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Credo mi prenderò una pausa.
Noto che tornare sempre sugli stessi argomenti (tormenti), non mi sta più dando serenità.

 

Per il momento abbandono i post personali.

 

Se riesco (vorrei continuare a esser presente nel mio spazio) cerco di limitarmi a piccole condivisioni, semplici frasi, anche solo parole, che possano riuscire a creare serenità e distacco per il mio cuore.

 

L’ho scritto spesso, ho ringraziato, spesso, per il privilegio. Lo ribadisco.
Un grazie per il tempo e la sensibilità a:

 

Giuliana, Rosy, Simo, Rossella, Ely, Rita, Stella e Alf.

 

 

Mi ha, sempre, messo di buon umore, con intelligenza e ritmo. L’ha condivido:  

 

 

Grazie e buona giornata a tutti.

 

Carmelo.

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5

 Avviso:

Questo post è un errore, evitate la lettura.

 

 

Come capita spesso, non so di cosa scrivere o meglio lo saprei, ma rischio d’esser ripetitivo o peggio ossessivo.

 

Ieri, ho descritto una delle tecniche creative più ecologiche e a mio parere suggestive dell’arte giapponese.
Il kintsugi, l’arte di dare una seconda vita alle ceramiche ridotte in frantumi.

 

Questa antica tecnica, metaforicamente parlando, rievoca riflessioni sulla vita e gli errori.
A questo punto, continuo la riflessione e do voce agli errori, non mi viene in mente altro. 🙂

 

Ne ho fatti tanti nella mia vita, tanti e di ogni natura.
L’ultimo riguarda la colorazione di una foglia in ceramica.

 

La peculiarità dell’errore è che esso si palese solo alla fine, spesso, molto dopo la fine.

 

Il guaio è, che non lo poi evitare, puoi solo porvi rimedio, trasformandolo. Ad esempio, in parte di te. Chi non riesce ad accettarlo, accettarsi, può: Bandirlo. Ma è un’illusione, perché esso è sempre presente.

 

A volte non sai neanche d’averlo commesso, te lo ritrovi, lì, che ti guarda con quell’aria supponente.
Così è successo, anche, in questo ultimo errore. Non ho idea del perché? Nè quale azione abbia generato l’anomalia? So solo che la foglia doveva avere un altro colore. 🙂

 

L'errore

 

Tra le certezze che lascia l’errore, la più importante è: Che si deve accettare così com’è.
Anche se un pò di lavoro si deve fare al che l’accettazione avvenga in armonia. Perché si sa, siamo esseri in perenne contrasto e conflitto.

 

Ora, quel che ho scritto, l’ho scritto quasi con la consapevolezza di commettere un’errore, senza, forse, ed è brutto da scrivere, convinzione, come se si fosse esaurito il carburante, l’ispirazione.

 

Potrei prendermi una pausa, ma so che se interrompo, potrebbero passare altri sei anni prima di ritrovare la voglia di scrivere, di nuovo, in questo spazio. Potrebbe, quindi, esser un’errore.

 

Una sensibile amica, mi ha (con sorpresa) chiesto: Come stai?
Le ho risposto bene, chissà, forse, ho mentito. Altro errore.
Sono sincero, sto bene con me stesso. Dopo anni e anni, sono riuscito ad abbracciare me stesso e a star bene in mia compagnia.
Non sto bene con gli altri, questo potrebbe esser il problema, questo è il problema, l’errore.
Lo è poi?

 

Ieri girando tra i profili e tra quelli che casualmente mi visitato, ho letto alcune, le solite esternazione, su quanto maiale e disgustoso sia l’uomo che gira in questa comunità. So!!! Che è vero. Alcuni elementi farebbero storcere il naso persino a Hannibal Lecter per depravazione. Ma pure io giro in rete e l’ottusità a volte mi da fastidio, un altro mio errore.

 

Non ho risposto, non invio mai, se non in rarissimi casi, messaggi. La voglia di rispondere, ammetto, c’era.
Tante che ho scritto un pensiero in un box, a perenne visione di chi mi visita, chissà anche questo, forse un’errore.
Ho scritto questo:

 

“A volte la voglia di rispondere a certe esternazioni c’è.
Ed esce brutale e cinico il pensiero.
Il vecchio natodallatempesta0 sarebbe sceso agli inferi e da lì sproloquiato. E sì! Quello è il luogo giusto per trovare termini e paragoni, degni di certi utenti.
Questa seconda vita è, però, lontana dalla battaglia all’ignoranza e all’ottusità.
La voglia, però, viene di rispondere a certi utenti, che facilmente buttano escrementi ai maiali, senza rendersi conto che sguazzano loro stesse, tra maiali e porci (che poi son la stessa cosa, ma suona bene).
E sì, Stesse! Con profili privi di vita, la vita fatta d’esperienza, quella che rende il virtuale sano e riconoscibile. Si intrufolano nelle chat, l’anonimo bidone dei rifiuti e si lamentano del perché, poi escono sporche.
Perché è saggio e lungimirante cercare educazione, in un luogo dove per natura non puoi associare azione a nome, offesa a provocatore, molestia a molestatore?
Ricordate! Se un uomo nasconde se stesso, ha necessità, disperato bisogno di nascondere se stesso, per relazionarsi sessualmente e, perché no, anche, sentimentalmente, un minuto di problemi (fisici e probabilmente, anche, caratteriali) questo tizio ce l’ha e care fanciulle ce l’avete anche voi. 🙂 Non pensate d’esser su un altro barcone, è lo stesso, la stessa necessità di nascondervi.
Create una fondamenta fatta di poesia, di arte, di pensieri, semplici pensieri vissuti e poi lasciate che lo scambio, la condivisione, sia l’unica aspirazione.
L’amore e anche sì, il sesso, sono questioni serie, sono questioni reali.”

 

L’amore, il sesso, sono questioni serie, sono reali.
La vita è una questione seria, una questione reale.
Una predica forse fuori luogo, alla fine gli errori sono compagni personali e vanno vissuti e pianti senza subire critiche da sconosciuti, forse ho commesso un errore nell’esternare questo pensiero.

 

Il detto dice: S’impara dagli errori. Se si reiterano vuol dire che, forse, non sono poi così errori.

 

Ho la sensazione di star scrivendo cose che non hanno, tanta, logica. Scrivere tanto per scrivere.
Che stupidaggine. 😀

 

Alla fine per riprendere una giornata iniziata così, così. Iniziata così, poi, per colpa di chi?
I pensieri sono miei, io l’autore.
Basta ascoltare un pò di musica. Per chi può: Uscire a far una passeggiata, magari, sotto un bel sole.

 

La chiosa a tutto questo è:

 

Che c’è sempre rimedio ad un errore.

 

 Per riflettere

 

La maestra cominciò a scrivere:

 

9 × 1 = 7
9 × 2 = 18
9 × 3 = 27
9 × 4 = 36
9 × 5 = 45
9 × 6 = 54
9 × 7 = 63
9 × 8 = 72
9 × 9 = 81
9 × 10 = 90

 

Quando ebbe finito di scrivere, si voltò verso la classe.
Tutti gli alunni stavano ridendo per l’evidente errore fatto nella prima riga. L’insegnante attese qualche istante poi disse:
“Ho scritto la prima operazione sbagliata di proposito. Voglio che impariate una lezione molto importante. Questo è per spiegarvi come il mondo là fuori, vi tratterà. Tutti avete visto che ho scritto nove operazioni corrette. Ma nessuno mi ha detto che sono stata brava. Tutti però avete notato subito e riso per l’unico errore che ho fatto, focalizzandovi su quello. Questa è la lezione:
Il mondo non apprezzerà le tante cose giuste che farete. Tutti saranno pronti a criticare l’unica cosa sbagliata che farete”.

 

Buona giornata e buona vita.

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3

 

L’ispirazione giunge dalle fonti più inattese. A volte basta solo guardarsi attorno o in mezzo ai libri. :-)

 

Vi è mai capitato di rompere, un piatto o una ciotola? Immagino di sì.
L’istinto moderno è quello di buttare via i cocci.
Il valore di un prodotto, oggi, è così povero che non merita una seconda vita.
E in linea di massima per molti prodotti, è così.

 

In Giappone, esiste una tecnica, che ha il dono di dare una seconda possibile a ciò che è, irrimediabilmente perso.

 

Quel che accade è: Magico. Frantumandosi, la ceramica prende nuova vita attraverso le linee di frattura. Grazie alle sue cicatrici, l’oggetto rivive e le ferite, le cicatrici, diventano: Simbolo. Simbolo del coraggio, del non vergognarsi dei segni che si hanno (filosofia Zen). Una bellissima lezione che l’arte ci ha tramandato attraverso il kintsugi, letteralmente oro (kin) e riunire (tsugi).

 

Quest’arte, infatti, prevede l’uso di un metallo prezioso (oro o argento) unito a lacca o resina per riunire i pezzi di un oggetto di ceramica rotto.
Ogni pezzo riparato diventa unico e irripetibile, ed è unico e irripetibile, grazie alla casualità con cui la ceramica si frantuma.

 

 

Se ci pensate la metafora nascosta in questa tecnica, è la metafora della vita.
Nella vita ognuno di noi, in un modo o nell’altro, cerca di superare i propri eventi traumatici, di crescere attraverso le proprie esperienze dolorose. Le valorizza, persino l'esibisce e attraverso la consapevolezza del valore di sé, ci convinciamo che sono proprio queste ferite, queste cicatrice, che rendono ogni persona unica e preziosa e quindi ci rendono unici e preziosi.

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4

 

Le feste sono finite. Per chi ovviamente le ha iniziate, per il resto nulla è cambiato.

 

Non ho molto da scrivere, le pause, gli intermezzi, hanno, purtroppo, un pericoloso effetto, affievoliscono l’interesse.

 

Potrei scrivere di letteratura.
Ieri, siamo stati (io e la mia compagna) al cinema. “La stranezza”, il film visto.
Un omaggio del duo siciliano Ficarra e Picone all’opera e alla vita dell’illustre mio e loro conterraneo: Luigi Pirandello.

 

Film insolito per la coppia, beh neanche tanto, il loro amore per il teatro è risaputo. Gli ho visti recitare sul palcoscenico e a mio parere personale, danno molto di più.
Ho apprezzato, comunque, il film e la voce data all’opera teatrale: “Sei personaggi in cerca d’autore”.

 

 

Il teatro da' una moltitudine di spunti per riflettere.
La vita è un palcoscenico” o “bisogna essere i protagonisti e non gli spettatori della propria vita”, sono solo alcune delle frasi più ricorrenti legate alla metafora del teatro, come simbolica trasposizione della vita.

 

Che dire? È vero.
La vita è un palcoscenico e spesso recito una parte. Un momento, mi accorgo che sul tavolo i copioni sono assai :-). Tante, dunque, sono le parti che recito, non una, né due.
Recito, spesso, la parte del tollerante, del buono, a volte dello sciocco, colui che può esser preso in giro.
Perché? Perché il copione dice questo. Perché in fondo, la verità è, che quel copione l’ho scritto io, annotandogli tutto quello che ho visto e appreso nella vita: massime e insegnanti, inclusi.

 

“È nel perdonare, che siamo perdonati.”
San Francesco D’Assisi

 

Insegnamenti, come questo.

 

Via auguro una buona e serena giornata, dal più sciocco degli attori. :-)

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6

Intermezzo

 

L’intermezzo come ho scritto nel precedente pensiero è una pausa.
Ed una pausa c’è stata.

 

Cinque ore di macchina per raggiungere una delle valli più suggestive della mia terra. L’avevo scritto, così è stato. Il 6 l’abbiamo (io e la mia compagna) passato fuori e viste le tante ore, si è fatta, poi, notte. Si è rimasti a dormire. Evito di scrivervi i dettagli di questa piccola gita, credo, non interessino e interesseranno a nessuno.

 

Condivido solo un'immagine. L’immagine del tramonto che abbiamo trovato.
Tempo fa, scrissi che nelle foglie che cadono, si può cogliere la voce del romanticismo. Beh!!! Direi che la si può cogliere anche nel sole che va a dormire:

 


Le isole che vedete ai margini dell’orizzonte sono le meravigliose Egadi.

 

Intermezzo

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6

Un giorno un uomo ricco consegnò un cesto di spazzatura ad un uomo povero.
L'uomo povero gli sorrise e se ne andò col cesto, poi lo svuotò, lo lavò e lo riempì di fiori bellissimi.
Ritornò dall'uomo ricco e glielo diede. L'uomo ricco si stupì e gli disse:
«Perché mi hai donato fiori bellissimi se io ti ho dato la spazzatura?». E l'uomo povero disse:
«Ogni persona dà ciò che ha nel cuore».

 

 

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5

 

Intermezzo

 

L’intermezzo è un intervallo nel corso di uno spettacolo. Una pausa.

 

Finora non ho scritto nulla che non fosse legato a me, alle mie emozioni e alle mie esperienze. Agli inizi, giusto qualche appunto sugli eventi più significativi, pensieri tra un episodio e l’altro.

 

Oggi, sento il bisogno di parlare di qualcos’altro, qualcosa di diverso dalla poesia e dall’amore (ci provo).

 

La situazione per molti italiani non è affatto bellissima e con il nuovo governo (personalmente totalmente lontano dai miei ideali) le cose sembrano prendere una piega non affatto positiva. Quello che questo governo ha messo sul tavolo fa prospettare un biennio pesante per molte, beh alcune fasce.

 

Stranamente, sempre, le fasce più deboli. Ma che vuoi!!! Un povero non ha risorse per comprare un partito o un singolo individuo, un ricco, invece, può corrompere. Ma attenzione!!! Mai chiamarla corruzione, oggi si usa definirla: finanziamento personale. :-D

 

Hai tempi, forse, sarebbe stato meglio non lasciare ingegneria, avrei avuto, forse, più fortuna.
Ma che volete non avevo l’anima da matematico, ho scelto e preferito studi umanistici, il cuore mi portava lì, mi ha sempre portato lì. Agli inizii, ho usato la logica e pensato al lavoro che potevo ottenere terminati gli studi, che al mio bisogno interiore. Con il senno di poi, forse, era meglio continuare ingegneria.
Non me ne pento, mai pentito della scelta, è più una delusione per quel che ho trovato o non trovato negli anni, una smorfia di stizza credo, oggi, sia legittima.

 

In questo periodo sono dal punto di vista professionale in un intermezzo.
Non avrei tutto questo tempo per scrivere, se no. :-)

 

La crisi del 2003 ha messo a dura prova tante azienda e alla fine anche quella in cui lavoravo, ha chiuso. Ha resistito finche ha potuto e comunque non avrebbe superato la pandemia.

 

Lo scorso anno ho concluso l’ultimo concorso. I posti in palio erano 2, su centinaia di candidati, era in probabile, non era, poi, proprio, il mio campo e l’esperienza conta.

 

Alla mia età non è facile trovare lavoro, poi al sud (non ne parliamo), ma neanche al nord è facile oggigiorno. Una situazione comune a tanti laureati e non. Chi poi non ha studi e competenze si ritrova in un limbo, con puntate contro, tante canne da fuoco, fatte d’offerte al limite della denuncia e sommersi che affogherebbero anche l’anima più vogliosa di lavorare.

 

Personalmente, oggi non ho tante strade da seguire, praticamente, forse, solo una, mettermi in proprio (libero professionista) ed è quello che sto cercando di fare.
Nel corso degli anni, mi è capitati di fare piccoli lavoretti creativi e non, per via traverse più che altro, tramite conoscenze ed amici. Oggi, credo sia l’unica strada, per chi come me ha tanta competenza e tanti anni sulle spalle. Nella società moderna il lavoro si sa’ privilegia contributivamente i giovani.

 

Nelle mie mani, ho un talento che molti reputano unico, io direi non unico, solo capace di dare forma all’emozione, come tante altre anime creative.
La mia speranza è che il mio talento mi salvi ancora una volta, così come ha fatto quand’ero bambino e poi ragazzo. :-)

 

“Si è detto sovente che un artista deve lavorare per se stesso, per l'amore dell'arte e fregarsene del successo; è falso. Un artista ha bisogno del successo. E non soltanto per vivere, ma, soprattutto per realizzare la sua opera.”
Pablo Picasso

 

Per un’artista, la vita e l’opera sono legate da un filo invisibile. L’opera esiste per far vivere l’artista e l’artista esiste per dare forma e luce all’opera.

 

Nell’era in cui il pane ha lo stesso valore di un proiettile, l’arte è incatenata, isolata dalla pandemica ossessione che pancia e corpo sono le uniche fonti da nutrire.
Ma ahimè quando l’arte, la poesia e la filosofia sono in catene, la mano si arma e il corpo diventa cibo per i vermi. Allora vivere perde il suo significato e diventa sopravvivere.

 

Il mio pensiero va alle ragazze iraniane, non è la prima volte e non sarà l’unica, perché loro sono l’esempio della decadenza dell’era moderna.
Impedite ad un essere umano di leggere, di scrivere, di creare e contemplare la bellezza e non piegherete solo il corpo, piegherete la sua volontà di vivere, piegherete la sua capacità di sognare e avere fede.

 

Trilussa

 

Ammetto che negli anni sono dovuto scendere a molti compromessi per riempire la pancia, fare scelte che hanno messo a dura prova la mia anima. Un’anima ferita, lacerate è contemplabile, accettabile, un corpo affamato no.

Ne siete certi?
Non ne sarei così sicuro.

 

Intermezzo

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5

 

Io: Lo sai che ti amo?

 

Lei: Mi dispiace per te.

 

Io: E tu mi ami?

 

Lei: Sì!

 

Io: Mi dispiace per te.

 

 

 

 

... e si ammore nunn'è
Dimmelo tu che rè

 

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4

 

Il primo pensiero va a chi ieri mi ha scritto, ringrazio tutti per la grande sensibilità e delicatezza, nulla è scontato, non lo è neanche il tempo che dedicate.

 

Un’amica nel suo commento ha scritto: […] Quello che noto è che tutti ti vorrebbero “diverso” […].
È vero! Credo, però, che tutti, noi, cerchiamo di trovare, in chi ci sta accanto, il giusto equilibrio tra la nostra ideale visione e la reale percezione. In altre parole si cerca di far coesistere l’ideale che abbiamo, a volte preconcetto, di una persona (in questo caso chi amiamo) e qui mi vengono in mente le tante aspirazioni che ci portiamo dietro; Quante volte si pensa: Speriamo sia così? O speriamo abbia le qualità che amo e desidero? E quel che è, realmente una persona, realtà che si palese solo con la frequentazione (sfortunatamente). Questa ricerca d’equilibrio porta a voler cambiare chi ci sta accanto e tutto sommato, credo sia umano questo voler accanto chi abbiamo sempre immaginato, così come l’abbiamo, sempre, immaginato e desiderato.
Il problema nasce quando la distanza tra quel che è e quel che si sperava fosse, è più di quel che avevamo percepito o immaginato.

 

In me questa distanza è sempre stata elevata. Rifletteteci?
Non sono un abilissimo scrittore, ma dai tanti commento di apprezzamento ricevuti mi è stata attribuita questa capacità. La capacità di saper scrivere ed esprimere i miei pensieri e sentimenti.
Che ci crediate e no, nella realtà non sono capace di esprimermi così. Come un cieco che affina il tatto per compensare l’assenza della vista, la scrittura compensa la totale mancanza di linguaggio. Nella quotidianità, non sono capace di portare avanti un discorso senza inciampare in blocchi, balbettii o confusioni di termini e questo negli anni mi ha creato non pochi problemi.

 

Ho battezzato il mio blog: Follia e logica.
Ecco!!! Questa associazione di termini ben si adatta alla mia natura:
Potrei definirmi folle, uno squilibrato dal cuore poetico e la mente al limite della logica.

 

Il buon Proust scriveva: “Siamo tutti costretti, per rendere sopportabile la realtà, a coltivare in noi qualche piccola pazzia.”

 

Un fondo di verità questo pensiero ce l’ha e se ci guardiamo attorno non possiamo non pensare che questo mondo un pò pazzo lo è.

 

Mi vengono in mente le parole di Eduardo De Filippo sui fantasmi:
“I fantasmi non esistono. I fantasmi siamo noi, ridotti così dalla società che ci vuole ambigui, ci vuole lacerati, insieme bugiardi e sinceri, generosi e vili.”

 

Siamo dei fantasmi in un mondo pazzo.

 

Troppo cupa, troppo lugubre questa mia ultima frase?

 

In un cuore non c’è bellezza che non nasconda un lato orrendo, non c’è mai felicita, senza tristezza, generosità, senza egoismo, amore, senza odio.

 

Questo siamo!
Questo sono!
Cerco l’amore con gli occhi avvolti da rovi,
e vivo la vita scrivendola con il mio sangue,
 con una sola parola incisa nell’anima:
"Speranza".
Ed una pronta ad abbondonar le labbra:
"Amore".

 

L’ho citato e lo condivido:

 

Il mio Eduardo.

 

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4

 

In questo spazio ho sempre raccontato le mie impressioni il mio vissuto a volte con delicatezza, altre senza badare tanto alla forma e alla sensibilità di chi legge.

 

Come ho scritto ieri, manca ancora una festa per la conclusione del Natale, così come lo intendo io e lo sempre vissuto fin da piccolo, ossia riunioni di famiglia, pranzi e cene. Per me e la mia compagna che è già a lavoro, le feste sono concluse, la quotidianità è già arrivata. Ci sarà, forse, una piccola serata che passeremo da soli il 6, una serata non diversa dalle tante altre che viviamo durante l’anno, chissà, magari, la passeremo fuori città, nulla è ancora scritto.

 

Devo esser sincero, se penso ai giorni appena passati, alle sensazioni che ho vissuto e provato, la sensazione di solitudine è stata prevalente e incessante.
È stata la prima voce che ho scritto, la voce che più di tutti si è ripetuta, la voce che è sempre presente, chiara e limpida. È riuscita persino a sovrastare la vecchia e cupa voce della colpa, quella che mi tormenta fin da che ho memoria.

 

Ma tranquilli c’è sempre qualcuno pronto a ricordarmi che esiste, anzi, esistono.

 

Le colpe!!! Vere o immaginarie.
E sì! Come per la grande opera di Molière, esistono anche le colpe immaginarie, quelle che mi creo (ci creiamo) per punirmi delle scelte che non sono state condivise o accettare da chi amo (e amiamo).

 

Ho accanto a me colpe così vecchie che quasi non ricordo più perché esistono, so solo che ci sono.
Anche questo Natale mi sono state ricordate le mie colpe:
“Non ci sei stato e non ci sei.”
“Non la vivi.”
“Potresti ogni tanto chiamarla. (Anche se, quasi, ogni settimana sono da lei, nelle stagioni belle, ogni settimana. Perché ricordarlo?)”

 

Si parla di mia Madre, che da un anno a questa parte, da quando mio padre non c’è più, sembra aver perso la felicità, sembra esser diventata assillante, con mia sorella e i miei nipoti (ma è il primo anno, potrebbe esser normale). Ovviamente nelle feste sente più la mancanza, la nostalgia e anche questo credo sia normale.
Purtroppo (o per fortuna dipende dai punti di vista) loro vivono adiacenti a lei, stesso palazzo. Io, invece, vivo in un'altra città (paesino più che città) ed è quasi diventata una colpa. Perché, a detto di chi le sta accanto, io le sto poco vicino e non le parlo.
Dire a me non le parli (non parlo) è la verità. Io non parlo, sono di poche parole, sempre stato di poche parole, sempre stato riservato, all’apparenza, quasi, anaffettivo (con i miei parenti).
Quant’è facile, descrivere i miei traumi, quando a tavola tutti riuniti elencano i motivi della mia riservatezza, della mia timidezza. Come la scuola infantile (se si può chiamare così) che mi ha legato perché mancino (i mancini sono figli del diavolo) costringendomi a diventare destro a forza o la scuola elementare che mi ha isolato dagli altri bambini per il mio modo di parlare o meglio non parlare l'italiano (Nessuno se n'è accorto, che vuoi io non parlavo, come facevano i grandi a capirlo :-)). E mai, mai, mai da nessuno, un semplice: Come ti senti? Come stai? Anche ora.

E ci torno, sempre, con il pensiero e le parole (qualcuno potrebbe dire, che sono questioni irrisolte :-))

 

Oggi che non c’è più, si parla anche degli errori di mio padre, ma sempre con le dovute cautele, non sia mai la verità ferisca mia madre.
La tuteliamo e la tutelo, anche dai suoi ricordi.
Io rimango il timido, sono sempre stato il timido, comunque e sempre. Quello del: Tranquilli! Lui è così, è buono e non si muove. :-) è il suo carattere. La frase più bella: Gli scivola tutto :-) Con il tempo, alla fine, ci credi anche tu, che sei così (frase fatta, banale quasi, ma un fondo di verità ce l'ha). Se un'idea viene ripetuta e ripetuta e ripetuta, può diventare una verità, diventa una verità.

 

Mi sono sentito per lungo tempo solo e ancora, oggi, mi sento solo. Mi sono sentito solo anche il 25, il 26 e l’1, solo in mezzo alle persone che conoscevo e amavo e amo ancora, tra botti e brindisi.

 

Non credo riuscirò mai ad eliminare questa sensazione.
Perché credo sia una scelta, fatta tanto, tanto, tempo fa, per salvarmi dalla parte brutta di questo mondo.
Una parte di me resterà sempre isolata, anche in mezzo alla gente e in verità tutto questo non mi rende triste, non più.

 

 

La sensibilità di chi legge (chi mi legge abitualmente ne ha tanta di sensibilità) potrebbe dispiacersi per quel che ho, appena, scritto, non dispiacetevi, non c’è motivo :-D

 

Buona giornata.

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