Libero

natodallatempesta0

  • Uomo
  • 50
  • Trinacria
Bilancia

Mi trovi anche qui

Profilo BACHECA 231

natodallatempesta0 più di un mese fa

 

Ieri ho scritto di memorie e ricordi, anche oggi, voglio ricordare e ricordando fare a pezzi un frammento di vita.

 

Fare a pezzi! In effetti i ricordi sono frammenti del nostro passato, emblemi di un fare antico che oggi si è perso nel pensiero veloce, nei bit processati da una collettivita sempre in movimento.

 

Oggi, voglio descrivere la filosofia del ricordo, la filosofia del fare a pezzi.
Sapete dove la filosofia del fare a pezzi prende forma e vita? Nel mosaico.
Ieri, sfogliando un pò di foto, ho ritrovato, le immagine di una gita a Piazza Armerina.

 

Villa romana del Casale

 

Questo piccolo comune è famoso per la presenza sul suo territorio di una villa romana, la Villa romana del Casale e per la presenza di una serie spettacolare di mosaici.

 

Mosaici

 

Non vi sto, qui, a raccontare, la storia del mosaico, anche se mi piacerebbe descrivervi i secreti di questa tecnica meditativa. Il passare a rassegna nella mente le nozioni tecniche, mi riportano alla memoria la scuola ed un fare appassionato.

 

Ragazze in bikini

 

Il mosaico è meditazione, è precisione, è ricerca, quella ricerca interiore che traccia un legame tra luce e buio. Quando si crea un mosaico la storia diventa una raccolta di frammenti che sono luce e buio del nostro passato.
C’è una differenza tra l'oggi e quel che stato, ossi ieri, una differenza fondamentale. Ieri, l’arte, la scienza e la religione erano un'unica cosa. Creare arte era un modo di esprimere la vita nella sua interezza. Fede e conoscenza si intrecciavano con la quotidianità e la creatività era solo un comportamento del tempo.
Oggi, tutto è scisso e i sentieri sono divisi, come frammenti scollegati che non verrano mai uniti.

 

Questo credo abbia portato e porti le nostre anime a sentirsi frammenti di un’integrità contemplata, ma mai raggiunta.
Dio o scienza? arte o fede? conoscenza o credenza? mente o cuore?
Abbiamo diviso la nostra essenza in parti, l’abbiamo fatta a pezzi, per cosa poi? Per poter prendere posizione, per poter colpevolizzare una parte e assolverne l'altra.
Abbiamo creato divinità con lo scopo di armare un’idea e abbiamo creato tradizioni con lo scopo di accumulare favori e compiacimenti.
La crudeltà più grande è nell’aver trasformato la libertà in un catena fatta di specchi opachi. Siamo diventati l’uno agli occhi dell’altro, uguali, volti indefiniti. Basta, poi vedere, immaginare, creare, una differenza nel riflesso per legittimare una condanna, che diventa trincea e infine guerra interiore.

 

 

Mi chiedo? Nasciamo a pezzi, frutto del distacco materno o ci frantumiamo nel tempo, ricordo dopo ricordo?
Perché se è così, la via d’uscita potrebbe essere (alla fine) ricomporre il mosaico della nostra vita.

 

Penso a mio padre e una riflessione si accoda alle parole appena scritte. Tra i nuovi mali dell’era moderna (un male in realtà esistente, ma in espansione) vi è la malattia di Alzheimer-Perusini, detta anche morbo di Alzheimer. L’evoluzione biologica ha condannato l’essere umano ha dimenticare.
La mente ridotta in frammenti, totalmente, incapace di unire un pezzo all’altro.
La via d’uscita ad alcuni umani viene negata. Perché?
Esiste una parte di filosofia che tende a metabolizzare gli eventi, il male che subiamo, il male che facciamo, quello che evitiamo o ignoriamo, non si disperde, né svanisce, mai, lo teniamo in noi, resta in noi e lo trasformiamo e come un cancro infetta la nostra energia, la nostra vita.
Ed è lunga, poi, la strada per la purificazione, per non sentire più la colpa e il dolore.

 

“Un uomo che ha commesso un errore e non lo ha riparato, ha commesso un altro errore.”
Confucio  

 

La consapevolezza di avere un’anima a pezzi è acquisita da anni, chi ha letto i miei pensieri passati, sa come mi sono definito, sa quale mostro barocco ho scelto.
La cosa che non so? È, se riuscirò, alla fine, a trasformare ogni singolo frammento in una tessera capace di accogliere un’altra tessera e un’altra ancora, chissà?
Per molti potrebbe risultare incomprensibile quello che ho scritto, ma non necessariamente dovete capire.
L’anima è come uno specchio, come tale non riflette, mai, lo stesso riflesso. Che significa? Che se mostro la mia anima ciò che vedrete sarà sempre un riflesso di voi stessi, di ciò che vedete, lo specchio non mostra, mai, quello che c'è oltre. Questo perché (ne sono convinto) la nostra percezione degli altri è sempre e comunque filtrata dalla nostra logica e dalle nostre emozioni.

Ti piace?
7
natodallatempesta0 più di un mese fa

 

Questo post potrebbe suscitare un pò di malinconia, avviso, dunque, i lettori, liberi di passare oltre.

 

Ieri sono stato al funerale di un parente, negli ultimi due anni, il quinto.
In questi (due) anni, se ne sono andati tanti pezzi del mio passato, quel passato costruito su quel nucleo di parenti vicino per affetto ai miei genitori, zii, prozii e cugini.

 

Così come è accaduto per i precedenti funerali, una frase si è ripetuta: “Ci si ritrova solo ai funerali”.
Parenti persi che si ritrovano. Se poi il grado di parentela dello scomparso o scomparsa è, più o meno, lontano le facce che si rivedono possono essere irriconoscibili e in molti casi sconosciute.

 

Ho rivisto cugini che non vedono, letteralmente, da quando ero bambino.
Mi fa riflettere il fatto che non li ricordavo per nulla, completamente dimenticati.
Siamo cosi presi dalle nostre vite o al contrario così presi dalla vite di persone che non conosciamo e a cui non siamo legati, che scordiamo i tanti legami che intrecciano ed hanno intrecciato le nostre famiglie.
A volte vedo su Facebook o twitter (le poche volte che entro) postare contenuti su vip e personaggi famosi neanche fossero parenti stretti e con quale solerzia ci si dedica attenzione e tempo.
Siamo presi dalle nostre vite ed è forse questo il problema che rende la società attuale, una società decadente.

 

Egoismi di varia natura e contenuto ci incatenano all’io, lasciandoci a volte privi di memoria.
Memorie che ci sono, ma vengono confinate in stanze buie.
Ieri mi sono ricordato di una vecchia auto di mio padre, una Fiat 127 bianca, delle gite per andare a trovare i cugini al paese e di vecchi sapori e odori, oramai, estinti.
Oggi, quei cugini hanno i capelli bianchi e come me a malapena ricordano quei momenti.
Però, non mi condanno. Non ricordo, né ho fatto nulla per mantenere i contatti, non mi condanno per questo.
La mia natura riservata e timida, forzatamente isolata, costretta a isolarsi, non ha mai avuto bisogno di contatti, me ne dispiace, ma non mi condanno.
Il meglio di me l’ho appreso stando solo, sono, sempre, stato bene da solo o forse ho imparato, semplicemente, a stare bene da solo.

 

“Cantate e danzate insieme e siate felici, ma fate in modo che ognuno di voi sia anche solo, come sono sole le corde di un liuto, sebbene vibrino alla stessa musica.”
Khalil Gibran

 

 

Ti piace?
8
natodallatempesta0 più di un mese fa

 

“Per quanti sforzi facciamo nel crudele intento di strappare, di distruggere le illusioni che la provvida natura ci aveva create a fin di bene, non ci riusciamo. Per fortuna, l'uomo si distrae facilmente.”
Luigi Pirandello

 

Il buon Pirandello conosceva bene le dinamiche della realtà ed ha saputo dare voce alle distrazioni.
Ho natato che da quando è arrivata Frida, le luci si sono spenta su molte realtà, quelle che ci crucciavano in molti casi o impegnavano in discussioni più o meno amorevoli.

 

Credo sia cosa risaputa che il miglior modo per dimenticare, sia distrarsi, occupare il tempo.
Devo riconoscere che questo aspetto della vita è stato un denominatore comune nel mio passato. Ho, sempre, cercato di tenermi occupato, ogni esperienza diventava un pretesto per la fuga, ed è stato tutto sommato facile trovare le porte, le mie attitudini artistiche mi hanno reso facile trovare metodi per impiegare il tempo. Nel bene e nel male questo mi ha fornito un modo per isolarmi quando attorno diventare per me irritante o fastidioso.
Riflettendoci ora, potrei affermare che non è stato poi un bene.
Ma è passato e non si cambia.

 

Qual è il senso della vita?

 

Riflettendoci mi è venuta in mente una stramba riflessione.
Non su qual è, ma sul quale non è? Un cane, un gatto o un topo, potranno nell’arco della loro breve esistenza, mai pensare che la loro vita non ha più senso? Un cane, un gatto o un topo che voi sappiate hanno mai progettato il loro suicidio?
Perché l’uomo arriva a questa conseguenza se non riesce a dare valore a quella domanda?

 

Chi da più valore, dunque, all’esistenza, l’uomo o l’animale?
Forse ho scritto una scemenza, probabilmente sicuramente, non cancellerò quello che ho scritto, però, anche se è stupido, il bello di un diario, anche se virtuale, e che puoi scriverci quello che ti pare, piaccia o no.

 

 

Ti piace?
6
natodallatempesta0 più di un mese fa

 

Ieri la piccola Frida è stata portata all’ASP di competenza per l’impianto del microchip.
È stata brava, buona e affettuosa con tutti, come avrebbe fatto qualunque essere umano (sono ironico). :-)

 

Mi viene in mente una famosissima frase detta dal buon Einstein:
“L’uomo ha scoperto la bomba atomica, però nessun topo al mondo costruirebbe una trappola per topi…”

 

Questo pensiero la dice lunga sulla natura dell’essere umano. C’è più misericordia in un animale che in tutti gli uomini di buona volontà.

 

La mia compagna è felicissima e innamoratissima di Frida, non potrebbe esser altrimenti, l’ha trovata, l’ha scelta e l’ha portata a casa, io sto avendo difficoltà ad accettare il cambiamento, un equilibrato conflitto interiore, mi si è accesso nel cuore, una parte è facile e teneramente affezionata a Frida, una parte sente violata quella solitudine che mi è, sempre, stata amica e necessaria per metabolizzare un mondo, sempre, troppo violento e cinico. La mia compagna, ha la fortuna (a mio parare), poi, di lavorare e di star lontana da casa otto ore durante la giornata, io che al momento non lavoro e se lavoro, come freelance, lavoro da casa, mi ritrovo 24 ore su 24 ore in compagnia della cucciola, un cambiamento radicale che sto accettando, non in piena armonia. La mia compagna ha poi lasciato l’incombenza dell’educazione di Frida a me, per cui passo le ore a dire NO, NO, NO, senza sapere poi realmente se faccio bene o male.
A volte e ho espresso alla mia compagna la sensazione mi sento solo ad affrontare la cura di Frida (ed è passato solo un mese). :-)
Per la mia compagna Frida è terapeutica, probabilmente è così, avendo diagnosticata (ufficiosamente a dire il vero) la sindrome di asperger, Frida mi dovrebbe aiutare a limare le mie rigidità di pensiero e comportamento. Al momento più che limate vengono forzate e non è indolore.

 

Se devo descrivere quel che ora sta accadendo userei un’immagine, questa:

 

Io e Frida

 

Ho vissuto nel grigio tutta la vita, usando l’arte come unico mezzo per portare al di fuori di me i colori.
Oggi si è aggiunta Frida.

Ti piace?
8
natodallatempesta0 più di un mese fa

 

Rispondendo ai commenti, ho in tutti o quasi espresso lo stesso pensiero:

Viviamo un momento di esasperazione che ci porta come animali in gabbia a incattivirci, ad esser, sempre, incazzati.

 

Ho scritto poi:
Amando la storia ho letto tanto e direi che i momenti di transizione si ripetono periodicamente […]

 

Questo è un momento di decadenza sociale e culturale.
Ma non è stato il solo e non sarà, certo, l’unico, se vogliamo, però, esser precisi e fare un pò di ripasso, il Decadentismo per eccellenza è stato un movimento letterario della seconda metà dell’Ottocento.

 

All’epoca poeti e artisti insoddisfatti e nauseati dalla società, colpevole di essere ipocrita, cercarono attraverso l’arte e la letteratura un modo per aprire le menti dei borghesi che tanto disprezzano.

 

Oggi la letteratura e l’arte fanno lo spesso?
Una parte di mondo che cerca di fare la cosa giusta c’è, magari piccola ma c’è.

 

Se scrivo al di fuori della mia personale esperienza ed esprimo, semplicemente, le mie opinioni su quel che accade attorno a me, il risultato, più o meno, è sempre lo stesso, un prendere posizione su due linee ben distante. Essere falchi o essere colombe. Che è un modo per esprimere nel primo caso, un ideale di società chiusa e rigidamente razzista su ogni cosa, nel secondo caso, un ideale di società aperta e sempre accogliente.

 

Quel che è, sempre, uguale è la noia che sovviene ad un certo punto a guardare fuori della finestra.
Si arriva a stancarsi di parlare di quanto fa schifo questa società.

 

Quindi si torna a quei comodi, confortevoli e sicuri argomenti, che sono una garanzia per il cuore e la mente: Amore, speranza, arte.

 

CUORE: “Che bello! Decliniamo l’amore, io so tutto dell’amore.”

 

MENTE: “Ma qual amore? Meglio analizzare gli atomi o meglio esplorare il cosmo o meglio ancora il sesso.”

 

Che scrivere?

 

Si racconta che una volta due grandi amici decisero di attraversare il deserto. Si fidavano l’un dell’altro e sentivano di non poter chiedere una compagnia migliore. A causa della stanchezza, però, i due ebbero una divergenza di opinioni.
Dal disaccordo passarono a una discussione e da questa a un dibattito acceso. La situazione degenerò al punto che uno degli amici colpì l’altro. Questi si rese subito conto dell’errore commesso e gli chiese perdono. Allora, colui che era stato colpito scrisse sulla sabbia: “Il mio miglior amico mi ha colpito”.
Proseguirono il cammino fino a ritrovarsi in una strana oasi. Non erano ancora entrati quando il terreno iniziò a muoversi. L’amico che era stato colpito iniziò ad affondare. Era una sorta di palude. Il suo amico si allungò come poté, mettendo a rischio la sua vita, e lo salvò.
Proprio allora il ragazzo che era stato colpito e poi salvato scrisse su una pietra: “Il mio migliore amico mi ha salvato la vita”. L’altro lo guardava con curiosità, così gli spiegò: “Tra amici le offese vengono messe per iscritto solo affinché le porti via il vento. I favori, invece, vanno incisi profondamente affinché non vengano mai dimenticati”.

 

 

Ti piace?
6
natodallatempesta0 più di un mese fa

 

Ieri sera ho letto due notizie, due brutte notizie, troppe per rimanere impassibile e non condividere un pensiero.

 

Maestra muore in ospedale a Lecce dopo 10 giorni di attesa per una gastroscopia: indagati due medici
e poi:
Morto nel parcheggio dell'ospedale di Sora dopo un'ischemia: per il 73enne non c'era posto in reparto.

 

Leggendole mi è venuto l’istinto di fare gli scongiuri, anche se non credo a queste antiche superstizioni, la speranza di non trovarmi mai dentro un ospedale, si è fatta forte nella mia mente.
Speranza ovviamente che verrà disillusa dalla realtà e del tempo che avanza.

 

Ho scritto di attese ieri, ecco questo tipo di attese non sono né ispiratrice, né auspicabili.
E fan perdere fiducia, quel poco di fiducia che si ha.
Ci sono colpe, da dividere, equamente, tra medici e pazienti.
È un fatto che i pronto soccorso sono in emergenza, medici e infermieri si rifiutano di lavorarci, per due motivi.
Primo: strutture non sostenute dallo Stato, che taglia e taglia invece di rinforzare.
Secondo e più rilevante motivo: per le percosse e le ingiurie subite da medici e infermieri.
Il problema è che, dietro un medico, un infermiere e un paziente, c’è, sempre, un essere umano e l’essere umano poche volte è lungimirante, saggio e volenteroso, al contrario spesso è ottuso, opportunista ed egoista.

 

“Non è tanto dell'aiuto degli amici che noi abbiamo bisogno, quanto della fiducia che essi ci aiuterebbero nel caso ne avessimo bisogno.”
Epicuro

 

La logica di Epicuro lo spingeva a cercare un equilibrio che forse oggi non è così facile da raggiungere. La cura si manifesta nel momento che si ha bisogno, questo dà senso alla medicina, ma la cura andrebbe estesa al rispetto reciproco, quel rispetto che ci porta ad aver fiducia nell’altro.

 

Mi vengono in mente le parole cantate da Noemi: Sono solo parole.
E in effetti sono solo parole.

 

Si deve avere fiducia nei medici e tutto sommato ne ho.
Ma non tanta nella sanità.

 

Nei Tg e nei programmi sento spesso l’associazione, falchi e colombe, per identificare le due principali linee di condotta della società che comanda.

 

Che società è questa? Una società di falchi o di colombe?
E quale identità vorremo?

 

Io scelgo il piccione. :-)

 

 

Buon fine settimana.

Ti piace?
6
natodallatempesta0 più di un mese fa

 

Oggi nel rispondere ai commenti ho scritto:
[…] sta qui la saggezza riuscire ad aver pazienza e costruire piano piano il confronto, a volte rimandare non significa non dire, ma solo aspettare il momento giusto per confrontarsi e raccontare la propria verità.
[…]

 

Aspettare il momento giusto!

 

“Fino al giorno in cui Dio si degnerà di svelare all’uomo l’avvenire, tutta la saggezza umana consisterà in queste due parole: attendere e sperare!”
Alexandre Dumas  

 

Quando c’è da esprimere un concetto o un pensiero niente è meglio di un aforisma.
Attendere e sperare!

 

Attendere il momento più opportuno sperando che le conseguenza non siano mai funeste. Questa è l’essenza della convivenza o per lo meno una parte essenziale. Nella coppia si presume ci sia l’amore a legare i due cuori e l’amore è un potere che accentua, amplifica, la pazienza e la comprensione, si perdona più facilmente chi si ama.

 

Credo sia vero che, se mi offende la mia compagna, posso sorvolare e pure riderci sopra, per amore si può accettare (forse sbagliando) ma se mi offende uno sconosciuto o chi non amo e magari non tanto sopporto, si arriva a prendere in considerazione l’idea che un vaffanculo è dovuto e necessario e pure qualcosa in più, violentemente in più.

 

La saggezza è, quindi, nel saper aspettare il proprio momento.
Arriva? Non arriva? Qui, poi bisogna solo sperare.
Non lo trovo brutto sperare, per molti può sembrare una perdita di tempo. La speranza ti può tenere in vita quando tutto attorno perde valore.

 

Che dire? Mai avuto problemi con l’attesa, mi ha regalato, sempre, silenzi ricchi d’ispirazione.

Ti piace?
4
natodallatempesta0 più di un mese fa

 

In un commento mi è stato scritto, saggiamente aggiungerei, che evito di dire la mia per non ferire chi mi sta accanto e che in realtà chi mi sta accanto se mi vuole bene accetta il mio modo di pensare e quindi dovrei sentirmi libero di esprimermi.

 

Questo affermazione è vera e in un mondo equilibrato e saggio sarebbe scontata, inutile anche da dire.

 

A volte, però, oltre alla volontà di non ferire chi ami (volendo anche chi non ami), c’è la volontà a non innescare un confronto d’idee che inevitabilmente porta allo scontro, scontro non necessariamente violento, può esser pacifico, ma sempre scontro è.

 

Ammetto per carattere tendo a fare, sempre, un passo indietro quando si alzano i toni e l’atmosfere s’infuoca tanto da esser lì, per esplodere.

 

C’è chi ama lo scontro e si diverte a provocare e stuzzicare, sarcasmo e ironia pungenti, che sono come sentire le unghie graffiare la lavagna, ed è insopportabile vedere tanta irruente provocazione e altrettanto insopportabile è fare i conti con la mia retromarcia fatta solo per evitare, che si possa arrivare a prendersi a spintoni o schiaffi e molti sembrano che godano nel cercare il contatto fisico, come se il cervello si spegnesse e il cervelletto primitivo prendesse il sopravvento.

 

“Perdere la pazienza significa perdere la battaglia.”
Mahatma Gandhi

 

Bellissima frase, complicata d’applicare, ma bellissima.

 

La pazienza è tra i miei pregi, ed è essa che a volte, spesso, mi spinge a tenere per me obiezioni e critiche, per pazienza verso persone che spesso non sono pronte a condividere il silenzio e la pace.

 

Perché per molti è più attrattivo condividere rumore e caoticità.

 

Chiudo con un ricordo alle vittime di mafia, da ricordare non solo in questo giorno.

 

Ti piace?
5
natodallatempesta0 più di un mese fa

 

Oggi è San Giuseppe, festa del papà.

 

Mia madre, qualche giorno fa, mi ha chiesto di accompagnarla al cimitero per far visita ai suoi genitori (i miei nonni) e trovare mio padre o meglio ritrovare visto che ogni settimana è da lui, di solito l’accompagna mia sorella, oggi, non poteva e l’ha chiesto a me. Ovviamente, l’ho accompagnata.

 

La confusione al cimitero era da momenti di festa, file interminabili e macchine in coda in tripla fila.

 

Rispetto chi vuole andare a trovare il caro estinto, ma trovo tutto inutile.
E ancor peggio, lucroso, una rosa che di solito compri a 1 euro, oggi, 3 euro.
Sinceramente io, i fiori, li metterei di plastica.

 

“Per me odioso, come le porte dell'Ade, è l'uomo che occulta una cosa nel suo seno e ne dice un'altra.”
Omero

 

Devo esser sincero mi sono sentito come l’uomo descritto da Omero, con nel seno occultato un pensiero che non libero e anzi, per non creare dispiacere in chi ascolta assecondo il suo agire.
Perché? Perche penso, che per mia madre, così, come per altri a me vicini, tutto questo dà conforto. Perché, quindi, dovrei palesare un pensiero che a loro darebbe sconforto. Faccio buon viso a cattivo (per me) gioco, alla fine c’è di peggio.

 

Me lo chiudo, però, c'è un limite a questo gioco?
Qual è limite superato porta a mutare l’indifferenza in codardia?

 

 

Ti piace?
7
natodallatempesta0 più di un mese fa

Stamattina mentre ero fuori per alcune commissioni ho scattato una foto al porticciolo, per esser precisi uno dei porticcioli del mio paesino, il più vecchio.

 

La foto è venuta strana, o meglio storta. Non era mia intenzione, un movimento involontario probabilmente.

 

 

 

Non l’ho cancellata, anzi, mi ha fatto riflettere su come a volte mi ritrovo. Vedo il mondo, a me vicino, diverso da quel che ricordavo, anche, solo pochi istanti prima.

 

È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva. Anche se può sembrarvi sciocco o assurdo, ci dovete provare.
L’attimo fuggente

 

Guardo attorno a me e sapete che penso? Che mi sento sciocco e assurdo.

Ti piace?
5
, , , , , , , , , , , , ,