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natodallatempesta0 più di un mese fa
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Anche questa notte è stata insonne, la causa questa volta è però esterna.

 

Rumori molesti, ma non troppo.

 

Tuoni, lampi e fulmini.
Un bel temporale, iniziato verso 1:45 e conclusosi più o meno verso le 3:30.
Il cielo non è stato l’unico a farsi sentire, però, il rombo del mare si udiva forte e chiaro, a vederlo, poi, faceva paura. Dire che è stato uno spettacolo della natura vedere le onde alzarsi in cielo è, forse, banale, ma è stato così. Per chi vivi in costa è una vista abituale naturalmente, ma fa sempre effetto.

 

È mia abitudine ogni fine settimana uscire di buon mattino, 6:30 più o meno, per andar a far spesa. Oggi, posso dire che è stata una bella tirata, fino al sorgere del sole. Dal mio paesino mi sposto verso altri paesini limitrofi, per andare in quegli esercenti che il tempo mi ha fatto conoscere e apprezzare e di cui sono diventato, poi, cliente fisso. E così zampettando come una lepre, mi ritrovo a viaggiare tra stradine e piccole piazzette di paese.
Il primo a cui faccio visita è il fornaio.
Fino a qualche anno fa, a servire il pane, pane casereccio, niente a che vedere con il pane bianco che si trova in centro città o nei supermercati, c’era una vecchietta, nella zona molto conosciuta, nonna Lucia, oggi, c’è il nipote.
L’odore del pane appena sfornato è qualcosa di straordinario, vista l’ora in cui vado è caldo e fumante e quell’aroma è magico, perché mi porta in mente ricordi fanciuleschi, ricordi di nonni.
Dopo passo dal pasticcere, la mia compagna se non ha la colazione appena sfornata non si alza dal letto. Raviola con la ricotta, ne va matta.
È una pasticceria antica e conosciuta nella zona, quindi, se arrivi troppo tardi c’è il rischio di non trovare nulla.
Quindi, a volte mi trovo dietro la porta della bottega, che ancora nulla è stato sfornato, ordino e poi ripasso.
Un’altra visita fissa è la fruttaiola, in realtà non è una vera e propria attività. La signora dietro casa ha una campagna con un bellissimo orto, e tanti alberi da frutto. quindi, si è attrezzate per vendere quello che la terra gli dona. Qui, sì che posso dire dal produttore al consumatore, prodotti genuini, ovviamente non trovi tutto e quel che trovi segue le stagioni, ma mi fa pensare che noto in termini di qualità e gusto una differenza enorme tra un pomodoro comprato da lei e uno acquistato al supermercato.

 

Devo dire che queste passeggiate settimanali per me sono, rilassanti, nonostante sto in macchina parecchie ore.
Non c’è frenesia, non c’è grande traffico a volte per niente, c’è invece un movimento lento e quasi antico, nelle attività che si aprono, nei vecchietti che si vanno lentamente a posizionare nelle piazzette.

Oggi ho anche notato per la prima volta, le foglie vestite d’autunno.

 

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L’autunno è la stagione che più amo, quelle a cui sono più legato per tanti motivi, quello più scontato è che sono nato in autunno, in Ottobre. Poi i colori! Rosso, giallo, arancione, ocra, se è vero che abbiamo tutti un sottofondo musicale preferito, è altrettanto vero che abbiamo anche una tinta, un colore, preferito e il mio è in tutte le sfumature del rosso fino quasi a sfiorare il giallo.

 

 

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natodallatempesta0 più di un mese fa

Scrivendo di poesia, di amore, di perdono c’è il rischio, come ho già avuto modo di esprimere in molte riflessioni, di cadere nella retorica e nella generalizzazione.
 

Ma poco importa, il bello è proprio questo.

 

Nella scelta del cammino, non si guarda in faccia nessuno, questo perché non c’è nessuno attorno.

Ora, la retorica sul cammino, sulla via, è piena di luoghi comuni e frasi fatte. Tutte legate alla scelta e all’ideologia che porta alla scelta.
 
Il cammino lo si può scegliere tortuoso e cupo:

 

 

luminoso e dritto:

 

 

E quanti appellativi dall’essenza filosofica si possono attribuire a questo sentiero invisibile:
La via del guerriero, la via della felicità, la via dell’eremita, la via della pace.

Alla fine si riflette semplicemente sulle scelte che si fanno.
La retorica, la generalizzazione e perchè no, anche la banalità smettono di esistere nel momento che si è orientati verso sé stessi e attraverso sé stessi si riflette come uno specchio quell’idea unita al sogno, che ci condiziona, cioè: l’ideale.

 

Per questo ringrazio chi condivide un pensiero o una scheggia della propria vita e sensibilità, perché ha superato quel limite che purtroppo, oggi, rende l’essere umano: egoista, presuntuoso e intellettualmente pigro. Vizi che portano a quell’idea che ho scritto nel procedente post. Che, oggi, la chiave di volta è la mancanza. La poesia era ed è, una conseguenza, alla perenne sensazione che mi manca qualcosa, che non si sta aggiungendo ma sottraendo qualcosa alla vita.
Cosa? Dipende dagli ideali che abbiamo.

 

Mi permetto di richiamare in questa riflessione quel che la sensibilità di chi mi ha commentato, ha creato, alcuni frammenti che sono esempi di un’ideale interiore:

 

“La poesia è il dialogo interiore che da forma alle cose: quasi tangibili, e le colora."
 

“Mi ricordo che il mio papà e la mia mamma mi leggevano sempre “favole al telefono”. Ed era così bello.”

 

“Vuoi mettere, l’emozione che si prova, quando mettendo la testa sulla sua spalla, lui in un muto conversare.. ti fa capire che c’è per te..”

 

Quel che lega questi tre frammenti di pensiero è: la comunicazione. Tutte è tre sono espressione di un calcolo che da’ come risultato: Qualcosa che al di là della sua valenza di somma, di addizione, di sottrazione o divisione, è un appello verso la ricerca di una voce.

 

Sapete cosa faccio quando ho bisogno di ritrovarmi?

 


Sarà, forse, il contatto con l’elemento primitivo o la sensazione di essere nell’atto di trovare un qualcosa, nella forma, ma è lì che il silenzio diventa vivo, che il tempo si dilata e si ritrae all’unisono, che il sottofondo non registra più suoni e quasi, quasi, si sente la voce dell’anima.  

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natodallatempesta0 più di un mese fa
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Dopo tante riflessioni al limite del tormento.
Bisogna equilibrare la bilancia e mettere dei pesi anche nell’altro piatto.
Non si può dare voce solo alle paure e ai vizi, anche la luce ha bisogno di attenzioni e gentilezze.

 

La festa di Ognissanti è passata, ieri si è un pò girato, visitato le fiere. Visto gente stravagante e ammirato cose che di solito hanno altre forme:

 

Fiera – 2 Novembre 2022

 

 

S’io facessi il fornaio vorrei cuocere un pane cosi grande da sfamare tutta, tutta la gente che non ha da mangiare. Un pane più grande del sole, dorato, profumato come le viole. Un pane cosi verrebbero a mangiarlo dall’India e dal Chilì i poveri, i bambini, i vecchietti e gli uccellini. Sarà una data da studiare a memoria: un giorno senza fame! Il più bel giorno di tutta la storia!


Gianni Rodari

 

Il momento poetico ci sta. La poesia a suo modo e con i suoi tempi arriva sempre durante il giorno, a ispirarci, a lusingarci, a regalarci un momento di elevazione spirituale che la vita quotidiana ci concede poche volte.
Poi se hai il cuore innamorato, sai le caz…..te che si dicono, quasi, ci si crede.

Sei seduto, davanti hai la donna che ti ha rubato il cuore, magari è sera, attorno tante persone che si divertono. Le prendi la mano e guardandola con lo sguardo migliore che hai, le dici:

 

Sei bella oggi.
Ti amo come il primo giorno.
Senza di te non sono che un piccolo uomo.

 

Qualcuno attento potrebbe anche notare i particolari, le attenzioni che lei indossa o si è creata: Perché no! Per ricordarci, che si fa bella non solo per lei, ma anche per noi.

 

Esistono, ancora, queste accortezza, questi gesti poetici?

 

Perché questa è la poesia, non è un componimento in rima, decantato secondo un ritmico accostamento di consonanti e vocali, ma un’impellente desiderio di dare forma ad un sentimento che vive e brucia in un determinano momento e che facilmente si spegne, dopo aver consumato l’ultimo tizzone di desiderio. Il suono è privilegiato in questa rincorsa all’amore.

 

Mia nonna mi raccontò che ai tempi, mio nonno, le dedicò una serenata. Un vera serenata, non canto lui, non aveva il dono di una voce intonata, ma si mise all’angolo della finestra con la coppola in mano e gli occhi in alto, mentre la banda, quattro orchestrali, un mandolino, una fisarmonica, un flauto e la voce solista, intonavano il brano d’amore.

 

Dedicarle: un sei bella, un ti amo, un sei l’unica, può lusingare e accendere per una notte il cuore e la passione che esso vuole e desidera. Ma serve altro, ben altro per costruire sopra la poesia, un castello di certezze, un maniero abbastanza fortificato da resistere alla più folle tentazione dell’uomo e anche della donna. La follia d’esser padrone del cuore di chi ami.
Perché sì! C’è chi pensa, che dopo il contratto stipulato con il primo bacio, la prima, come si usa dire oggi: far sesso, fottere, scopare, trombare (poesia dell’eccitazione direbbe qualcuno), volta si è padroni e si più riporre il cuore, non serve più, lei o lui oramai sono nostri.

In una coppia si dice che c’è sempre qualcuno che ama un pò di più, può esser vero, perché c’è sempre qualcuno che si tira indietro prima, che dice scusa per primo, che sorride dopo la lite per primo. Questa è la poesia, sentire di poter fare un passo indietro, di trasformare l’orgoglio in un verso di pace e perdono, di sorridere dopo aver visto la tempesta.

 

Si dice, anche, che in una coppia c’è una parte forte e una parte debole. Nella mia coppia all’apparenza è la mia compagnia la parte forte. Carattere risoluto a volte impulsivo, occhi vispi, parola spigliata, con armi appuntite sempre pronte a pungere con ironia e sarcasmo e una irremovibile concretezza che la rende tenace e perché no anche testarda.
Io, invece, riflessivo, creativo, come mi dice a volte; troppo in alto con i pensieri per vedere il mondo come è e capirlo. Agli inizi fragile mi diceva, con il tempo ha capito, che la fragile è lei e che le mie spalle sono così grandi da riuscire a sopportare, un mondo violento senza perdere mai la pazienza e la forza di rispondere con gentilezza. In un mondo dove è debolezza tutto questo.

Secondo il mondo di oggi, infatti, io sono un debole.

Osservate la società, il modello che si è creato e si sta creando e soffermatevi sull’identità di chi, oggi, abusa e sottomette ad esempio la donna.

 

Che natura ha chi afferma, alla fine se l’è cercata?

 

Non pensate che in tutto questo la poesia non gioca un ruolo importante. Gioca un ruolo determinante, nel momento che essa è sminuita, resa ombra di faccine e riassunti calligrafici.
La sintesi dell’anima, trasformata in una didascalia.

 

Ero partito con l’idea di scrivere qualcosa di felice e non triste, mi sa mi è riuscito a metà.

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natodallatempesta0 più di un mese fa

Un giorno il saggio diede al discepolo un sacco vuoto e un cesto di patate.

"Pensa a tutte le persone che hanno fatto o detto qualcosa contro di te recentemente, specialmente quelle che non riesci a perdonare. Per ciascuna, scrivi il nome su una patata e mettila nel sacco".

Il discepolo pensò ad alcune persone e rapidamente il suo sacco si riempì di patate.

"Porta con te il sacco, dovunque vai, per una settimana" disse il saggio. "Poi ne parleremo".

Inizialmente il discepolo non pensò alla cosa. Portare il sacco non era particolarmente gravoso. Ma dopo un po’, divenne sempre più un gravoso fardello. Sembrava che fosse sempre più faticoso portarlo, anche se il suo peso rimaneva invariato.

Dopo qualche giorno, il sacco cominciò a puzzare. Le patate marce emettevano un odore acre. Non era solo faticoso portarlo, era anche sgradevole.

Finalmente la settimana terminò. Il saggio domandò al discepolo: "Nessuna riflessione sulla cosa?".

"Sì Maestro" rispose il discepolo.

"Quando siamo incapaci di perdonare gli altri, portiamo sempre con noi emozioni negative, proprio come queste patate. Questa negatività diventa un fardello per noi, e dopo un po’, peggiora."

"Sì, questo è esattamente quello che accade quando si coltiva il rancore. Allora, come possiamo alleviare questo fardello?".

"Dobbiamo sforzarci di perdonare".

"Perdonare qualcuno equivale a togliere una patata dal sacco. Quante persone per cui provavi rancore sei capace di perdonare?"

"Ci ho pensato molto, Maestro" disse il discepolo.

"Mi è costata molta fatica, ma ho deciso di perdonarli tutti".

 

 

 

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natodallatempesta0 più di un mese fa

 

Un giorno, apparve un piccolo buco in un bozzolo; un uomo che passava per caso, si mise a guardare la farfalla che per varie ore, si sforzava per uscire da quel piccolo buco. Dopo molto tempo, sembrava che essa si fosse arresa ed il buco fosse sempre della stessa dimensione. Sembrava che la farfalla ormai avesse fatto tutto quello che poteva, e che non avesse più la possibilità di fare niente altro. Allora l’uomo decise di aiutare la farfalla: prese un temperino ed aprì il bozzolo.La farfalla uscì immediatamente. Però il suo corpo era piccolo e rattrappito e le sue ali erano poco sviluppate e si muovevano a stento. L’uomo continuò ad osservare perché sperava che, da un momento all’altro, le ali della farfalla si aprissero e fossero capaci di sostenere il corpo, e che essa cominciasse a volare. Non successe nulla! In quanto, la farfalla passò il resto della sua esistenza trascinandosi per terra con un corpo rattrappito e con le ali poco sviluppate.Non fu mai capace di volare. Ciò che quell’uomo, con il suo gesto di gentilezza e con l’intenzione di aiutare non capiva, era che passare per lo stretto buco del bozzolo era lo sforzo necessario affinché la farfalla potesse trasmettere il fluido del suo corpo alle sue ali, così che essa potesse volare. Era la forma con cui Dio la faceva crescere e sviluppare. A volte, lo sforzo é esattamente ciò di cui abbiamo bisogno nella nostra vita. Se Dio ci permettesse di vivere la nostra esistenza senza incontrare nessun ostacolo, saremmo limitati. Non potremmo essere così forti come siamo. Non potremmo mai volare.

Chiesi la forza…e Dio mi ha dato le difficoltà per farmi forte. Chiesi la sapienza… e Dio mi ha dato problemi da risolvere. Chiesi la prosperità… e Dio mi ha dato cervello e muscoli per lavorare. Chiesi di poter volare… e Dio mi ha dato ostacoli da superare. Chiesi l’amore… e Dio mi ha dato persone con problemi da poter aiutare. Chiesi favori… e Dio mi ha dato opportunità. Non ho ricevuto niente di quello che chiesi… Però ho ricevuto tutto quello di cui avevo bisogno.

 

 

 

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natodallatempesta0 più di un mese fa
Mostro
 
 

Mi sa che devo aggiunge una nota permanente a piè di pagina per ringraziare chi mi commenta, il loro contributo rende il viaggio un’esplorazione e non un esule naufragio. Tanti spunti per riflettere, tre parole hanno colto la mia attenzione, per esser precisi, due parole e un’aforisma:

 

Egoismo, combattere e pánta rheî.

 

C’è un legame tra queste parole. Si combatte quasi sempre per egoismo e nella lotta scorre sempre qualcosa, sul terreno (reale o concettuale) alla fine si è, sempre, versato qualcosa: Un’intera esistenza, tutta una vita.

Non so il motivo conscio, ma questa riflessione mi ha riportato alla mente un’acquaforte di Francisco Goya.

 

Il sonno della ragione genera mostri.

 

 

Francisco Goya – Il sonno della ragione genera mostri.

 

 

Secondo Goya, la fantasia è alla base di tutte le creazioni dell’uomo e della donna (aggiungo). Secondo il suo pensiero, senza l’appoggio, il supporto della ragione, della logica, la fantasia condurrà la mente a generare mostri. Se, invece, la ragione si unisce alla fantasia, si da’ vita a uno strumento potente e dalla genesi inesauribile.
Che cosa rappresentano i mostri? Nel pensiero di Goya i processi mentali che tormentano l’anima degli uomini.
Ho sempre ritenuto per esperienza personale, che i mostri sono paure camuffate.
Ho paura del buio, quindi, il buio diventa un mostro, ho paura del mare, quindi il mare diventa un mostro e così via.

 

Sapete qual è il mostro più temuto dell’essere umano?

 

Il tempo.

 

Ciò che per noi è più prezioso, è anche ciò che più temiamo. La nemesi di ogni speranza e la madre di ogni paura.
Secondo voi, chi o cosa invidiamo?
Inviamo l’uomo che ha una Ferrari e la possibilità di comprare quel che vuole o l’auto sportiva e il denaro che lui possiede?
O ci mette invece paura il non riuscire a raggiungere il suo stesso obiettivo, di non avere il tempo di aver successo?
Avidità, invidia, egoismo, ira, accidia ecc. ecc. Sono biblicamente parlando, un’esternazione oscura della consapevolezza concreta o meno, che il tempo che viviamo, scorre e con esso scorrono i nostri sogni, le nostre ambizioni, i nostri desideri, che nel profondo della ragione, avvolti dall’egoismo, dall’invidia, dall’ira, diventano mostri che ci tormentano.

 

Pánta rheî: “tutto scorre” e nello scorrere tutto cambia, non cambia, però, il punto di vista, cambia la goccia che attraversa il punto, quella goccia non sarà mai la stessa e mai indietro potrà tornare.
Per questo a volte quando siamo felici, perché amiamo o balliamo, dopo, ci sentiamo, quasi, in colpa.
Come se avessimo la sensazioni di non meritarlo, ed è una difesa o di non riuscire più a ripeterlo, ed  è una resa. Una difesa o resa ai mostri che ci creiamo.

 

Ho la sensazione, che con il passare del tempo, le riflessioni diventino sempre più artificiose. E dire che volevo semplicemente passeggiare, senza pretese in punta di piedi.
Non pensavo neanche di attirare l’attenzione con i miei pensiero e di rimane solo.

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natodallatempesta0 più di un mese fa

Avvelenamento da immagini e parole.

Iran! Ucraina! Parlamento! Non si riesce piu ad ascoltare il mondo.

 

Serve un antitodo a questa società e bello forte.

 

Pure le stagioni si sono nascoste.

Il timido autunno non vuole uscire.

 

 

Sono! Sono qualcosa, non so cosa ma sono irrimediabilmente .......

 

Buon internet a tutti.

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natodallatempesta0 più di un mese fa

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C’è chi afferma che tra passato, presente e futuro, solo il presente ha veramente importanza, l’unico che deve essere sempre presente (scusate il gioco di parole) nei nostri gesti e pensieri.

 

Spulciando tra le citazioni, si trova sempre quella giusta per dare un sostegno a quel che si vuole esprimere. Direi che non c’è nulla di più efficace di una citazione per giungere al punto di una riflessione.
“Io non vivo né nel mio passato, né nel mio futuro. Possiedo soltanto il presente, ed è il presente che mi interessa. Se riuscirai a mantenerti sempre nel presente, sarai un uomo felice. La vita sarà una festa, un grande banchetto, perché è sempre e soltanto il momento che stiamo vivendo.” Paulo Coelho.

 

In questa frase, ha senso ogni parola, ha valore ogni significato, ma se devo dare un senso personale, tale che posso far mio il significato, allora, la sento limitata.

Il presente è sì, la realtà viva della nostra quotidianità, ma a mio parere, il suo valore è dato dal passato e dal sentimento che avvolge il futuro, che è l’unico tesoro reale dell’esistenza, espresso attraverso quel che conta veramente di più: Il tempo. Quel che resta del nostro tempo, per esser precisi, che da sempre è: l’unico valore che non ha prezzo.

 

Quel che sono è frutto del passato.
A dire il vero, tutto quello che è parte di me, nel bene o nel male, è frutto dell’esperienze che ho vissuto.

È parte, è frutto, è. Niente è più presente del verbo essere nella terza persona singolare dell’indicativo presente.

 

Un pò contorto? Probabilmente. Tutto questo ragionamento è in realtà frutto di una foto che stamattina mi sono ritrovato fra le mani:

 

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Anni 80'


Carino eh? 😀
Questo sono io, tanto, tanto tempo fa.
Osservandola non posso non provare un certo disagio e al tempo stesso una certa indefinita emozione.
I motivi? Che ora che sono un uomo maturo, con qualche ombra di bianca esperienza, so e comprendo cosa nascondeva quell’aria che per tutti era timidezza.

 

Il valore di una foto.

 

Fin da quando studiavo, tra le mie materie preferiti c’era la filosofia.
Una frase mi è sempre stata particolarmente amica, frase che ho capito, veramente, nel tempo:
“I tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Questi tre tempi sono nella mia anima e non li vedo altrove. Il presente del passato, che è la storia; il presente del presente, che è la visione; il presente del futuro, che è l’attesa.”  Sant’Agostino.
È significativo l’uso del presente, in tutte le diramazioni del tempo, che sia passato, presento o futuro, si è sempre nell’attimo, nel respiro. Che sia il primo giorno di vita o l’ultimo, si avrà tra le mani sempre e comunque, la storia, la visione e l’attesa.

E questi valori li trovo in quella vecchia foto, come in tante altre foto. Vi trovo storia, la mia storia, che prende vita e forma dalla visione che percorre il tempo fin ad oggi e vi trovo l’attesa, che ieri come oggi è: la speranza, la Dea che a volte è fiducia, a volte desiderio, a volte semplice e pura emozione.

 

Un pensiero articolato, forse, troppo retorico e artificioso per esprimere un sentire. Ma è questo che sto facendo, indipendentemente da tutto e tutti, dare valore a quello che sento e a quello che sentivo, condividendo un modo di percepire le cose, senza pretendere, poi, nulla, perché neanche io leggendo tanta ostentazione avrai, forse, qualcosa da dire. Chi accende il pc e si siede davanti a questo schermo, nella maggior parte dei casi cerca: leggerezza a volte comprensione.
Troppe volte, purtroppo, cupidigia e volgarità. Ad alcuni “Ciao, come va?” può andare bene e di lì iniziare un dialogo, ad altri può sembrare, invece, il sintomo grave di una perdita, la perdita dell’intelligenza.
La libertà d’essere come si vuole, alla fine è l’unico valore che si cerca in questo anonimato. Ed io sto navigando nel mio mare con la compagnia delle onde (a volte calme a volte tempestose) e di un diario di bordo che scivola tra passato e futuro.

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