Sapete cosa colgo da tutto questo?
Che l’arte tramanda, la rete consuma.
Si sono consumante le parole e con le parole i contenuti, l’istantanea immediatezza delle rete, ha reso istantanei anche i pensieri.
Un uomo guarda una donna seduta nella penombra di un sala brulicante di lustrini e reggicalze.
L’osserva con lo sguardo di chi vuole conquistare la vetta più alta. Spavaldo si avvicinata e con la fierezza di chi sa cosa vuole, esclama:
SEI, TROPPA!!! SPACCHI!!!!
TI VA SE FACCIAMO QUALCOSA INSIEME?
E dire che una volta:
CIRANO:
Lasciatemi coglier questo pretesto dell’occasione che qui ci offre il potersi parlare sì dolcemente, così.
ROSSANA:
Senza vedersi?
CIRANO:
Ma sì, è incantevole, ci indoviniamo appena. Voi sentite un mantello che del nero si svena, io intravedo un biancore di veste che vapòra. Io non sono che un’ombra, voi l’eco di un’aurora. E immagino di non avervi mai parlato avanti…
ROSSANA:
È vero, i vostri toni erano meno stimolanti.
CIRANO:
Sì, perché nel buio che mi va proteggendo io oso essere me stesso e oso… Stavo dicendo? Ah, non so, è così tutto… scusate l’emozione… così delizioso, così nuova occasione.
ROSSANA:
Così nuova?
CIRANO:
Sì, d’essere sincero. La paura di essere dileggiato contro di me congiura.
ROSSANA:
Dileggiato?
CIRANO:
Ma… per uno slancio. Sì, il mio cuore del mio spirito sempre si veste per pudore. Ah, lo spirito è inutile in amore! È da canaglia prolungare in amore l’inutile battaglia. Il momento poi viene, senza un ripensamento, e rimpiango coloro a cui non tocca un tal momento, quando sentiamo in noi che un amore nobile esiste e che anche un lieve cenno lo può rendere triste.
ROSSANA:
Sì, il momento è questo e ci offre ora il suo frutto.
Che cosa mi direte?
CIRANO:
Ma tutto, tutto, tutto, così come sarà darò ciuffo per ciuffo senza farvene un fascio. Vi amo, e mi ci tuffo, t’amo! Son pazzo, non ne posso più, è troppo! Ed il tuo nome in gola è un nodo, un cappio, un groppo. Di te io mi ricordo ogni fatto, tutto ho amato. Io so che un giorno, il dodici maggio l’anno passato, cambiasti, per uscire al mattin, pettinatura. Fu come un nuovo sole, la tua capigliatura. Ti è chiaro allora adesso? Infin lo vuoi capire? Senti l’anima mia nell’oscurità salire? Oh, è vero che stasera c’è un sogno intorno a noi. Io che vi dico questo, voi mi ascoltate, voi. Be’, è troppo. Nella speranza più modesta mai ho sperato tanto. Per questo non mi resta null’altro che morire. È per i miei sussurri ch’ella trema furtiva lassù, tra i rami azzurri? Scende il tremor bramato dalla tua mano insino all’ultimo dei fili di questo gelsomino.
ROSSANA:
Sì, io tremo, e io piango, e cedo alla tua corte, tu mi hai inebriata.
CIRANO:
Allor venga la morte… Quell’ebbrezza, è la mia, che ha espugnato la rocca. Io non domando altro che chiedervi…
CRISTIANO:
la bocca!
ROSSANA:
Eh? Cosa? Voi chiedete…?
CIRANO:
Sì, io… vai troppo in fretta!
CRISTIANO:
Visto che è tanto scossa, e diamoci una stretta!
CIRANO:
Sì, io ho chiesto, è vero… ma santo cielo!… però quello che dico non è sempre vangelo.
Il bacio… no!… fa niente, la richiesta è precoce.
CRISTIANO:
Perché?
CIRANO:
Crepa, Cristiano!
ROSSANA:
Che dite a bassa voce?
CIRANO:
Sono andato lontano, e non ho un’attenuante.
Io mi dicevo: “Taci Cristiano, un istante!”
CRISTIANO:
Ottienimi quel bacio!
CIRANO:
Aspetta!
ROSSANA:
Sono sola?
CIRANO:
Parlavamo di un bacio…
ROSSANA:
No…
CIRANO:
Sì, è dolce la parola.
ROSSANA:
Tacete.
CIRANO:
Un bacio… ma cos’è, così d’un tratto? Un giuramento reso tra sé e sé, un patto più stretto… È come un traguardo che insieme è un avvio, un punto rosa acceso sulla “i” di “amore mio”, un bisbiglìo alle labbra perché l’orecchio intenda, il brivido del miele di un’ape che sfaccenda, una comunione presa al petalo di un fiore, un modo lungo e lieve di respirarsi il cuore e di gustarsi in bocca l’anima poco a poco.
ROSSANA:
Tacetevi, vi prego.
CIRANO:
Sì, taccio o vado a fuoco!
Avete letto? Avete concesso alla vostra mente e alla vostra bocca il dono di pronunciare questo scambio di parole che sono eccitazione e spaventosa passione?
Perché oggi tutto quello che avete letto, si esprime con un singolo e unico carattere:
Simpatico certo, ma povero. Quanto è povero.
Povero come chi non conosce la differenza tra passione e depravazione, tra sesso e stupro.
Il mio primo trafugamento di madre
avvenne in una notte d’estate
quando un pazzo mi prese
mi adagiò sopra l’erba
e mi fece concepire un figlio.
O mai la luna gridò così tanto
contro le stelle offese,
e mai gridarono tanto i miei visceri,
né il Signore volse mai il capo all’indietro,
come in quell’istante preciso
vedendo la mia verginità di madre
offesa dentro a un ludibrio.
Il mio primo trafugamento di donna
avvenne in un angolo oscuro
sotto il calore impetuoso del sesso,
ma nacque una bimba gentile
con un sorriso dolcissimo
e tutto fu perdonato.
Ma io non perdonerò mai
e quel bimbo mi fu tolto dal grembo
e affidato a mani più « sante »,
ma fui io ad essere oltraggiata,
io che salii sopra i cieli
per avere concepito una genesi.
Alda Merini.
Non è la prima volta che scrivo di questo. Perché questo accade spesso. E spesso alla domanda:
Sai cos’è successo ieri? rispondo.
Un’altra donna è stata stuprata.
Alle donne che lottano.
Nobel per la pace 2023