Custode delle Stelle d'Acqua, Faro Guardiano della Costellazione delle Geminidi
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Essere un uomo d'altri tempi
Non essere un uomo per tutte le stagioni
Ci sono dei momenti in cui realizzi di essere davvero andato oltre ed essere approdato in limbo da cui appare impossibile fare ritorno, nonostante gli sforzi, i buoni propositi, l'intensità che metti in quello che scrivi, fai, manifesti.
Un libro già scritto e già letto che non contiene più quei motivi di interesse che aveva all'inizio. Bello si, ma appartiene ad un tempo passato, vedi la costa che spunta dalla libreria, sai che è lì fino a quando non ti viene la nostalgia di prenderlo in mano per rivivere alcune emozioni appartenenti ad un tempo vissuto, ormai passato.
Se gli avatar celano uno spirito che respira al di là, talvolta persino al di sopra, delle persone che lo indossano, il mio è desolato come quello di un faro affacciato sul mare che ho a lungo indossato con passione, persino orgoglio. L'ultimo punto conosciuto, baluardo di una resistenza estrema che non si piega nemmeno di fronte all'incalzare degli eventi avversi, un avatar di lotta, punto di riferimento per molti nella tempesta.
Quando ti ci trovi tu nella tempesta dell'incomprensibile insondabile devi pesare i gesti e le parole anche quando vorresti alzare la marea e affondare la malcelata insensibilità di certi gesti che il mare virtuale ti presenta sugli scogli.
In tempi passati ho affondato navi e sfasciato relitti per questo genere di cose. E mi rendo conto, nonostante il dispiacere e il dolore dei momenti successivi all'azione, che certe azioni non erano cosi vane e insensate.
Cross ha tanti difetti ma è trasparente nelle sue emozioni siano esse positive o negative. Come l'acqua che lo circonda, in quello che scrive ci leggi l'amore che prova e mai nasconde e la passione che mette.
I suoi silenzi fanno fragore perché la sua anima è piena di cicatrici e ferite. Contengono la furia e la rabbia di quello che prova se dovesse parlare. Ed è un bene che resti senza voce.
Le ragioni nascono e muoiono in noi. Non è grazie a loro che ho abbracciato l’immenso. Spesso contravvenute e avversate per cogliere un senso più profondo di cui scorgevo appena a distanza un barlume capace di non lasciarmi indifferente. Nella tempesta che ci sovrasta una bussola sotterranea indica la rotta. Sai dove conduce la mia.
Sussurrò la piazza: "SAVE THE DATE".
Tutto è nato in questi spazi di codici binari in righe colme di ondate piene di sbalzi a corrente continua e alternata con il pantografo sempre in presa.
La METALLICA DELLE EMOZIONI sormonta argini ignora confini alla ricerca COSTANTE di nuovi orizzonti da esplorare INSIEME.
Ieri, Oggi e Sempre T’IONIO, T’FRA.
Tutto è nato su carta
e ogni cosa vi tornerà.
Non importa quando accadrà.
E' scritto nella storia dell'uomo
di credere solo
a ciò che tocca con mano.
Un giorno torneremo polvere
e quello che siamo stati
che abbiamo detto e fatto
verrà completamente dimenticato
nel giro di una generazione,
al massimo due.
Resterà quello
che abbiamo scritto
a parlare di noi
e per noi.
Ricordo quel giorno
spogliarmi di convinzioni
verso un viaggio senza ritorno.
Il patto era chiaro
e non poteva in alcun modo
essere infranto.
Avrei avuto tutto,
le emozioni e le tormente,
avrei attraversato indenne
deserti e bufere,
raggiunto Atlantide,
il Faro d'Alessandria
e la Torre di Babele.
In qualsiasi momento
potevo fermarmi
a respirare,
osservare,
amare, ridere o piangere.
Pregare.
Mai voltarsi indietro
avere rimpianti
desiderare tornare sui propri passi.
Avrei perso tutto
smarrendo me stesso.
Molte volte ho tentennato
per il timore di non farcela,
alcune volte mi sono fermato,
altre ho aspettato
il vento giusto
capace di portarmi lontano, al largo.
𝐻𝑜 𝒶𝓃𝑒𝓁𝒶𝓉𝑜 𝓁𝒶 𝒟𝑒𝓇𝒾𝓋𝒶 𝒹𝑒𝒾 𝒮𝑒𝓃𝓈𝒾
𝑒 𝓁'𝒜𝓃𝒶𝓇𝒸𝒽𝒾𝒶 𝒹𝑒𝓁 𝒮𝑜𝑔𝓃𝑜.
Usando sempre
parole mie
mai delegato ad altri
l'espressione del mio pensiero,
men che meno di un sentimento.
Parole che hanno
il mio tocco
il mio respiro
guardano con i miei occhi,
coltivano i miei sogni.
Parole che ci mettono la faccia
camminando a testa alta.
𝒮𝒸𝓇𝒾𝓋𝑜 𝓆𝓊𝑒𝓁𝓁𝑜 𝒸𝒽𝑒 𝓈𝑜𝓃𝑜
𝓅𝑒𝓇𝒸𝒽é 𝓈𝑜𝓃𝑜 𝓆𝓊𝑒𝓁𝓁𝑜 𝒸𝒽𝑒 𝓈𝒸𝓇𝒾𝓋𝑜.
La parte più intima
la imprimo su carta
sapendo
che nessuno la leggerà
mai.
E' un inchiostro invisibile
partorito dagli Abissi del Tempo
da leggere in controluce.
Lunare.
Eppure nonostante tutto
mi troverai li ad attenderti
alla fine del cammino.
Intanto cammino.
Solo, controvento.
Non odo la voce di fuori
ascolto il fragore assordante
dei pensieri interiori.
𝒮𝒾𝒶𝓂𝑜 𝓈𝓉𝑜𝓇𝒾𝑒 𝓃𝑒𝓁𝓁𝑒 𝑔𝑒𝑜𝑔𝓇𝒶𝒻𝒾𝑒.
Rotte di cui nessuno
troverà le mappe
se non lasciamo nulla
impresso su carta.
Quella che odora e fruscia,
che a volte taglia.
Quella che pesa,
pesa persino scriverci sopra.
Per questo quasi nessuno
ci passeggia più dentro,
preferendo navigare
dentro schermi luminosi
in cui spegnersi
a poco a poco.
Quella carta che ama la parola
la culla e la consola
la protegge e la ristora.
La adora.
La conserva e la tramanda.
Non la baratta.
Tu dici che sono
solo i gesti e le azioni
a parlare e a contare.
In verità ti dico
che la tua
è una prospettiva
ingannevole,
limitata perché umana.
In quanto tale
morirà con te.
E non resterà niente.
Si è fatto tardi.
E' ora di andare.
Quanti di noi fanno la vita che hanno scelto? Quanti di noi si affidano al destino? Quanti di noi si accorgono che passa il tempo?
Tutto scorre, nulla resta, ogni relazione si trasforma. Tutto sta nel captare il moto costituendosi particelle attive di quel flusso onirico.
In questo tempo non è facile orientarsi nella cartina che teniamo tra le mani non ci sono i punti cardinali.
Essere grati a chi ha avuto la forza, l'ostinazione, il coraggio di restarci accanto nonostante tutto. Mentre giocavamo distratti affaccendati in altro.
Arroccati nelle nostre postazioni dietro lo schermo come fosse un gioco come i cecchini noi facciamo fuoco e confondiamo il vero con il fumo l'apocalisse con il falso piano la gloria misera della ribalta di una parola che non lascia impronta ed è come camminare al buio con un bicchiere pieno fino all'orlo.
Non si può tornare indietro e in fondo non è neanche giusto. Tenere vivo il sogno con chi sa alimentarlo tracciando nuove rotte verso orizzonti inesplorati. Affidarsi alla sua mano e seguirlo. Condividerlo. Intensamente e intimamente. Come se mai fosse stato.
L'unica cosa che non mi riesco a perdonare è ogni momento che ho vissuto al di fuori dell'amore.
Non sfamano i ricordi, ci nutre l'ardore incosciente di ripercorrere sotto nuove vesti i piaceri degli antichi fasti. Indimenticati, indimenticabili.
Se c’è una cosa che adoro del nuovo corso è che ogni isola dell’arcipelago sta acquisendo l’arcano primitivo a lungo sognato. Si dice che ogni cosa maturi a tempo debito a patto di non smarrire il senso originario del proprio cammino. Non possono esserci scorciatoie per chi respira l’immenso, le deviazioni le affronti strada facendo avendo ben chiaro l’orizzonte nel mirino.
Sono rimasto a lungo in silenzio, defilato, in attesa del momento propizio. Senza mai distogliermi dall’obiettivo preposto. Scartando se necessario. Ho allontanato chi non voleva comprendere la natura di un viaggio articolato lasciandolo al proprio destino, ho rincorso strenuamente chi volevo al mio fianco in questo percorso non mollandolo di un centimetro senza mai tradirlo o fargli mancare il mio appoggio anche quando non figuravo al suo fianco.
Schivando la sociologia spicciola del multiprofilo quale occasione di dolo di chi nega l’esistenza di molteplici dimensioni da popolare. Oggi i blog tornano a splendere della loro prepotente originale ispirazione. Ai zelanti cercatori di anime che banalizzano la magia, la potenza, l’intensità di certi incastri mentali lascio una consapevolezza fatta di sfasciume superficiale. Ai barzellettieri la loro corte. Non può esserci concorrenza tra chi striscia in privato e chi galoppa al vento alla luce del sole con il rimbombo degli zoccoli a popolare i propri blog e bacheche. A chi si avvicina furtivo credendosi sveglio, muovendosi velenoso come un crotalo schiaccio la testa e mi godo la rocambolesca fuga schiumante come una biscia.
Nessuna indulgenza verso chi rinnega l’esperienza.
Quando avrete intimamente compreso come far funzionare degnamente una community sarà sempre troppo tardi.
Chi ha perso la speranza, chi ci crede ancora. Un suono discende da molto lontano, assenza di tempo e di spazio. Nulla si crea, tutto si trasforma. Un'onda musicAle spazza via l'amarezza con la delicatezza di una piuma. Nel tirarmi fuori e oltre riconosco la saggezza dell’Aurora che tinge di ebrezza ogni esperienza. Finché non saremo liberi, torneremo ancora.
In fondo è un grande mare emozionale. Reale, virtuale, ideale, le diverse accordature di una musica che spinge a proiettarsi nell'altrove. Tendiamo a cristallizzare nell'altro sentimenti come amicizia e amore elevandoli a totem immutabili come sculture. Quando dovremmo aprire varchi in cui fluire liberamente nella condivisione in un escursus rigenerazionale.
Qualcuno vorrebbe trasformare questo mare in un marasma.
Ai ripetitori di mantra che portano con se tutti i vizi del reale non resta che rovesciare il paradigma.
E’ esistito un tempo in cui eravamo vergini di interazioni e fecondi di intuizioni, volavamo alti e navigavamo liberi, le parole celavano il vento dentro, persino lo smarrimento covava il fermento. Nel senso arcano della rivelazione costruivamo un mondo nuovo, inedito.
Ci siamo destati, si è insinuato il sospetto, si è spezzato l’incanto.
Abbiamo smesso di crederci.
Troppo presto.
Peccato.
Chissà dove saremmo adesso.
Una notte di alcuni anni fa feci un sogno strano. Era una scogliera a picco sul mare, imboccai un sentiero e scesi delle scalette, scoprii una banchina incastonata tra le rocce, baciata dalle acque.
Incurante del
rischio mortale mi distesi, il respirò rallentò fino a che non mi
addormentai.
Ero deciso a lasciarmi andare.
Un’onda mi prese, come una grande mano mi sollevò posandomi in acqua, quasi a volermi preservare da qualcosa. Seguì una discesa interminabile verso il fondo, quasi fossi all’interno di un ascensore di cristallo a funzionamento idraulico, fino a quando non mi trovai adagiato a terra, che ancora respiravo.
Non ricordo altro, eppure questo frammento è rimasto conficcato dentro. Una scheggia di mare dal finale aperto.
Osservo, resisto, qualche volta mi abbandono quando ho bisogno di riposare e raccogliere le idee. La meraviglia non si rincorre, decide lei come e quando posarsi negli occhi e nel cuore delle persone. Talvolta ti afferra con grazia e arriva a pervaderti con amorevole cura e tu, estasiato, trabocchi di gratitudine.
Alle volte cerco nella musica quelle risposte che le parole non sanno darmi. Nella musica sembra tutto chiaro, limpido, armonico, le ragioni e le emozioni, nelle parole spesso si cela, si camuffano intenzioni, si mascherano comportamenti e relazioni. Forse sono io a farmi troppe domande, ma non posso esimermi dal pormele quando qualcosa mi suona male. Qui dentro sembra un’infinita partita a scacchi dove tra mosse, contromosse, tattiche e strategie, spesso ci si annulla e si conclude con fasi di stallo e un nulla di fatto. E pensare che da ragazzo iniziai a scrivere proprio per dare un volto e un ordine alle cose, all’interiorità delle persone, a partire da me. Ricordo bellissime pagine di blog con anime messe a nudo, dove sono finite quelle persone, quel modo di essere e di scrivere. Mi sembra di essere una ginestra che predica nel deserto, due secoli e mezzo dopo Leopardi. E mi sembra di essere solo anche quando ho delle persone intorno. Anche le semplici istanze, un come stai vengono criptate e aggirate inventando giri e accampando scuse per evitare di affrontare la realtà.
Guai se dalla penna esce fuori un rivolo di malinconia, per carità, non sia mai. Si sta qui per divertirsi. Come direbbe Guccini, “mi piace bere vino, far casino, puoi suonato o fesso..“. Mai mostrarsi incerti, è sinonimo di debolezza. Bisogna armare lo scudo e sguainare la spada. Iniziai a scrivere proprio per deporre le logiche di comodo della vita reale che mi circondava, così pregne di ipocrisia che mi avvelenava. Quando posto qui spesso mi sento solo come quando apro un foglio su word. Nella musica è tutto cristallino, la gioia e la malinconia, l’adrenalina, l’eccitazione, il dolore. Quando ascoltiamo la musica prendiamo queste emozioni per come vengono e le accettiamo per come sono. Ecco perché mi metto sempre un paio di cuffie quando scrivo, e spesso la posto. Queste parole sono uscite di getto come note, senza filtri, suonano per quello che sono e che vogliono dire. Stiamo popolando un mondo morto, un inferno lastricato di buone intenzioni fallaci. Perdiamo un sacco di tempo ad avvelenarci il cuore.
Così mi costituisco oceano e dalle acque affiora un arcipelago, nelle narrazioni l’autentico assume una voce, un volto, un respiro. Negli incastri magici l’anima al vento soffia via l’inganno. Sotto una coperta di stelle va in scena quello che siamo. L’origine del tutto, l’aldilà del senso smarrito.
Osservando il moto delle onde realizzo come il mare mostri in superficie solo una minima parte delle sue magie. Il taglio offerto dallo sguardo è parziale e non rende giustizia alla molteplice immensità di cui ci rende partecipi con i propri ecosistemi, profondità, correnti, chiaroscuri, forme di vita, tesori perduti. Al punto da richiedere di continue immersioni talvolta arrivando fino ad inabissarci.
Allo stesso modo, il credere soltanto a ciò che si vede, per quanto possa rappresentare ai più una valida filosofia di vita, come ogni riduzione ed eccessiva semplificazione che non rende giustizia dell’intricata matassa delle relazioni umane, nel fluire del tempo mostra le sue evidenti falle. Ogni sguardo può essere orientato, influenzato, persino piegato alle proprie personali convinzioni elette a ragioni, ammesso e non concesso che ognuno di noi riesca a vedere davvero tutto di quello che è in atto in un dato momento; non sono pochi infatti coloro che non lasciano trapelare nulla in superficie, o mostrano soltanto quel che gli fa comodo evidenziare, curandosi di tenere ben nascosto il resto.
Dal canto mio posso solo testimoniare come non trovi soddisfazione nel galleggiare in superficie, privandomi della meraviglia delle immersioni nella stratificata marea delle corrispondenze umane. Credere in quello che sento, che si traduce in un credere in quello che vivo, è un’esperienza infinitamente più autentica e appagante, anche nel giorno in cui il Tempo dovesse calare la scure e rimescolare le carte. Posso sbagliare, ma le emozioni raccolte nei momenti vissuti durante questo intraprendere nessuno può rubarle, tantomeno contraffarle.
Le ore in autostrada a lucidar lo Stivale, la vita ti scorre davanti con i suoi bivi, confluenze, diramazioni. Luoghi, scenari, volti, impressioni, ricordi, le emozioni brulicano a velocità alternata, spuntano da ogni dove, braccano come segugi. Le coincidenze saltate, gli appuntamenti persi, le occasioni afferrate, le persone abbracciate. Le notti passate in bianco, le carezze arruffate, gli orgasmi spasmodici, i baci avvolti nelle lacrime. Qualche volta hai avuto l'ardire di sfidare la sorte in storie che eccedevano le tue forze, il mare si è lasciato cavalcare fin quando le onde non ti hanno sbalzato violentemente a riva, lasciandoti esanime. Il cuore frantumato in una miriade di schegge acuminate.
Non sei nato per galleggiare, sprigioni un'energia primitiva che si lascia sedurre, non si fa ingabbiare. Ricorda gli scontri delle placche tettoniche, le eruzioni vulcaniche, il sisma che sbriciola la terra alla ricerca di un nuovo equilibrio, poco importa quanto solido o precario. Questa energia spaventa, molti si allontanano, qualcuno vi si aggrappa e balla con te, sei fatto male però emani luce e calore, scaldi i pensieri e illumini un cammino a cui qualcuno non vuol rinunciare. Nelle intime consonanze.
Tra approdi e derive, siamo storie nelle geografie.
Timoniere o naufrago, conta restare vivi e saperlo raccontare.
Il presente è già passato e il futuro è troppo maturo per essere colto.
Scrissi questa frase quando avevo più o meno vent'anni e riflettevo sulla fugacità di certi transiti. Dopo il crash della community che, fosse dipeso da me, riscontrato l'utilizzo distorto, se non manifestamente malsano, che viene fatto di questi spazi, avrei congelato a tempo indeterminato.
Di mio posso soltanto dire che negli ultimi quindici mesi ho dato ampio sfogo alla mia interiorità, senza filtri, nel bene e nel male, cercando di palesare il mio sentire nei rapporti che mi hanno visto coinvolto. Non sfugge alla mia valutazione il fatto che da troppo tempo non mi sentivo più libero di esternare le emozioni come agli esordi, perché ogni cosa scritta in questo spazio di fatto era potenzialmente passibile di essere usata in modo strumentale nei confronti di persone a me care, con le quali ho intessuto nel corso dei mesi un legame creativo sull'onda di potenti suggestioni che la mente era in grado di creare.
Alla luce di questi risvolti e di un entusiasmo che nel corso del tempo è venuto a scemare, ho deciso di smontare per la seconda volta la mia bacheca e fare reset. Nulla di quello che realmente è contato e mi ha in un certo senso travolto come un'onda salvifica, un'energia viva, è andato perduto. Ho salvato nei box, come tante piccole scatole dei ricordi che di tanto in tanto con estremo piacere sfoglio, i momenti salienti che hanno fatto da cornice alle mie emozioni, con le parole e alcune delle musiche a me care. Così quando voglio mantenere vivo il brivido di certe connessioni, non estenuate dalle tensioni dovute allo stato contingente dei rapporti in un dato istante, mi ritiro a rive e porgo l'orecchio ad un'ideale conchiglia che mi restituisce il suono di importanti legami, oggi come ieri, fondamentali. Energia pura, in quanto tale, vitale.
Senza rimpianti tantomeno malinconie, sono felice di quanto
prodotto insieme a persone che hanno dato un senso a questo mio
transito che oggi mi trovo a rimettere in discussione. Non so
quanto e cosa scriverò, sicuramente allenterò
qualcosa. Ammetto di avere un brutto carattere, non è facile
scandagliare nelle mie ombre e alle volte alzo autentiche ondate
a difesa della mia emotività. Mi riconosco il pregio di essere
sempre stato intimamente me stesso in ogni scelta che ho posto in
essere, pagandone anche il prezzo all'occorrenza, ma non sono
capace di fingere o porre in essere narrazioni di comodo per
addomesticare la platea, e non ho intenzione di iniziare a farlo
ora. Piuttosto, meglio il silenzio. Non mi esprimo sulla base di
valutazioni di comodo, di quel che conviene perché qualcuno legge
e interpreta e ci ricama sopra. Ho la mia vita, mai avuto timore
di esprimere fragilità e debolezze che reputo fondanti al pari
dei punti di forza, non amo i giochi di ruolo e le narrazioni
confezionate per mantenere un punto che di fatto non è il mio.
Solo perché qualcuno legge e guarda e sentenzia. Tanto il cuore
che l'anima si nutrono di autenticità. Sono qui per godere, non
amo tirare a campare.
Come un romanzo che ha perso la trama, le parole galoppano a briglia sciolta. Popolo luoghi di una bellezza inafferrabile, conservo le immagini in tasca. Disteso sul prato, mastico un filo d'erba mentre l'anima si sfilaccia.
Senti la mia tenerezza.
Le nuvole mi pascolano in faccia.
Quello che conta
lo porto nel cuore
e nella testa.
Tu mi pettini l’anima.
Ho scritto il tuo nome su un pezzo di carta, piegato e infilato nella tasca del portafoglio. A distanza di tempo mi capita di tirare fuori le monete per pagare e ritrovarmelo in mano. E io a chiedermi .. "cos'è?". Lo apro, ti leggo, sorrido.
Ti porto con me in ogni viaggio. Sai, non l'ho scritto perché temessi un giorno di dimenticarti, mi piace portarti nel mio mondo, farti ascoltare la musica in auto, mostrarti quel che i miei occhi vedono, scapigliarti con il vento che entra dal finestrino. Sussurrarti quanto mi manchi restando in silenzio. Che le parole a volte pesano. Eppure tu le sollevi leggere come conchiglie, ti immagino portarle all'orecchio e udire la voce del mare. Abbiamo ancora tanta strada da fare.
Insieme.
Come si toccano tra loro le anime?
Nessuno può immaginarlo, tanto meno intuirlo. E' un lancio nel vuoto in cui passa la vita davanti, vissuta e immaginata, quella che mai avresti sognato. Le anime che si riconoscono e sovrappongono tra loro sono come labbra che combaciano, sigillano un patto, dentro respira un mondo loro che esclude il resto, si aprono orizzonti, si schiudono vertigini che risucchiano, un universo parallelo che ha un battito proprio.
Un perimetro morbido che scioglie ogni nodo accogliendo l'esplorazione del senso. Vortice di puro ossigeno. In cui sovente passeggio, spesso mi perdo.
E' nei momenti di maggior stanchezza emotiva
che sfoderi energie straordinarie,
lasci volare via i pesi,
ti concentri sugli obiettivi
senza curarti
di cosa pensano gli altri.
Semplicemente guardi avanti.
Avanti è un luogo meraviglioso,
inesplorato,
dove coltivi speranze,
sogni, passioni,
desideri, piaceri.
Non estenuati
dalle turbe dei ricordi.
Avanti
è già domani,
è qui.
Stanchi di sottostare
ai capricci del Tempo
decisero di rompere
la clessidra.
Si chinarono
guardandosi
negli occhi,
sorridendo.
Attraversarono
il tramonto,
la notte,
l'alba,
il giorno.
Fino all'ultimo
granello.
҉҉ ҈ ҉҉ ҈҉ ҈ ҉҉ ҈ ҉҉
Penso agli eventi
che si muovono veloci
dopo anni di inattività,
ad un mio stato lento
nell'attraversarli.
͜͜͜͝͝͝͠
͠͡͡
Quello che mi sconvolge
è la naturalezza
con cui avvengono certe cose,
alle soglie dell'innaturale.
֍֎֍֎
Eccita questa forza
che mi permea
fino a trascendermi.
҈ ҉҉ ҈҉ ҈ ҉҉ ҈ ҉҉
Finché avrò le forze
Non lascerò che entrino i ladri
A rubarmi l'amore
͜͜͜͝͝͝͠
͠͡͡
Cosa ti succede Cross?
Arrivi puntuale ad un passo dal cielo e ti senti mancare.
Vorresti volare, e non trovi le forze.
Soffochi.
C'è un muro là in fondo, serve la dinamite.
Non vedi più Atlantide, e improvvisamente hai timore ad immergerti in quegli abissi che tanto amavi, svelandone i segreti, portandone alla luce i colori.
Vai alla deriva.
Senza idee.
Annaspi.
Dipende da te, Cross,
andare alla radice del male,
frantumare il dolore,
affrontare le paure.
֍֎֍֎
Non puoi affondare.
Non ora.
No.
Ale, secondo te si può scegliere di essere felici a prescindere da tutto?
Mentre mi scrivevi, ero sul balcone a finire di leggere un libro che aveva trovato il suo guizzo, e ne ho iniziato un altro, che mi ha subito appassionato. Sono due anni che non leggo in quello spazio che mi sono ritagliato all’aperto. L’ultima volta era in pieno lockdown, quando il mondo si è fermato. In strada non girava nessuno, eccezion fatta per le ambulanze in corsa per l’ospedale. Sentivo gli uccellini cantare, mi sembrava di essere in un bosco, seppur di cemento, mattoni, acciaio e vetro. Provavo l’esperienza dello smart-working, e non mi pareva vero di potermi cucire il tempo su misura, io così abituato alla rigidità sartoriale dell’orario d’ufficio. Svolgevo il mio lavoro, tra un impegno e l’altro leggevo. Tanto. Mi ero appropriato del mio spazio, come la città stava riconquistando il suo respiro. In quel mese e mezzo di tensioni e paure su scala globale, mi sono sentito realizzato e sereno. Con questi pensieri mi sono appoggiato sullo schienale della poltrona, e in un batter d’occhio mi sono addormentato. Risvegliandomi un paio di ore dopo.
Amica mia, inconsciamente mi ero ricavato una bolla di felicità, prima che le onde del mare mi reclamassero a se. Che dirti. Io suono spesso in controtempo rispetto ai ritmi del mondo, e questo mi costringe ad andare molto in assolo per armonizzare il mio viaggio. Però mantengo l’occhio lungo e l’orecchio fino, perché so che in giro per il mondo qualcuno con cui accordarmi, e trovare il piacere di suonare, lo trovo.
Come stai?
Sto come sempre,
non so più chi sono e dove sono.
Tesoro mi unisco a te...sparpagliata.
Se ti unisci a me sparpagliata... cosa accade?
Dinamite nascosta in una caverna.
Quanto vorrei farla saltare quella dinamite,
a costo di mandare in frantumi quella caverna.
Che meraviglia ...
҉҉ ҈ ҉҉ ҈҉ ҈ ҉҉ ҈ ҉҉
Ci sono similitudini
che vanno oltre
le parole e i gesti,
c'è chi le definisce
energie sottili.
Alcune anime si conoscono
ancora prima di incontrarsi.
͜͜͜͝͝͝͠
͠͡͡
Può solo arrivare oltre
in modo silenzioso e,
non appena si depositerà dove deve,
deflagrerà in un modo potentissimo.
֍֎֍֎
Sempre più persuaso che la deriva sia l'unica condizione possibile per un'anima in transito quale la mia. Dotarsi di uno spazio autonomo da cui osservare il migrare nel tempo nell'accavallarsi delle onde che ostinate si infrangono sullo scoglio, incuranti di tutto. Credere nel valore di alcune relazioni, in qualunque forma e spazio si manifestino, che quasi mai coincide con quello che gli altri occhi vedono.
Ho scelto di essere mare e seguire le note perché disegnano un movimento compiuto.
La Mente mente, sapendo di mentire. Costruendosi una parte recitata ad arte.
La Marea non è addomesticabile. Non si lascia sedurre dalle apparenze, non si mette in fila a reclamare attenzione, non si cura delle sentenze. Il suo tormento è reale, non camuffa il dolore.
Chi ha avuto la marea l'ha voluta intimamente lottando con ferocia, afferrandola per la coda mentre veniva trascinata per i capelli in fondo al mare. Ne indossa ancora i graffi nell'anima e i morsi nel cuore. Chi ha abbracciato la marea non è più tornata la donna di prima.
La marea non sfoggia bella copia di se. La marea c'è, sempre, anche quando tutti gli altri sono fuggiti via. Quando resti sola, ne scopri la dolce bellezza. Autentica.
Le notti sembrano non finire mai. Portano avanti e indietro, mai nello stesso punto. Replicano infiniti eco in un soffio inedito. Non esiste approdo. Ti sei immerso in un oceano di cui non scorgi il fondo. Tu sei l'oceano agognato che ha divelto ogni ormeggio.
Vestita di vento e sole,
profumi di fresco bucato,
eppure io so che
tra le tue labbra piove.
E sbocciano fiori.
Cielo saturo di umidità, quanto reggerà?
Vorrei fare un bagno nel mare mentre fuori piove. Cercare conforto nel grembo d'acqua, trovare ristoro, immergermi a fondo a sfiorare la sabbia con le dita, riempirmi la mano e poi risalire a sciacquarmi il volto, finché le lacrime del cielo non lavan via il sale.
Indosso le cuffie e mi immergo in un viaggio straordinario.
Quello che avevo scritto l'ha ascoltato il vento, le parole rubate dalle onde, forse il mare era geloso potessi parlarne qui.
Le emozioni risuonano ancora nel cuore, si fanno risacca e culla.
Certi sussurri stanno in bocca agli amanti, al riparo da sguardi indiscreti.
Torno tra queste mura che mi hanno offerto riparo con intensità e affetto dopo mesi di abbandono e mi affaccio. Una lingua di terra alle spalle di un cammino lungo e accidentato, ultimo domicilio conosciuto prima del salto nel grande mare ignoto. E' li che mi attende, si dimena e schiuma, mi invoca. Mi guardo intorno, i pensieri di una vita impilati, all'apparenza inanimati. Cavi che anelano contatti, nervature di roboanti emozioni, cataste di amplificatori, l'effettistica, gli strumenti lì adagiati, silenti, in attesa di essere impugnati mentre il vento sormonta. Ricordi di parole, sguardi, gesti, momenti liquefatti di pioggia che impazza. Pronta a sfondare i vetri per prendermi a schiaffi, allagare gli ultimi spazi di lucidità che mi sono rimasti.
Arriva lei, la musica, una calotta magica, uterina, amniotica che scherma il mio cuore, frantuma il dolore in rivoli di lacrime, mi culla e mi coccola, si gonfia in voce d'armonica che sbatte fuori a calci il vento, la chitarra apre una feritoia tra le nuvole oscure, un tappeto di Moog seda le onde, anestetizza il male che in vita assale.
E' tutto fermo,
tutt'altro che morto.
Epifania dell'Anima.
[Live]
Tu semina note che io porto a casa la pelle.
Insieme ci ripariamo da una bufera di stelle.
Non esistono scale per raggiungere le profondità abissali,
guardandoci negli occhi capteremo gli echi remoti dei loro segnali.
Le esperienze della vita che mandano in apnea.
Lasciandoti scosso, tramortito, a tratti smarrito.
In un germogliare di domande senza risposte.
Ogni certezza defluisce via.
Manca l’aria.
Poi il colpo d’ala.
Le traiettorie che si infilano nelle prospettive che si aprono.
Ipnotizzato dalla molteplicità del senso nell’accavallarsi delle dimensioni negli intervalli di significato.
Un oceano di silenzio scorre lento
Senza centro, né principio
Cosa avrei visto del mondo
Senza questa luce che illumina
I miei pensieri neri
(Franco Battiato)
Le ultime notti non restituiscono più la voce del mare. Il suono delle onde si infrange sugli scogli restituendo emozioni mute. Mi sento soffocare. Decido di lasciare il faro. La montagna mi restituirà aria e pace.
Il cielo lacrima orgasmi di pioggia finissima, lieve e insistente e trasforma la strada in un lungo serpente squamato color catrame argenteo. La Cascata si è legata i capelli in una coda e piove sottili rivoli d’acqua ai lati. Intorno la terra respira il suo alito di bruma che sale in collina a lambire i piedi dei paesi soprastanti. La valle si stringe in una fessura oscura. In questa dimensione uterina, amniotica, si insinua la musica a placare i nervi scossi. Il respiro rallenta, il battito si fa regolare man mano che l’auto impegna la salita pennellando curva su curva fino ad impegnare il valico, oltre al quale si apre la valle, un piccolo mare verde cinto tra le montagne. Dove il pensiero si tuffa in un oceano di silenzio, appena increspato dal ticchettio della pioggia e un lieve soffio di vento. Lo sguardo si perde nel buio immenso in assorta contemplazione. Lieto e grato, trascendo.
Quanta pace trova l’anima dentro
Scorre lento il tempo di altre leggi
Di un’altra dimensione
E scendo dentro un oceano di silenzio sempre in calma
(Franco Battiato)
Inseguo una musica dal volto soave che mi esorta
ad incontrare la pioggia che in volto rimbalza e a terra
scivola.
Un canto celeste mi trascina via.
L’emozione trova una voce fluttuante, potente inebriante.
L’acqua invade la scena del suo umore cantilenante.
Lasciarsi pervadere da rivoli di beatitudine.
Vivere per raccontare è la nostra ambizione e forse la nostra arcana missione. Lasciare impronte nella vita degli altri, non solo nei luoghi e sulle cose. E' un modo per fluire oltre noi stessi, un fiume che disseta l'anima, una fragranza che impregna l'aria, e ci cattura. Intrecciamo racconti per abbracciare persone che altrimenti ci sfuggono nel mentre del qualcosa che accade. E' un modo di viverle, respirarle. Noi pensiamo di avere il timone delle emozioni e delle nostre giornate, non è così. Raramente possiamo decidere chi far entrare e uscire dalle nostre vite, e quanto tempo farcelo restare. Mi sei venuta addosso come un treno in corsa e mi hai travolto, ho scelto di restarti aggrappato perché ho amato il vuoto che mi ha risucchiato e la vertigine che mi ha colmato. E ho cercato di dirottare tali esperienze verso altri orizzonti e nuovi viaggi.
Restare accanto ad alcune persone non ha prezzo, quando tutto il mondo gli rema contro, e rimani solo, al loro fianco. Tutto quello per cui hai lottato acquista un senso. Non scegli certe persone perché sia facile stargli vicino, assecondare lo stupore del meraviglioso comporta impegno, dedizione, anche qualche sacrificio. Poi ascolti quello che dicono, leggi quello che scrivono, osservi quello che fanno e come lo fanno. E resti incantato. Se queste pagine web potessero prendere vita ed iniziare a frusciare diventerebbe un giardino incartato.
Vorrei dirti quanto sei speciale perché tu lo sappia, e ricordartelo affinché tu non lo dimentichi. Mai.
Basta una stella luminosa per accendere il cielo. E' la tua ricompensa per averci creduto.
Ho scelto lei perché è la stella più luminosa. Non necessita della mia luce, brilla da sola. Se un giorno dovessi infrangermi o inabissarmi, lei continuerebbe ugualmente a splendere.
Ho scelto lei nel preciso istante in cui ha riflesso i raggi che le inviavo, un caleidoscopio di colori mi ha confuso, stordito, accecato. Ho sentito scuotere dentro le fondamenta dell’Universo, ogni certezza ha vacillato. Ho intimamente compreso che non sarei tornato l'uomo di un tempo.
Ho scelto lei perché ogni volta che discutiamo mi esplode il cuore in mano. E comprendo quanto mi sia vicina nel dissenso, quando mi guarda in cagnesco e vorrebbe incenerirmi. Riconosco la presa di chi non mi ha mai mollato di un centimetro.
Ho scelto lei perché è una visione che ogni santo giorno mi nutre di emozione.
Ti suonerà strano ma è come se mi stessi nuovamente innamorando di te, sebbene non abbia smesso un solo istante di amarti.
Come se stessimo ripercorrendo con spirito nuovo le magie dei primi agganci, quando eravamo sconosciuti e liberi di meravigliarci.
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Il vento ha spazzato via le nubi minacciose.
Il mare mi ha cullato stanotte.
Il sole brilla sulla cresta delle onde.
Il faro custodisce i segreti del cuore.
Negli spazi osmotici della narrazione,
il tempo trova un preciso ordine.
͜͜͜͝͝͝͠
͠͡͡
È ora di riprendere il timone.
֍֎֍֎
Verrò con il vento notturno
a scompigliarti i capelli
sciogliendo gli oscuri presagi
in una pioggia di baci.
Stanotte mi sono addormentato come un bambino, con le onde a farmi da balia. Poi sono arrivati i gabbiani a chiedersi come fosse possibile che quei due si ignorassero. Cari gabbiani, non ci siamo ignorati un solo istante, ci ascoltavamo in silenzio, scrutandoci mentre eravamo voltati dall'altra parte, nel riflesso delle nuvole, nello specchio delle acque. Non è vero che ostentavamo indifferenza, abbiamo sfoderato la tigna di chi artiglia il valore di un'esperienza.
Certi legami sono come cordoni ombelicali, non puoi relegarli alle aritmie di una bacheca, non puoi confinarli nelle secche delle narrazioni soggette al ritmo delle stagioni dell'essere. In quanto, sono.
Siamo due parti di una combinazione che hanno bisogno l'uno dell'altra per decifrare il codice. Senza, restano le belle parole. Con, apriamo nuovi mondi, sveliamo nuovi significati. Alcune volte siamo scattati a vuoto perché diversi nei tempi e nei modi, pur sempre accomunati dalla ricerca del senso, nel magma onirico della creazione. Questo ha impedito di perderci.
Questa cover la creasti per difendermi dalle parole di altri, proteggendo l'importanza di un legame. E' rimasta a lungo in fondo al profilo a chiudere la via, oggi la elevo a porta. Quando gli universi si capovolgono è il mare ad indicare le rotte celesti, mentre gli astri si immergono. Le stelle d'acqua risplendono.
Come bandiere
strappate a morsi
dalla furia dei baci,
filamenti dell'universo
oscilliamo in balià del vento.
L'erotica è musica eretica
nei labirinti del cuore
che ha smarrito la via di fuga,
pareti di madreperla
respirano la mia gioia.
Il volto si bagna
di turgida ebrezza,
traslucida veglia
nella tumida apnea.
Nei Gorghi dell'AuroraMarea
Le emozioni che provo
quando ti leggo.
Una cavalcata onirica
affilata come un rasoio
che mi dona scariche elettriche
e squarcia le tenebre
con la luce del tuo volto.
Sei bruma e tempesta
che si agita nella mia testa.
Il ghiaccio si scioglie
e io affondo,
trafitto dalle tue parole,
dolci e acuminate come raggi di sole.
Sott'acqua ti rincorro,
nello sciabordio ovattato
dei sensi che carezzano,
si amplifica il respiro
e accelera il battito.
Il desiderio è un pozzo
che non conosce fondo.
E tu, Sirena,
custodisci il segreto
della mia Atlantide.
Il desiderio notturno
nei suoi elementi
fiabeschi, eterei,
di fiammelle
che danzano nella mente
bramando la pelle.
Oggi tu indossi i tuoi occhi più belli,
io mi vesto d'assolo
per sfiorarti i capelli
e abbracciarti in volo.
Prove di meraviglia e incanto
L'organo
La chitarra gabbiano
La voce
Lo stupore del presente
I fantasmi del passato
L'estasi dello sguardo
L'orgasmo sonoro
Il quadro onirico
Uno scrigno di segreti
Psiche&Delia
Volo
Guardo il mare,
mi perdo nell'orizzonte
sterminato
e mi domando:
"Mi abbandonerà mai questa inquietudine che mi cavalca? "
I giorni e le notti
suonano
in questi miei nervi
di arpa.
Vivo di questa gioia
malata di universo
e soffro
di non saperla
accendere
nelle mie
parole.
Giuseppe Ungaretti
La musica può essere tante cose.
Amica, confidente, sorella, madre, compagna, amante, traditrice, giudice implacabile.
Può sottolineare tanti stati d'animo.
Dolore, solitudine, sconforto, depressione, incredulità, amicizia, amore, esaltazione, leggerezza, felicità, adrenalina, eccitazione.
Kashmir è puro amplesso musicale e sonoro tra la batteria di John Bonham e la chitarra di Jimmy Page, condotto su un tappeto di mellotron dal sapore orientale di John Paul Jones, sotto il velo vocale altamente erotico di Robert Plant.
Come tale, non può che condurre all'orgasmo dell'anima indomita e la mente raffinata con la carne, sensorialmente sollecitata e scossa.
Nuoto negli antri liquidi dei tuoi sogni,
attraverso correnti e sussuri,
mi cullo nei sibili di un piacere
arcano, remoto, ignoto.
Quando ero ragazzo il tempo avanzava e non sapevo come impiegarlo. Questa mi tediava.
Ossessionato dall'idea di crescere, raggiungere degli obiettivi, mettere dei punti fermi, il tempo scivolava via tra mille rivoli, lasciandomi arenato nelle secche dell'insoddisfazione più acuta, che spesso sfociava in un profondo malessere.
Oggi sono adulto, molti degli obiettivi prefissati sono stati raggiunti, forse ne ho mancati alcuni e ne ho realizzati altri, però il tempo scorre via veloce, implacabile nelle giornate che si susseguono uguali, e mi rendo conto che, al di fuori degli impegni e degli obblighi, di tempo da spendere per me non restano che poche briciole, per un appetito insaziabile quale è il mio.
E' dura vivere nella misura in cui è difficile sopravvivere a sé stessi, alle proprie deflagrazioni interiori, ai sismi e alle scosse che lasciano macerie invisibili, di cui restano i segni, le lacerazioni, i crolli, i cumuli di memorie di cui avverti irrimediabilmente il peso.
Resta la musica, ieri come oggi, a traghettarmi tra le generazioni, lasciandomi assorto spettatore del mio senso di incompiutezza.
Tra le donne in musica ho una venerazione
per Polly Jean Harvey,
forse perché è tante donne in una,
dalla femme fatale alla bambina innocente,
passando per la creatura incantata dei boschi.
Sicuramente il suo universo creativo
racchiude tante dimensioni musicali,
anche queste piene di variazioni
che oscillano dal lacerante all'ineffabile.
Nei suoi album si può ascoltare di tutto
e il suo contrario, tuttavia non trovi mai
brani sciatti o messi li a caso.
Qualcuno può suonare più nelle proprie corde,
qualcuno potrà anche non piacere,
ma non c'è nulla di quello che crea e mette in musica
che mi lasci indifferente.
"Is this desire" è una fucina delle meraviglie,
e dopo aver ascoltato la voce del "vento"
sussurra la voce del "fiume".
Puntuale arriva il venerdi
con la sua immancabile
dose di malinconia,
la realtà prepotente si mescola
con la fantasia,
e smarrisci la via.
Vorresti prendere pezzi di quà
e pertarli via di là,
anzi andartene proprio via.
Torna il sale sulle ferite
mai pienamente rimarginate,
torna il silenzio interiore
che tuona con fragore.
E tu non sai più chi sei,
soprattutto cosa vuoi.
C'è chi mi protegge
sotto la sua onda,
qualsiasi cosa accada,
lei c'è sempre,
è sempre pronta.
Io guardo fuori dalla finestra
mi chiedo dove sia,
che faccia abbia,
come mi pensa.
Se mai stringerò
il suo volto
tra le mie mani.
Se mai assaggerò i suoi baci.
L'amore è una strana alchimia
che non concede scampo
e non dispensa resti.
A volte investe più persone
in misura diversa,
forse non sempre onesta.
Ma qui siamo
ciò che sentiamo
e viviamo.
Non ci resta altro.
E allora cerchiamo
di riempirci
il cuore e la testa
del meglio che abbiamo.
Tornerà la tempesta.
Siamo noi la tempesta
che ci travolgerà.
C'è una cosa che amo, di questo brano.
Che ad un certo punto la chitarra si alza, e parte per un altrove tutto suo.
Tre assoli consecutivi, ognuno con una propria dinamica e autonomia, che però uno dietro l'altro sembrano costituire un unico viaggio, senza ritorno, senza guardarsi indietro .. fino a spegnersi all'orizzonte, dove non arriva più lo sguardo.
Ogni tanto mi prende la tentazione di seguire quella chitarra, fare come quegli assoli.
Lasciare Cross,
lasciare il faro,
rientrare in me.
Una vita fa, una donna mi disse:
"Eco, nella vita le cose prezione vanno occultate".
Eco era il diminutuvo di Echoes, il nick che usavo in origine, tratto dall'omonimo brano dei Pink Floyd.
Quella persona mi insegnò ad amare in silenzio, nell'ombra, tra i spiragli che si aprono, dove nessun momento viene sciupato.
Nella musica, come nella vita, capita che autentiche perle restino celate per anni, possono essere b-side, oppure out-take, brani scartati da album che poi riemergono dopo anni in improbabili raccolte di rarities.
E splendono, come aurore boreali nel buio della notte.
Come Buying New Soul.
Era un'isola magica su una rotta antica caduta in disuso.
Aveva visto passare tanti occhi, aveva ascoltato tante voci.
Adesso c'era solo silenzio, interrotto di tanto in tanto dallo sciabordio delle acque lungo il perimetro delle rocce.
E c'era un faro, caduto in disuso.
Diventò il suo rifugio.
Pensava di fuggire dalle intemperie del mondo, rifugiandosi su quell'isolotto disabitato.
Ma non aveva fatto i conti con se stesso.
Libero dalle angherie degli mondo, prigioniero del mare e del cielo, e dei suoi ricordi tumultuosi, impossibile da arginare.
Una sirena lo teneva inchiodato lì.
Puntualmente andava a trovarlo nel cuore della notte.
Nel suo cuore non c'era via di fuga, e tra le lenzuola non c'era scampo.
Talvolta aveva la forza del mare, le sue onde lo afferravano e lo sbattevano via per poi adagiarlo, esausto, in un altrove lontano.
Altre pareva un sussurro dal cielo, un pulviscolo di stelle che sapeva sedurlo e lenirlo, senza il bisogno di sfiorarlo con un dito.
Questa è la storia di Cross, del suo Faro, dei suoi Echi di Marea.
E di una Sirena che non lo abbandonerà mai, per nessuna ragione al mondo.
Stiamo solcando oceani,
sembra di galleggiare nello spazio
tanto è etereo e astrale
il desiderio che ci lega.
Sei musica e mappa
che mi mostra la rotta
per Atlantide.
Il tempo lenisce il dolore,
l'acqua del mare cicatrizza le ferite.
Nel lento sciabordio della memoria,
l'onda languida
bagna la perla,
accarezza le rive.
Nevicano lacrime d'amore.
Abbracciamo l'alba insieme.
Floorgasm Part I
Da giorni il cuore trabocca di emozioni, lo sento vicino alla soglia di sfioro, basta un soffio a farlo tracimare. In queste condizioni è tanto facile volare quanto affondare. Esposto e in balìa degli umori, mi sento al contempo forte e fragile. Dalla fragilità nasce la forza, in apnea mi aggrappo con rabbia a quello che conta. E non lo mollo, a costo di trascinarlo con me a fondo. Lotto con tutto me stesso oltre la soglia del dolore e della disperazione, perché nello sconforto non c'è redenzione. Mi sorprende la tenacia che sfodero come una sciabola ad un passo dal baratro e che mi consente di superare indenne l'abisso.
Nella vita ci vuole passione, coraggio e ostinazione per restare legati ad alcune persone. Rare. Così preziose da star male. L'amore è una benedizione che lascia ferite profonde, si gioca con le unghie e con le labbra. Si scorge l'Inferno anche alle soglie dell'Eden.
Quanto sei disposto a rischiare per poterla abbracciare, e trascinarla con te in fondo al mare?
My fall will be for you,
MY fall will be for you,
My love will be in you,
If you be the one to cut me
I will bleed forever.
Floorgasm part II
“… tu dai vita alle parole, che altrimenti sarebbero solo parole.”
Gli anni dell’università passavo alcuni pomeriggi a scrivere poesie. E mi stupivo di come, talvolta, provavo una strana eccitazione nel comporre. E non mi capacitavo di come potesse accadere, visto che non stavo pensando a una donna e non avevo in mente riferimenti erotici di alcun genere. Erano visioni, paesaggi, elementi naturali. Poi con il tempo ho realizzato che entravo così dentro le mie immaginazioni che le parole diventavano il corpo del mio pensiero, e il modo con cui le trattavo, sceglievo, coccolavo era lo stesso modo cui avrei amato la mia donna, con passione, dedizione e intensità totale.
Poi venne internet, e la sua realtà virtuale, con gli slanci di ingenuo e sano idealismo, la voglia di confrontarsi, scambiarsi esperienze, emozioni, vuoti e desideri. Restando sempre nel regno dell’immaginazione e dell’interiore, però non più soli con se stessi. Scambi ad alto voltaggio in cui era possibile riconoscere il calore della presenza dell’altro, attraverso le sue visioni espresse in parole. Parole su parole. Un’esperienza mistica, non paragonabile e nemmeno interscambiabile con il reale.
Mi sono spesso chiesto cosa mi portasse a confrontarmi assiduamente con l’altro sesso in un approccio totale che andasse oltre il bisogno fisico, il desiderio sessuale che pur talvolta si può manifestare. Vi scorgevo una fame di vita, una sete d’amore. Un’esigenza vitale, come il respirare. Una sorta di “Nevrosi Erotica” da Eros, Amore, che riducevo affettuosamente in “nevrotica”.
La risposta che mi sono dato, al largo degli anni, appartiene più all’emisfero femminile del mio interiore che non a quello maschile.
Ogni uomo viene alla luce e salpa alla vita da lì, e non conoscerà nel corso della propria esistenza luogo più sicuro e accogliente di quello che lo ha cullato per lungo tempo, al riparo dalle insidie del mondo. Così, durante le tempeste emotive che si troverà ad affrontare nel corso degli anni, sarà attratto a tornarvi, cercare rifugio, conforto, amore. Lì, dove sa che può abbandonarsi.
E mi viene in mente l’interpretazion di Floor in “The Poet and The Pendolum”, una sorta di Requiem “dalla fine all’inizio” scritto e inscenato da Tuomas in cui il tastierista compositore dei Nightwish, dopo aver attraversato i marosi emotivi di un’intera esistenza, arriva ad inscenare la propria morte “con il sorriso sulle labbra, una penna e mille pagine cancellate”.
L’ultima sezione del brano , “Mother e Father” raffigura un accorato appello dei genitori ad alta intensità emotiva. Floor, autentica vichinga valchiria prestata al rock si siede vicino agli altri musicisti, con un’interpretazione vocale da brividi, accoratamente “materna”, da far increspar la pelle e piovere lacrime.
"You have such oceans within"
Floorgasm Part III
Sotto una pioggia di stelle
scende la dea a sussurrare
l'amore per la vita,
e si trasforma in guerriera
a difendere la natura e la civiltà.
Noi eravamo qui,
dove siamo finiti,
cosa siamo diventati?
Part IV - The Understanding (Richard Dawkins)
A chi scruta le stelle,
A chi cerca risposte negli occhi della gente,
Ai Templi d'Amore scossi nelle fondamenta,
Agli Angeli sospesi in volo a testa in giù,
A chi rialzandosi in volo prova un senso di vertigine,
Quando anche le Lune si capovolgono sotto il Mare
Nella Celeste Apnea
Fermatevi a Respirare
+Coma Divine+
Bevo i suoi occhi,
intensi e lancinanti,
come comete risucchiate
in buchi neri,
fari illuminanti
dal profondo del cosmo.
E sogno le sue labbra,
come le note di questo splendido
assolo di chitarra,
che mi tiene incollato alla vita.
Quando ci si rifugia in esilio su un'isola deserta a contatto con la natura e il proprio mondo interiore, al riparo da influenze e interferenze di altre persone, diventi un microfono che registra le voci dell'Universo, la sua musica arcana, lontana, che dal cosmo si cala in acqua, e si traghetta a riva. E catturi i ritmi della terra e del mare, che, con progressione armonica, ascendono ad altezza siderale.
Il sax soprano di John Coltrane ci racconta la voce graffiante delle stelle.
Il piano di Mc Coy Tyner, sostenuto dal contrabbasso di Steve Davis e dalla batteria di Elvin Jones, ci narra il sogno impetuoso del mare.
Dal mio Faro sulla terra, conteso tra Mare e Cielo ascolto estasiato.
Seduto sulle rive del cosmo
mi affaccio nel caos,
scandaglio la notte
così densa e melliflua
da invischiare
la luce delle stelle
in un mortale abbraccio.
La vertigine
del vuoto
è pronta
al collasso.
I tuoi occhi
mutevoli
li cerco,
li invoco,
li sento
addosso.
Unico Faro
nelle tempeste
dell'Universo.
D'immenso
esplodo.
~~~~~~~~~~~~~~~~~
Alle volte provo ad immaginare le stelle comportarsi come esseri umani. Noi le osserviamo nella loro perfezione immota, distanti migliaia, talvolta milioni di anni luce, ma a me piace pensare che là, dove il nostro sguardo non arriva, stiano lì a correre, nascondersi, perdersi, spostare asteroidi e polvere cosmiche come fossero mobili in quelle dimensioni senza pareti, discutere animatamente e scontrarsi, come se stessero facendo a botte. Magari qualcuna combacia e si mette a fare l'amore, e spargono in aria comete. Comete, Come Te.
Stamattina il cielo prometteva pioggia,e infatti, come sono uscito a passeggiare, ha iniziato a lacrimare. Non mi sono dimenticato di te, Madre, ho ancora presenti i respiri che ti sono scivolati in gola in quegli ultimi, concitati istanti, in cui hai tentato di comunicarci qualcosa. E noi li, impotenti, a vederti affondare verso l'Altrove.
Certe fratture non si possono sanare, ad un certo punto ti fai forza e guardi avanti, cerchi di costruire ponti che attraversano le voragini che la vita ti apre, tuo malgrado. Così io ho fatto con Te, nei giorni che passano cerco di godermi la vita che tu mi hai donato. Quando posso, qualche volta quando ne sento il bisogno, passo a trovarti, e parliamo. Come l'ultima volta, pochi giorni prima della fine dell'anno, in cui ti ho chiesto, per la prima volta da quando mi hai lasciato, una cosa per Me, e tu hai esaudito il mio desiderio.
Voglio essere Felice, Madre.
Però oggi è il nostro giorno, da nove anni a questa parte.
Per cui abbracciamoci nel ricordo, e piangiamo insieme.
Siamo i momenti che scegliamo di indossare.
L'intensità che ci mettiamo, dice molto di noi.
Soprattutto quando abbiamo tutto da perdere, e nulla pare destinato a salvarsi.
La sera che postai Supper's Ready suonata da Hackett con la sua band c'erano delle parole rotolate come pietre dalla cima di un monte che mi avevano schiacciato. Volevo andare a dormire, e non riconnettermi più, per non leggere più quelle parole, e altre parole del genere. Avrei fatto sprofondare volentieri l'isola di Cross.
Poi mi sono ricordato della massima di Lao Tse: "Anziché maledire il buio, accendi una candela".
Così ho spento il faro, e acceso un falò. Se non riuscivo a farmi comprendere dalle onde, forse mi avrebbero ascoltato le stelle.
Dopo venti minuti alle spalle, alcuni in tempi dispari, Hackett ad un certo punto guarda in alto, quasi in cerca di ispirazione, spalanca gli occhi, apre le mani, alza il pollice , si piega in un cenno di assenso, e si carica letteralmente sulle spalle un brano colossale (che lui,beninteso, ha contribuito a scrivere) con 40 anni di storia sul groppone, ma è il modo in cui lo fa, al di là della gran tecnica e del suo indiscutibile tocco, che dice molto di lui. Con la sua chitarra è come se avesse risollevato Atlantide dalle disgrazie in cui era sprofondata. Sono minuti di Pathos, di Epos, di Eros (Amore), di altre parole che non riesco a trovare. Lui il modo di aprire un varco nel buio lo trova, trova uno spiraglio anche per me, sepolto sotto le macerie.
Quando vedo, ascolto questi straordinari musicisti dare così tanto, suonare con quella passione e tenacia, ispirati e mai sazi, capisco perché dobbiamo metterci sempre quel qualcosa in più nelle situazioni che ci investono, che spesso andrà anche sprecato ma, quando serve, ti cambia gli orizzonti e le prospettive.
Non risparmiatevi, mai.
Non suonate per la gloria, fatelo per voi, e per chi vi resta accanto, in silenzio, senza chiedere nulla in cambio.
Questa notte la Luna si è presa gioco di me.
Ha sollevato onde gigantesche, implacabili nel loro ghigno beffardo, che hanno riversato di tutto sulle mie sponde. Non ho potuto far altro che assistere impotente, asserragliato nel mio faro.
Stamattina, nella quiete della giornata primaverile, ho ancora nelle orecchie quel fragore assordante di quei frame, l'isola pare emersa da uno scenario apocalittico di devastazione. Pezzi di legno, corde, ricordi che incagliati galleggiano, aneliti ricoperti di terra, sgualciti nella loro tenera commovente bellezza.
A volte ci si sente così piccoli, quasi inconsistenti, nonostante gli sforzi profusi. Si fa fatica persino a provare rabbia, dopo un'iniziale sfuriata. Resta una tristezza che galleggia negli occhi nella malinconia che ammanta il cuore. La Luna perpetua la maledizione di Atlantide, il sogno irragiungibile, inafferrabile. Guai osare sfiorarlo. Ti sbalza furioso ai bordi del Cosmo.
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Ho amato dal primo istante quest'isola solitaria e arcigna, avvolta da una soverchiante bellezza, da eleggerla a casa, nonostante le difficoltà di vivere in un luogo sperduto, dimenticato da Dio e dall'uomo. Ho tentato di renderla accogliente, resistendo allo sferzare dei venti, cullandomi nello sciabordare sussurrante delle onde che mi chiamavano a riva. E sono convinto che tornerà a splendere, perché ci metto amore nel fare le cose.
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Se dovessi portare un disco su un'isola deserta non avrei dubbi, non sarebbe il solito celebre nome, quanto qualcosa di remoto e ignoto che mi ha scardinato il cuore. Una sequela di brani che soffia, graffia, scartavetra l'anima, che nel minimalismo strumentale è capace di elevare cattedrali sonore. Qualcosa di simile ai nervi d'arpa di ungarettiana memoria, che talvolta risuonano, qui frustano anche. Mi piacerebbe riuscire a scriverne degnamente, di questo gruppo, di questo disco, delle sue perle incastonate nell'oblio, che ancora assordano. Non so se ne sono capace, ma ci proverò, come sempre darò il massimo. Mentre inizio a rassettare l'isola, ne diffondo in aria un brano. Voglio veder danzare bracciarli di polvere e spirali di foglie sulla mia testa. Voglio spazzare via questa amarezza che impasta la bocca. Voglio essere felice, con tanto e con poco, dietro quei orizzonti in cui sovente mi perdo.
~~~~~~~~~~~~~
Tutto è iniziato così.
Come mi abbracci.
Come mi guardi.
Non dimenticarlo.
Mai.
“Si può essere felici senza smettere di essere tristi”
E' una frase di Marguerite Yourcenar, tratta dal suo primo romanzo, Alexis o il trattato della lotta vana. Mi ha sempre fatto riflettere, e a distanza di anni mi fa ancora una certa impressione. Come tutte le espressioni apparentemente paradossali, è vicina al cuore della verità degli uomini.
Più si arriva in alto, più l'aria si fa rarefatta, si è esposti alle correnti dei sentimenti. E per chi ha un animo introspettivo, nervi scoperti e ipersensibilità di fondo, non è così raro oscillare da un polo all'altro. Non so se vi è mai capitato di stare con una persona amata, e intristirvi ancora prima di salutarla, perché la vostra mente è già proiettata al dopo, al momento dell'assenza. Oppure vivere uno stato di grazia, e sentirvi in colpa perché qualcuno vicino a voi, in quello stesso istante, sta soffrendo per qualcosa o qualcuno. Sono tante le ragioni per cui la malinconia si affaccia anche durante un momento di gioia, alle volte ci si mette la paura di volare, altre quella di cadere e farsi male, oppure l'errata convinzione di aver visto e provato tutto dalla vita da non aver diritto ad altro. Chi ha vissuto a lungo in solitudine, ed è spesso dovuto bastare a se stesso, calandosi nei propri pozzi interiori, poi fa fatica a chiudere quelle botole.
La felicità è un di più che aggiunge qualcosa, senza nulla togliere al resto.
E' zucchero alle labbra, ci delizia e addolcisce l'animo, ma non rimargina le ferite, che bruciano ancora se ci cade sopra il sale. E' vino che inebria e dona euforia, ma non cancella i fantasmi del passato che tornano a galla con le paure quando vengono meno i freni inibitori.
Non so perché scrivo queste cose, alle volte le dita si mettono in moto dietro ai pensieri che procedono in ordine sparso. Alle volte si sposano alla musica che mi ronza in testa.
Epitaph, la Felicità della Tristezza
Mentre mi incamminavo verso il promontorio, ho scorto un fiore. Mi sono inginocchiato, e l'ho accarezzato. E mi sono balenate queste parole.
Sapeva di prati al sole e inchiostro fresco
Alle volte mi capita di guardarmi indietro per comprendere dove ho perso il segnale.
Altre per domandarmi se quello che ho vissuto era ideale o reale.
E poi mi guardo indietro per domandarmi dove voglio andare.
Alla fine, mi sembra tutto un grande naufragare.
E non capisco mai se sono io a volerlo oppure è così che deve andare.
Poi guardo avanti, e vedo il mare.
Non voglio rinunciare a bagnarmi, a tremare.
Stati di Immaginazione
Stati di Tensione Emotiva e Creativa
Stato che salti oltre la Stasi
Vorrei passare una vita per strada
e non dover tornare indietro mai.
Trovarti dietro ogni angolo,
e poi perderti, e ritrovarti ancora
alla svolta successiva.
Affacciarmi nei tuoi sguardi lontani ed assorti.
E poi sedermi sulle tue labbra
ad ammirare il salto delle cascate,
rapito dal rombo inumidito di nebuloso fragore.
Tu sei un Miracolo
caduto nella mia vita
persa alla deriva.
Ti cercherò ovunque,
dietro ogni nuvola,
dentro ogni goccia d'acqua,
in ogni granello di sabbia,
sopra ogni petalo,
sotto ogni foglia,
sulle creste delle montagne,
in ogni filo d'erba,
dentro le lacrime,
in ogni risata,
dentro ogni conchiglia,
nei borghi arroccati,
lungo ogni strada,
nei pulvIscoli di stelle,
nelle carezze di luce,
negli squarci d'amore.
Amo ogni scorcio di Te
Una domenica.
Tante domeniche.
Atmosfere e paesaggi di solitudine.
Te la giochi con le nuvole e la schiuma del mare.
Poi arriva la musica, che ti salva e ti eleva da terra.
Le lune propiziatorie
affacciate sugli scogli
agitano le maree
che schiumano amore.
Bocca di Luna
baciami nell'occulto
e divorami in silenzio.
Sfumature di suoni,
nuances di colori.
I pensieri si fanno liquidi
mentre scorrono nelle pareti
a picco sui sensi scossi.
Colano a valle
gli istanti bradi
delle vertigini d'amore.
Divelti i cancelli
del pudore,
sospirano le Gole.
Chi glielo dice al vento
che le tue labbra
procurano maggior turbamento?
Schiuma la rabbia dell'invidia,
gli scogli l'arrestano a riva.
Si profilano intricati orizzonti
che sciolgo in audaci racconti.
Non credete agli incanti?
Vi restano i pianti.
Certe notti sono
un buco nero
in cui perdi
il filo e il segno,
un pensiero,
il ricordo,
il significato
di un gesto,
le ragioni
del momento.
Certe notti
non sono,
semplicemente
accadono.
Nel più assoluto
silenzio.
Io non rinuncerei ad andare
qualora tu non mi dovessi seguire,
sono abituato a svegliarmi solo
mentre sogno di averti accanto.
Magari un giorno mi rileggerai
e verrai a chiedermi, come stai?
Sto, sullo scoglio
dentro un guscio d'acqua
che mi canta la ninna nanna
e mi addormenta.
Le ferite dell'anima
non si curano con le parole,
servono labbra abili
a succhiar via il dolore,
occhi capaci
di sciogliere resistenze,
mani che sappiano
come spalmare amore.
A Love Supreme
Una dichiarazione di Libertà
Per animi randagi e cuori indomiti
Quando la musica si eleva a preghiera,
Angeli e Demoni si arrestano in volo
e rapiti ascoltano.
Per quanto ci ostiniamo a scansarle,
le malinconie, le nostalgie,
sono salutari per la purezza
delle nostre anime,
nel loro sgorgare autentico,
nel ripulirle dalle scorie.
Ho questa immagine.
Io e te dopo un'accesa discussione.
Tu, affacciata dal balcone della camera,
fumi una sigaretta, dandomi le spalle.
Non ti vedo, ma sento che hai
il volto rigato di lacrime.
Io non so più cosa dirti,
e mi avvio verso la porta.
Mi pesa lasciarti cosi,
ma non vedo altra soluzione
che andarmene.
Apro la porta ma,
non riesco a varcare la soglia.
Mi volto, e sei ancora li
con le spalle girate,
forse con gli occhi chiusi,
nell'attesa di quel fottuto
... (rumore porta che si chiude)
che ti spacca il cuore,
mettendo fine alle torture.
E invece no.
La accosto piano...
Non la chiudo.
Mi volto.
Torno sui miei passi.
Ti abbraccio da dietro.
Forte.
Ti volto.
Si che hai il volto rigato di lacrime.
Ti bacio e le bevo.
Vedi amore, o troviamo il modo
di sorprenderci restanto abbracciati
o... affondiamo entrambi.
Mi piace questa musica, questi tempi,
questa batteria, questa voce,
questi mutamenti di paesaggi sonori,
questo non darsi mai per scontati,
quando si ascolta la musica,
quando si posta.
E mentre sei li china che scrivi
con gli occhi stanchi
io ti immagino radiosa
a correre tra gli alberi.
Sento i pensieri frusciare
eleganti e liberi come cervi.
Sei bella quando crei,
filtri come luce,
abbagli gli occhi miei.
Andiamo a dormire.
Ti rimbocco le coperte.
Al risveglio ti preparo il caffè.
Buonanotte
Un faro illumina di notte il mare di fronte, manda segnali alle navi e alle stelle, governa le rotte. Per chi lo abita è un cero votivo sull'altare dei ricordi. Quando scegli di ritirarti su un'isola deserta a fissare l'orizzonte, fatto di onde sotto una volta celeste, metti in conto che loro torneranno a bussare.
Dall'isola non scorgi le radici che affondano nel mare fino al cuore della crosta terrestre. In un uomo è difficile individuare gli spuntoni del dolore, il deserto della solitudine, le sorgenti dell'amore. E' tutto sepolto in fondo all'animo, al buio, nel silenzio del passato vissuto. I ricordi operano come il sangue nel cuore, rimettono in circolo tutto. Come, quando, perché, non è dato sapere.
"Sei come una figura collassata, degenerata al centro"
un giorno mi dissero, leggendo quello che scrivevo. E io immaginavo un buco nero di cui intuivo la devastante intensità senza coglierne il fondo.
Spesso illude la passione, erutta magma dal nucleo delle nostre risorse, concentrate tutto in un punto in un dato istante. Eccita, libera, scuote, infine spossa. Resta il fragore assordante dell'immobile, quando l'universo si placa.
Mi sono ritirato su un'isola deserta sondando le striature del dolore nella sedimentazione del tempo fino a scorgere le matrici di ogni viaggio. Nel cuore dell'uomo, in fondo al suo animo oscuro, serve un grande lavoro di scavo, e un accurato lavoro di pulitura e ricomposizione di ogni frammento sottratto alla gelida morsa dell'oblìo. Come un viaggio al centro della terra, alla ricerca del tempo perduto, incastonato nel cuore della roccia, per cavare pochi grammi di luce e colore in forma di gemme.
Ero un'isola abbandonata e inospitale, battuta dal vento e dalle onde, fuori dalle rotte. Inizio a scorgere navi all'orizzonte, cariche di buoni sentimenti, che vogliono approdare sulle mie coste, battere i sentieri tracciati dalle mie parole.
Il faro mi ha insegnato a puntare lontano e alto, restando ancorato nel profondo.
Piove.
A tratti mescola acqua a neve.
Si placa.
Riprende.
Vento di baruffa.
Il cielo è vivo.
Anche quando si lecca le ferite
non rinuncia
a dettare il suo umore.
Non si piega,
non si spezza,
tuona.
Scandisce a chiare note,
con umido fragore.
Blu di blues,
la vertigine che provo
quando ti vedo,
quando ti leggo.
Precipito
nel morbido.
Affondo nell'estasi.
e finalmente
respiro.
Chissà dove sarai ora.
Ti immagino
capelli al vento
e zaino in spalla
lungo la strada.
Lontano da tutti,
ma non da me.
Io sono ovunque,
nelle agavi del deserto,
negli anemoni del mare,
affacciato dietro le stelle,
nei salti delle cascate.
Non esiste luogo,
tempo e spazio
che possa nascondersi
alla luce del faro.
Il mio ruolo
è proteggerti,
guardarti le spalle,
troverò il modo
di restarti accanto.
Hai atteso che mi addormentassi,
sei scesa a porgermi la tua carezza.
Il vento sussurra in cima alle montagne.
Da li si scorge il mare.
Il pifferaio ti sta chiamando,
vuole che tu lo segua
a portare nel cuore della notte
nei sogni della gente
tutta la musica e l'amore
di cui sei capace.
Cara signora,
senti il vento soffiare
e lo sapevi
che la tua scala è fatta
di vento che sussurra
Zoso e Maat ti hanno ricondotta a me.
It makes me wonder.
Questo mi stupisce.
Tu mi meravigli.
E scendiamo per strada
con l'anima più piccola dell'ombra
là cammina una signora che tutti conosciamo,
che fa splendere la luce e vuole dimostrare
che tutto continua a tramutarsi in oro.
E se ascolti molto attentamente
prima o poi la melodia giungerà a te
quando tutti sono uno e una cosa sola è tutto
essere saldi come una roccia e non un sasso che rotola.
And she's buying a Stairway to Heaven.
Esistono galassie così vicine da collimare che potrebbero sfiorarsi, persino toccarsi, ma qualcuno ha deciso che non può essere. Non deve essere. Ci si limita a sbirciarsi clandestinamente.
Si vive al passato ignorando il presente, senza futuro alcuno.
Che spreco di risorse e di energie. Che inutile narrazione. Certe cose un faro non le arriverà mai a capire. Lui ragiona su un piano più semplice. Dalla terra osserva il mare e il cielo, due mondi che, quando sono ispirati, si compenetrano.
Un pulviscolo di scuse ci disperderà.
Barlumi di spazio
si liberano.
Come lucciole di notte
in mano si posano.
E viene giorno.
Il mare è calmo.
Il vento è leggero,
affilato.
Salpo,
lascio a terra
lo zaino.
Per le zavorre
c'è sempre tempo.
Per gli appunti
basta lo sguardo,
la mente tesa,
l'anima sgombra,
il cuore in tumulto.
Prima o poi approdo
all'isola
che non fa per me.
Ci salverà un abbraccio.
Blu.
Come te.
Come le nostre profondità,
che oggi si cercano
e un domani,
altrove,
si congiungeranno.
Ho scelto di essere mare
e risuonare,
sbattere avanti e indietro
le mie onde
sulle medesime sponde.
E bagnare molti
dei tuoi pensieri,
appena mi sfiori.
Trittico Quadrophenico
Ho perso il conto delle volte
che mi ha salvato la musica
quando volevo serrare
gli scuri del mio cuore
per arroccarmi nel dolore.
Lei bussava alla finestra
impedendomi di commettere
questa grande sciocchezza.
Sembrava dirmi ...
qui deve passare
aria e luce,
deve uscire il dolore,
fai entrare amore.
La musica, come la scrittura,
mi ha spesso tenuto a galla
arginando ogni tentativo
di deriva dell'anima.
E' un discorso astratto alla mente
accecata dalle sofferenze,
eppure concreto nel cuore
che trae conforto dalle carezze.
Per questo va lasciato respirare,
quando il dolore annebbia la ragione.
Accade nella vita
che vecchie speranze crollino
ma non esiste rovina
che possa impedire
che di nuove ne germoglino.
Tu lascia aperta la finestra.
Sempre.
Certe sere si consumano lente
come sigarette inghiottite dalla notte,
resta nell'aria l'odore acre
di poche boccate d'evasione
corpose, animate.
Quel senso fugace
che impasta la bocca
alla ricerca di improbabili
vie di fuga.
Non c'è luce in cielo,
si è bevuto le stelle,
giace disteso, ubriaco
col cappello calato in volto.
Farfuglio parole senza senso
perché in fondo, quel che cercavo
l'ho già trovato.
Tu,
capelli di fieno
e labbra di corallo,
tu
che sussurri
parole di miele
mentre
mi sbrani
l'anima.
Tu,
il tuo incedere
acustico
ipnotico
nello scintillare
del metallo.
Ti aspetto a riva.
Stanotte.
Nell’ora di alta marea.
La furia delle onde
ci trascinerà via.
Calerà la luna
a sedare il mare,
riservandoci
le sue sponde
sacre.
Dove troveremo
finalmente
pace.
Le apnee celesti
nelle notti infinite
di sinuose correnti
che lambiscono i piedi
di baci affluenti.
E mi perdo nel cosmo
al largo dei giorni
nel cielo capovolto
che stravolge orizzonti
in cui navigo assorto.
Ho passato interi giorni a fissare l'orizzonte confidando nel tuo ritorno. Lanciavo sassi al mare, sperando ti parlassero di me. Scrutavo il cielo immobile. Nessun segnale dalle nuvole, o dalle stelle.
Poi un giorno si è alzato un vento che ha inanellato spirali di polvere, un segreto tormento che mi ha danzato di fronte. Ho udito uno sciabordiò d'acqua alle spalle. E sei apparsa tu, in tutta la tua stanca bellezza, il volto segnato dal malessere, gli occhi liquidi, i lunghi capelli gocciolanti d'acqua. Ti sei avvicinata senza proferir parola, chinando la testa sulla mia spalla.
Non ti ho chiesto nulla. Ero felice così, di averti nuovamente tra le mie braccia. Abbiamo fatto l'alba attendendo il posarsi del vento, e ti sei addormentata tra le mie labbra. Sirena nuovamente serena, finalmente distesa. La tempesta interiore è passata. Bentornata.
Io
non so leggerti
e a volte mi perdo
nelle derive melliflue
che colpiscono
come ondate sonore.
Ma ho promesso
di proteggerti
sempre,
starti accanto
nei momenti difficili,
e ho giurato di amarti
ad ogni battito di cuore.
Non ho paura delle ombre
che si agitano nei boschi,
solo che alle volte nell'anima
si annidano autentici mostri
da trafiggere con spade di luce
forgiate dai sentimenti duraturi
affilate nelle emozioni forti.
L'Oltre è un approdo difficile,
una promessa da rinnovare ogni istante
lungo un cammino pieno di insidie.
Però per noi, è l'unica meta possibile.