Come sempre i commenti danno spunti a nuove e personali riflessioni.
Mi trovo a scivolare tra esternazioni poetiche, anime solitarie in mezzo ad una moltitudine di anime carnivore e leggi del fare e del dire che mettono sul tavolo un giudizio sofferto e tormentato.
Le giornate, tutte sommato, passano.
Ti svegli! È mattina e tutto a un tratto ti accorgi che sei giunto a sera. A volte neanche mi rendi conto, come se la memoria fosse stata obliterata.
Che fine hanno fatto i gesti e le parole?
Spesso mi rendo conto di quel che è successo, durante la giornata, dalle conseguenze che mi ritrovo davanti e che raccolgo a fine ciclo.
La notte scorsa, complice forse l’oscuro silenzio, mi ha spinto a scrivere che mi sento, che sono: Un folle. Un albero spoglio che ha consumato le foglie.
Che le raccoglie da terra e le conserva nelle tasche, per farne carta da piegare…
Mi è stato risposto: “le tue foglie raccolte saranno nuova semina, e un turgore nuovo, donerà ai nuovi germogli.” Questa come altre esternazioni di dolcezza, mi fanno giungere alla conclusione che la comprensione è diventata scontata.
Che il mondo così come è, ora, ha spinto, costretto alla fuga, chi ha tenerezza, costretto a nascondersi, chi ha il desiderio di spendere una parola per uno sconosciuto.
So che in giro ci sono tanta persone che hanno poesia nell’anima, che hanno sofferenza nel cuore tali da esser capaci di comprendere chi hanno davanti.
Un tempo si chiamava empatia.
L’empatia è una capacità, anzi no, un super potere. Il super potere di mettersi nella situazione, nei panni di un’altra persona, riuscendo o comprendere immediatamente i processi psichici dell’altro.
E sì! Proprio un super potere, come la super forza, la super velocità, il super udito di Superman, essere gentili è diventato un atto eroico.
Ieri ascoltando il Tg e gli eventi accaduti, ho sentito le parole, riportata dal giornalista, del tizio che ha aggredito ad Assago innocenti.
“Vedevo le persone felici e ho provato invidia.”
“Beato chi può dire a se stesso: io ho asciugato una lacrima.” Giuseppe Giusti.