Provo un senso di disagio che rasenta la sgradevolezza durante l'ascolto di questo brano. Formalmente è la solita produzione ipercurata a cui ci ha abituato Waters che, negli ultimi anni, ha persino raggiunto un'attenzione maniacale. Video di grande impatto, notevole attenzione ai dettagli sonori, grande lavoro vocale della cantante nel finale. Solo che, prima di allora, c'è un appiattimento musicale imbarazzante. Sette minuti di litania del niente. Mi domando dove sia finita l'anima del brano, sinceramente.
Comfortably Numb è uno standard dei Pink Floyd, uno dei più celebri, con un'identità chiara, e mi domando se Roger non abbia voluto intenzionalmente demolirla in questa riscrittura, perché troppo ingombrante.
Il suo punto di forza è sempre stato il gioco di chiaroscuri con rimpallo di voci nell'alternarsi di paesaggi musicali, sublimati dagli assoli di chitarra di David Gilmour, universalmente considerati, anche al di fuori del cerchio dei fans dei Floyd, tra i più belli che la storia del rock abbia mai annoverato. Soprattutto, Comfortably Numb è un brano di Gilmour che ne scrisse la musica ai tempi del suo album solista omonimo del 1978, nell'intervallo tra Animals e The Wall, in uno dei momenti di maggiore tensione all'interno del gruppo. Tenuto da parte, fu recuperato in The Wall, Waters ne scrisse il testo, diventando il momento clou del disco e del concerto; laddove Pink deve esibirsi, in preda al malessere, con il dottore che gli somministra medicine per farlo salire sul palco, perché lo spettacolo deve continuare. Da un punto di vista concertistico, lo spettacolo raggiungeva il suo climax con la band
completamente nascosta dal muro ultimato, e David che eseguiva gli assoli in cima allo stesso.
Nel corso degli anni post Floyd, Comfortably Numb è diventato sempre più il cavallo di battaglia del chitarrismo e delle sonorità di David, con fantastiche riscritture del secondo assolo a culmine dei suoi show, prima con i Pink Floyd e poi da solista. Per contro, lo stesso brano, è sempre apparso il punto debole degli spettacoli di Roger, nel tentativo di replicarne il feel, senza mai pienamente riuscirvi. Pur ingaggiando musicisti eccellenti (dalla diversa anima) giocando spesso ad alternare l'assolo finale con l'impiego di due chitarristi. Sempre tutto spettacolare e suonato in maniera impeccabile, ma gli assoli di Gilmour sono un'altra cosa. Suo il brano, sua l'identità musicale, sua la chitarra che suona come una fuga dalla vita ineguagliabile.
Non mi sorprende che Roger in questa operazione abbia voluto stravolgerne l'anima, men che meno che nella sua ultima idea di show abbia studiato di infilarlo all'inizio anziché in chiusura, nel momento catartico di maggior pathos. Quasi a volerlo far scivolare via, evitando di inciamparci nel momento clou del concerto.
Il testo, estrapolato dal preciso contesto per cui fu studiato, suona come un corpo estraneo nel contesto apocalittico disegnato da Roger. E tutto suona dimesso, imbarazzante al limite dell'irritante. Come irritante è l'idea di fondo di volersi appropriare di tutto quanto fu del gruppo.
Waters, che considerava i Pink Floyd una forza esaurita, nei primi anni si era impegnato con belle produzioni soliste d'autore, forti della propria scrittura e della visione personale del mondo, alternate ovviamente (come è giusto che fosse, essendo l'autore dei concept e di buona parte delle canzoni) ai brani del vecchio gruppo di cui era leader. Negli ultimi anni, si è messo con notevole impegno a riportare in concerto gli spettacoli dei Pink Floyd, recuperandone i simbolismi fin quasi all'esasperazione, forte dei notevoli progressi tecnologici succedutisi nel corso dei decenni. Dal prisma tridimensionale che si materializza a forma di piramide durante l'esecuzione di Eclipse, all'oleogramma della centrale di Battersea che si eleva sul palco durante l'esecuzione di Dogs, fino alle spettacolari esecuzioni integrali di The Wall, che all'epoca dell'uscita scontava notevoli difficoltà scenografiche di allestimento ed esecuzione. Trovate spettacolari di sicura presa che hanno ravvivato l'alone di mitologia che ha sempre circondato la band a cui ha saputo dare nuova linfa. E fin qui nulla di male, rientra nel gioco delle parti e nella legittima rivendicazione della musica scritta nel corso degli anni.
Tuttavia la riscrittura personale di Comfortably Numb non gli è riuscita affatto bene. Un'operazione imbarazzante che suona in modo terrificante. Non c'è vertigine, non c'è ascensione, non resta niente, a parte uno splendido urlo finale; per quello, bastava e avanzavaThe Great Gig In The Sky.