Per me significa: Disegnare ombre e luci su un foglio di carta, dipingere una tela sentendo il colore attaccarsi alle dita, modellare la creta e scorgere un volto tra le sue pieghe, scrivere una poesia da dedicare a lei, creare con le mie mani un oggetto utile per la sua bellezza o il suo uso, che possa finire sul tavolo di uno sconosciuto cliente, nutrire e accudire Frida, cucinare per la mia compagna, guidare la domenica al sorgere del sole per fare la spesa, vedere le mani di un essere umano creare dal nulla ciò che prima era solo pensiero. Ecco!!! Tutto questo, per me, significa vivere.
L'enigmatica anima della donna - ritratto
È così diseguale la mia vita
da quello che vorrei sapere.
Eppure al di là di ogni immondizia
e sutura, c’è la grande speranza
che il tempo redima i folli
e l’amore spazzi via ogni cosa
e lasci inaspettatamente viva
una rima baciata. Alda Merini
Ormai me reggo su 'na cianca sola.
- diceva un Grillo - Quella che me manca
m'arimase attaccata a la cappiola.
Quanno m'accorsi d'esse priggioniero
col laccio ar piede, in mano a un regazzino,
nun c'ebbi che un pensiero:
de rivolà in giardino.
Er dolore fu granne... ma la stilla
de sangue che sortì da la ferita
brillò ner sole come una favilla.
E forse un giorno Iddio benedirà
ogni goccia de sangue ch'è servita
pe' scrive la parola Libbertà!
Una madre portò il figlio dal mahatma Gandhi e gli disse: - "Per favore, mahatma, di' a mio figlio di smettere di mangiare zucchero". Gandhi rimase in silenzio, poi disse: - "Riportami tuo figlio fra due settimane". Perplessa, la donna lo ringraziò e disse che avrebbe fatto così. Due settimane dopo, Gandhi guardò il bambino negli occhi e gli disse: - "Smetti di mangiare zucchero!". Grata, ma sempre più stupita, la donna gli chiese: - "Perché mi hai detto di ritornare dopo due settimane? Avresti potuto dirglielo subito". Gandhi rispose: - "Due settimane fa, anch'io mangiavo zucchero". Morale: incarna ciò che insegni, e insegna solo ciò che hai fatto tuo
Il mio mare.
Poiché l’alba si accende, ed ecco l’aurora,
poiché, dopo avermi a lungo fuggito, la speranza consente
a ritornare a me che la chiamo e l’imploro,
poiché questa felicità consente ad esser mia,
facciamola finita coi pensieri funesti,
basta con i cattivi sogni, ah! Soprattutto
basta con l’ironia e le labbra strette
e parole in cui uno spirito senz’anima trionfava.
E basta con quei pugni serrati e la collera
per i malvagi e gli sciocchi che s’incontrano;
basta con l’abominevole rancore! Basta
con l’oblìo ricercato in esecrate bevande!
Perché io voglio, ora che un Essere di luce
nella mia notte fonda ha portato il chiarore
di un amore immortale che è anche il primo
per la grazia, il sorriso e la bontà,
io voglio, da voi guidato, begli occhi dalle dolci fiamme,
da voi condotto, o mano nella quale tremerà la mia,
camminare diritto, sia per sentieri di muschio
sia che ciottoli e pietre ingombrino il cammino;
sì, voglio incedere dritto e calmo nella Vita
verso la meta a cui mi spingerà il destino,
senza violenza, né rimorsi, né invidia:
sarà questo il felice dovere in gaie lotte.
E poiché, per cullare le lentezze della via,
canterò arie ingenue, io mi dico
che lei certo mi ascolterà senza fastidio;
e non chiedo, davvero, altro Paradiso.”
Paul Verlaine
È un’esigenza irrevocabile, inserire un pensiero felice, tra un post cupo e l’altro, inserire un respiro di vita tra un denuncia e l'altra, una violenza e l’altra.
Giusto ieri ho scritto nel mio blog: “[…] Dopo Palermo, Caivano. […] Poi c’è un cucciolo di riccio, preso a calci, trasformato in un pallone da un gruppo (branco) di bambini. […]”
Un groviglio di pensieri sul dolore e la violenza e oggi a non meno di un giorno:
18enni uccidono a calci una capretta ad Anagni e postano il video su Instagram.
Ho visto parte del video, un animale rabbioso sarebbe stato meno crudele.
e poi:
Cane accoltellato da ragazzini a Crispiano vicino Taranto: aggredito a calci e pugni, voleva solo giocare.
Sono solo animali alla fine!!! La capretta, poi, la mangiamo. Buone le costellata!!! Perché mai mostrare umanità e affinità?
Un gioco, ecco cosa è diventata la vita delle creature che ci circondano, siano essi piccoli insetti o intelligenti e amorevoli cagnolini.
La scuola e la famiglia hanno fallito.
Io non sono un genitore il destino ha voluto così. Se è questo, però, il mondo che mio figlio avrebbe vissuto.
BENEDICO il cielo per non aver permesso che subisse questa società, questo orrore.
E dire che l’orrore l’abbiamo conosciuto, dopo la seconda guerra mondiale, si doveva insegnare che la violenza non era e non è un’opzione. E invece oggi è un linguaggio ad uso e consumo di tutti.
Nell'antica Grecia Socrate aveva una grande reputazione di saggezza. Un giorno venne qualcuno a trovare il grande filosofo, e gli disse: - "Sai cosa ho appena sentito sul tuo amico?" - "Un momento" - rispose Socrate - "Prima che me lo racconti, vorrei farti un test, quello dei tre setacci." - "I tre setacci?" - "Ma sì" - continuò Socrate - "Prima di raccontare ogni cosa sugli altri, è bene prendere il tempo di filtrare ciò che si vorrebbe dire. Lo chiamo il test dei tre setacci. Il primo setaccio è la verità. Hai verificato se quello che mi dirai è vero?" - "No... ne ho solo sentito parlare..." - "Molto bene. Quindi non sai se è la verità. Continuiamo col secondo setaccio, quello della bontà. Quello che vuoi dirmi sul mio amico, è qualcosa di buono?" - "Ah no! Al contrario." - "Dunque" - continuò Socrate - "Vuoi raccontarmi brutte cose su di lui e non sei nemmeno certo che siano vere. Forse puoi ancora passare il test, rimane il terzo setaccio, quello dell'utilità. E' utile che io sappia cosa mi avrebbe fatto questo amico?" - "No, davvero." - "Allora" - concluse Socrate - "quello che volevi raccontarmi non è né vero, né buono, né utile; perché volevi dirmelo?"
Morale: se ciascuno potesse meditare e mettere in pratica questo piccolo test, molto probabilmente il mondo sarebbe un posto migliore.
"C’era una volta una coppia con un figlio di 12 anni e un asino. Decisero di viaggiare, di lavorare e di conoscere il mondo. Così partirono tutti e tre con il loro asino. Arrivati nel primo paese, la gente commentava: “guardate quel ragazzo quanto è maleducato, lui sull’asino e i poveri genitori, già anziani, che lo tirano”. Allora la moglie disse a suo marito: “non permettiamo che la gente parli male di nostro figlio.” Il marito lo fece scendere e salì sull’asino. Arrivati al secondo paese, la gente mormorava: “guardate che svergognato quel tipo, lascia che il ragazzo e la povera moglie tirino l’asino, mentre lui vi sta comodamente in groppa”. Allora, presero la decisione di far salire la moglie, mentre padre e figlio tenevano le redini per tirare l’asino. Arrivati al terzo paese, la gente commentava: “pover’uomo! dopo aver lavorato tutto il giorno, lascia che la moglie salga sull’asino. E povero figlio, chissà cosa gli spetta, con una madre del genere! Allora si misero d’accordo e decisero di sedersi tutti e tre sull’asino per cominciare nuovamente il pellegrinaggio. Arrivati al paese successivo, ascoltarono cosa diceva la gente del paese: sono delle bestie, più bestie dell’asino che li porta. Gli spaccheranno la schiena! Alla fine, decisero di scendere tutti e camminare insieme all’asino ma, passando per il paese seguente, non potevano credere a ciò che le voci dicevano ridendo: “guarda quei tre idioti: camminano, anche se hanno un asino che potrebbe portarli!”
Conclusione: ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa andare bene come sei. Quindi: vivi come credi, fai cosa ti dice il cuore. Quindi: canta, ridi, balla, ama e vivi intensamente ogni momento della tua vita prima che cali il sipario e l’opera finisca senza applausi."
La mia compagna è in ferie, ed è a casa (già da parecchi giorni), quindi, le ho dedicato, le dedico e le dedicherò tutto il tempo che ho, a lei e naturalmente a Frida.
Vi racconterò quando questi giorni di Ferie finiranno.
Per adesso mi limito ad un passaggio.
“Siate felici, agite nella felicità, sentitevi felici, senza alcuna ragione particolare.” Socrate
C'era una volta un Maestro di spiritualità che vide uno scorpione annegare. Decise allora di tirarlo fuori dall'acqua. Quando lo fece, lo scorpione lo punse. Per effetto del dolore il Maestro non riuscì a trattenere lo scorpione, il quale cadde nuovamente nell'acqua. Il Maestro, vedendolo ancora annegare, tentò per la seconda volta di prenderlo ma venne punto di nuovo. Un giovane discepolo che era lì, gli si avvicinò e chiese: - "Maestro, perché continuate? Ogni volta che provate a tirare fuori dall'acqua lo scorpione, esso vi punge!" Il Maestro rispose: - "La natura dello scorpione è di pungere e questo non cambierà la mia che è di aiutare". Il Maestro con l'aiuto di una foglia, tirò finalmente fuori lo scorpione dell'acqua salvandogli la vita. Poi, rivolgendosi al suo giovane discepolo, disse: - "Non cambiare la tua natura se qualcuno ti fa del male, prendi solo delle precauzioni". Infine il Maestro aggiunse: - "Gli uomini sono spesso ingrati del beneficio che gli stai facendo. Tuttavia questo non è un motivo per smettere di fare del bene, di abbandonare l'amore che vive in te. Gli uni perseguono la felicità, gli altri la creano. Preoccupati più della tua coscienza che della tua reputazione. Perché la tua coscienza è quello che sei, e la tua reputazione è ciò che gli altri pensano di te. Quando la vita ti presenta mille ragioni per piangere, mostrale che hai mille ragioni per sorridere".