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il_mutodigallura

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ultimo accesso: 06 marzo

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il_mutodigallura più di un mese fa

AGGIUS

Sono gli abitanti dell’estremo lembo della Sardegna settentrionale, hanno un tipo speciale, caratteristico. La loro immaginazione è fervida, il loro carattere energico, la loro tempra d’acciaio. Hanno una naturale tendenza alla poesia e i loro canti sono inspirati o da sentimenti malinconici, o da un umorismo satirico. Tenaci nell’amore quanto nell’odio, una sola parola basta per intenerirli, una sola parola per eccitarli all’ira. Risentono molto del carattere dei còrsi, dei quali hanno lo slancio, la temerità, il coraggio. Nella Gallura tu vedi uomini alti, asciutti, nervosi, dal volto arsiccio e dall’occhio fiammeggiante; vedi dappertutto colossi di granito che sfavillano al sole, come fossero tempestati di diamanti, vedi giganti vegetali dalle chiome folte, che van mostrando i loro rami contorti e i loro tronchi anneriti dai secoli. La natura ha colà un’intonazione perfetta: i suoi tre regni sono l’espressione della forza. Quegli uomini robusti e pieni di vigore li diresti nati dalle nozze misteriose della quercia e del granito, sotto l’ira delle tempeste: essi risentono dell’una e dell’altro. Però se il loro dialetto è una musica, se dolce è la loro parola, ben amaro talvolta è il loro sorriso: amaro come il loro miele. Pieni di coraggio, di baldanza, vigorosi, altieri, indomiti, temerari, sono i veri rappresentanti di quei popoli che, condotti schiavi a Roma, non trovavano compratori, perché preferivano morire anziché piegarsi a servire e a secondare i voleri e i capricci dei loro tiranni. Di svegliato e acutissimo ingegno, di mente vasta, pieni di accortezza, sagaci, astuti, lepidi, satirici, non hanno ambizione, ne cupidigia di danaro. Alteri e dignitosi, per quanto poveri siano, sdegnano palesare la loro miseria e stendere altrui la mano. La loro alterezza è tale, che non solo nascondono la propria miseria, ma anche le loro infermità, a meno che per grave malore non siano astretti a tenere il letto. Parimenti se vengono colpiti da disgrazia o da danneggiamento negli averi, non mostrano debolezza, non piangono, non si lamentano, ma solo nell’animo sentono lo strazio dell’interna ambascia. Accessibili all’odio e all’amore, che nei loro cuori ardono potenti, inestinguibili, amano quanto mai cuor umano possa amare; odiano fino alla morte ferocemente, e morti ancora le loro ossa, le spente ceneri devono fremere tratto tratto d’un odio inestinguibile. Non soffrono che sia loro recato il menomo affronto, la menoma lesione: chi osa farlo non tarderà a pentirsene, dato pure che gli sia lasciato il tempo materiale di farlo. Prediligono l’amicizia, cui circondano delle maggiori attenzioni: ma guai a chi ne abusi, poiché in tal caso pagherebbe l’ingrato assai caro la sua audacia. La promessa è per loro cosa sacra e, se questa è di matrimonio e non si compie, diventa origine di guai infiniti. Rifuggono dalla maldicenza, ne si mostrano invidi o gelosi del benessere altrui, e non pretendono e ne vogliono d’essere considerati più di quello che in realtà sono. Hanno per cosa sacrosanta il segreto e sono d’una schiettezza e d’una franchezza senza pari; per cui non hanno soggezione, ne paventano di spifferar sul viso a chicchessia ciò che sentono. Per altro sono irrequieti e se questione d’interesse o d’onore li punga, non hanno riguardo per nessuno. (Francesco De Rosa 1899 - Tradizioni popolari di Gallura)

 

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