Cominciai a camminare svelto, senza smettere di sorridere.