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natodallatempesta0 più di un mese fa

 

Lamentarsi

 

Una madre portò il figlio dal mahatma Gandhi e gli disse:
"Per favore, mahatma, di' a mio figlio di smettere di mangiare zucchero".
Gandhi rimase in silenzio, poi disse:
"Riportami tuo figlio fra due settimane".
Perplessa, la donna lo ringraziò e disse che avrebbe fatto così.
Due settimane dopo, Gandhi guardò il bambino negli occhi e gli disse:
"Smetti di mangiare zucchero!".
Grata, ma sempre più stupita, la donna gli chiese:
"Perché mi hai detto di ritornare dopo due settimane? Avresti potuto dirglielo subito".
Gandhi rispose:
"Due settimane fa, anch'io mangiavo zucchero".
Morale: incarna ciò che insegni, e insegna solo ciò che hai fatto tuo

 

Il mio mare.

 

Poiché l’alba si accende, ed ecco l’aurora,
poiché, dopo avermi a lungo fuggito, la speranza consente
a ritornare a me che la chiamo e l’imploro,
poiché questa felicità consente ad esser mia,
facciamola finita coi pensieri funesti,
basta con i cattivi sogni, ah! Soprattutto
basta con l’ironia e le labbra strette
e parole in cui uno spirito senz’anima trionfava.
E basta con quei pugni serrati e la collera
per i malvagi e gli sciocchi che s’incontrano;
basta con l’abominevole rancore! Basta
con l’oblìo ricercato in esecrate bevande!
Perché io voglio, ora che un Essere di luce
nella mia notte fonda ha portato il chiarore
di un amore immortale che è anche il primo
per la grazia, il sorriso e la bontà,
io voglio, da voi guidato, begli occhi dalle dolci fiamme,
da voi condotto, o mano nella quale tremerà la mia,
camminare diritto, sia per sentieri di muschio
sia che ciottoli e pietre ingombrino il cammino;
sì, voglio incedere dritto e calmo nella Vita
verso la meta a cui mi spingerà il destino,
senza violenza, né rimorsi, né invidia:
sarà questo il felice dovere in gaie lotte.
E poiché, per cullare le lentezze della via,
canterò arie ingenue, io mi dico
che lei certo mi ascolterà senza fastidio;
e non chiedo, davvero, altro Paradiso.”
Paul Verlaine
 
È un’esigenza irrevocabile, inserire un pensiero felice, tra un post cupo e l’altro, inserire un respiro di vita tra un denuncia e l'altra, una violenza e l’altra.
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natodallatempesta0 più di un mese fa

Giusto ieri ho scritto nel mio blog:
“[…] Dopo Palermo, Caivano. […] Poi c’è un cucciolo di riccio, preso a calci, trasformato in un pallone da un gruppo (branco) di bambini. […]”

 

Un groviglio di pensieri sul dolore e la violenza e oggi a non meno di un giorno:

 

18enni uccidono a calci una capretta ad Anagni e postano il video su Instagram.

 

 

 

Ho visto parte del video, un animale rabbioso sarebbe stato meno crudele.
 

e poi:

 

Cane accoltellato da ragazzini a Crispiano vicino Taranto: aggredito a calci e pugni, voleva solo giocare.

 

 

 

Sono solo animali alla fine!!! La capretta, poi, la mangiamo. Buone le costellata!!! Perché mai mostrare umanità e affinità?

 

Un gioco, ecco cosa è diventata la vita delle creature che ci circondano, siano essi piccoli insetti o intelligenti e amorevoli cagnolini.

 

La scuola e la famiglia hanno fallito.

Io non sono un genitore il destino ha voluto così. Se è questo, però, il mondo che mio figlio avrebbe vissuto.

BENEDICO il cielo per non aver permesso che subisse questa società, questo orrore.

E dire che l’orrore l’abbiamo conosciuto, dopo la seconda guerra mondiale, si doveva insegnare che la violenza non era e non è un’opzione. E invece oggi è un linguaggio ad uso e consumo di tutti.

COMPLIMENTI a tutti noi.

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natodallatempesta0 più di un mese fa

 

 

Lotta o fuga?

 

Nell'antica Grecia Socrate aveva una grande reputazione di saggezza. Un giorno venne qualcuno a trovare il grande filosofo, e gli disse:
- "Sai cosa ho appena sentito sul tuo amico?"
- "Un momento" - rispose Socrate - "Prima che me lo racconti, vorrei farti un test, quello dei tre setacci."
- "I tre setacci?"
- "Ma sì" - continuò Socrate - "Prima di raccontare ogni cosa sugli altri, è bene prendere il tempo di filtrare ciò che si vorrebbe dire. Lo chiamo il test dei tre setacci. Il primo setaccio è la verità. Hai verificato se quello che mi dirai è vero?"
- "No... ne ho solo sentito parlare..."
- "Molto bene. Quindi non sai se è la verità. Continuiamo col secondo setaccio, quello della bontà. Quello che vuoi dirmi sul mio amico, è qualcosa di buono?" - "Ah no! Al contrario."
- "Dunque" - continuò Socrate - "Vuoi raccontarmi brutte cose su di lui e non sei nemmeno certo che siano vere. Forse puoi ancora passare il test, rimane il terzo setaccio, quello dell'utilità. E' utile che io sappia cosa mi avrebbe fatto questo amico?"
- "No, davvero."
- "Allora" - concluse Socrate - "quello che volevi raccontarmi non è né vero, né buono, né utile; perché volevi dirmelo?"

Morale: se ciascuno potesse meditare e mettere in pratica questo piccolo test, molto probabilmente il mondo sarebbe un posto migliore.

 

 

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natodallatempesta0 più di un mese fa

 

Seghe mentali

"C’era una volta una coppia con un figlio di 12 anni e un asino. Decisero di viaggiare, di lavorare e di conoscere il mondo.
Così partirono tutti e tre con il loro asino. Arrivati nel primo paese, la gente commentava: “guardate quel ragazzo quanto è maleducato, lui sull’asino e i poveri genitori, già anziani, che lo tirano”.
Allora la moglie disse a suo marito: “non permettiamo che la gente parli male di nostro figlio.”
Il marito lo fece scendere e salì sull’asino.
Arrivati al secondo paese, la gente mormorava: “guardate che svergognato quel tipo, lascia che il ragazzo e la povera moglie tirino l’asino, mentre lui vi sta comodamente in groppa”.
Allora, presero la decisione di far salire la moglie, mentre padre e figlio tenevano le redini per tirare l’asino.
Arrivati al terzo paese, la gente commentava: “pover’uomo! dopo aver lavorato tutto il giorno, lascia che la moglie salga sull’asino.
E povero figlio, chissà cosa gli spetta, con una madre del genere!
Allora si misero d’accordo e decisero di sedersi tutti e tre sull’asino per cominciare nuovamente il pellegrinaggio.
Arrivati al paese successivo, ascoltarono cosa diceva la gente del paese: sono delle bestie, più bestie dell’asino che li porta.
Gli spaccheranno la schiena!
Alla fine, decisero di scendere tutti e camminare insieme all’asino ma, passando per il paese seguente, non potevano credere a ciò che le voci dicevano ridendo: “guarda quei tre idioti: camminano, anche se hanno un asino che potrebbe portarli!”

Conclusione: ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa andare bene come sei. Quindi: vivi come credi, fai cosa ti dice il cuore. Quindi: canta, ridi, balla, ama e vivi intensamente ogni momento della tua vita prima che cali il sipario e l’opera finisca senza applausi."

 

Relax

 

 

 

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natodallatempesta0 più di un mese fa

 

Un saluto alle amiche e agli amici di Libero.

 

La mia compagna è in ferie, ed è a casa (già da parecchi giorni), quindi, le ho dedicato, le dedico e le dedicherò tutto il tempo che ho, a lei e naturalmente a Frida.

 

Vi racconterò quando questi giorni di Ferie finiranno.

Per adesso mi limito ad un passaggio.

 

“Siate felici, agite nella felicità, sentitevi felici, senza alcuna ragione particolare.”
Socrate

 

 

Buon Agosto a tutti.

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Futuro prossimo

C'era una volta un Maestro di spiritualità che vide uno scorpione annegare. Decise allora di tirarlo fuori dall'acqua. Quando lo fece, lo scorpione lo punse. Per effetto del dolore il Maestro non riuscì a trattenere lo scorpione, il quale cadde nuovamente nell'acqua. Il Maestro, vedendolo ancora annegare, tentò per la seconda volta di prenderlo ma venne punto di nuovo.
Un giovane discepolo che era lì, gli si avvicinò e chiese:
- "Maestro, perché continuate? Ogni volta che provate a tirare fuori dall'acqua lo scorpione, esso vi punge!"
Il Maestro rispose:
- "La natura dello scorpione è di pungere e questo non cambierà la mia che è di aiutare".
Il Maestro con l'aiuto di una foglia, tirò finalmente fuori lo scorpione dell'acqua salvandogli la vita. Poi, rivolgendosi al suo giovane discepolo, disse: - "Non cambiare la tua natura se qualcuno ti fa del male, prendi solo delle precauzioni".
Infine il Maestro aggiunse:
- "Gli uomini sono spesso ingrati del beneficio che gli stai facendo. Tuttavia questo non è un motivo per smettere di fare del bene, di abbandonare l'amore che vive in te. Gli uni perseguono la felicità, gli altri la creano. Preoccupati più della tua coscienza che della tua reputazione. Perché la tua coscienza è quello che sei, e la tua reputazione è ciò che gli altri pensano di te. Quando la vita ti presenta mille ragioni per piangere, mostrale che hai mille ragioni per sorridere".

 

 

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Sogni perduti

 

 

Viveva un giorno un pittore molto bravo che era famoso per la lentezza con la quale dipingeva i suoi quadri.
Un giorno il superiore di un convento gli commissionò di dipingere una Ultima Cena. Il grande pittore, molto esigente nel fare le cose, cominciò a girare per le chiese, conventi e case di preghiera per trovare un volto adatto per la figura di Gesù.
Cerca e cerca, all’uscita della chiesa trovò finalmente il volto: era un giovane bellissimo, dagli occhi puri e gentili, simpatico e modesto. Il pittore lo prese subito e lo fece posare per il volto di Cristo.
Passarono gli anni: il pittore procedeva lentissimamente: al massimo ritraeva un volto di apostolo all’anno, malgrado le proteste del superiore.
Giunto finalmente al termine, rimaneva da dipingere il volto di Giuda. Anche questa volta il grande pittore si mise a cercare un modello: girò per le osterie, le case più malfamate, le zone più sporche.
Mentre frequentava queste località così brutte, un giorno incontrò una persona i cui tratti facciali davano l’idea della peggiore perversione.
Detto fatto, il grande pittore lo chiamò per posare e dipingere il volto di Giuda.
Il dipinto era ormai giunto alla fine quando, voltandosi, il pittore vide quell’uomo piangere: tanti anni prima era stato lui a posare per il volto di Gesù!

 

 

 

 

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natodallatempesta0 più di un mese fa

 

Qualche giorno fa, eravamo in un ristorante, forse, meglio definirla trattoria, la mia compagna ironicamente, sempre stata ironica e pungente, se ne esce con un’espressione verbale a mio parere infelice, non è la prima volta e in egual modo non è la prima volta che sento una donna definire un'altra donna in questo modo.

 

In un tavolo vicino sedeva un’altra cliente, una donna ben oltre la sessantina, capelli corti neri, maglione nero aderente con evidente scollatura alquanto audace, minigonna (molto mini) blu elettrico, calze rigorosamente a rete nere, tacco a spillo, credo, 12, al collo stretta una collana di perle, le labbra cosi rosse che nella luce soffusa del ristorante riflettevano come melograni appesi al ramo di un albero novello, gli occhi piccoli, quasi, non si intravedevano sotto l’eccessivo ombretto, molto eccessivo.

 

La mia compagna vedendola passare tra i tavoli, esclama:
Sembra una puttana!

 

La mia compagna non è cattiva, è la donna più generosa che conosco, lo premetto non perché lei è la mia compagna, ma perché è vero. Questo apprezzamento le nasce spontaneo, perché per lavoro gli capita, spesso, di aver a che fare con prostitute. Lei è un’educatrice e si prende cura di bambini che hanno subito abusi e violenze e molto spesso queste creature sono figlie della strada, di donne che per ragioni che non voglio descrivere si prostituiscono.
Negli anni ne ha viste tante, e pregiudizio o no, il loro modo di vestire è quello, appariscente, estremamente provocante, indecente, volgare.

 

Lo ammette lei stessa, a volte prova un contrastato risentimento che è un groviglio di emozioni, pietà, biasimo, rabbia, per queste donne, per la loro debolezza nel non fare nulla per difendere le figlie. Per amore del loro uomo, un amore malato, un amore pericoloso, permettono che le figlie subiscono violenze oltre l’immaginazione, e lei dentro si arrabbia, chi non si infurierebbe, ma deve essere professionale e accogliente.

 

Quando le capita di vedere donne vestite in un certo modo, comportarsi e parlare in cui certo modo, quella frase esce.

 

È un pregiudizio? Probabilmente sì, ne sono, però, colpevole pure io, perché anche io l’ho pensato, semplicemente la mia compagna ha avuto ed ha il coraggio di esclamarlo, io per riservatezza non lo dico.

 

Non so se quella donna seduta in quel tavolo fosse o no una prostituta, come dici il proverbio l’abito non fa il monaco, i modi di certo, però, ci identificano e definiscono.

 

Puttana!!!

 

Lo si dice spesso, per offendere, inveire, oltraggiare, nei momenti d'ira mi è uscita anche a me qualche frase:
Figli di puttana”, classica.

 

Mi chiedo, le puttane meritano questa fama?

 

Si sa! È il lavoro più antico del mondo, mi chiedo però, da dove deriva questo velo di pregiudizio? Se sia giusto averlo?

 

Mi è venuta in mente la storia di una prostituta raccontata dalla tv anni fa.

 

“È la bocca di rosa di via Salaria. Si chiama Susanna, ha 52 anni e fa la prostituta. Si muove in bicicletta e ogni giorno raggiunge la sua postazione pedalando sulle due ruote.
[…]
Abbiamo scoperto che la strada l’ha salvata dalla depressione e le ha permesso di crescere i suoi figli. Il suo è uno spaccato di vita duro ma anche sorprendentemente gioioso. Contro ogni avversità.
[…]
“Da piccola ho fatto le mie prime tournée teatrali come ballerina a 14 anni. Me ne andai in Francia con la compagnia di Vittorio Biagi e poi partecipai ad alcune audizioni. […] Poi ebbi un grave incidente di macchina e lì finì la mia carriera di ballerina”. […] Poi un giorno mia mamma mi prese e mi disse: Ora vieni a lavorare con me al negozio di stampe e rilegature. Ci passai cinque anni ma assumevo psicofarmaci per stare tranquilla. Mi mancavano la vita folle, le luci, la danza. Poi un giorno pensai di andare per la mia strada e cercai lavoro in discoteca come cubista. Mi allenavo già nelle palestre e avevo sempre amato l’esibizionismo. Anche quando ero ballerina mi piaceva provocare gli uomini. Sono nata molto calda, con la voglia di piacere ai maschi”.  […] “Chiamai un impresario. Mi mandarono ad Alba Adriatica. Partii col trenino. Da lì si aprì il discorso uomini e prostituzione e capii che non mi dispiaceva affatto. Con il boa, la musica di sottofondo e le scarpe coi tacchi mi sentivo a mio agio. Ero naturale e mi piaceva. Mi dissi: Perché no? Poi c’era anche il discorso dei soldi che faceva gola. Gli uomini si innamoravano, mi invitavano a cena, mi facevano regali."

 

Questo è un parte di un articolo che RomaH24 ha dedicato a questa donna.
Al di là di qualunque giudizio sono incontrovertibili alcune affermazioni. “si aprì il discorso uomini e prostituzione e capii che non mi dispiaceva affatto.

 

L’articolo continua:

 

[…]
Susanna è molto affezionata ai suoi clienti. “Appartengono a tutti i tipi: sposati, separati, single. Vanno dai 18 ai 70. Sanno che in me trovano una donna diversa, ho un carattere dolce e delicato, piena d’amore e passione. Qualcuno mi manda pure i messaggi sul cellulare: Sei una grande donna, mi dicono. Voglio uscire dalla depressione come te, mi ha scritto uno una volta”.
Due anni fa però un cliente romeno l’ha massacrata di botte e ora si porta appresso la paura: “Mi ha violentata e derubata, lasciandomi legata mani e piedi. Credo che quel giorno mi abbia salvato la Madonna. Da allora la mia vita è cambiata. Adesso la gente che non mi convince la scarto, ma in generale mi vogliono tutti bene, anche la polizia che ormai mi conosce e sa tutto di me, incluso dove vivo”.
[…]

 

Ora! Fatevi una domanda, questa donna è vittima o colpevole della vita che ha scelto? Perché tanto c’è di quel pregiudizio che circonda la parola puttana nella sua vita. L’uomo e la donna hanno un riflesso, un'idea della prostituta, della puttana, che per correttezza etimologica ha un significato ben preciso, per chi non lo sa la parola deriva del francese putain, caso obliquo di pute «donna di facili costumi», come dicevo uomo e donna hanno un’idea ben precisa che è inscindibile da alcuni sentimenti, volgarità, depravazione, lussuria, avidità. La puttana è un pericolo è sempre stata un pericolo per le altre donne, perché è altrettanto incontrovertibile che l’uomo cerca la puttana perché in casa non trova qualcosa, molto spesso una volgarità e violenza che non vuole vedere nella donna che ha accanto. Una puttana dice sempre sì, è nata per dire sì, l’uomo pretende il sì. Questa è la più grande colpa della prostituta aver reso il sì una scusa per la violenza.

 

Quando la mia compagna si lascia andare a quella frase, io di solito, rispondo, sempre, che potrebbe esserci di più in quella donna, anche se è difficile da scorgere.
Un giudizio severo, spesso non altrettanto duro quando è rivolto ad un uomo. Sarà la maternità, la santità che la tradizione cattolica ha velato attorno alla donna, ma è un fatto che la donna subisce un giudizio molto più severo di quello dell’uomo. Che sia meritato o non meritato, questo è un altro discorso.

 

 

Questo è l’ultimo post che inserirò in bacheca. Per motivi personali ho, già, da qualche mese rallentato il numero di inserimenti, la vita, qui, deve coesistere con la vita reale, ritengo inutile in questo momento il doppio inserimento, quindi dedicherò il mio tempo solo al blog.

 

Buona giornata a tutti.

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natodallatempesta0 più di un mese fa

 

Un’amica in un commento ha messo in evidenza una verità.

 

Un paio di settimane fa ho espresso un'osservazione alla mia compagna che al momento ha provocato una benevola ilarità, in realtà la natura dell’osservazione è tutto tranne che benevola.
L’osservazione in questione riguardava un fatto, nella settimana che ho portato fuori Frida, ho conosciuto e scambiato una parola con tante persone, merito di Frida ovviamente. Ora! In questo non c’è nulla di speciale. Quindi dove sta la particolarità? Nel fatto che ho conosciuto più persone in quella settimana che in 48 anni di vita vissuta, il che può far sorride, in realtà, però, è triste.

 

L’amica nel commento ha scritto che nel mondo reale, a causa delle rispettive riservatezze, probabilmente ci saremmo cordialmente evitati.

 

Ed è vero.

 

Nei post inseriti ho spesso, per non dire sempre, puntato il riflettore sulla solitudine è un ripetersi all’infinito, un loop temporale che imprigiona il mio comportamento.

 

“Gli umani dedicano la loro vita a ripetere cose, gesti e comportamenti che chiamano abitudini.”
Luis Sepulveda

 

Abitudini, la riservatezza può esser un’abitudine?
La curiosità è l’arma che combatte l’abitudine, che smorza la routine, ed è, anche, ciò che ci sprona a confrontarci con chi abbiamo accanto.
Quante volte capita di dire o sentirsi dire, cosa ti incuriosisce? O cosa ci incuriosisce? Ammetto non tante volte, mi è capitato però.
Se camminando per strada mi accorgo che il negozio che ho davanti vende articoli per le belle arti, 9 volte su 10 entro, anche se nella maggior parte delle volte non compro nulla. Curiosità e interesse si uniscono, ed è irresistibile la vetrina, nulla accade, però, se incrocio lo sguardo di un altro essere umano.

 

Iniziative.

 

"Non puoi attraversare il mare semplicemente fissando l’acqua."
Rabindranath Tagore

 

Il lavoro interiore per accertarsi e accettare la vita che si è costruito, è profondamente solitario e doloroso, perché è una lotta incessante tra quel che riesco a fare e quel che non ho il coraggio di fare.

 

Non so voi, credo, però, sia nella natura umana farsi domanda, porsi interrogativi, io me ne faccio tanti. Vi è mai capitato di pensare di voler esser diversi da quello che siete?
Non dico voler somigliare ad un altro uomo o donna, quando mi trovo al centro commerciale spesso vorrei avere il portafoglio dello sceicco del Brunei :-) il punto è che non riesco mai a sentirmi completo, non parlo di coppia, ma di integrità e opportunità. Sono riservato, così riservato che, per usare una metafora molto conosciuta e intelligente, dei tanti treni che mi sono passati davanti, ne avrò preso tre, forse quattro. Dici niente!!! Quattro so’ tanti. Rispetto alle decine che ho perso? No!
Ho scelto i treni più sicuri, più affidabili. Chissà invece dove portavano gli altri? Quelli senza destinazione, quelli che a vederli suscitavano paura e meraviglia per quando erano lunghi ed esotici.
Cosa avrò perso? Chi non avrò incontrato?

 

Il lavoro interiore per trasformare queste domande, da rimpianti alla vita giusta che meritiamo, che amiamo e rispettiamo, è lungo e non privo di spine. Un lavoro che mi porta a scrivere che sì, nella realtà, cara amica, non ci saremmo neanche sorrisi, intenti a guardare il grigio asfalto o persi in un’analisi d’insieme che fonde l’orizzonte, la vita, però, trova sempre un modo per renderla meritevole, per renderla all’altezza delle nostre aspirazione e desideri. Ed ecco che qui, nella penombra della società, in questa stazione in mezzo al nulla, ci si ritrova ad aspettare il prossimo treno e aspettando si scambia qualche parola, si leggono manifesti e lettere che sono i nostri pensieri e le nostre osservazioni.

 

Metaforicamente parlando la vita è e sarà, sempre, quell’attimo di consapevolezza che vive tra un gesto diventato passato e un pensiero strappato a quel lontano orizzonte chiamato futuro.

 

La poesia è prepotente nella mia mente e riesce a soffocare tutto il cinismo e la diffidenza che esiste nel mio cuore, credetemi non sarebbe difficile trasformare questi pensieri in un’ondata di pessimismo e disfattismo. Il mondo sgorga acque nere ogni secondo di respiro, per fortuna ho la facoltà di scegliere quale titolo proporvi.

 

Una delle poche scelte che la vita mi concede e me le tengo strette. Un treno può esser perso, tutti i treni possono essere persi, nessun essere vivente ha, però, la forza e il potere di impedirmi, di impedirci di scendere dal marciapiede e seguire i binari.

 

Io l’ho fatto tante volte, non vedo il treno, ma quel che esso passa sì.

 

 

In fin dei conti sono le orme che lasciamo dietro di noi che ci identificano, le tracce che lasciamo nella sabbia della vita che danno senso al cammino.

 

Buona inizio di settimana a tutti.

 

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