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natodallatempesta0 più di un mese fa

empatia

 

Come sempre i commenti danno spunti a nuove e personali riflessioni.

 

Mi trovo a scivolare tra esternazioni poetiche, anime solitarie in mezzo ad una moltitudine di anime carnivore e leggi del fare e del dire che mettono sul tavolo un giudizio sofferto e tormentato.

 

Le giornate, tutte sommato, passano.
Ti svegli! È mattina e tutto a un tratto ti accorgi che sei giunto a sera. A volte neanche mi rendi conto, come se la memoria fosse stata obliterata.
Che fine hanno fatto i gesti e le parole?

Spesso mi rendo conto di quel che è successo, durante la giornata, dalle conseguenze che mi ritrovo davanti e che raccolgo a fine ciclo.

 

La notte scorsa, complice forse l’oscuro silenzio, mi ha spinto a scrivere che mi sento, che sono: Un folle. Un albero spoglio che ha consumato le foglie.
Che le raccoglie da terra e le conserva nelle tasche, per farne carta da piegare…

 

Mi è stato risposto: “le tue foglie raccolte saranno nuova semina, e un turgore nuovo, donerà ai nuovi germogli.” Questa come altre esternazioni di dolcezza, mi fanno giungere alla conclusione che la comprensione è diventata scontata.

 

Che il mondo così come è, ora, ha spinto, costretto alla fuga, chi ha tenerezza, costretto a nascondersi, chi ha il desiderio di spendere una parola per uno sconosciuto.

So che in giro ci sono tanta persone che hanno poesia nell’anima, che hanno sofferenza nel cuore tali da esser capaci di comprendere chi hanno davanti.
Un tempo si chiamava empatia.
L’empatia è una capacità, anzi no, un super potere. Il super potere di mettersi nella situazione, nei panni di un’altra persona, riuscendo o comprendere immediatamente i processi psichici dell’altro.
E sì! Proprio un super potere, come la super forza, la super velocità, il super udito di Superman, essere gentili è diventato un atto eroico.

 

Ieri ascoltando il Tg e gli eventi accaduti, ho sentito le parole, riportata dal giornalista, del tizio che ha aggredito ad Assago innocenti.
“Vedevo le persone felici e ho provato invidia.”

 

“Beato chi può dire a se stesso: io ho asciugato una lacrima.” Giuseppe Giusti.

 

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natodallatempesta0 più di un mese fa
luna
 

Sono le 2:00! Ed è una notte insonne.
Non la prima in questo periodo e sempre più spesso presente certe notti (per citare il buon Liga).

La prima a scrivere e non dovrei.
Psicoanalizzare anche la notte, forse, è troppo.

 

Tanto sono solo, qual è il problema? La mia compagna dorme, in strada c’è silenzio e l’unico sottofondo udibile sono le onde del mare.

Le ho vicine molto vicine. Se esco dalla finestra le posso pure vedere all’orizzonte:

 

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Il mio mare, la mia notte.

 

 

In verità, se devo esser sincero, non ho mai sofferto di insonnia, una conquista recente.
Anzi, negli ultimi anni, ho sofferto del contrario, una perenne sonnolenza quotidiana, che mi ha portato nel tempo a non permettermi il riposo. Durante il giorno devo sempre avere qualcosa da fare.

Ora sì, che posso definirmi in conflitto. 🙂

Da quel che leggo in giro, l’ansia, lo stress e la depressione portano all’insonnia a causa di tensioni emotive, preoccupazioni relazionali, problemi economici o di lavoro.

 

C’è ansia? Sì, direi si sì.
C’è stress? E chi non ne ha.
C’è depressione? No! Per fortuna, ancora, no. 🙂
Tensioni emotive?
Preoccupazioni?
Problemi economici o di lavoro? E chi non ne ha, molti credo, come ora, ringrazierebbero per i problemi di lavoro, non avendolo.

 

Mi è anche arrivato un messaggio, era tanto che non arrivavano, iniziavo a preoccuparmi, sai con la mobilitazione russa, uno può anche pensare che abbiano difficoltà a collegarsi o peggio.

 

“Ciao! mi chiami e Katy e ho deciso di scrivere una lettera.
Il tuo profilo sembra emozionante.
Non ho esperienza nel dating online, cosi mi sono preoccupato.
Voglio dire breve: ho 32 anni e risiedere in Russia.
La mia altezza non e alto, solo 164 centimetri.
Il mio corpo fragile e pesa solo 52 kg.
Io per 32 anni e ancora non si innamoro nella mia vita.
Ho deciso di fare studio e search un uomo da Italia.
Se obiettivo della ricerca su internet,
e – per creare un stabili relazioni, vi chiedo di scrivere a me e dire su di te.
E saro piacevolmente di vedere le vostre foto.
Saro grato, se osservare la vostra il messaggio!”

 

Nonostante la guerra, la vita continua.

 

In chat ci sono 52 persone al momento, non sono il solo davanti al PC.
Non voglio iniziare una riflessione sulla solitudine, rischio la depressione davvero 😀
Scherzo.

 

Ma me lo chiedo, quanto ci si può sentire soli, se la notte si cerca un riparo al silenzio?
Io il silenzio l’ho sempre vissuto, subito e cercato, nonostante la mia apparente eloquenza scritta.
Oggi potrei anche permettermi di dire che ho bisogno del silenzio, ho bisogno delle notte.

 

I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.
I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.
Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.
Alda Merini

 

Io non sono un poeta, né un sognatore, sono un figlio della follia.
Un albero spoglio che ha consumato le foglie.
Che le raccoglie da terra e le conserva nelle tasche, per farne carta da piegare, modellare, per far volare in cielo quell’aereo di carta e immaginare che sia reale e non fantasia.

 

Sono le 3:10.
Ancora scrivo, ancora le onde si odono in sottofondo.
Potrei tornare a letto e aspettare la prima luce accanto alla mia amata.

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natodallatempesta0 più di un mese fa
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Dai commenti ricevuti ho colto spunti per alcune riflessione.
Ciò che ho scritto fino ad ora è, in verità, una lunga riflessione su quel che sento e provo.

 

Sentire e provare.

 

Possono sembrare la stessa cosa, ma non lo sono.
Potrei fare una distinzione e affermare: Quel che sente la mente e prova il cuore.
Riuscire a mettere questi due inquilini sulla stessa sintonia è un impresa.

Passiamo la vita su due fronti: Cercare di capire gli altri e cercare di capire noi stessi.
Da questo nasce come ho scritto in una precedente riflessione, la necessità di approvazione.

 

Capire gli altri.

 

Come direbbe un amico, bella rottura di …..
Ma a meno che non siamo monaci che hanno scelto di passare la vita dentro una grotta, la nostra vita è costruita sulle relazioni.

Lavoro, amicizie, sport (per chi lo fa), famiglia, amore.
Da ognuno di queste sfere riceviamo qualcosa. Qualcosa di bello e qualcosa di brutto, a volte del bene a volte del male.
Ed è nei momenti di solitudine che si fa un bilancio e sì! C’è chi pesa ciò che ha ricevuto e se ne fa un problema. Tutto sommato è naturale, farsene un problema, perché anche da questo dipende il modo in cui noi ci approcciamo. A questo punto la domanda mi nasce spontanea.

 

Voi come fate a capire chi avete davanti?

 

Dice il saggio: Non giudicare per non esser giudicato.
Ma come fai a capire e fidarti di chi hai accanto se non inizia un tuo processo interiore, con tante piccole sentenze, di condanna a volte e assoluzione altre? Come fai?
Non sapete quante volte dico alla mia compagna, che mi giudica a volte troppo severamente.
In molti casi posso dire, ha motivo del giudizio severo.

Hemingway disse: “Il modo migliore per scoprire se ci si può fidare di qualcuno è di dargli fiducia.”
Per il grande Hemingway il rischio valeva la candela. Per chi lo conosce sa, che Ernest era ben più che uno scrittore, ma un uomo che amava la vita in tutto il suo spettro: calma e tempesta.
Io credo che abbia ragione e che per capire la vita la devi vivere. Per capire la paura devi avere paura, per capire l’amore devi amare, per capire l’odio devi odiare, per capire il dolore devi soffrire.
Ora, bisogna stare attenti, molto attenti.
Perché è facile arrivare ad un pensiero di puro estremismo, un pensiero epicureiano di valori assoluti privo del limite stoico della logica.
Perché potresti arrivare a pensare che: Per capire il tradimento, devi tradire, per capire lo stupro devi stuprare, per capire l’omicidio devi uccidere. No! Non sono logiche illuminate.

 

La pace ha un significato e chi non comprende che in essa è intrinseca la percezione, la distinzione tra bene e male, non ha capita un cazzo (scusatemi, ma passatemi l’epiteto).
E le giustificazioni: C’è male e male o ciò che per me può esser sbagliato, può esser giusto per un altro, è valido fino ad un certo punto.
Il moralismo non è il contraltare della libertà.
Perché la libertà si misura, non su quello che ti è e ci è concesso, ma su ciò che concedi e permetti all’altro e questo porta a valutare cosa è o può esser giusto considerare una privazione della nostra libertà.
Perché se arrivi e arrivo a capire che non voglio essere tradito, allora posso arrivare a capire che non devo tradire, così come se arrivo a capire che non voglio esser stuprato o ucciso, posso capire che non si deve stuprare, né uccidere.
Duemila anni fa un ebreo con parole più semplice e diretta affermo questo:
“Tutte le cose che volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro”. Cristo mutò la frase originale dando un significato più ampio.
Cosa volete che vi venga fatto: il bene o il male?
Lunghi da me pensare che c’è qualcuno che dica il male (tranne che non si è un sadomaso).
Il bene! Si sceglie il bene ed logico che sia bene, ciò che si deve fare agli altri.

 

Ecco, può esserci tanta retorica in questo discorso.
Ma il punto iniziale da tutto questo, trova forti fondamenta. Capire gli altri, passa dalla fiducia che si da’ e da ciò che si è, rispetto a quello che si fa per gli altri.
Come ho detto, bella rottura di ….. 🙂
È molto più conflittuale, però, capire sé stessi.

 

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natodallatempesta0 più di un mese fa
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Nel racconto che ho condiviso, un elemento mi ha sempre toccato.

I lupi che vivono dentro di noi, vanno nutriti allo stesso modo:
“Se scelgo di nutrirli entrambi, non lotteranno mai per attirare la mia attenzione e potrò usare ognuno dei due nel modo che mi è necessario.”

 

Saggezza antica, legata alla terra e alla filosofia del cerchio della vita.
L’uomo moderno ha scardinato il legame con la terra, e la logica tramandata, oggi, è quella che porta a prendere una posizione tra una e l’altra parte. Nel conflitto moderno c’è solo un unico vincitore. Questo vuol dire che c’è un vinto, uno sconfitto.

 

La sconfitta è una variabile fissa nel nostro cammino e la logica ha teorizzato tanto per dare senso e significato al valore di un fallimento:
“Qual è l’apporto di una sconfitta? Una visione più precisa di noi stessi.”
“Ci vuole solo coraggio, o forse buon senso, per capire che le lezioni migliori sono di solito le più dure; e che spesso fra queste ultime c’è la sconfitta.”
“Essere capaci di sorridere dopo una sconfitta è la migliore vittoria.”

Di frasi e citazioni c’è ne sono un oceano.
La logica che le lega è sempre la stessa, superare la sconfitta e imparare da essa.
Il saggio nel racconto conclude il suo insegnamento con queste parole:
“La pace, figlio mio, è il fine ultimo della vita. Un uomo che ottiene la pace interiore ha tutto.
Un uomo che è lacerato dalla guerra che si combatte dentro di lui è niente.”
L’insegnamento finale all’apparenza sembra lo stesso: Raggiungere la pace.

Secondo me c’è, però, una differenza, tra vivere in pace, nutrendo allo stesso modo la natura selvaggia e la natura domata e vivere in pace avendo apparentemente sconfitto la natura che ci porta conflitto.

 

La verità (la mia verità) è che nella teoria, nel ragionamento astratto, tutto è chiaro, comprensibile è persino facile.
La realtà, fatta di scelte, di gesti, di dinamiche imprevedibili, è ben altra cosa.
È la quotidianità che ti sfida e ti porta a scegliere il modo, il luogo e le armi per affrontarla.
Nella vita si cerca sempre di migliorare la propria posizione, pochi giorni fa, ho in smart working sostenuto uno scritto per un concorso, sto attendendo l’arrivo dei risultati, da essi dipenderà l’accesso all’orale.

Il saggio dice nutrire entrambi i lupi.
Quindi, nutrire sia la speranza, che la sfiducia. Sperare che vada bene, ma allo stesso tempo non lasciarsi soffocare da essa, non farsi false aspettative, rimanere, qualcuno direbbe, con i piedi per terra, perché la sconfitta è un opzione.
Ma il proverbio dice che: la speranza è l’ultima a morire. Finché essa esiste c’è vita.
Perché, poi, le sfide nella vita non sono così intellettualmente approcciabili come un concorso, ci sono sfide ben più terrorizzanti, che possono piegare la determinazione più saggia e forte.

 

Da tutto ciò nasce la paura, lo spauracchio nascosto dietro l’angolo e da esso prende vita la natura delle scelte che facciamo.
Ho spesso il timore quando scrivo di cadere nella retorica, una vana e artificiosa ricerca dell’effetto, manifestando, ostentando luoghi comuni. E poche cose possono banalizzare un pensiero come l’associare la propria vita a luoghi comuni.
Una sorta di psicologia spicciola, che ha un solo scopo valutare e apprezzare sé stessi tramite una critica, spesso negativa, approvazione del proprio valore personale.

 

Il valore che ci diamo.

 

Il punto di partenza, di ogni storia importante è sé stessi.
E quale storia è più importante delle nostra vita.

E quale vita non ha un sottofondo:

 

 

La speranza è una dea e come l’arte, è capace di assumere molte forme. Credo che la stima di sé, il valore che diamo a noi stessi, sia una di queste forme.

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natodallatempesta0 più di un mese fa

 

Un antico racconto degli indiani (d’America) narra che un giorno l’anziano capo di un villaggio Cherokee decise che era arrivato il momento di insegnare al nipote cosa fosse la vita.

Lo portò nella foresta e lo fece sedere ai piedi di un grande albero e gli disse:

Figlio mio, nella mente e nel cuore di ogni essere umano si combatte una lotta continua.

Questa lotta avviene anche dentro di me, che sono un capo anziano e che la nostra gente mi considera un saggio.

È come se ci fossero due grandi lupi che vivono all’interno di ognuno di noi: uno è bianco, l’altro nero.

Il lupo bianco è buono, gentile e tranquillo. Vive in armonia con tutto ciò che lo circonda e non arreca offesa quando non lo si offende. Egli combatte solo se è necessario, come nelle situazioni in cui deve proteggere sé stesso e la sua famiglia.

Ma c’è anche un lupo nero che come dicevo vive in ognuno di noi, ed è molto diverso.

È rumoroso, arrabbiato, scontento, geloso e pauroso al tempo stesso. Le più piccole cose gli provocano eccessi di rabbia. Litiga con chiunque, continuamente, senza ragione.

Non riesce a pensare con chiarezza poiché avidità, rabbia e odio in lui sono troppo grandi.

Ma la sua è rabbia impotente, poiché non riesce a cambiare niente. Quel lupo cerca guai ovunque vada, e li trova facilmente. Non si fida di nessuno, quindi non ha veri amici.

A volte è difficile vivere con questi due lupi dentro di sé, perché entrambi lottano strenuamente per dominare l’anima”.

Il ragazzo a quel punto chiese: Quale dei due lupi vince, nonno?

Con voce ferma, l’anziano capo rispose: Tutti e due, figlio mio.

Vedi, se scelgo di nutrire solo il lupo bianco, quello nero mi aspetta al varco per approfittare di qualche momento di squilibrio, o in cui sono troppo impegnato e non riesco ad avere il controllo di tutte le situazioni.

Il lupo nero allora attaccherà il lupo bianco, provocandogli molti problemi. Sarà sempre arrabbiato e in lotta per ottenere l’attenzione che pretende. Ma se gli presto un po’ di attenzione perché capisco la sua natura, se ne riconosco la sua potente forza e gli faccio sapere che lo rispetto per il suo carattere, e gli chiederò aiuto se la nostra tribù si trovasse mai in gravi problemi, lui sarà felice.

Anche il lupo bianco sarà felice. Così entrambi vincono. E tutti noi vinciamo.

Confuso, il ragazzo chiese: Non capisco, nonno, come possono vincere entrambi?

Il capo indiano continuò: Il lupo nero ha molte importanti qualità di cui posso aver bisogno in certe circostanze. È temerario, determinato e non cede mai. È intelligente, astuto e capace di pensieri e strategie più tortuose.

Sono caratteristiche importanti in tempo di guerra. Ha sensi molto acuti e affinati che soltanto chi guarda con gli occhi delle tenebre può valorizzare. Nel caso di un attacco, può essere il nostro miglior alleato”.

Il capo Cherokee tirò fuori due pezzi di carne dalla sacca e li gettò a terra: uno a sinistra e uno a destra. Li indicò al nipote e poi disse:

Qui alla mia sinistra c’è il cibo per il lupo bianco, e alla mia destra il cibo per il lupo nero.

Se scelgo di nutrirli entrambi, non lotteranno mai per attirare la mia attenzione e potrò usare ognuno dei due nel modo che mi è necessario.

E, dal momento che non ci sarà guerra tra i due, potrò ascoltare la voce della mia coscienza più profonda, scegliendo quale dei due potrà aiutarmi meglio in ogni circostanza.

Se capisci che ci sono due grandi forze dentro di te e le consideri con uguale rispetto, saranno entrambi vincenti e convivranno in pace.

La pace, figlio mio, è il fine ultimo della vita. Un uomo che ottiene la pace interiore ha tutto.

Un uomo che è lacerato dalla guerra che si combatte dentro di lui è niente.

 

 

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natodallatempesta0 più di un mese fa

C'era una volta un contadino cinese, era molto povero, per vivere lavorava duramente la terra con l'aiuto di suo figlio, ma possedeva il grande dono della saggezza.

Un giorno il figlio gli disse:

- Padre che disgrazia, il nostro cavallo è scappato dalla stalla!

- Perchè la chiami disgrazia? rispose il padre!

- Aspettiamo e vediamo cosa succederà nel tempo!

Qualche giorno dopo il cavallo ritornò portando con sè una mandria di cavalli selvatici.

- Padre che fortuna! Esclamò questa volta il ragazzo.

Il nostro cavallo ci ha portato una mandria di cavalli selvatici.

- Perchè la chiami fortuna! rispose il padre. Aspettiamo e vediamo cosa succederà nel tempo.

 

Qualche giorno dopo, il giovane nel tentativo di addomesticare uno dei cavalli, venne disarcionato

e cadde al suolo fratturandosi una gamba.

- Padre che disgrazia, mi sono fratturato una gamba.

Ma anche questa volta il saggio padre sentenziò:

- Perchè la chiami disgrazia? Aspettiamo e vediamo cosa succede nel tempo.

Ma il ragazzo per nulla convinto delle sagge parole del padre, continuava a lamentarsi nel suo letto.

 

Qualche tempo dopo, passarono per il villaggio gli inviati del re con il compito di reclutare i giovani da inviare in guerra.

Anche la casa del vecchio contadino venne visitata dai soldati reali, ma quando trovarono il giovane a letto, con la gamba immobilizzata, lo lasciarono stare per proseguire il loro cammino.

Qualche tempo dopo scoppiò la guerra e molti giovani morirono nel campo di battaglia, il giovane si salvò a causa della sua gamba zoppa.

 

Fu così che il giovane capì che non bisogna mai dare per scontato né la disgrazia né la fortuna, ma che bisogna dare tempo al tempo per vedere cosa è bene e cosa è male.

 

 

Hokusai - 45° della serie - Viaggiatori attraversano il fiume Oi

 

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natodallatempesta0 più di un mese fa

Sento la spinta emotiva a ringraziare chi ha commentato le mie riflessioni, chi ha donato con umiltà e saggezza la sua opinione a volte dal sapore confidenziale.
Un denominatore comune è stata la risposta alla domanda che, spesso, ho sollevato nelle mie osservazioni personali:
Perché sono qui?

 

Tutti rispondono sapientemente: Per comunicare, per confrontarsi.
Ed è vero!

 

A volte i miei pensieri si espandono e nella generalizzazione, risucchiano tutto e tutti, costruendo pensieri che sono insiemi di emozioni ed esperienze, in parole povere, si fa di tutta l’erba un fascio.
Se analizzo il pensiero arrivo, però, alla conclusione, che questa realtà descrittiva, pecca di logica. Perché le mie emozioni e la mia esperienza, sono per declinazione, MIE e solo per fortuita coincidenza possono richiamare emozioni ed esperienze altrui.
Uno dei problemi del confronto è la generalizzazione, che se da un lato, ha il pregio di creare una stanza comune, in cui ognuno ha un posto a sedere, uno spazio in un unico spartito armonico.
Dall’altro lascia indietro le nostre singolarità.
Sapete come la scienza definisce una singolarità gravitazionale: come un punto in cui la curvatura dello spazio-tempo tende a un valore infinito.

 

Infinito.

 

Le nostre singolarità sono i nostri infiniti, i nostri assolutismi, quei comportamenti, quei pensieri radicati, che sono frutto, non di un insegnamento, ma di una curvatura di crescita che pensiero, dopo pensiero, trasforma l’astrazione delle realtà, in valori assoluti, in simboli emozionali che tendenzialmente cercano di decifrare, ciò che non capiamo, non riusciamo ad accettare o assimiliamo come un reiterato comportamento distintivo.
E nel confronto l’assolutismo per natura, non si piega, non si modella alle circostanze, può solo spezzarsi, creando frammenti, che io chiamo ferite interiori.
Generalizzando, si è tolleranti e intolleranti allo stesso tempo, ed è l’equilibrio tra questi due comportamenti, che permette di trovare la cifra del nostro modo di comunicare e confrontarci.
Ecco, che torniamo alla comunicazione e al confronto.
Al motivo per cui si è qui.

Qui, tendenzialmente potrei confidare sensazioni ed emozioni che nella realtà, non confiderei mai.
Perché?
Perché non confidare il mio malessere o le mie sensazioni, per come sono realmente, ad esempio alla mia compagna? Perché cifrarlo e sperare che venga intuito?
Quante volte si è nella vita detto: Non mi capisci?
Fateci caso, quando si riesce a dire quello che si pensa o sente veramente a chi hai davanti, face to face, faccia a faccia?
Non convenite con me, che quel momento nella maggior parte dei casi è: Quando si è in preda all’ira o oppressi dalla disperazione.
Chiedetevi cosa hanno in comune queste due emozioni?
Credo di sapere perché sono qui.
A volte mi chiedo, però, perché quel che sono, qui o tra le righe di un foglio, no lo sono nella realtà quotidiana?

 

universo-orig

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natodallatempesta0 più di un mese fa

L’insostenibile leggerezza del cuore, forse, ho osato troppo. Parafrasare Kundera, è troppo per chiunque.
Chi ha letto il libro, sa che in quel titolo c’è l’essenza dei personaggi, incapaci di sostenere il peso delle loro scelte.
In tutto quello che si fa, in linea di massima c’è sempre una motivazione che pesa nelle nostre scelte.
Alcune sono palesi è chiare: Andare a lavoro, far l’amore.
Altre sono meno chiare, alcune persino inspiegabili, metafisiche.

Ho nel tempo acquisito la consapevolezza, che siamo anime camaleontiche, che indossiamo una veste in base a quel che ci circonda e capita. Un certo gusto personale rimane sempre in superficiale e rappresenta le nostre peculiarità, che sono uniche e non possono essere nascoste, perché non sono un modo di comportarsi, ma un inconscia esternazione del nostro carattere.
E questa natura camaleontica, è un bisogno radicato, un bisogno di approvazione.
Cercare l’approvazione degli altri significa evitare di impegnarsi.

A fare cosa? A fare cose che possono migliorarci! Perché per migliorare si deve prendere consapevolezza di ciò che non va.
Comportandoci come gli altri si aspettano, ci evita ansie e fallimenti.
Si rimane all’interno di quella famosa zona comfort, che ci protegge ma allo steso tempo ci isola.
In questo mondo, la nostra zona comfort è: L’anonimo. Che qui non assume l’esternazione di privacy, ossia tutela della nostra identità, ma di scudo contro gli attacchi amici e nemici. Perché si cerca il confronto, ed è euforico, perché, qui, non c’è pericolo.
E molto spesso siamo noi stessi a creare le dinamiche per lo scontro, perché fuori nella realtà, si è vili e si fugge, ma non chiamiamola viltà: è educazione, la stessa che ti fa lanciare la pietra e ritirare la mano al momento della responsabilità.

 

Essere responsabili.

 

Responsabili di quel che si scrive e si fa.
Stamane in un commento ho scritto:
Che non mene frega e che faccio e scrivo quel che voglio e come voglio.
Non è il massimo della posizione, perché poi è logica, chiedersi perché si è qui?
Quando ci si mette in difesa: è perché c’è un problema, una paura latente.
Anche creare una realtà fittizia è frutto di un'insoddisfazione, che è sempre una forma latente di paura.

 

La conclusione.
Che si è qui, perché si ha paura delle realtà.
Ed io queste paure le voglio scrivere, identificare e se necessario discuterci.

 

paura-psicoterapia

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natodallatempesta0 più di un mese fa

Voglio partire da una frase che ho scritto ieri:

 

[…]
Io sento la differenza o è forse solo il malessere di non sentirmi in pace, che tormenta l’anima.
[…]

 

solo il malessere di non sentirmi in pace”, non è una frase poi così bella, anzi, potrebbe far paura.

 

Sono sempre stato un bambino e poi ragazzo, con non poche e indifferenti problematiche, che non vi sto a raccontare, non sono mai stato in pace al di fuori della mia arte (chiamiamola così), ossia quelle attività che ami fare e che ti distraggono da alcune realtà che vivi.

 

Sono passati parecchi anni dall’ultima volta che pubblicavo post in un blog. Ora, rientro, creo un blog e inizio a scrivere e confidare i miei malesseri.

Potrei senza retorica dire, che è patetico.
Nascosto dietro un PC, racconto quel che sento. A qual è scopo?

Che cosa spero di trovare? Chi spero mi risponda?

 

Perché ammettiamolo, si cerca il dialogo. Io scrivo molto e molto di ciò che scrivo, è segreto, non lo do in pasto alla rete.

 

Se ora, in questo momento, mi do in pasto alla rete, ci deve essere un motivo? Colpa della solitudine? Forse, ma magari no!
Qualcuno mi potrebbe dire (io stesso me lo dico): Hai una compagna, non ti confidi con lei?

 

Certo, mi confido, mi confronto, litigo e rido insieme a lei.
Ma certe cose si fanno solo capire, si accennano, non si dicono, si sussurrano attraverso un codice indecifrabile, non si mostrano per quel che sono.
Perché si è orgogliosi, si è feriti e non si vuole di nuovo esser feriti o peggio giudicati. Molti sono degli esibizionisti e amano mostrare la loro nudità interiore oltre che esteriore, amano mostrare la loro nudità spirituale.
Sono un esibizionista? Nella realtà no, sono quello che si nasconde e mostra solo il silenzio dell’anima.

Natodallatempesta!!!

Quando scelsi questo nick, non lo scelsi perché mi sentivo come un tempesta, forte, possente, indomabile, irresistibilmente terrificante, ma perché, lotto ogni giorno con un tumulto di emozioni e come una tempesta, ribalzo tra una quiete senza vento ad una tempesta perfetta di emozioni.
E nessuna sa nulla.
Nessuna saprà mai realmente nulla.

 


Voglio trascrivere una frase detta da un personaggio letterario diventando famoso in questo decennio, grazie al cinema, una frase che è significativa di quel che è la vita e sono le parole:

 

“Silente: “Un aiuto verrà sempre dato a Hogwarts, Harry… a chi lo richiederà.

Mi sono sempre vantato della mia capacità di formulare una frase. Le parole sono, nella mia non modesta opinione, la nostra massima inesauribile fonte di magia… in grado sia di infliggere dolore, che di alleviarlo. Ma vorrei in questo caso, modificare la mia precedente frase in questa: ‘Un aiuto verrà sempre dato a Hogwarts, a chi se lo merita’.”

 

Buon week and a chi mi legge.

 

PS: Parlando di tormenti, ieri è stata incaricata la signora Giorgia Meloni come presidente del nuovo governo.
Al di là della figura su cui avrei tantissimo da ridire, è la prima donna ad assumere questo incarico, è un momento storico per l’Italia e le donne. Complimenti al mondo femminile, era ora.

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natodallatempesta0 più di un mese fa

Oggi, per un impegno personale sono fuori dalla mia città.
Nelle vicinanze so e sapevo che c’era un laghetto. Il tempo per una piccola devazione c’è e c’era, quindi, arrivato al bivio, ho imboccato la strada verso questa piccola area verde.

 

Nel post precedente ho scritto o meglio domandato se vi siete mai sentiti soli in mezzo alla gente? Perché a me capita.

 

Sono solo, non c’è nessuno nel raggio di qualche chilometro e qui, devo ci sarebbe motivo di sentirsi soli, devo dire che non mi sento solo.
Sarà la bellezza del posto che eccita gli occhi, ma sento euforia e pace.

 

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Il cellulare non è una macchina fotografica, ma spero riesce a catturare la bellezza di questo posto.

 

Ho sempre pensato che si soffre di solitudine, perché si sente la mancanza di qualcosa o qualcuno.

Ogni volta che mi trovo in posti come questo, soprattutto se sono solo o al massimo in compagnia della mia metà, mi sento in pace.

 

Forse è questa che manca: La pace.

 

La città è caotica, rumorosa, lo è anche la vita che si vive.

Questo è un pensiero mio e probabilmente interesserà a pochi o a nessuno.
La maggioranza di chi ci sta attorno si sentirà bene o si sente bene, sia che si trova in luoghi come questo o in città.
Io sento la differenza o è forse solo il malessere di non sentirmi in pace, che tormenta l’anima.

Sorridiamo nonostante tutto, c’è da chiederselo: Cosa c’è in realtà dietro un sorriso?

 

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Devo ammetterlo, di solito, preferisco il PC, al mobile, per scrivere nel blog e rispondere ai commenti. Oggi, è piacevole anche scrivere al cellulare.

 

È il momento di tornare in città.

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