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Ecco, il primo pensiero del 2023 o meglio, il primo donato a questo spazio.

 

La prima riflessione è stata se seguire la falsariga degli ultimi post e continuare a declinare un ottimismo da 25 Dicembre o tagliare il velo che cela la realtà (la cruda realtà) e scrivere quel che nasconde veramente il mio cuore.

 

Le feste, a dire il vero, ancora, non sono finite, manca la vecchia signora per porre fine alle vacanze natalizie e tornare alla quotidianità di tutti i giorni. Quotidianità che si spera sia migliore di quella, cronologicamente parlando, appena conclusa.

In Argentina, allo scoccare della mezzanotte, per tradizione, tutti fanno un passo avanti con la gamba destra per iniziare l’anno nuovo con il piede giusto.

 

Questo, oggi, credo sia il pensiero più ricorrente, visto gli eventi degli ultimi anni.

 

Una cosa è certa? Nei nostri cuori (nessuno escluso) è viva la speranza. Gli auguri donati e ricevuti, auguri di felicità, di ricchezza, d’amore, sono un esempio di questa presenza, che non vuole e non deve morire. Persino nelle anime più burbere e disilluse e qui un’anima all’apparenza burbera l’ho incontrata :-) hanno dispensato auguri e buoni propositi per il nuovo anno.

 

Speranze che si scontrano con una realtà che certo ha motivo d’esser Faustiniana per molti.

 

Sapete che vi dico?
Oggi, voglio rompere un pò le scatole a chi ancora sorride. :-)
Nel suo compendio Schopenhauer scriveva così:

 

 

Difficilmente il 2023 sarà l’anno che ci aspettiamo, il numero che desideriamo esca da quei dati immaginari. Toccherà a noi correggere (come sempre) il lancio.

 

Spesso agli inizii di un’avventura, di un cambiamento e il nuovo anno è un cambiamento abbastanza rilevante, si ricorda chi sta peggio, si dona una preghiera, un pensiero.

 

Il mio pensiero non voglio donarlo agli ucraini, né al papa morto, né al numero 10 morto, né ai cattolici, né ai migranti che testardamente tentano di raggiungere le nostre rive, né agli italiani che presto si troveranno senza nulla in mano, lo dono alle ragazze iraniane, le uniche ad aver il diritto, oggi, di combattere.

 

Come primo pensiero del 2023 può andare. Né troppo cupo, né troppo lieto, né troppo sintetico, né troppo prolisso. Nè troppo, né niente.

 

Buona giornata.

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6
natodallatempesta0 31 dicembre

 

Benedizione Apache

 

Che il sole ti porti
nuova energia ogni giorno,
che possa la luna
ristorarti dolcemente la notte,
possa la pioggia
lavare le tue preoccupazioni,
e la brezza portare
una ventata di aria fresca
nel tuo essere,
e che tu possa
camminare dolcemente
attraverso il mondo
e conoscere la sua bellezza
tutti i giorni!

 

BUON ANNO

 

 

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5
natodallatempesta0 30 dicembre

Manca una notte, alla notte che chiude il passato e apre al futuro.

 

La notte.

 

Hermann Hesse

 

La poesia è sempre un’ottima lampada per illuminare gli spazi nascosti del nostro cuore.

 

Questa in particolare mi lascia sempre un pò di tristezza, ma non me ne dolgo. Ho accolto da tempo l’idea che si può esser tristi con gioia :-)

 

Perché questa (malinconica) poesia alle porte del giorno che è gioia e inizio?

 

Forse per non dimenticare come si è arrivati fin qui. Forse per ricordare gli amici, per ricordare chi non c'è più.

 

Vorrei non dimenticare chi sono stato, non dimenticare gli errori, le frasi che non avrei dovuto dire, non dimenticare le sensazioni, le emozioni, non dimenticare i tanti riflessi che vedo allo specchio.

 

Riflessi che cambiano stagione dopo stagione e più vado avanti più la memoria ne lascia cadere qualcuno, ne lascia alle spalle qualcuno. Riflessi che non ricordo più.

 

Diniego!!!

 

Ho sempre apprezzato la lingua italiana, la sua forma, la sua musica.

 

Nella parola si manifesta l’unica e vera seduzione.

 

Il più grande atto di seduzione vive nello scambio di un suono, un’esclamazione che sposa un’altra esclamazione:

 

Io: T’amo!!!

 

Lei: T’amo!!!

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natodallatempesta0 29 dicembre

 

Se penso alla mia storia d’amore, mi vengono in mente un’infinità di episodi, tantissimi meravigliosi, qualcuno un pò meno meraviglioso. Se vado a ritroso con i pensieri mi viene in mente una frase che la mia compagna mi disse agli inizi della nostra storia (una delle tante).
Io non ero quel che lei aveva, sempre, cercato in un uomo. Gli uomini che aveva tentato di frequentare, avevano un carattere e uno stile di vita, totalmente, diverso dal mio.
Alla fine, però, si è legata a me. Perché?
Lei si è risposta così:
“Dio non mi ha mandato quello che volevo, ma quello di cui avevo bisogno.”

 

Una frase piena di sensibilità di certo, ma piena anche di aspettative, forse, disilluse, ma non perse.

 

La donna!!! Meravigliosa e stupenda creatura, capace più di chiunque altro di vedere e andare oltre.

 

Come molte donne ha riconosciuto la perseveranza, un altro modo di chiamare l’amore (mi congedo questa licenza poetica, nonostante il detto :-)). Perseverare e nel perseverare mostrare (a lei) che nulla era più importante di LEI. Restare, anche, quando mi aveva voltato le spalle e deciso che non andavo bene per la sua vita. Restare con la dolcezza, con le carezze, cercando di mostrarle la scelta, persino quella di lasciarci per il bene di entrambi. Momenti (pochi per fortuna) che si concludevano con quel abbraccio che sapeva, che diceva, addio. E poi!? Il miracolo. Tutto: Parole, riflessioni, decisioni si disolvevano come neve al sole, tutto si resettava e più nessuno sentiva nel cuore di voler andar via.

 

Chissà, forse, si è innamorata perché ho lottato per lei. Perché non ho retrocesso nonostante le sue intemperanze e incertezze. Perché, forse, ha visto oltre quel che non andava.

 

Per una donna probabilmente, è più rischiosa, la scelta del compagno (tanto da perdere e da sacrificare, ancora oggi).
L’uomo è più facilone, più superficiale, spesso, molto spesso un bastardo.

 

Attenzione presenza (forse) di parole e frasi che possono o potrebbero urtare la sensibile e il buon gusto comune.

 

Ho visto o meglio sentito quel che può uscire dalla bocca dei miei simili, quando vedono una bella donna:
“Che culo”, “che tette”, “me la scoperei”.
Queste sono alcune (le meno volgari) frasi che esprimono quel che passa nella mente di un uomo, la prima volta che incontra una donna e mi sono limitato rispetto a quel che avevo intenzione di scrivere.
Anche le donne so hanno pensieri simili.
Il desiderare di far l’amore non è un peccato, anzi (molte donne dopo il matrimonio lamentano la poca attenzione verso quest’aspetto).

 

Non sono un moralista (credo di non esserlo) e non voglio bacchettare nessuno (per adesso), racconto solo quel che sento ed ho vissuto.
Quando incontrai la prima volta la mia compagna non la notai certo per quel che pensava, non la conoscevo, non conoscevo il suo carattere, la sua anima, neanche la sua voce, la notai per i suoi occhi e sì, anche, perché mi piaceva com’era (fisicamente) e nei giorni successivi, nacque e aumento il desiderio di far l’amore con lei, il desiderio di abbracciarla, di baciarla, di avvolgere le sue forme. Lo scopo non era, però, portarmela a letto, ma portarmela a casa per sempre.

 

La libertà di esprimersi e mostrarsi come si vuole è legittima: Tette, culi, fiche, cazzi. Persino la libertà d’usare un linguaggio pseudo seduttivo da rivista porno è, legittima. Ma nel contesto giusto, però. Molti utenti (soprattutto donne) dovrebbero riflettere, molto seriamente, sulle immagini che pubblicano, sulle immagini che vogliono le rappresenti. Troppi uomini ci sono in giro con in testa il pensiero, che la donna sia solo una fica da scopare.

 

Ci sono tante teste di cazzo in giro, immagino che per compensazione, ci siano in giro, anche, tante fiche con occhi, bocca e naso. Da uomo, però, mi sento di scrivere: Riflettete! Riflettete su questa anatomizzazione della Donna e su chi deve educare a che le bambine diventino donne da amare e non femmine da scopare e perché no, al che i bambini diventino teste pensanti e non teste di cazzo.

 

Il pensiero è molto più articolato di quanto posso descrivere e rischio di deviare troppo dal mio pensiero originale. Sono partito dall’amore, come sempre, per giungere alla seduzione.
C’è stata una dogmatizzazione del termine seduzione, si è riversato in esso la malefica perversione del male (per restare in tema religioso). Il corpo è diventato un precetto per sfogare un amplesso, un semplice atto fisico il cui unico scopo è provare: 3, 4, al massimo 5 secondi di piacere fisico.
La natura ha saputo nella sua bestialità far meglio, seppur lo scopo è, sempre, quello (quei 3, 4 secondi) ha reso danza e canto, simboli di seduzione, ne sono un esempio straordinario: gru e cavallucci marini.

 

 

Sapete come definirei (io) la seduzione? Come la capacità di guardare negli occhi il vostro o la vostra compagna e riuscire a vederci un futuro (ne basterebbe uno). Un futuro fatto di attese, di rincorse, d'incontri, di sorrisi e pianti, un futuro fatto di fatica e nonostante questa lottare per quella fatica.

 

Cosa si vuole e cosa si ha bisogno?
Io non so ancora cosa voglio (un giorno, forse, lo scoprirò), ma, oggi, di certo so, di cosa ho bisogno.

 

D’amare.

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natodallatempesta0 28 dicembre

Un giorno mi sono trovato a picchiare un muro.
 

La (mia) mano sanguinante mi mordeva il cuore di dolore.
 

Lì, senti, per la prima volta,

 

il mio cuore piangere.
 

L’odio mi fissava e sorrideva.
 

“Perché ridi?” gli domandai.
 

“Perché sta per arrivare!” Esclama l’odio.
 

“Chi sta per arrivare?” Domandai perplesso.
 

“Mia sorella”, rispose l’odio.
 

“Tua sorella!” Esclamai.
 

“Sì! Colei che da sempre è un passo avanti a me.
 

Tu credi che io ti visiti per ferirti? No!
 

Io sto sempre un passo indietro a mia sorella.
 

Solo quando l’abbandoni io faccio un passo avanti
 

e solo quando il tuo cuore piange, lei torna a guidarmi.”
 

“Chi è tua sorella?” Domandai curioso.
 

L’odio rispose: “L’amore”.

 

 

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natodallatempesta0 27 dicembre

 

Il vecchio Platone diceva: “La musica è per l'anima quello che la ginnastica è per il corpo.
Condivido questo pensiero in ogni sua parola.

 

Ieri ci siamo (io e la mia compagna) regalati una gita fuori porta. Due ore di macchina per raggiungere un piccolo e sperduto borgo, dove da decenni si svolge un suggestivo presepe vivente. Nella piccola piazza principale il paesino ha organizzato come abitudine alcuni stand. In un angolo della piccola piazza, un minuscolo concerto; Un contrabbasso e un violino: Suonavano.

 

Al di là delle melodie, della bravura del duo (niente male), la musica riesce a scrivere senza inchiostro e penna pagine di emozioni, che solo la poesia riesce a restituire con tal commozione.

 

Neanche la pittura e la scultura riescono. Loro hanno bisogno di un processo di ricerca nelle memorie dell’anima per evocare l’emozione, la musica ha, invece, questo straordinario pregio: esser diretta.

 

Pochi sono i giorni in cui non ascolto musica, su 365 giorni, 360 li passo ascoltandola.
Credo sia una compensazione. Il silenzio è altrettanto importante e parlando relativamente poco durante il giorno, quel paio di ore giornaliere passate a d’ascoltare musica, sono fondamentali per dare eco e forma al silenzio.

 

Nei momenti più cupi, dove le lacrime sono raccolte in un lago di emozioni o nei momenti d’energica intensità, dove ogni pensiero sembra esser in contatto con le più alte divinità della volta celeste, la musica è lì, a modellare l’emozione. Può ancor più sprofondarmi nella disperazione o sollevarmi trasformando il nero colore che avvolge l’anima, in un prisma di luce e colori.

 

Non potrei immaginare un mondo senza musica (neanche senza pittura o scultura). Per citare i cattolici e il loro inferno, lì la musica non c’è di certo.

 

Condivido un piccolo stralcio del duo. L’era dei telefonini, oggi, permette di trasformare in ricordo tutto. Questo per me è e sarà un bel ricordo:

 

 

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natodallatempesta0 23 dicembre

Un giorno mi sono seduto in riva al mare.

 

Alla mia destra sedeva la solitudine.

 

Le ho chiesto: "Perché sei sempre accanto a me?"

 

Lei mi ha risposto: "Per ricordarti che non sei solo."

 

 

 

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natodallatempesta0 23 dicembre

 

Lezioni del passato che vivono nel quotidiano sentire.

 

Quante lezioni passano inosservate, inascoltate?
 

Le voci che rimangono come eco nella nostra anima sono sempre quelle più dure, più acuminate.
Mi c’è voluto tanto tempo per distinguere le voci buone da quelle cattive.

 

Nello spirito risiede la nostra essenza, in esso nasce la lezione più importante: L’autocritica.

 

L’errore nell’arte non è un marchio disonorevole che va cancellato. È ciò che rende unica l’opera d’arte, l’imperfezione che restituisce la perfezione.

 

L’errore nella vita diventa una colpa e le scelte costruite su questa colpa sono perfezioni (cieche) che restituiscono imperfezioni (insanabili).

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natodallatempesta0 22 dicembre

 

Trattenersi dallo scrivere quel che si sente non è facile, si rischia di far affievolire la luce che illumina il foglio e l’inchiostro e se si smarrisce quella scrivania immaginaria, ritrovare l’ispirazione non è facile.
Avevo promesso di arrivare al Natale senza scrivere pensieri malinconici, cercando invece di richiamare l’infanzia e l’adolescenza. La mia natura è, purtroppo, quella e cerca, sempre, di apporre la sua impronta critica a quel che scrivo, nonostante opponga sempre una strenua difesa e alterni malinconie a entusiasmi.

 

È Natale. Su questo non c’è dubbio, l’alberello, il presepe e le luci sono la prova tangibile della sua presenza attorno a noi.

 

Anche la Tv ha cambiato il suo palinsesto ed ha iniziato la programmazione natalizia. Tante visioni all’insegna di Babbo Natale, delle feste e del Capodanno.

 

I demoni (le mie paure e insicurezze), però, non partecipano alla festa, loro non si metton il buffo cappello rosso, con la morbida e lanosa pallina bianca, loro sono lì, pronti ad approfittarsi delle mie debolezze e dei miei passi falsi.

 

La disillusione è l’ancora che mi tiene, spesso, fermo, che ci tiene fermi, nonostante i miei piedi, i nostri piedi camminano. Ci sono tanti indici puntati con sventolante la bandiera dell’ipocrisia. Se ognuno di noi prendesse coscienza che il mostro è, acconto a noi, invece di vederlo sempre e solo negli altri, forse, la comprensione sarebbe più sincera, più vera.

 

Credo ci sia diffidenza verso chi parla e scrivi di buoni sentimenti, chi parla e scrive d’amore.
Banalmente mi viene in mente un detto coniano da quel mondo contadino, così genuino e agreste da esser rudimentale nei sentimenti e nelle ragioni:
Non fare di tutta l’erba un fascio”. Ossia non generalizzare.
Qual è questa disillusione?
Quale illusione smentita, può lasciare un velo di cinismo?
Che un buono non è, buono. Questa è l’illusione, quell’ipocrisia dei sentimenti che rende insopportabile la percezione della bontà, del buono. In questo periodo questa ipocrisia e ancora più accentuata.

 

Un brutto esempio, però, non può e non deve vincolarci. L’ipocrisia di chi si veste d’oro e si orna il capo di “pace” e “amore”, dispensando buoni sentimenti a giorni alterni, riempiendosi la bocca di bontà in questi giorni, per poi svuotarla nell’ombra degli altri, pronto a mordere chi per un motivo o l’altro abbassa le difese. Questa ipocrisia, non deve trasformare, il mondo solidale, il modo poetico di chi vede in un bambinello la pace, in un’illusione. Così come chi punta il dito e da un’altare di moralità da’ del bigotto. Non può esser sempre visto, come un cinico egoista. Dietro c’è sempre molto di più.

 

Esiste un racconto natalizio che esprime in modo significativo, in modo esemplificativo tutto quello che ho scritto fino a d’ora.
Un racconto critico e crudo della società, racchiuso da una commovente e straordinaria storia d’amore. Amore per la vita e il prossimo.

Una storia che mostra senza fronzoli e merletti, come dietro un’arido, cinico, bigotto e avaro figlio di puttana a volte c’è solo un uomo sommerso dal dolore e dai sensi di colpa.

 

Rivivere questo canto di Natale attraverso la settima arte, credo valga più di qualunque altro pensiero possa aggiungere.

 

 

BUON NATALE

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natodallatempesta0 21 dicembre

Un pensiero dell’ultima ora, un pensiero serale che mi andava di scrivere.
Oggi ho visto una scena. Una scena che probabilmente non vedrò mai più, una scena che prima di oggi, non mi era mai capitato di vedere. Di leggere sì, di sentirla descrivere sì, di vedere in tv
sì.

Ho visto un uomo anziano baciare la mano di una donna (anche lei in là con gli anni, immagino la sua dolce metà). Un baciamano agli inizii del nuovo millennio. Poi ho letto il quotidiano e la realtà di questo millennio si è fatta viva e cruda.


Amare è,
dire No e ricevere un bacio.

Amare è,
piangere per un NO è ricevere un bacio.

Amare è,
poter dire NO.

 

 

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