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Ecco, la Pasqua è finita
Gli amici se ne vanno
Che inutile serata
Amore mio
Ho aspettato tanto per vederti
Ma non è servito a niente
Niente, neanche una parola

 

Ecco, la poesia del Califfo è perfetta per declinare la fine di questa ennesima festività o ricorrenza.

 

Ieri abbiamo portato Frida fuori. Siamo stati in un Outlet, una sorta di città commerciale. I cicli vaccinali non sono completi (ne manca uno) ma stando attenti, evitando contatti con altri cani, siamo riusciti a dare un pò di libertà a Frida, che rinchiusa, sempre, in casa certo risente di questa forzatura, un cane ha necessità dell’aria aperta.

 

 

La riflessione, ora, nasce spontanea. A volte tutto accade per un motivo, anche se all’apparenza il caso sembra, sempre, l’elemento formante di ogni evento.
Negli ultimi dieci anni, direi progressivamente, mi sono sempre più impigrito, le uscite piano piano sono diminuite e sono più le volte che non esco di casa che le volte che esco.
A volte solo una volta a settimana giusto quel sabato per andare a far spesa.
Muoversi è importante ed un cane da’ motivi per muoversi.

 

L’età e il non avere figli, ha portato la pigrizia nella mia vita.

 

“Un uomo non è pigro se è assorto nei propri pensieri; esiste un lavoro visibile ed uno invisibile.”
Victor Hugo

 

Chissà, forse Hugo aveva ragione? Quando sono seduto sul divano e penso, penso e ripenso, in realtà lavoro, un lavoro invisibile e per nulla sedentario.

 

La pigrizia diceva Seneca è l’ostacolo di sé stessi.
Perché può indurre l’indolenza e l’insofferenza alla vita.

 

Vi è mai capitato di non aver voglia di fare nulla?
A me è capitato e capita, di non voler e non aver voglia di fare nulla. A volte dietro c’è un fallimento del momento, qualcosa che riesce a spegnere l’umore e la volontà. A volte, anche, per lunghi periodi. Oggi gli specialisti hanno inventato tutta una serie di patologie, ansie e depressioni per definire questo comportamento.

 

Alla fine dietro c’è solo una deprecabile voglia di non far nulla a volta accompagnata da una deprecabile paura di non riuscire a far nulla.

 

Non credo che vi sia alcun vivente che si consideri un essere insignificante, un lusso o un male necessario. Anche coloro che proclamano l’inutilità della vita vedono, assai di rado, l’inutilità di sé stessi. Forse pensano che, denunciando il male di vivere, riescano in qualche modo a recuperare – dalle macerie – il proprio valore…
Francis Scott Fitzgerald

 

L’elemento che mi piace di questo pensiero, è il richiamo alle macerie. Tutti credo, ci portiamo dietro delle macerie e tutti prima o poi andiamo a scavare a mani nude in quel ammasso emotivo, probabilmente Francis ha ragione in cerca del proprio valore o di quella rinascita che aspettiamo e bramiamo.

 

Che vi volete fare, sono le feste, all’inizio portano gioia, alla fine lasciano un pò di malinconia.

 

Pensate esistono persone a cui le feste portano solo malinconia. Triste? No. Malinconico? forse, Attuale? Sì.

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5

 

Ho, com’era prevedile, notato molti post dedicati alla Pasqua, ci sta dopotutto, anch’io alla fine farò a tutti gli auguri per una felice Pasqua.

 

Di tutta la commemorazione religiosa, l’elemento che voglio mettere in risalto e usare per una mia personale riflessione è la resurrezione, non intesa come l’originale ritorno alla vita di Cristo, ma come occasione per una seconda vita o semplicemente una seconda chance.

 

Rinascere dopo un evento traumatico o una rottura che mette fine ad una storia o ad un periodo, più o meno, importante della nostra vita.

 

Ci sono molte storie che raccontano di seconde possibilità, di rinascite che sono esempi per le nostre vite.

 

Nel nostro piccolo tutti abbiamo avuto, vissuto momenti oscuri ed è l’aver superato questi momenti che, in molti casi, ci ha reso migliori.

 

che la fenice more e poi rinasce,
 quando al cinquecentesimo anno appressa 
erba né biada in sua vita non pasce,
 ma sol d'incenso lacrima e d'amomo,
 e nardo e mirra son l'ultime fasce.
Dante Alighieri - Divina commedia

 

Nel mito la fenice risorge dalle ceneri a nuova vita ed è questa la vera resurrezione dell’uomo mortale, dell'uomo imperfetto, dell'uomo che respira, ama e muore, rialzarsi delle ceneri del suo fallimento. Destare tanto il cuore da vedere la luce nel momento più cupo. E tanto più questa rinascita ha valore, quanto perse sono le speranze, fin al punto di non dar valore al più prezioso dei doni, la propria vita.

 

Esempi la società ne ha visti tanti, esempi illustri e un pò meno illustri.

 

Mi piace, sempre, quando posso citarla.

 

 

“E sorrido, perché la vita, ragazzi, è proprio una figata.”
Bebe Vio

 

La sento vicina, una di noi, perché noi siamo lei, avverto la sua fragilità e al tempo stesso la sua forza, per lei ogni giorno è una resurrezione.

 

Questo pensiero è solo un pretesto per augurarvi una felice Pasqua, potevo scegliere mille argomenti, questo mi sembrava il più rappresentativo il più vicino al mio modo di essere e pensare.
Un pensiero retorico e sopra le righe ma opportuno a mio parere.

 

Auguro a tutti una serena e felice Pasqua.

 

E una, sempre, coraggiosa rinascita.

 

 

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4

 

Ieri sera, discutendo con la mia compagna, nessuna lite solo un pacato (più o meno) scambio di opinioni, mi è stato, per l’ennesima volta, fatto notare che non sono capace di essere sintetico e di non esser, neanche, tanto chiaro.

 

Lei sostiene che prolungo troppo il pensiero o la spiegazione del pensiero.
E mi chiedo, come si fa ad esprimere un pensiero in tre parole?
Una volta mi si accusava di stare, sempre, in silenzio, ora di parlare troppo.

 

Mi continua a ripetere che se prolungo il pensiero più di dieci secondi, l’interlocutore perde interesse e si distrae.
E si distraesse pure, rispondo io. La pazienza che metto ad ascoltare chi mi parla, dovrebbe essere reciproca, invece non è così.
Il problema è, che so che non è così. Comprendo l’intenzione della mia compagna, che è del tutto positiva, lei vorrebbe che fossi più sicuro nella comunicazione verbale, da sempre un mio limite, è un atto di riguardo il suo, un atto d’amore, vorrebbe fossi capace di affrontare tutto e senza difficoltà, lo vorrei anch’io, chi non vorrebbe essere il meglio di sé.

 

Ma come si fa a spiegare un concetto complesso in poche parole?
O dire ad una persona che l’ami senza aggiungere quel pizzico di poesia?

 

Anche qui, quando scrivo, a volte, sono prolisso e non molto chiaro.
Non riesco ad esser sintetico e limpido, quella limpidezza che ci rende immediati. Mai stato immediato.

 

Esistono persone che arrivano subito, a cui basta una parola per entrare in scena e restarci.
Ma è anche vero che siamo tutti diversi.

 

C’è chi dice semplicemente,
t’amo.

 

Chi invece dice,
t’amo come la goccia brama il mare,
come la stella brama il cielo,
come il sangue brama il cuore.

 

Capisco però che in un dialogo formale sarebbe inopportuno esprimersi così.

 

Tutta questa riflessione poteva, senza dubbio, essere espressa in una sola frase, non si sarebbe perso nulla e forse vista l’era, sarebbe piaciuta di più agli amanti dei messaggi moderni.

 

Purtroppo per voi, non sono ancora, il meglio di me. :-))))

 

Nazim Hikmet - 1948

 

Ai romantici, ai sognatori, ai suonatori d'ogni melodia, a tutti quelli che nascondono un artista nel cuore, a chi mille parole sono poche per dire t’amo, a tutti i cuori d’amore vestiti.

 

Buon arrivo alla Pasqua.

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7

 

Stamattina sono stato dal mio medico per una prescrizione, nel tragitto, non più di 10 minuti a piedi, ho oltrepassato le poste, per pura sfortunata coincidenza nel momento di una lite verbale tra signori e signore, immagino per la fila.
Dovete sapere che, in questa posta la mattina presto, i clienti si avvicendano per prendere il posto, ognuno segna il suo nome su un foglio di carta e all’ora dell’apertura si ritrovano tutti davanti alla porta. A volte sul foglio di carta si arrivano a scrivere anche una trentina di nomi, soprattutto in questo periodo del mese, l’1 e il 2 i giorni più critici.

 

Le urla da quel che sentivo riguardavano un tizio che sembra avesse prenotato da casa.
Lo faccio pure io a volte, dal cellulare prenoto e quando siamo a pochi turni l’app mi avvisa di scendere.

 

Comprendo la frustrazione di quei vecchietti che si sentono fuori e incapaci di usare questi nuovi sistemi, ma a volte l’ottusità prevale anche sui capelli bianchi.
Per molti (questo indipendentemente dal bianco dei capelli) tutto sembra dovuto e con quale arroganza a volte pretendono strada, facendo passare un favore per gentilezza.

 

Rispetto.

 

Ovidio disse: “Un tempo era grande il rispetto per una testa ricoperta di capelli bianchi.” Se già ai suoi tempi egli si lamentale di tal mancanza, vuol dire che non sono bastati i secoli a migliorare il comportamento di certi essere umani, oggi giorno, neanche chi ha i capelli bianchi è immune da questa mancanza.

 

E qui mi chiedo, il rispetto si apprende o è innato?
Secondo il mio modesto parere si apprende. Il quesito è, chi dovrebbe impartire la lezione?
Chi ha, proprio, i capelli bianchi a rigor di logica.

 

L’esperienza dovrebbe maturare e instillare saggezza nelle menti degli uomini.
Un tempo ero convinto di questa affermazione, oggi, non né sono più sicuro.

 

Confucio disse: “La saggezza e il buon senso si ottengono in tre modi: primo con la riflessione, che è la cosa più nobile; secondo attraverso l'imitazione, che è la cosa più semplice; e terzo con l'esperienza, che è la cosa più amara di tutte.”

 

Riflessione, imitazione ed'esperienza, oggi, troppo spesso l’imitazione è emulazione di comportamenti truffaldini o peggio criminali.
Basta iniziare dal non rispettare una fila o pensare che tutto è dovuto, perché aspettiamo troppo o pensiamo di avere più diritto di un altro. A volte le scorciatoie sono la prima facile strada verso un pensiero sbagliato e vergognoso.

 

“Un uomo è tanto più rispettabile quante più sono le cose di cui si vergogna.”
George Bernard Shaw

 

Frase piena di saggezza, tante sono le cose, in questi tempi, di cui dovremmo vergognarci.

 

Personalmente non ho mai saltato una fila, mai preteso nulla dagli altri, anzi, ho sempre mostrato gentilezza a chi chiedeva un favore, se ho colpe e ne ho sono da ricercare nel comportamento, quel comportamento acquisito da piccolo che mi porta ad esser diffidente e ad allontanare chi mi sta attorno. Si è protagonisti di sé stessi sempre, nel bene e nel male, ma per un mondo migliore si deve esser protagonisti nella vita degli altri, possibilmente, nel bene.
Non potrò mai esserlo con il corpo e le parole, forse, solo con l’arte ed è già un passo avanti.

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5

 

Ieri ho scritto di memorie e ricordi, anche oggi, voglio ricordare e ricordando fare a pezzi un frammento di vita.

 

Fare a pezzi! In effetti i ricordi sono frammenti del nostro passato, emblemi di un fare antico che oggi si è perso nel pensiero veloce, nei bit processati da una collettivita sempre in movimento.

 

Oggi, voglio descrivere la filosofia del ricordo, la filosofia del fare a pezzi.
Sapete dove la filosofia del fare a pezzi prende forma e vita? Nel mosaico.
Ieri, sfogliando un pò di foto, ho ritrovato, le immagine di una gita a Piazza Armerina.

 

Villa romana del Casale

 

Questo piccolo comune è famoso per la presenza sul suo territorio di una villa romana, la Villa romana del Casale e per la presenza di una serie spettacolare di mosaici.

 

Mosaici

 

Non vi sto, qui, a raccontare, la storia del mosaico, anche se mi piacerebbe descrivervi i secreti di questa tecnica meditativa. Il passare a rassegna nella mente le nozioni tecniche, mi riportano alla memoria la scuola ed un fare appassionato.

 

Ragazze in bikini

 

Il mosaico è meditazione, è precisione, è ricerca, quella ricerca interiore che traccia un legame tra luce e buio. Quando si crea un mosaico la storia diventa una raccolta di frammenti che sono luce e buio del nostro passato.
C’è una differenza tra l'oggi e quel che stato, ossi ieri, una differenza fondamentale. Ieri, l’arte, la scienza e la religione erano un'unica cosa. Creare arte era un modo di esprimere la vita nella sua interezza. Fede e conoscenza si intrecciavano con la quotidianità e la creatività era solo un comportamento del tempo.
Oggi, tutto è scisso e i sentieri sono divisi, come frammenti scollegati che non verrano mai uniti.

 

Questo credo abbia portato e porti le nostre anime a sentirsi frammenti di un’integrità contemplata, ma mai raggiunta.
Dio o scienza? arte o fede? conoscenza o credenza? mente o cuore?
Abbiamo diviso la nostra essenza in parti, l’abbiamo fatta a pezzi, per cosa poi? Per poter prendere posizione, per poter colpevolizzare una parte e assolverne l'altra.
Abbiamo creato divinità con lo scopo di armare un’idea e abbiamo creato tradizioni con lo scopo di accumulare favori e compiacimenti.
La crudeltà più grande è nell’aver trasformato la libertà in un catena fatta di specchi opachi. Siamo diventati l’uno agli occhi dell’altro, uguali, volti indefiniti. Basta, poi vedere, immaginare, creare, una differenza nel riflesso per legittimare una condanna, che diventa trincea e infine guerra interiore.

 

 

Mi chiedo? Nasciamo a pezzi, frutto del distacco materno o ci frantumiamo nel tempo, ricordo dopo ricordo?
Perché se è così, la via d’uscita potrebbe essere (alla fine) ricomporre il mosaico della nostra vita.

 

Penso a mio padre e una riflessione si accoda alle parole appena scritte. Tra i nuovi mali dell’era moderna (un male in realtà esistente, ma in espansione) vi è la malattia di Alzheimer-Perusini, detta anche morbo di Alzheimer. L’evoluzione biologica ha condannato l’essere umano ha dimenticare.
La mente ridotta in frammenti, totalmente, incapace di unire un pezzo all’altro.
La via d’uscita ad alcuni umani viene negata. Perché?
Esiste una parte di filosofia che tende a metabolizzare gli eventi, il male che subiamo, il male che facciamo, quello che evitiamo o ignoriamo, non si disperde, né svanisce, mai, lo teniamo in noi, resta in noi e lo trasformiamo e come un cancro infetta la nostra energia, la nostra vita.
Ed è lunga, poi, la strada per la purificazione, per non sentire più la colpa e il dolore.

 

“Un uomo che ha commesso un errore e non lo ha riparato, ha commesso un altro errore.”
Confucio  

 

La consapevolezza di avere un’anima a pezzi è acquisita da anni, chi ha letto i miei pensieri passati, sa come mi sono definito, sa quale mostro barocco ho scelto.
La cosa che non so? È, se riuscirò, alla fine, a trasformare ogni singolo frammento in una tessera capace di accogliere un’altra tessera e un’altra ancora, chissà?
Per molti potrebbe risultare incomprensibile quello che ho scritto, ma non necessariamente dovete capire.
L’anima è come uno specchio, come tale non riflette, mai, lo stesso riflesso. Che significa? Che se mostro la mia anima ciò che vedrete sarà sempre un riflesso di voi stessi, di ciò che vedete, lo specchio non mostra, mai, quello che c'è oltre. Questo perché (ne sono convinto) la nostra percezione degli altri è sempre e comunque filtrata dalla nostra logica e dalle nostre emozioni.

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7

 

Questo post potrebbe suscitare un pò di malinconia, avviso, dunque, i lettori, liberi di passare oltre.

 

Ieri sono stato al funerale di un parente, negli ultimi due anni, il quinto.
In questi (due) anni, se ne sono andati tanti pezzi del mio passato, quel passato costruito su quel nucleo di parenti vicino per affetto ai miei genitori, zii, prozii e cugini.

 

Così come è accaduto per i precedenti funerali, una frase si è ripetuta: “Ci si ritrova solo ai funerali”.
Parenti persi che si ritrovano. Se poi il grado di parentela dello scomparso o scomparsa è, più o meno, lontano le facce che si rivedono possono essere irriconoscibili e in molti casi sconosciute.

 

Ho rivisto cugini che non vedono, letteralmente, da quando ero bambino.
Mi fa riflettere il fatto che non li ricordavo per nulla, completamente dimenticati.
Siamo cosi presi dalle nostre vite o al contrario così presi dalla vite di persone che non conosciamo e a cui non siamo legati, che scordiamo i tanti legami che intrecciano ed hanno intrecciato le nostre famiglie.
A volte vedo su Facebook o twitter (le poche volte che entro) postare contenuti su vip e personaggi famosi neanche fossero parenti stretti e con quale solerzia ci si dedica attenzione e tempo.
Siamo presi dalle nostre vite ed è forse questo il problema che rende la società attuale, una società decadente.

 

Egoismi di varia natura e contenuto ci incatenano all’io, lasciandoci a volte privi di memoria.
Memorie che ci sono, ma vengono confinate in stanze buie.
Ieri mi sono ricordato di una vecchia auto di mio padre, una Fiat 127 bianca, delle gite per andare a trovare i cugini al paese e di vecchi sapori e odori, oramai, estinti.
Oggi, quei cugini hanno i capelli bianchi e come me a malapena ricordano quei momenti.
Però, non mi condanno. Non ricordo, né ho fatto nulla per mantenere i contatti, non mi condanno per questo.
La mia natura riservata e timida, forzatamente isolata, costretta a isolarsi, non ha mai avuto bisogno di contatti, me ne dispiace, ma non mi condanno.
Il meglio di me l’ho appreso stando solo, sono, sempre, stato bene da solo o forse ho imparato, semplicemente, a stare bene da solo.

 

“Cantate e danzate insieme e siate felici, ma fate in modo che ognuno di voi sia anche solo, come sono sole le corde di un liuto, sebbene vibrino alla stessa musica.”
Khalil Gibran

 

 

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8

 

“Per quanti sforzi facciamo nel crudele intento di strappare, di distruggere le illusioni che la provvida natura ci aveva create a fin di bene, non ci riusciamo. Per fortuna, l'uomo si distrae facilmente.”
Luigi Pirandello

 

Il buon Pirandello conosceva bene le dinamiche della realtà ed ha saputo dare voce alle distrazioni.
Ho natato che da quando è arrivata Frida, le luci si sono spenta su molte realtà, quelle che ci crucciavano in molti casi o impegnavano in discussioni più o meno amorevoli.

 

Credo sia cosa risaputa che il miglior modo per dimenticare, sia distrarsi, occupare il tempo.
Devo riconoscere che questo aspetto della vita è stato un denominatore comune nel mio passato. Ho, sempre, cercato di tenermi occupato, ogni esperienza diventava un pretesto per la fuga, ed è stato tutto sommato facile trovare le porte, le mie attitudini artistiche mi hanno reso facile trovare metodi per impiegare il tempo. Nel bene e nel male questo mi ha fornito un modo per isolarmi quando attorno diventare per me irritante o fastidioso.
Riflettendoci ora, potrei affermare che non è stato poi un bene.
Ma è passato e non si cambia.

 

Qual è il senso della vita?

 

Riflettendoci mi è venuta in mente una stramba riflessione.
Non su qual è, ma sul quale non è? Un cane, un gatto o un topo, potranno nell’arco della loro breve esistenza, mai pensare che la loro vita non ha più senso? Un cane, un gatto o un topo che voi sappiate hanno mai progettato il loro suicidio?
Perché l’uomo arriva a questa conseguenza se non riesce a dare valore a quella domanda?

 

Chi da più valore, dunque, all’esistenza, l’uomo o l’animale?
Forse ho scritto una scemenza, probabilmente sicuramente, non cancellerò quello che ho scritto, però, anche se è stupido, il bello di un diario, anche se virtuale, e che puoi scriverci quello che ti pare, piaccia o no.

 

 

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6

 

Ieri la piccola Frida è stata portata all’ASP di competenza per l’impianto del microchip.
È stata brava, buona e affettuosa con tutti, come avrebbe fatto qualunque essere umano (sono ironico). :-)

 

Mi viene in mente una famosissima frase detta dal buon Einstein:
“L’uomo ha scoperto la bomba atomica, però nessun topo al mondo costruirebbe una trappola per topi…”

 

Questo pensiero la dice lunga sulla natura dell’essere umano. C’è più misericordia in un animale che in tutti gli uomini di buona volontà.

 

La mia compagna è felicissima e innamoratissima di Frida, non potrebbe esser altrimenti, l’ha trovata, l’ha scelta e l’ha portata a casa, io sto avendo difficoltà ad accettare il cambiamento, un equilibrato conflitto interiore, mi si è accesso nel cuore, una parte è facile e teneramente affezionata a Frida, una parte sente violata quella solitudine che mi è, sempre, stata amica e necessaria per metabolizzare un mondo, sempre, troppo violento e cinico. La mia compagna, ha la fortuna (a mio parare), poi, di lavorare e di star lontana da casa otto ore durante la giornata, io che al momento non lavoro e se lavoro, come freelance, lavoro da casa, mi ritrovo 24 ore su 24 ore in compagnia della cucciola, un cambiamento radicale che sto accettando, non in piena armonia. La mia compagna ha poi lasciato l’incombenza dell’educazione di Frida a me, per cui passo le ore a dire NO, NO, NO, senza sapere poi realmente se faccio bene o male.
A volte e ho espresso alla mia compagna la sensazione mi sento solo ad affrontare la cura di Frida (ed è passato solo un mese). :-)
Per la mia compagna Frida è terapeutica, probabilmente è così, avendo diagnosticata (ufficiosamente a dire il vero) la sindrome di asperger, Frida mi dovrebbe aiutare a limare le mie rigidità di pensiero e comportamento. Al momento più che limate vengono forzate e non è indolore.

 

Se devo descrivere quel che ora sta accadendo userei un’immagine, questa:

 

Io e Frida

 

Ho vissuto nel grigio tutta la vita, usando l’arte come unico mezzo per portare al di fuori di me i colori.
Oggi si è aggiunta Frida.

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8

 

Rispondendo ai commenti, ho in tutti o quasi espresso lo stesso pensiero:

Viviamo un momento di esasperazione che ci porta come animali in gabbia a incattivirci, ad esser, sempre, incazzati.

 

Ho scritto poi:
Amando la storia ho letto tanto e direi che i momenti di transizione si ripetono periodicamente […]

 

Questo è un momento di decadenza sociale e culturale.
Ma non è stato il solo e non sarà, certo, l’unico, se vogliamo, però, esser precisi e fare un pò di ripasso, il Decadentismo per eccellenza è stato un movimento letterario della seconda metà dell’Ottocento.

 

All’epoca poeti e artisti insoddisfatti e nauseati dalla società, colpevole di essere ipocrita, cercarono attraverso l’arte e la letteratura un modo per aprire le menti dei borghesi che tanto disprezzano.

 

Oggi la letteratura e l’arte fanno lo spesso?
Una parte di mondo che cerca di fare la cosa giusta c’è, magari piccola ma c’è.

 

Se scrivo al di fuori della mia personale esperienza ed esprimo, semplicemente, le mie opinioni su quel che accade attorno a me, il risultato, più o meno, è sempre lo stesso, un prendere posizione su due linee ben distante. Essere falchi o essere colombe. Che è un modo per esprimere nel primo caso, un ideale di società chiusa e rigidamente razzista su ogni cosa, nel secondo caso, un ideale di società aperta e sempre accogliente.

 

Quel che è, sempre, uguale è la noia che sovviene ad un certo punto a guardare fuori della finestra.
Si arriva a stancarsi di parlare di quanto fa schifo questa società.

 

Quindi si torna a quei comodi, confortevoli e sicuri argomenti, che sono una garanzia per il cuore e la mente: Amore, speranza, arte.

 

CUORE: “Che bello! Decliniamo l’amore, io so tutto dell’amore.”

 

MENTE: “Ma qual amore? Meglio analizzare gli atomi o meglio esplorare il cosmo o meglio ancora il sesso.”

 

Che scrivere?

 

Si racconta che una volta due grandi amici decisero di attraversare il deserto. Si fidavano l’un dell’altro e sentivano di non poter chiedere una compagnia migliore. A causa della stanchezza, però, i due ebbero una divergenza di opinioni.
Dal disaccordo passarono a una discussione e da questa a un dibattito acceso. La situazione degenerò al punto che uno degli amici colpì l’altro. Questi si rese subito conto dell’errore commesso e gli chiese perdono. Allora, colui che era stato colpito scrisse sulla sabbia: “Il mio miglior amico mi ha colpito”.
Proseguirono il cammino fino a ritrovarsi in una strana oasi. Non erano ancora entrati quando il terreno iniziò a muoversi. L’amico che era stato colpito iniziò ad affondare. Era una sorta di palude. Il suo amico si allungò come poté, mettendo a rischio la sua vita, e lo salvò.
Proprio allora il ragazzo che era stato colpito e poi salvato scrisse su una pietra: “Il mio migliore amico mi ha salvato la vita”. L’altro lo guardava con curiosità, così gli spiegò: “Tra amici le offese vengono messe per iscritto solo affinché le porti via il vento. I favori, invece, vanno incisi profondamente affinché non vengano mai dimenticati”.

 

 

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6

 

Ieri sera ho letto due notizie, due brutte notizie, troppe per rimanere impassibile e non condividere un pensiero.

 

Maestra muore in ospedale a Lecce dopo 10 giorni di attesa per una gastroscopia: indagati due medici
e poi:
Morto nel parcheggio dell'ospedale di Sora dopo un'ischemia: per il 73enne non c'era posto in reparto.

 

Leggendole mi è venuto l’istinto di fare gli scongiuri, anche se non credo a queste antiche superstizioni, la speranza di non trovarmi mai dentro un ospedale, si è fatta forte nella mia mente.
Speranza ovviamente che verrà disillusa dalla realtà e del tempo che avanza.

 

Ho scritto di attese ieri, ecco questo tipo di attese non sono né ispiratrice, né auspicabili.
E fan perdere fiducia, quel poco di fiducia che si ha.
Ci sono colpe, da dividere, equamente, tra medici e pazienti.
È un fatto che i pronto soccorso sono in emergenza, medici e infermieri si rifiutano di lavorarci, per due motivi.
Primo: strutture non sostenute dallo Stato, che taglia e taglia invece di rinforzare.
Secondo e più rilevante motivo: per le percosse e le ingiurie subite da medici e infermieri.
Il problema è che, dietro un medico, un infermiere e un paziente, c’è, sempre, un essere umano e l’essere umano poche volte è lungimirante, saggio e volenteroso, al contrario spesso è ottuso, opportunista ed egoista.

 

“Non è tanto dell'aiuto degli amici che noi abbiamo bisogno, quanto della fiducia che essi ci aiuterebbero nel caso ne avessimo bisogno.”
Epicuro

 

La logica di Epicuro lo spingeva a cercare un equilibrio che forse oggi non è così facile da raggiungere. La cura si manifesta nel momento che si ha bisogno, questo dà senso alla medicina, ma la cura andrebbe estesa al rispetto reciproco, quel rispetto che ci porta ad aver fiducia nell’altro.

 

Mi vengono in mente le parole cantate da Noemi: Sono solo parole.
E in effetti sono solo parole.

 

Si deve avere fiducia nei medici e tutto sommato ne ho.
Ma non tanta nella sanità.

 

Nei Tg e nei programmi sento spesso l’associazione, falchi e colombe, per identificare le due principali linee di condotta della società che comanda.

 

Che società è questa? Una società di falchi o di colombe?
E quale identità vorremo?

 

Io scelgo il piccione. :-)

 

 

Buon fine settimana.

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