Scendi, o Vento del Nord, figlio del ghiaccio eterno,
sorgi dall’abisso dei fiordi antichi,
là dove gli dèi di pietra vegliano silenti
e il mare frantuma le scogliere in canti d’altri tempi.
Soffia, maestoso e puro,
oltre i confini dell’estate,
rompi le catene dell’arsura,
che il tuo respiro giunga fin dentro le vene,
chiaro, benefico, vivo.
Vieni ora, prima del tempo concesso,
tocca la soglia di luglio con dita d’argento,
scivola sulle chiome degli alberi
e piega l’afa come l’aratro fende il suolo.
Sei benedizione e memoria,
sei la danza delle nebbie nei boschi sacri,
sei il battito lento del cuore celtico,
il fremito delle cornamuse sotto cieli plumbei.
O Dio del Freddo,
che cavalchi orsi di neve e brandisci lance di ghiaccio,
ricevi l’inno delle nostre anime ardenti,
stanche del sole che opprime e consuma.
Innalziamo coppe di idromele
nei cerchi di pietra consacrati agli avi,
chiamiamo il tuo nome nelle lingue perdute,
Ymir, Boreas, Njordr, spiriti dell’inverno invincibile.
Scendi su di noi come il più sacro dei silenzi,
come il blu profondo del mare di ghiaccio,
tagliente e soave, come una carezza d’acciaio.
Che il caldo sia solo un’eco dimenticata,
un ricordo sbiadito in mezzo al canto delle tormente.
Che la tua presenza ci renda puri e forti,
come chi cammina tra le aurore e conosce i nomi delle stelle fredde.
Soffia, Vento del Nord,
e sii il nostro compagno e custode,
finché la terra dorma serena
sotto il tuo bianco mantello eterno.