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credo poco al destino...la vita al massimo ci mette davanti ad una opportunità, ma sta a noi, alle nostre scelte, alla nostra volontà di afferrarla quell'opportunità.
Niente arriva gratis, tutto va conquistato...ogni santissimo giorno...

 

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Mi descrivo

Descrivere se stessi in poche righe sarebbe come raccontare un libro leggendo il titolo in copertina; ciò che siamo va scoperto...a volte persino da noi stessi.

Su di me

Situazione sentimentale

convivenza

Lingue conosciute

Inglese, Arabo, Cinese, Francese, Giapponese, Hindi, Swahili, Tedesco, Spagnolo, Russo, Aramaico antico

I miei pregi

ciò che per alcuni è un pregio, per altri è un difetto, quindi di che stiamo parlando?

I miei difetti

ciò che per alcuni è un difetto, per altri è un pregio, quindi di che stiamo parlando?

Amo & Odio

Tre cose che amo

  1. Se la gente conoscesse
  2. il vero significato del verbo amare
  3. lo userebbe con più attenzione

Tre cose che odio

  1. Se la gente conoscesse
  2. il vero significato del verbo odiare
  3. smetterebbe di usarlo

I miei interessi

Vacanze Ok!

  • Campeggio
  • Città d'arte
  • Montagna

Vacanze Ko!

  • Crociera
  • Mare e movida
  • Yoga&benessere
  • Passioni

    • Fotografia
    • Suonare
    • Sport
    • Musica
    • Fai da te

    Musica

    • Rock
    • Folk
    • Blues
    • Metal
    • Punk

    Cucina

    • Piatti italiani
    • Grigliatona tra amici

    Libri

    • Gialli
    • Narrativa
    • Fantascienza

    Sport

    • Basket
    • Calcio e calcetto
    • Pallavolo

    Libro preferito

    Non può esistere un libro preferito...l'arte dà emozioni diverse ogni volta, tutte necessarie.

    Meta dei sogni

    Termovalorizzatore del Gerbido

    Film preferito

    La Corazzata Kotiomkin

    Tu chiamale se vuoi...emozioni

     

    La musica, nel momento in cui regala emozioni, ha fatto il suo lavoro ma, come per tutte le cose, non è tutto uguale, non è tutto così semplice; di quelle emozioni alcune ci attraverseranno senza lasciare traccia, altre ci entreranno dentro così in profondità da segnarci per sempre...esattamente come la musica che le ha generate.

     

     

    Dio salvi la regina...

    Never mind the bollocks…c’era una rabbia autentica in quell’album, probabilmente in quella intera generazione.
    Le logiche di mercato non erano ancora così spinte e l’anima del rock (in questo caso del punk rock), quella più pura, era ancora forte; un’anima fatta di ribellione, di contestazione, di voglia di riscatto che non si traduceva nell’avere macchinoni e orologi da migliaia di euro (come pare invece sia oggi in alcuni contesti musicali), ma nello “sputare” su un certo tipo di sistema sociale contestandone l’ipocrisia dilagante.
    Purtroppo spesso questa ribellione si è rivelata autodistruttiva e, come tale, si è auto estinta, ma resta un messaggio forte seppur vi siano poche orecchie in grado di sentirlo.
    Quella forma di protesta ha utilizzato il veicolo forse più immediato e comprensibile: la musica. E quella musica, seppur involontariamente, ha contribuito a creare coscienze, roba che oggi come oggi non esiste quasi più e forse potremmo togliere il quasi.
    Ci siamo cresciuti con quella roba e Dio solo sa quanto ci manchi tutto quell’ardore...ma vive comunque in noi perchè ci ha segnati in modo indelebile.

    Dio benedica il rock!

     

     

    Inclusione...

    Oggi, per la prima volta In assoluto, ho fatto un allenamento con una squadra di basket composta da "atleti" normodotati e atleti con diversi tipi di disabilità...al di là del fatto che l'attività fisica evidenzia in modo sempre più impietoso l'avanzare degli anni, ho alcune considerazioni del tutto personali da fare...

    Primo: accoglienza: dopo circa 5 secondi dalla mia presentazione al gruppo, praticamente ero già uno di loro...una accoglienza e una capacità di includere l'altro che raramente si trovano.

    Secondo: impegno...questa parola così poco spesso agita, era invece palpabile. Ognuno per come poteva, per come riusciva, con tutti i limiti del caso, ci ha messo tutto e forse, in alcuni casi, anche di più.

    Terzo: gioia. si respirava nell'aria, quella gioia di chi sta con gli amici e soprattutto fa le cose che fanno tutti senza nessun tipo di differenza. Raramente, anche nei contesti di aggregazione "ricreativa" ho riscontrato tale gioia.

    Quarto: rispetto. Nonostante i cattivissimi allenatori che ci hanno fatto sudare 7 camicie, mai una lamentela, mai un gesto fuori posto...sempre e solo rispetto per i coach e per incompagni

    Quinto: uguaglianza. Nessuno era più bravo degli altri, tutti si era giocatori della stessa squadra, ognuno col suo ruolo ma senza altri tipi di distinzione.

    Sesto: amicizia. Oggi ho avuto il piacere di goderne la forma più bella.

    In una fase del nostro paese dove qualcuno osa affermare che studenti disabili dovrebbero essere confinati in classi composte solo da loro, ho avuto conferma che l'inclusione, la condivisione e l'impegno comune non solo fanno bene a quei ragazzi, ma ne fanno ancor di più a noi "normali"...è uno scambio di esperienze, un'opportunità incredibilmente potente per diventare tutti migliori...e se questo è un mondo al contrario, beh Dio benedica le cose capovolte perché sono quelle che danno senso al nostro essere umani.

    Caos calmo

    Una giornata caotica e la serata anche peggio: uscita dal lavoro alle 17:30 circa e di corsa a giocare una partita di basket alle 19 con la squadra aziendale. 40 minuti di gioco e panchina (più panchina che gioco) e poi doccia veloce e ripartenza a razzo perchè alle 22:00 all'oratorio c'è un'altra partita da giocare, questa volta di calcio a 7.

    La strada del rientro non la conosci bene, quindi ti affidi al navigatore che, ovviamente, ti porta sulla via più complicata.

    Hai fretta e imprechi ad ogni tornante, ad ogni auto che ti frena, ad ogni lavoro in corso.

    Hai fretta e schiacci il pedale destro dove puoi e intanto maledici quel navigatore e le sue scelte irrazionali.

    Corri veloce, scollini e arrivi a pochi chilometri da casa quando la lunga fila di edifici si interrompe e lascia spazio alla campagna che circonda il paese dove vivi.

    Dal finestrino aperto entra quasi in modo prepotente il profumo dell'estate che arriva dai campi e dagli alberi che ora ti circondano, sostituendosi a mattoni e cemento lasciati da poco.

    Alzi il piede dal pedale destro e ti abbandoni a quel profumo che ti vizia i sensi e anche un po' l'anima.

    Alzi il piede e scopri che dalla chiavetta inserita nella radio, si diffonde una musica che ti è cara, ma che fino ad ora non avevi nemmeno sentito.

    Alzi il piede e ti culli ad ogni curva come su un dondolo in giardino: improvvisamente non hai più tanta fretta.

     

    8 Marzo

    Smettere di considerarle stupide, bambole gonfiabili, persone usa e getta, ecc. ecc. sarebbe già un bel passo avanti...altro che mimose!!!

     

     

    Vita...

    C’è un sottile piacere nello spostarsi a piedi lungo le vie e i vicoli del paese, di prima mattina.
    L’aria fresca (a dire il vero fredda) colpisce come uno schiaffo la faccia e i polmoni, con l’innocenza e la freschezza che a breve perderà, caricandosi di gas di scarico.
    Il sole ancora non ha intenzione di farsi vedere e tutto sembra avvolto nel dolce manto del sonno, salvo qualche sporadico passaggio di auto e qualche finestra da cui si spande una luce che porta con sé la promessa di un buon aroma di caffè.
    I tratti di corso Matteotti, via Albussano e parte di vicolo Albussano sono privi di marciapiede, il che mi costringe a camminare rasentando così tanto il muro, che mi sento un po’ uomo ragno, ma lo scarso traffico rende il cammino comunque agevole.
    Come ogni mattina, noto le stesse auto, parcheggiate nello stesso posto, quasi a rassicurarmi che tutto è come deve essere.
    Non incontro anima viva il che per un uomo (inteso come maschio), che per definizione è in grado di interagire con un altro essere umano non prima delle 10:00 – 10:30, è la condizione ideale.
    Arrivo alla rotonda del Mercatò e imbocco piazza Europa, dove alcuni banchi del mercato sono già quasi completamente allestiti; ambulanti in piena attività si prodigano a montare strutture e scaricare merce che da lì a poco sarà contesa da un fiume di persone che invaderà la piazza e le vie circostanti. Sento il freddo nelle ossa e non invidio certo quei lavoratori che quel freddo lo sentiranno per gran parte della mattinata, mentre io sarò comodamente seduto alla mia scrivania godendo di una temperatura decisamente più confortevole.
    Al fondo di piazza Europa, punto dritto verso la stazione per unirmi ai già presenti capannelli di viaggiatori che si incamminano verso il binario 1.
    Salgo e mi accomodo, preferibilmente accanto ad un finestrino per poter godere della vista del mondo che scorre dietro quella lastra di vetro.
    Metto le cuffiette e sintonizzo la radio sul 90.9 di Radio Freccia, perché non c’è inizio migliore di quello regalato da un po’ di sano rock: se sono fortunato, magari passano qualche pezzone di quelli che mi fanno venire la pelle d’oca anche se hanno quasi i miei anni.
    Poi apro whatsapp e, come ogni mattina, mando il buongiorno alla persona che ha preso la residenza nel mio cuore…quella persona che cercavo da sempre e che la vita mi ha fatto incontrare non senza avermela fatta sudare…e proprio per questo il suo valore è assoluto. Scrivo e sorrido sapendo che quel messaggio sarà un po’ la sua sveglia.
    Il ragazzo seduto di fronte dorme come se non lo facesse da giorni; dal suo cappuccio nero sbucano ciuffi di capelli biondissimi e la sua mano destra, con un anello al pollice, tiene in mano lo smartphone dotato una cover dal color verde fluo (i gusti son gusti)...chissà quale musica passa dalle cuffiette che porta nelle orecchie, ammesso che lui la senta…resta immobile per due fermate, il che inizia a preoccuparmi, fino a rendermi conto che è vivo perchè noto leggeri movimenti volontari della testa.
    Il suo vicino gioca in modo accanito sullo schermo crepato del suo telefono senza mai alzare gli occhi.
    Su un sedile della fila di fronte, un ragazzino sui 14 anni, giacca a vento turchese e occhiali un po’ da nerd, sfoglia appunti, probabilmente per fissare gli ultimi concetti prima di una interrogazione o di una verifica, riportandomi alla mente cose che facevo tanti, troppi anni fa…certe cose non cambiano mai.
    Dal finestrino osservo le prime luci che restituiscono alla vista filari di alberi spogli, ma che esibiranno uno spettacolo ben più colorato tra poco più di un mese testimoniando, in perfetta coerenza, il ciclo della vita.
    Si susseguono centri abitati che mi sono familiari: lì ci ho lavorato qualche mese, lì ho fatto un colloquio, in quel concessionario sono andato a vedere una vettura…
    La ragazza col Piercing al labbro salita a Trofarello non trova posto a sedere, ma la cosa non sembra seccarla; ha trovato amici con cui parla sorridendo, scandendo con le parole il tempo del viaggio che la separa dalla sua meta.
    Si scende al Lingotto e si sale sul bus, che grazie alla colorata e vivace presenza di tanti studenti, è piuttosto intasato, tanto che non riesco ad arrivare alla bollatrice.
    Il ragazzo che sul treno giocava con lo smartphone scheggiato, è salito sullo stesso bus e mi prende l’abbonamento dalle mani per timbrarmelo, gesto che mi conferma come i ragazzi siano molto meglio di come di solito li dipingiamo (per inciso, gli “adulti” vicino a lui se ne sono altamente sbattuti i gabbasisi del mio abbonamento di bippare).
    Fermata dopo fermata i ragazzi scendono e si avviano con scarso entusiasmo verso la giornata di scuola che li attende.
    Con altrettanto scarso entusiasmo, anche noi adulti scendiamo per recarci al posto di lavoro.
    Lungo il tragitto che mi separa dal cancello di ingresso, mi godo ancora un po’ di musica; l’aria non è la stessa di un’ora prima, ma conserva ancora una parvenza di respirabilità.
    All’ultimo semaforo prima dell’ingresso in azienda un gentile automobilista, in barba ai suoi colleghi fermi al semaforo che ricorda di stare fermi sfoggiando un bel rosso fuoco, decide di diventare improvvisamente daltonico e tira dritto verso nuove e incredibili avventure; lo noto, ma non rallento il passo e lo costringo a lasciare 15 euro di pneumatici sull’asfalto…comprendendo la sua frustrazione, gli lascio sul parabrezza il biglietto da visita di un gommista mio amico…prezzi modici, servizio impeccabile.
    Finalmente arrivo in ufficio; il consueto “buongiorno” dà inizio alle 8 ore di lavoro terminate le quali farò il tragitto a ritroso, con panorami simili, aria un po’ più pesante, volti diversi…e ogni aspetto di questo viaggio quotidiano in qualche modo inciderà, anche solo temporaneamente, sul il mio umore, sul mio modo di osservare la vita, sulla vita stessa.
    Sì, c’è un sottile piacere nello spostarsi a piedi lungo le vie e i vicoli del paese, di prima mattina…nell’osservare le persone intorno a me, nell’assaporare lo scorrere del tempo e di come questo scorrere muti continuamente la realtà che mi circonda…
    È il piacere di sentirmi parte di quella cosa che chiamiamo vita.

    2 di picche

    "Anelo il dolce sentir della tua pelle al tatto, il soave sapor delle tue labbra poggiate sulle mie, il divino sentir delle nostre membra unite in un sol corpo, ebbri del desiderio di essere cosa sola: due cuori che battono all'unisono il ritmo calmo del dolce far l'amore"

     

    C'è modo e modo di prendersi un due di picche 🤣

    Ricordare

    Il miglior modo di ricordare le persone che non ci sono più e che ci hanno voluto bene, è vivere nel migliore dei modi la nostra vita...proprio perchè ci amavano, ci volevano vedere felici e non abbiamo nessun diritto di non provarci: per rispetto a loro e a noi stessi.

    Ma la musica cos'è?

    Pochi giorni fa si parlava con una amica sul differente approccio che si ha verso la musica. Nel tentare di spiegarle cosa significhi per me, non riuscivo a trovare le parole per esprimere le sensazioni che riesce a trasmettermi; e non parlo di emozioni, parlo di reazioni fisiche tangibili.

    Poi mi sono imbattutto in questa canzone e credo che, a modo suo, sia la sintesi perfetta di quello che volevo dire...buon ascolto a chi vuole.

     

     

    17 minuti e 43 secondi

    questa è la durata di questo momento di puro piacere musicale...per chi gradisce

     

     

    Per tutta la vita

    Fissavo quel volto con la consapevolezza di avere di fronte la persona con cui avrei passato il resto della vita.

    La persona che non avrebbe potuto mentirmi e alla quale non avrei potuto mentire.

    La persona che non mi avrebbe mai lasciato e che non avrei mai lasciato.

    La persona che sapeva davvero tutto di me e di cui sapevo tutto.

    Un'anima sola, un corpo solo finché morte non ci avrebbe separati.

    Poi mi voltai, lasciai lo specchio alle mie spalle e mi incamminai verso la vita.

    Persone in fuga

    Era un venerdì pomeriggio e come molti venerdì pomeriggio era il momento del loro incontro clandestino.

    Trovati quasi per caso e amanti quasi per gioco, si ritagliavano 4 ore di intimità e passione ogni settimana.

    La stanza era anonima ma per loro significava il luogo dove lasciarsi trasportare nel mondo della trasgressione, senza provare vergogne, senza paura di essere giudicati, liberi di donarsi vicendevolmente senza freni inibitori.

    In piedi, uno di fronte all'altra, stringevano i corpi in un abbraccio delicato intrecciando le lingue con foga, quasi a volersi mangiare per poi adagiarsi sul letto dove completare il dono reciproco di sè sussurrandosi desideri e voglie mentre l'amplesso passava dalla dolcezza alla foga a fasi alterne.

    Al termine di tutto, stanchi e appagati, tornavano alla loro vita di sempre, fatta di lavoro, famiglia, hobbies sempre meno agiti e di una infelicità di fondo che faceva da colonna sonora a ogni giornata.

    Il loro momento insieme era la vana illusione di poter scappare da tutto questo, ma nella realtà nessuno dei due aveva davvero il coraggio di lasciare la propria vita: forse era assuefazione alla propria infelicità o forse era solo la troppa paura di essere felici.

     

    Erano solo due persone in fuga, proabilmente da se stesse e dai loro fallimenti: una fuga fatta legati a una catena che loro stessi si erano messi e che non si sarebbero mai tolti.

    Benessere

    Vedere un sessantanovenne sul palco suonare canzoni dei queen e divertirsi come un ragazzino, mi conferma quanto la musica e l'arte in generale siano indispensabili per il benessere delle nostre vite.

    Suggerimenti...

    A quelli che si lamentano di tutto un po', suggerisco un tour guidato in oncologia infantile...così, per ritornare ad assaporare il gusto della vita e respirare aria di dignità...

    Numerologia da Web(eti)

     

    Dunque vediamo, io sono nato il 12 04 1971...
    12+04 fa 16 da cui togliendo la somma delle prime due cifre dell'anno di nascita 1+9 ottengo 6 (ecco il primo 6).

    Sommando le ultime due cifre del mio anno di nascita alla somma di mese e giorno 71+16 fa 87 e 8+7 fa 15 e 1+5 fa 6 (ecco il secondo 6).

    Sommando tutte le cifre della mia data di nascita prese a coppie 12+04+19+71 ottengo 106 e separando tutte le cifre del risultato ottengo 1, 0 e 6 (ecco il terzo 6)...

    Quindi sono l'anticristo, sapevatelo

    #coincidenzequellebelle

    Giustizia

    Se esistesse una giustizia, a quelli che si lamentano che la vita fa schifo, la vita farebbe schifo davvero...

    Distruttori di mondi

    La bicicletta è la morte lenta del pianeta
    Il CEO di Euro Exim Bank Ltd. ha fatto riflettere gli economisti quando ha dichiarato: ′′Un ciclista è un disastro per l’economia del paese: non compra auto e non prende soldi in prestito per comprarne. Non paga polizze assicurative. Non compra carburante, non paga per sottoporre l’auto alla necessaria manutenzione e riparazione. Non utilizza parcheggi a pagamento. Non causa incidenti rilevanti. Non richiede autostrade a più corsie. Non diventa obeso, persone sane non sono necessarie né utili all’economia. Non comprano medicine. Non vanno negli ospedali né dai medici. Non aggiungono nulla al PIL del paese. Al contrario, ogni nuovo punto vendita di McDonald crea almeno 30 posti di lavoro, fa infatti lavorare 10 cardiologi, 10 dentisti, 10 esperti dietologi e nutrizionisti, oltre ovviamente alle persone che lavorano nel punto vendita stesso”.

    Scegli con attenzione: un ciclista o un Mc Donald? Vale la pena pensarci.

    PS: camminare è ancora peggio. I pedoni non comprano nemmeno una bicicletta.

    A Torino non si scherza un cazzo (Guido Catalano)

    A Torino non si scherza un cazzo
    a Milano gira il grano
    a Roma è tutto un magna magna
    a Napoli poi muori
    a Verona ti innamori
    ma a Torino
    non si scherza
    un cazzo.
    Questa poesia d’amore non è una poesia d’amore
    perché a Torino non si scherza un cazzo
    perché è l’amore ai tempi di Torino
    perché Torino ha i tempi dell’amore
    ma è roba dura
    è roba che te la devi faticare
    è un amore che ci sta poco da scherzare.
    Questa poesia d’amore
    non è una poesia d’amore
    è una spada laser
    questa poesia è una spada laser
    e noi siamo belli
    e tu hai gli occhi buoni
    - buoni non vuol dire stupidi
    buoni vuol dire
    che non si scherza un cazzo -
    e noi siamo due Jedi io e te
    e abbiamo capito
    che il lato ganzo della forza
    alla fine
    è meglio.
    A Torino fai più fatica qui a Torino
    perché a Torino
    non so se è chiaro
    a Torino
    non si scherza un cazzo.
    Però se ce la fai a Torino
    - e pochi ce la fanno -
    a Torino se ce la fai
    poi spacchi i culi
    a mani nude
    a mani nude legate dietro la schiena
    su un piede solo
    con un gatto su una spalla
    sorridendogli negli occhi.
    Perché se voglio io
    hai presente la Luna?
    anche la Luna a Torino
    è una Luna
    che ti giuro
    è una Luna che non scherza un cazzo.
    Io la Luna
    io salgo sulla cazzo di Mole
    e te la stacco dal cazzo di cielo
    a morsi
    la Luna
    hai capito?
    te la strappo dal cielo a morsi
    e sai che faccio?
    la sputo
    e poi già che ci sono
    la tiro giù la Mole
    a testate la tiro giù
    che mi ha rotto i coglioni pure la Mole
    come la bagna cauda del cazzo
    e i torelli sputazzoni.
    Comunque
    volevo solo dire
    - perché magari mica si è capito bene -
    che io a Torino ci vivo
    ci muoio
    e poi ci resuscito
    perché qui a Torino
    non si scherza
    un cazzo.

    Necessità

    Chiacchierando con il mio insegnante di chitarra, alla mia frase “renderei un obbligo di legge imparare uno strumento, o dipingere, ballare, scolpire…” la sua risposta è stata una delle migliori affermazioni che abbia mai sentito: “è vero, perché affacciarsi a una forma d’arte ci costringe a rapportarci col bello e questo ci rende meno tolleranti verso il brutto, quindi in un certo senso l’arte contribuisce a creare persone migliori e di riflesso, un mondo migliore”.

    Era una chiacchierata giusto per staccare un attimo dalla lezione, ma questa sua affermazione mi ha fatto riflettere molto.

    E in occasione del “concerto” di fine anno della scuola di musica, vedere alternarsi sul palco artisti in erba e altri ormai pienamente padroni del proprio strumento o della propria voce, mi ha riportato a quelle parole ed a come siano dannatamente vere.

    Da un lato giovani allievi alla ricerca di quella bellezza, dall’altro musicisti e cantanti che quella bellezza la stanno facendo fruttare…ma in tutto questo c’è un punto in comune: la gioia di esprimerla questa bellezza.

    Recita una frase “l’arte è una necessità umana” e osservando quei ragazzi mi rendo conto di quanto sia vero, di quanto l’arte porti in sé la gioia sia di chi la pratica, sia di chi ne usufruisce da spettatore.

    E forse è vero che di arte non si campa (salvo alcune eccezioni), ma è anche vero che non si campa senza arte, perché è inutile nutrire il corpo se poi non si nutre anche l’anima.

    Quando ti spiegano cosa vogliono che gli fai su Excel

    Allora... Quando il dato nella colonna B è presente anche nella colonna C allora la colonna D si lascia vuota, ma se il dato nella colonna B non c'è nella colonna C allora nella colonna D mettiamo il dato che manca che deve essere diverso da quello della colonna B che a sua volta manca dalla colonna C perché se nella colonna C c'era allora non bisognava compilare la colonna D col dato diverso dalla colonna B...

     

    Ecco! 

    Cose da provare

    nella vita bisognerebbe provare tutto: vergogna per esempio...

    Colloquio di lavoro (tratto da una storia vera)

    "Il nostro core business è un service di in-outbound in partnership con lo store-management, per raggiungere e mantenere una leadership gestionale dei vari brand, con l'ausilio di buyers dotati di know-how del world wide market, supportati da un efficiente customer relationship management, avendo noi come first target la customer satisfaction. Allora, le interessa il lavoro?"

     

    "ma va' caghè va!"

    Romanticismo su internet

    Il romanticismo è solo un apostrofo rosa tra due parole: "ciao" e "dammela"

    Parole, parole, parole...

     

    "talking to you is like clapping with one hand..."

    i rapporti umani del 21° secolo riassunti in un'unica frase. 

    Citazioni

    Nubi di ieri sul nostro domani odierno mentre, travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto, uniamo i nostri corpi nell'estasi suprema che è propria dell'idillio dell'amore... 

    Breve storia

    Breve storia triste.

     

    Scelgo stradina sterrata, tranquilla, senza traffico e in mezzo ai campi per la passeggiata cinofila

    Passano:
    5 auto
    2 trattori
    1 mietitrebbia
    3 furgoni
    1 TIR
    Il treno regionale per asti
    1 nave MSC alla ricerca della laguna veneziana
    2 voli Ryanair fuori rotta
    La metropolitana in percorso di prova.

     

    Fine

    Andare via

    La gente andava via dall'azienda, chi per affrontare nuove esperienze, chi per andarsi a godere una meritata pensione. Ed era festa, saluti, brindisi, a volte qualche lacrima. Era un gruppo (capi compresi) che si radunava per dare un saluto, un augurio, un arrivederci, un "fatti sentire eh" in un abbraccio collettivo dal sapore di un grazie reciproco.

     

    Oggi sempre di più la gente va via dall'azienda sbattendo la porta, nell'indifferenza generale...ed è il segnale più evidente del completo fallimento della quasi intera classe imprenditoriale. 

    Tre accordi

    Da dilettante della chitarra elettrica mi sto sfogando e divertendo a suonare parecchi pezzi degli ACDC (assoli esclusi, adoro la chitarra ritmica). 

    La scelta è stata dettata da due fattori: mi piacciono parecchio e con 3 accordi fai la maggior parte delle canzoni.

    Banali? Sempliciotti? Forse, ma dannatamente efficaci.

    Malcolm Young, pace all'anima sua, è stato definito dal chitarrista ritmico degli Anthrax, il più grande chitarrista ritmico di tutti i tempi: pochi accordi, fantasia compositiva, ritmi incalzanti e potenti che sono ormai leggenda. 

    Non sempre occorre essere dei fuoriclasse per essere dei grandi...e non solo nella musica. 

    ​​​

    Nostalgie musicali

    Il buon caro vecchio vinile.

    C'era una gestualità nell'ascolto della musica.

    C'era un prendere un oggetto fisico e per certi versi delicato.

    C'era il poggiarlo delicatamente sul piatto per pulirlo dalla polvere e liberarlo dalle cariche elettrostatiche.

    C'era il muovere la testina del giradischi al punto giusto e vederla scendere piano verso quella promessa di buona musica che girava sotto i nostri occhi, fino a renderne illeggibile l'etichetta.

    C'era un'attesa e poi c'era quel TAC che segnava l'inizio di un'esperienza sensoriale unica.

    Non era solo ascoltare musica, era averne cura.

    Era quasi un rito pagano.

    Condizioni necessarie e non sufficienti

    Una persona, per dire che vi piace davvero, deve stimolare la vostra testa, scaldare il vostro cuore e far scalpitare i vostri genitali.

     

    Se manca anche solo una delle 3, è già tempo perso.

    L'importanza di idratarsi

    E' scientificamente provato che un uomo deve idratarsi più di una donna.

    Il motivo è compensare la perdita di liquidi dovuta ad eccesso di bave appena intravede un accenno di coscia su un qualsivoglia social o community

    Peccati di gioventù (e non)

    Nasciamo imperfetti e quindi "peccatori" per natura (anche se leggendo qua e là pare sia pieno di persone create a immagine e somiglianza della perfezione - beate loro).

     

    Nel mio caso la natura di peccatore è stata amplificata da 8 anni di scuola e precisamente 8 anni dai salesiani: mi hanno talmente detto di non fare il peccato che, appena fuori, non vedevo l'ora di farne un po'.

     

    Non sempre "ripetita iuvant"

    Stranezze della chat

    Lei: "dammi tua mail perchè qui non riesco a scrivere"

    io: "mi hai appena scritto"

    fine

    #nodaimadavvero

    Secondo lavoro

    Ero povero, allora decisi di fare il gigolò...

     

    Ora sono poverissimo

    Riferimenti

    C'è gente che riuscirebbe a trovare un riferimento sessuale anche in un trattato di fisica quantistica applicato alle tecniche di sopravvivenza del cercopiteco australiano chiazzato a strisce

    Perchè l'ISIS non attaccherà mai l'Italia

    Se l’ISIS volesse attaccare l’Italia, andrebbe così.

     

    ore 01:00 – il gruppone ISIS tenta di partire dalla Libia con l’aiuto di scafisti scafati, ma i soldi non bastano, quindi organizzano una colletta e quelli che restano senza soldi vengono fatti esplodere sul posto come buon auspicio per la missione.

     

    ore 2:30 – drammatica virata per orientare lo scafo verso la Mecca per la preghiera dei fedeli: il mare mosso rende difficili le operazioni e i componenti del commando si ritrovano e pregare in sequenza:
    • la mecca
    • due templi buddisti in cina
    • san pietro
    • la statua della libertà
    • 1 Mc Donald a madrid
    I pochi che se ne rendono conto, si fanno esplodere sul posto, come buon auspicio per la missione.

     

    Ore 6:45 – sbarco a Lampedusa dove il commando viene ricevuto da uno stuolo di volontari che, con amore, li accoglie con coperte, cibo e acqua: segue trasferimento nel centro di accoglienza locale in cui, come benvenuto, vengono picchiati e sodomizzati dai residenti….i più deboli, non sopportando il disonore, si fanno esplodere sul posto, come buon auspicio per la missione.

     

    Ore 12:30 – approfittando della pausa pranzo delle guardie, il commando evade e parte alla volta di Napoli: giunti sul posto, si infilano nei quartieri spagnoli dove vengono costretti a barattare le armi con lettori CD, autoradio e iPAD, rigorosamente non funzionanti. I più temerari, pur di non cedere il proprio armamento, si fanno esplodere sul posto, come buon auspicio per la missione.

     

    Ore 17:00 – il commando è alle porte di Roma dove viene bloccato da:
    • traffico sul raccordo anulare
    • manifestazione animalisti per la salvaguardia del cercopiteco afro-cubano chiazzato a strisce
    • sciopero generale dei sindacati uniti (esclusa CGiL che si dissocia e fa corteo a parte scioperando contro lo sciopero)
    • orda di turisti giapponesi che chiedono foto ricordo coi terroristi
    • centurioni incazzati perché credono che quelli dell’ISIS gli vogliano rubare il mestiere
    • 15 Vu Cumprà che li seguono con centinaia di occhiali da sole, collanine e borse al seguito.
    A questo punto, Berlusconi decide di scendere in campo, si avvicina e dice loro: “anche io sono stato un terrorista dell’ISIS, amici”
    I pochi che comprendono l’italiano, a queste parole, si fanno esplodere sul posto, come buon auspicio per la missione.

     

    Ore 20:30 – Il commando arriva a Firenze e punta verso Nord, ma in piazza Santa Maria Novella è costretto a sorbirsi Benigni che spiega la divina commedia, l’inno d’italia e i 10 comandamenti; al 194° “è bellissimo, è stupendo” alcune cinture di dinamite si fanno esplodere autonomamente sul posto, come buon auspicio per la missione.

     

    Ore 23:30 – ingresso, di ciò che rimane del commando, a Milano: obiettivo le strutture di EXPO 2015. Giunti nella zona prevista per il grande botto, i terroristi si rendono conto che delle strutture, non ce n’è una finita e vengono presi dallo sconforto.
    Ad alleviare il loro dolore compare Salvini che, guardandoli, esclama: noi non abbiamo nulla contro queste persone, ma bisogna farle esplodere a casa loro.
    Increduli, i terroristi lo guardano come si guarda un povero mentecatto e proseguono verso il nuovo obiettivo; prima però lo fanno esplodere sul posto, come buon auspicio per la missione.

     

    Ore 00:30 il commando entra a Torino pronto a far esplodere il parlamento italiano: l’unico del gruppo che ha studiato, fa presente che sono 150 anni che Torino non è capitale: il capo afferma che è il concetto che conta e costringe tutti a farsi esplodere, come buon auspicio per la missione.

     

    Ore 6:00 – l’ultimo superstite raggiunge la cima del Monte Bianco, tetto d’europa e recita una preghiera di ringraziamento per il grande successo della spedizione.


    A questo punto il gran consiglio degli Dei, capitanato dai due fuoriclasse Allah e Dio (detto Geova da alcuni affezionati del vecchio stile), gli compare di fronte dichiarando: “noi vi abbiamo creato a nostra immagine e somiglianza, vi abbiamo dato regole severe, ma giuste e vi abbiamo messi a vivere nel punto più bello di tutto l’universo perché poteste godere di un piccolo anticipo di quello che vi è stato riservato nel paradiso….e voi che fate? Vi ammazzate l’un l’altro pensando che sia il nostro volere. Una semplice domanda: quale padre metterebbe al mondo i suoi figli per farli massacrare tra di loro? Nessuno, ecco la risposta, nessuno….quindi, in estrema sintesi, non avete capito un cazzo, banda di coglioni”

    A questo punto il capo commando osserva l’immenso intorno a sé, capisce quanto sia piccola e fragile questa piccola palla che chiamiamo casa, si sgancia la cintura di dinamite, scende dal Monte Bianco e va a dare ed a ricevere un segno di pace da tutti coloro che incontra: Cristiani, Ebrei, Musulmani, Buddisti, Induisti, Atei…..persino Juventini!


    Dal tetto d’Europa, la cintura di dinamite esplode sul posto e, come su un braciere olimpico, regala alla vista di tutti il fuoco della fratellanza tra i popoli……e vaffanculo alla missione.

    Bisogni

    Probabilmente sbaglio, ma sono convinto che al mondo non ci sia bisogno di eroi ma semplicemente di buoni esempi

    Effetti collaterali

    Molto spesso si sente parlare di effetti collaterali: li sentiamo citare per farmaci, operazioni chirurgiche in ospedale o in campi di battaglia.

    Effetti collaterali, possibili eventi indipendenti dal nostro controllo sia nella loro manifestazione, sia sui reali effetti che possono produrre.

    Ciò che spesso ci sfugge è che gli effetti collaterali, o se mi consentite, le possibili conseguenze, sono un fatto inevitabile nel preciso istante in cui compiamo un’azione, una qualsiasi.

    Il problema è che compiamo migliaia di azioni ogni giorno e quasi mai ne valutiamo le possibili conseguenze.

     

    Capita così che, estenuati dalla ricerca di un parcheggio, o forse troppo pigri per cercarne uno, sistemiamo la nostra amata vettura in doppia o terza fila.

    Capita così che un’ambulanza non riesca a passare.

    Capita così che un uomo muoia di infarto senza sapere se quell’ambulanza avrebbe potuto salvarlo.

     

    Capita così che quel semaforo rosso in una serata con poco traffico lo possiamo pure “bruciare”.

    Capita così che magari un ragazzino ci vede e pensa che tutto sommato è figo.

    Capita così che magari, quel ragazzino appena patentato passa col rosso e ci stermina la famiglia sulle strisce.

     

    Capita così che i malavitosi del nostro quartiere è meglio lasciarli tranquilli per non avere problemi.

    Capita così che una sera si sparano per strada.

    Capita così che un proiettile vagante ci ammazza pochi minuti prima di andare a cena, la vigilia di Natale.

     

    Ma capita anche che ci provi a comportarti bene, a seminare qualcosa di buono.

    Capita così che qualche probabile futuro delinquente veda la differenza.

    Capita così che quel ragazzo diventi un adulto che si fermerà col rosso mentre la tua famiglia attraversa la strada sulle strisce, che sparerà sì, ma solo immani cazzate per farsi e far fare due risate agli amici, che parcheggerà la macchina dove trova posto, anche a 500 metri da casa e quell’ambulanza riuscirà a passare, magari salvando la vita a tuo padre.

     

    Non possiamo prevedere le conseguenze delle nostre azioni, ma possiamo decidere quali azioni compiere: è un rischio in ogni caso, tanto vale correre quello che dà minori probabilità di danni, se non altro per sano egoismo.

    Chiacchiere musicali

    È curioso ascoltare gli adolescenti parlare di musica sul treno...come difendono i loro beniamini rapper/trapper dalle critiche feroci, come sono appassionati e decisi nell'affermare il loro sacrosanto diritto a seguire gli artisti che più sentono vicini al loro modo di vivere e vedere il mondo...

     

    Poi però hanno parlato male del rock...e niente, mi sa che l'anno scolastico lo perdono...convalescenza troppo lunga

    Lo smart working primavera/estate

    Bilancio della giornata in smart working:

    2 call fatte

    3 report realizzati

    12 analisi dati completate

    59 mail ricevute

    37 mail inviate

    2194 zanzare abbattute

    a domani bastarde!!!

    Tempi e modi

    Viviamo il presente rimpiangendo il passato, con la paura del futuro...

    e sbagliando il congiuntivo.

    Pari opportunità

    Anche un uomo può dire di no, fatevene una ragione 

    Creatività

    Quando mentre sistemi le cartoline nell'espositore, il bastardo che c'è in te emerge con prepotenza 

     

     

     

    Ritornando a casa

    Di certo non una coppia giovane e nemmeno una bella coppia, almeno secondo i canoni solitamente usati.

    Entrambi piccolini, lui vestito in modo discutibile, ha un'andatura leggermente claudicante, lei si porta dietro qualche chilo di troppo, abiti semplici e l'assenza di fascino femminile.

    Scendono dal treno e, in mezzo alla folla che si affretta nervosa e mediamente incazzata verso casa, camminano calmi, tranquilli, mano nella mano.

    E la sensazione che provo è che, in mezzo a tutta quella gente, siano gli unici ad aver capito tutto...che siano loro i veri vincitori.

    Letture

     

     

    Ne ho letti tanti di thriller, gialli, polizieschi, e al di là del piacere della lettura, in rari casi mi sono sentito davvero soddisfatto.
    Questo libro, da inesperto letterario, lo considero tra i migliori in assoluto.
    Un viaggio impietoso e illuminante nelle profondità della miseria umana, a tratti così crudo da risultare quasi fastidioso.
    Un intreccio di storie dove non distingui più chi è vittima e chi carnefice, fino ad arrivare a un senso di pietà anche per l'assassino, schiavo della sua follia, ma ancora capace di propendere verso il prossimo quasi in un tentativo di redenzione.
    Tra i libri di Donato Carrisi è a pieno titolo il mio preferito; tra i libri di genere, sicuramente in zona champions.
    Vale davvero una lettura e, volendo, una riflessione sulla condizione umana.

    Emozioni bloccate

    Un video sta alla musica come un film sta ad un libro: salvo rarissimi casi, ne inibisce completamente la capacità di dare all'ascoltatore libero sfogo all'immaginazione ed alle emozioni.

    Anno nuovo, vita...

    Che poi io li adoro quelli che credono che, siccome cambia l'anno, le cose possano andare meglio.

    E' un po' come pensare che rifacendo il bagno la cacca puzzi di meno.

    Condannati a soffrire

    Un po' di anni fa, e con quel "un po'" intendo un lasso di tempo sufficiente a ricordarmi che sono invecchiato parecchio, alcuni amici Juventini del gruppo di volontariato che frequentavo, ebbero l'idea digiocare un derby interno Juve-Toro.

    L'idea era quella di sfidarci in una partita regolare e cogliere l'occasione per una serata diversa, che terminasse, come da copione, a tarallucci e vino.

    Gli incauti sfidanti non considerarono però alcuni fattori fondamentali che giocavano a loro sfavore, primo fra tutti il fatto che il sacerdote responsabile del gruppo era il cappellano del Torino Calcio.

    Ad ogni modo la sfida venne ovviamente accettata e, definiti data e luogo, si provvedette a organizzare l'evento.

    La sera della partita, negli spogliatoi, ci vennero consegnate le divise e con grande meraviglia socoprimmo che quelle di noi granata erano una riproduzione di quelle del grade Torino, quello di Superga.

    Ecco quindi il secondo fattore fondamentale che giocava contro i cugini a strisce: sì perchè quando un tifoso del Toro indossa quella maglia non è più un tifoso: lui E' il Toro.

    Se poi la maglia è quella del grande Toro, beh ragazzi, c'è poco da fare.

    Come da copione in campo fu un massacro (sportivamente parlando); con un perentorio 6-0 facemmo passare la voglia della rivincita ai poveri amici senza colori e, per essere sinceri, nell'ultimo quarto d'ora tirammo i remi in barca per non infierire.

    Al termine ci furono i già citati tarallucci e vino, qualche sfottò e il bel ricordo di una serata di sport e di amicizia.

    Ma per me fu anche la prima e l'ultima occasione di indossare quella maglia che, per quanto possa sembrare stupido e infantile, per 90 minuti mi cambiò regalandomi una serie di emozioni e di pensieri che andavano ben al di là del semplice evento.

    Quella partita, per me, fu un omaggio verso una squadra, quella dei tragici momenti del '49, che travalicò il significato sportivo e divenne un simbolo di un'Italia che doveva e poteva uscire dagli orrori della guerra con l'orgoglio, il lavoro duro, la passione.

    Quella squadra era tutto questo e forse anche qualcosa di più: era un patrimonio nazionale, anzi lo è ancora.

    Quella squadra non perse mai nel campo di casa e si rese protagonista di rimonte storiche al suono di tromba che intonava "la carica" dagli spalti.

    Essere tifosi del Toro è qualcosa di particolare che solo chi lo è può capire.

    Citando una mia cara amica juventina (nessuno è perfetto): "Riconosco in loro uno spirito che esula dal calcio. Nei loro occhi c'è la passione, c'è l'orgoglio, c'è la dedizione...roba che oggigiorno difficilmente si trova in giro".

    Questo è il riassunto perfetto di noi poveri tifosi granata, destinati a guardare la classifica dal basso verso l'alto, destinati a essere la squadra "provinciale" di Torino, destinati alla sofferenza continua...e va bene così, perchè solo attraverso la sofferenza si diventa migliori.

    Quindi un grazie a quella fantastica squadra, una squadra battuta solo dal destino, una squadra che ha cementato per sempre un senso di appartenenza che non può essere messo in discussione mai.

    Una squadra che rappresenta quello che vorrei fosse oggi il calcio, anzichè dover assistere sempre più spesso a incontri tra 22 mercenari plurimilionari pronti a vendersi al migliore offerente.

    C'era una volta lo sport, Il Grande Torino ne era una delle massime espressioni e su questo non c'è discussione.

    Caos calmo

    Una giornata caotica e la serata anche peggio: uscita dal lavoro alle 17:30 circa e di corsa a giocare una partita di basket alle 19 con la squadra aziendale. 40 minuti di gioco e panchina (più panchina che gioco) e poi doccia veloce e ripartenza a razzo perchè alle 22:00 all'oratorio c'è un'altra partita da giocare, questa volta di calcio a 7.

    La strada del rientro non la conosci bene, quindi ti affidi al navigatore che, ovviamente, ti porta sulla via più complicata.

    Hai fretta e imprechi ad ogni tornante, ad ogni auto che ti frena, ad ogni lavoro in corso.

    Hai fretta e schiacci il pedale destro dove puoi e intanto maledici quel navigatore e le sue scelte irrazionali.

    Corri veloce, scollini e arrivi a pochi chilometri da casa quando la lunga fila di edifici si interrompe e lascia spazio alla campagna che circonda il paese dove vivi.

    Dal finestrino aperto entra quasi in modo prepotente il profumo dell'estate che arriva dai campi e dagli alberi che ora ti circondano, sostituendosi a mattoni e cemento lasciati da poco.

    Alzi il piede dal pedale destro e ti abbandoni a quel profumo che ti vizia i sensi e anche un po' l'anima.

    Alzi il piede e scopri che dalla chiavetta inserita nella radio, si diffonde una musica che ti è cara, ma che fino ad ora non avevi nemmeno sentito.

    Alzi il piede e ti culli ad ogni curva come su un dondolo in giardino: improvvisamente non hai più tanta fretta.

    Radici

     

     

    Questa Torino

    caotica e meravigliosa,

    crudele e mamma.

    Può estenuarti con il suo caos e può cullarti con la sua bellezza.

    Città razionale e pazza,

    terra di santi e di diavoli.

    Città che è femmina,

    ti sfianca,

    ti ama,

    si fa odiare e si fa amare nello stesso tempo.

    Città che ti manca se l'hai conosciuta fin dentro al suo cuore.

     

    Torino,

    primadonna da sempre relegata al ruolo di comparsa.

    Ode ai perdenti

    Dopo le Olimpiadi dell'anno scorso, ragionando su quanto i media proponessero, mi è venuto in mente che per ognuno di questi vincitori che hanno avuto alle spalle un anno durissimo, sacrifici, fatica, dedizione, voglia di riscatto, delusioni, rinascite, ecc. ecc., ci sono decine di perdenti che hanno avuto presumibilmente le stesse cose, ma siccome non hanno vinto una cippa, allora nessuno se li caga di striscio.

    E allora la mia personale stima e tutto il mio rispetto va a questi sconfitti, questi moderni willy coyote, che ci sono comunque, che faticano, che sudano, che ci provano sempre, anche quando sanno di non avere alcuna possibilità.

    Dimenticati proprio in quella manifestazione dove si dice che l'importante è partecipare ma in cui, nella realtà, se perdi non sei nessuno.

     

    Dio benedica i perdenti, perché senza di loro non esisterebbero i vincenti.

    Statistiche...

    Non mi spiego come mai in giro sul web si trovano ampie schiere di (presunti) "Rocco" e poi la media nazionale di durata è di 3 minuti.

     

    In alcuni casi con doccia e sigaretta compresi 😏

     

    Smart Working: quello che tutti sanno, ma nessuno osa dire

    Lo smart working è quella roba che ti colleghi e...


    Ciao
    Ciao
    Ciao
    Chi manca?
    Manca giovanni
    Spegni il microfono del PC che fischia tutto
    Giovanni si è collegato
    Ciao
    Ciao
    Ciao
    Ciao
    Francesco è uscito
    Accendi il microfono che non ti sentiamo
    Laura è uscita
    Francesco si è collegato
    Dunque dicevam...poiché la cos...e quindi la soluz...
    Condividi lo schermo così capiamo meglio
    Ecco, mi vedete?
    Si
    Si
    No
    Vedere cosa?
    Laura si è collegata
    Scusate ho il bimbo che piange
    Bau bau
    Miao miao
    Dlin dlon
    Aaaaahhhhh, siiiiii, ancoraaaaaa
    Luca togli l'audio al porno
    Luca è uscito
    Luca si è collegato
    Scusate
    Ok quindi tutti d'accordo?
    Si
    Si
    Si
    D'accordo su cosa?
    Bene, ciao
    Ciao
    Ciao
    Francesco è uscito
    Francesco si è collegato
    Non c'è più nessuno? Vabbè ciao

    Fine

    Uomini e cani (triste storia della fine di un'amicizia)

    Il cane va portato fuori a passeggiare, è un sacrosanto dovere dell'umanoide bipede ed un altrettanto sacrosanto diritto della creatura quadrupede, quindi collare, guinzaglio e via verso prati verdi con l'implicita promessa di corse felici e spensierate, prima del tanto desiderato pasto serale.

    La serata non è caldissima e un fresco venticello rende la passeggiata gradevole per entrambi...ma come spesso accade, il cielo ti fa intuire di aver fatto una lievissima caz...ehm cavolata ad uscire a quell'ora e si presenta nella sua versione più inquietante, ricordandoti che forse la prossima volta è meglio se leggi il meteo.

    Con un gesto improvviso di saggezza e lungimiranza, chiamo l'essere cinofilo a me e mi avvio verso casa per evitare il disastro idrico, ma il tempo lo sa e siccome è un sadico (e anche maledettamente puntuale), decide che è ora di scaricarci addosso tutto quello che ha.

    In pochi secondi la stradina sterrata si trasforma in un cammino di fango; attraverso le lenti degli occhiali ormai la visuale è azzerata e decido di toglierli godendomi così la pioggia di stravento direttamente nei bulbi oculari: e son soddisfazioni!

    Il migliore amico dell'uomo che è con me, decide di revocare tale nomea e mi guarda come per dirmi "sei un deficiente, io con te non ci esco più" (e come dargli torto)

    Ritornati sulla strada principale ci avviamo verso casa, ormai rassegnati al triste destino di naufraghi, consolati da alcune auto che passano e impietosamente ci schizzano con l'acqua delle pozzanghere.

    L'ultima a passare però, dopo pochi metri rallenta e accosta; le passiamo accanto e un signore dai capelli bianchi come la neve abbassa il finestrino e in un piemontese quasi d'altri tempi mi chiede se ho bisogno di un "paracqua".

    Mi viene da sorridere pensando a quanto ormai sarebbe inutile visto che sia io, sia il mio ex amico, siamo così zuppi da poter essere strizzati e considerando che con una pioggia così forte e col vento che la fa cadere in diagonale, non basterebbe un ombrellone da spiaggia per ripararsi.

    Sorrido al gentile signore che prosegue per la sua strada salutandoci, quasi ad augurarci buona fortuna.

    Ringraziando il cielo mancano pochi metri al cancello di casa e di regola sarei incaz...ehm arrabbiato come un calciatore a cui hanno negato un rigore inesistente al 48° del secondo tempo, con la partita ferma sull'1 a 1, ma il gesto tanto inutile quanto gentile di quel signore, mi impedisce di scomodare i santi del paradiso e, anzi, mi fa affrontare le ultime bracciate verso casa con il sorriso sulle labbra (io sorridevo, l'essere scodinzolante era piuttosto contrariato).

    Arrivati a casa, dopo esserci rimessi in forma più o meno dignitosa, la creatura abbaiante ha avuto la meritata cena e io, con una certa soddisfazione, ho aggiunto un punto simpatia al genere umano o, forse, ho solo tolto un punto antipatia al genere disumano...dipende da che parte la si vuole guardare...

    A volte basta così poco ad essere umani e molto spesso non si riesce più a fare nemmeno quello...che peccato.

     

     

     

    Umanità

    Nel pieno delirio del pronto soccorso (anche grazie a tanta gente che ci va solo per stronzate), entra un anziano che scopro avere una novantina d'anni...lamenta malessere, viene fatto accomodare, coccolato il giusto, qualche parola col personale.

    Un bicchiere d'acqua e gli viene misurata la pressione con la stessa cura che si avrebbe con un proprio caro, lo si congeda con dolcezza, accompagnandolo fino all'uscita chiacchierando amabilmente e rassicurandolo su uno stato di salute pressoché perfetto.

    Era evidente che fosse lì solo in cerca di un contatto umano e questo ha ricevuto e forse è stata la prestazione migliore fornita quel giorno.

    Accenni di una umanità che, in mezzo alla fretta e impazienza di tanti accompagnatori lamentosi, restituisce la dimensione giusta al termine "avere cura"... Chapeau

    Fede e ferrovie

    Si piazza esattamente davanti alle porte del treno, in prima fila e con la bava alla bocca assaporando la conquista del posto a sedere.
    Ma la gente che deve scendere ha la precedenza e la costringe a indietreggiare.
    Terminata la discesa si trova così indietro che si vede passare avanti tutti quelli che aspettavano correttamente di lato.
    Entra tra gli ultimi...e resta in piedi.

     

    Dio esiste e oggi scendeva dal treno.

    Cosa nostra

    Ci sono cose della nostra vita che appartengono a noi e solo a noi.

    Non credo nella condivisione di tutta la nostra essenza con un altro essere umano, sarebbe come perdere la propria identità: ci deve sempre essere un angolo di noi nel quale nessuno entrerà mai.

     

    Quell'angolo è ciò che ci definisce, la base su cui poggia tutto ciò che di noi condividiamo.

     

    Quell'angolo siamo noi...probabilmente l'unico posto dove siamo veramente noi.

    Brevi precisazioni (in)utili

    Prologo:

    mi sono ormai convinto che la maggior parte delle persone che visita un profilo, al di là del come ci arrivi, si limiti a guardare la foto profilo (se c'è) e la descrizione profilo, senza considerare ulteriori contenuti.

    Quindi sono consapevole che quanto scritto qui non avrà grandi effetti ma come si dice, io l'ho scritto, al massimo sei tu che non l'hai letto.

    Fatta questa premessa ci tengo a sottolineare pochi concetti che tenterò di riassumere qui di seguito.

     

    Capitolo 1 (e unico)

     

    1. Una community come questa nasce come punto di condivisione e di dialogo tra persone che, diversamente, non avrebbero opportunità di interagire: il fatto che in molti la usino come agenzia matrimoniale o come terreno di caccia a fini sessuali (a tratti anche con esplicite proposte osceMe), non significa che questo sia l'unico utilizzo possibile.

    2. Ognuno, si spera nei limiti del decoro e del rispetto dell'altrui e della propria dignità, condivide i contenuti che più ritiene opportuni: se non si è d'accordo con essi, non bisogna sentirsi in obbligo di commentare in modo offensivo, basta passare al profilo successivo seguendo il consiglio che il sommo poeta scrisse nella Divina Commedia "Non ti curar di loro ma guarda e passa"

    3. Le persone non vivono online, pertanto se a un messaggio non arriva una risposta immediata, non è necessario uscire di senno...non so voi, ma siamo in molti ad avere una vita

    4. Ho 51 anni, non sono una cariatide ma nemmeno un ragazzino, quindi le poche amicizie che ho, le ho costruite in anni di rapporto "in presenza" condividendo lunghi tratti della mia vita. Il virtuale è un'occasione per scambiare idee più o meno serie con altre persone, nulla di più, nulla di meno. Il termine "amicizia" è una cosa seria, per favore non abusiamone pensando che sia applicabile a due persone che si scambiano pochi messaggi quando possono.

    5. Non sono un santo, ma nemmeno un demonio: sono un essere umano con le sue idee, le sue incoerenze, i suoi sbagli e i suoi pregi; fa parte della vita. Tutto questo lo rispetto in chiunque, di riflesso pretendo che tale rispetto mi sia dato. Se sei qui per cercare la rissa, sappi che troverai solo un muro di gomma.

     

    Epilogo:

     

    Credo profondamente nella libertà di ognuno di approcciarsi a certi contesti e alle persone come ritiene più opportuno, ma abusando di una frase ormai logora per quanto è stata citata, ricordiamoci tutti che "la tua libertà finisce dove inizia la libertà dell'altro".

     

    Buona navigazione e grazie per il tuo passaggio qui.

    Lettera aperta alle nuove generazioni

    Alle nuove generazioni:
    – rendete reale il mutuo riconoscimento, lì risiede la pace
    – pensate a lungo termine, perchè ciò che fate oggi si ripercuoterà sui vostri figli
    – provate a realizzare i vostri sogni, ma non siatene schiavi
    – rispettate gli anziani, sono la parte vivente della vostra storia
    – mangiate sano
    – imparate a essere indipendenti, ma con il buon senso
    – amate tanto, senza aspettarvi nulla in cambio
    – condividete il vostro talento o sarà inutile che lo abbiate
    – ascoltate tanta musica, ma soprattutto rock
    – fate sport
    – imparate a suonare uno strumento, o a dipingere o qualsiasi altra forma d’arte, perchè è attraverso l’arte che potrete esprimere chi siete
    – siate critici, ma non qualunquisti
    – contestate le regole, ma rispettatele: la lotta consiste nel farle cambiare, non nel distruggerle
    – non svendetevi mai, siate fedeli a voi stessi
    – siate liberi nei pensieri
    – rispettate la libertà degli altri
    – parlate molto, ma ascoltate di più
    – siate vivi sempre come lo siete oggi
    – giocate molto
    – ridete molto
    – pensate molto
    – infine, vi prego, non rompete i coglioni alla sera, nelle panchine sotto casa, grazie.

    Comunicazione (in)efficace

     

    Mi ha chiesto di descriverle in 3 parole il primo appuntamento perfetto

    Le ho detto
    1 - aaaaaahhhhhh
    2 - oooooohhhhhh
    3 - mmmmmhhhhhh

    Non mi ha più risposto...mah

    Punti di vista...

    Spesso il problema risiede nel fatto che le donne sognano un incontro alla "Pretty Woman" e gli uomini alla "Moana e Cicciolina ai mondiali"... 😏

    Come spiegare in 8 secondi i sogni, le speranze, i desideri di molti utenti di community virtuali...

    Consigli dalla regia

    Amate

    non fate il male

    possibilmente fate il bene

    per il resto, fate un po' come cazzo vi pare

    Automatico e manuale

    L’esperienza della morte, seppure inevitabile, è una di quelle cose a cui non si fa mai l’abitudine.

    Che ci coinvolga da vicino o meno, ci costringe a confrontarci con l’unica certezza della nostra esistenza.

    Come in tutte le cose, però, ci sono tanti modi per approcciarsi a questo argomento e spesso, lo dico con rammarico, lo si fa nel modo più becero.

    A cominciare dall’attesa della salma davanti alla chiesa, dove si fa il solito mercato, tra commenti e risate per poi muoversi all’unisono al momento dell’ingresso, anelando alle prime posizioni, in una sorta di esasperazione di presenzialismo e protagonismo;

    il meglio arriva poi durante la funzione, dove il mercato abbassa i volumi, ma le contrattazioni continuano in un tanto costante quanto fastidioso sottofondo che fa da live motive a tutta la messa.

    La vera chicca, però, sono i cellulari che iniziano a suonare un po’ qui e un po’ là, con i riceventi che li tirano fuori dalle tasche, guardano da chi arriva la chiamata e poi la rifiutano, mentre dall’altra parte della chiesa una musichetta preannuncia l’arrivo di un messaggio che viene prontamente letto e, nei casi più clamorosi, si improvvisa anche una risposta veloce.

    A completare il quadretto, di norma, c’è un celebrante che ha la stessa capacità di infondere speranza nei convenuti, di quella che aveva Hitler nell’infonderla ai deportati nei campi di concentramento.

    Al termine della funzione, c’è il percorso a ritroso per uscire, non senza aver partecipato alla classica fila all’italiana per salutare i parenti dell’estinto.

    Ora, per carità, lungi da me il voler giudicare, né tanto meno il voler essere bigotto, ma mi pare che per l’ennesima volta sia evidente come vi sia una totale mancanza di educazione, di sensibilità, di rispetto o perlomeno di buon senso.

    Il gesto, non dico di spegnere, ma almeno di silenziare un cellulare dovrebbe essere automatico;

    il rimandare a dopo le chiacchiere dovrebbe essere automatico;

    partecipare, che sia attivamente o che sia passivamente, alla funzione, dovrebbe essere automatico.

    Saper dare il vero senso alla morte, almeno quello Cristiano visto che si è in una chiesa, dovrebbe essere automatico;

     

    Viviamo in un’era in cui tutto tende ad essere automatico, tranne la nostra capacità di comportarci da esseri umani: quella la gestiamo ancora in manuale...e male.

    Fare l'amore o fare sesso: c'è una bella differenza

    Detesto le citazioni, ma per Giorgio Gaber posso fare un'eccezione.

    Durante un suo monologo, intitolato "Dopo l'amore" recitava questa frase: "ci vuole troppa comprensione per trasformare in dolcezza una cosa venuta male".

    Ed ecco il punto della questione: tifo da sempre per la libertà dell'individuo, per l'autodeterminazione della propria vita e delle scelte che ne segnano il percorso, purchè vi sia sempre come base il rispetto dell'altro e, soprattutto, di se stessi.

    C'è tanta gente che vive una sessualità molto aperta, talvolta per scelta, talvolta per la necessità di sentirsi ancora oggetto del desiderio di qualcuno, ma credo fortemente che, qualsiasi siano contesto e presupposti, sia necessario che tra due "amanti" vi sia una vera attrazione emotiva (non parlo di amore) in modo tale che l'incontro sia dettato da un desiderio reciproco e non solo uno sfogo fisico per il quale andrebbe bene chiunque o quasi.

    Se finisci su un letto, su un tavolo, o contro un muro con una persona, quella persona devi desiderarla davvero in quel momento, altrimenti è solo ginnastica e per quella esistono le palestre...

    Appunti di viaggio

    C’è un sottile piacere nello spostarsi a piedi lungo le vie e i vicoli del paese, di prima mattina.

    L’aria fresca (a dire il vero fredda) colpisce come uno schiaffo la faccia e i polmoni, con l’innocenza e la freschezza che a breve perderà, caricandosi di gas di scarico.

    Il sole ancora non ha intenzione di farsi vedere e tutto sembra avvolto nel dolce manto del sonno, salvo qualche sporadico passaggio di auto e qualche finestra da cui si spande una luce che porta con sé la promessa di un buon aroma di caffè.

    I tratti di corso Matteotti, via Albussano e parte di vicolo Albussano sono privi di marciapiede, il che mi costringe a camminare rasentando così tanto il muro, che mi sento un po’ uomo ragno, ma lo scarso traffico rende il cammino comunque agevole.

    Come ogni mattina, noto le stesse auto, parcheggiate nello stesso posto, quasi a rassicurarmi che tutto è come deve essere.

    Non incontro anima viva il che per un uomo (inteso come maschio), che per definizione è in grado di interagire con un altro essere umano non prima delle 10:00 – 10:30, è la condizione ideale.

    Arrivo alla rotonda del Mercatò e imbocco piazza Europa, dove alcuni banchi del mercato sono già quasi completamente allestiti; ambulanti in piena attività si prodigano a montare strutture e scaricare merce che da lì a poco sarà contesa da un fiume di persone che invaderà la piazza e le vie circostanti. Sento il freddo nelle ossa e non invidio certo quei lavoratori che quel freddo lo sentiranno per gran parte della mattinata, mentre io sarò comodamente seduto alla mia scrivania godendo di una temperatura decisamente più confortevole.

    Al fondo di piazza Europa, punto dritto verso la stazione per unirmi ai già presenti capannelli di viaggiatori che si incamminano verso il binario 1.

    Salgo e mi accomodo, preferibilmente accanto ad un finestrino per poter godere della vista del mondo che scorre dietro quella lastra di vetro.

    Metto le cuffiette e sintonizzo la radio sul 90.9 di Radio Freccia, perché non c’è inizio migliore di quello regalato da un po’ di sano rock: se sono fortunato, magari passano qualche pezzone di quelli che mi fanno venire la pelle d’oca anche se hanno quasi i miei anni.

    Poi apro whatsapp e, come ogni mattina, mando il buongiorno alla persona che ha preso la residenza nel mio cuore…quella persona che cercavo da sempre e che la vita mi ha fatto incontrare non senza avermela fatta sudare…e proprio per questo il suo valore è assoluto. Scrivo e sorrido sapendo che quel messaggio sarà un po’ la sua sveglia.

    Il ragazzo seduto di fronte dorme come se non lo facesse da giorni; dal suo cappuccio nero sbucano ciuffi di capelli biondissimi e la sua mano destra, con un anello al pollice, tiene in mano lo smartphone dotato una cover dal color verde fluo (i gusti son gusti)...chissà quale musica passa dalle cuffiette che porta nelle orecchie, ammesso che lui la senta…resta immobile per due fermate, il che inizia a preoccuparmi, fino a rendermi conto che è vivo perchè noto leggeri movimenti volontari della testa.

    Il suo vicino gioca in modo accanito sullo schermo crepato del suo telefono senza mai alzare gli occhi.

    Su un sedile della fila di fronte, un ragazzino sui 14 anni, giacca a vento turchese e occhiali un po’ da nerd, sfoglia appunti, probabilmente per fissare gli ultimi concetti prima di una interrogazione o di una verifica, riportandomi alla mente cose che facevo tanti, troppi anni fa…certe cose non cambiano mai.

    Dal finestrino osservo le prime luci che restituiscono alla vista filari di alberi spogli, ma che esibiranno uno spettacolo ben più colorato tra poco più di un mese testimoniando, in perfetta coerenza, il ciclo della vita.

    Si susseguono centri abitati che mi sono familiari: lì ci ho lavorato qualche mese, lì ho fatto un colloquio, in quel concessionario sono andato a vedere una vettura…

    La ragazza col Piercing al labbro salita a Trofarello non trova posto a sedere, ma la cosa non sembra seccarla; ha trovato amici con cui parla sorridendo, scandendo con le parole il tempo del viaggio che la separa dalla sua meta.

    Si scende al Lingotto e si sale sul bus, che grazie alla colorata e vivace presenza di tanti studenti, è piuttosto intasato, tanto che non riesco ad arrivare alla bollatrice.

    Il ragazzo che sul treno giocava con lo smartphone scheggiato, è salito sullo stesso bus e mi prende l’abbonamento dalle mani per timbrarmelo, gesto che mi conferma come i ragazzi siano molto meglio di come di solito li dipingiamo (per inciso, gli “adulti” vicino a lui se ne sono altamente sbattuti i gabbasisi del mio abbonamento di bippare).

    Fermata dopo fermata i ragazzi scendono e si avviano con scarso entusiasmo verso la giornata di scuola che li attende.

    Con altrettanto scarso entusiasmo, anche noi adulti scendiamo per recarci al posto di lavoro.

    Lungo il tragitto che mi separa dal cancello di ingresso, mi godo ancora un po’ di musica; l’aria non è la stessa di un’ora prima, ma conserva ancora una parvenza di respirabilità.

    All’ultimo semaforo prima dell’ingresso in azienda un gentile automobilista, in barba ai suoi colleghi fermi al semaforo che ricorda di stare fermi sfoggiando un bel rosso fuoco, decide di diventare improvvisamente daltonico e tira dritto verso nuove e incredibili avventure; lo noto, ma non rallento il passo e lo costringo a lasciare 15 euro di pneumatici sull’asfalto…comprendendo la sua frustrazione, gli lascio sul parabrezza il biglietto da visita di un gommista mio amico…prezzi modici, servizio impeccabile.

    Finalmente arrivo in ufficio; il consueto “buongiorno” dà inizio alle 8 ore di lavoro terminate le quali farò il tragitto a ritroso, con panorami simili, aria un po’ più pesante, volti diversi…e ogni aspetto di questo viaggio quotidiano in qualche modo inciderà, anche solo temporaneamente, sul il mio umore, sul mio modo di osservare la vita, sulla vita stessa.

    Sì, c’è un sottile piacere nello spostarsi a piedi lungo le vie e i vicoli del paese, di prima mattina…nell’osservare le persone intorno a me, nell’assaporare lo scorrere del tempo e di come questo scorrere muti continuamente la realtà che mi circonda…

    È il piacere di sentirmi parte di quella cosa che chiamiamo vita.

    la musica è fatta a scale...

    Quando il maestro di chitarra ti fa una lezione sulla scala maggiore e ti dice di esercitarti a casa, ma tu non hai capito proprio bene bene...

     

     

     

    Era digitale

    Ci si incontra in community

    si diventa amici su facebook

    ci si fidanza su whatsapp...

     

    alla fine si tromberà su pornhub

    Un giorno. Questo giorno. Il NOSTRO giorno!

    4 Maggio...

     

    Oggi è un giorno amaro per Torino, amaro per l'Italia, amaro per lo Sport tutto.

    Oggi è il nostro giorno, lo sarà sempre e nessuno potrà mai portarcelo via; nessuno potrà mai portarci via quella squadra, quegli atleti, quegli uomini.

    Oggi è il giorno del grande Torino, punto!

     

     

     

    This means war

    "Quando gli elefanti combattono è sempre l’erba a rimanere schiacciata"

    (proverbio africano)

     

    La guerra è...

     

    This Means War - YouTube

    Brutto tempo...

    La pioggia che spesso viene associata all'espressione "brutto tempo" può ispirare perle di rara bellezza come questa...e allora questo tempo non appare più così tanto brutto.

     

    The Rain Song - Jimmy Page & Robert Plant - YouTube

    Uno, nessuno, centomila

    C'è stato un periodo della mia vita in cui ero l'altro.

    C'è stato un periodo della mia vita in cui ero l'altro e lei era l'altra

    C'è stato un periodo della mia vita in cui lei era l'altra

    C'è stato un periodo della mia vita in cui ero io e lei era lei

    C'è stato un periodo della vita in cui ero solo io con delle lei estemporanee

     

    Tante versioni di me nell'interminabile viaggio che ci modella, ma che in sostanza ci fa semplicemente rendere conto di chi siamo, con tutti i pregi ed i difetti.

     

    E la parte più difficile non è tanto l'accettarsi, ma il sapersi perdonare.

     

     

    Chi è mio padre...

    È significativo che per omaggiare la figura del papà, si sia scelto il giorno in cui si ricorda un santo che non era il padre biologico della santissima creatura...perché genitore non è necessariamente chi biologicamente risulta esserlo, ma colui che si fa carico del bene, dell'educazione, della vita di una creatura, dandole gambe e ali per camminare e volare nel mondo in modo indipendente e coscienzioso...il resto sono solo analisi del DNA

    Segni di primavera...

    Sfuggente, quasi timida, ma ormai pronta a vivere appieno, torni tra noi quasi a simboleggiare la rinascita della natura dopo il lungo letargo invernale: ed è subito primavera...
     
    ZANZARA DI MERDA!!!

    Galateo, ma anche no...

    La signora sul bus l'avrei anche fatta sedere al posto mio, ma visto che ha passato ogni singolo secondo a spalare merda sul pessimo servizio di trasporto pubblico, su quanto fa schifo la città di Torino, su quanto non funzioni nulla, scartavetrandomi i gioielli di famiglia fino a farli sanguinare, ho deciso che il viaggio poteva farselo in piedi che di energia ne aveva a sufficienza per reggersi...

    Solitudine...

    Ti senti solo?
    Vorresti parlare con tante persone?
    Questa la ricetta al tuo problema:
    1. fatti assumere da una multinazionale modernamente organizzata
    2. scrivi a un collega chiedendo un dato
    3. ti rimbalzerà ad un altro collega che
    4. ti rimbalzerà ad un altro collega che
    5. ti rimbalzerà ad un altro collega che
    6. ti rimbalzerà ad un altro collega...
    nel giro di 15 minuti non avrai il dato richiesto, ma avrai parlato con un sacco di gente.

    In Loving Memory

    Per ricordare chi non c’è più, occorre sempre far passare l’ondata emozionale che, se cavalcata, rischia (e spesso riesce) a produrre tanto giustificati quanto banali commenti (nell’era dei social poi arriviamo al quasi scandaloso e lo dice un loro frequentatore)

    Quindi sono qui, in un luogo dove nessuno o quasi leggerà le mie parole, per ricordare un uomo scomparso pochi anni fa, trovandomi nel pieno di quella ondata emozionale che ho citato pocanzi. Quel “nulla accade per caso” di cui sto facendo un po’ il live motive della mia vita, lui lo chiamava con fede “provvidenza” e questa non lo ha mai tradito, come lui non ha mai tradito i ragazzi e le ragazze che lo hanno seguito nel suo cammino di servizio e di educatore.

    Pochi giorni perima della sua partenza per una vita migliore, seduti uno accanto all’altra su di una panca di fronte alla casa madre della comunità che lui tanto ha voluto e realizzato, abbiamo fatto un piccolo calcolo di quante persone, in 40 anni, sono passate di lì, anche solo per pochi giorni: a circa 100.000 ci siamo fermati, che l’ora era tarda e lo sforzo mnemonico richiesto era un po’ troppo impegnativo, soprattutto dopo una giornata passata tra cemento, pentole da lavare, stanze da pulire, ragazzini da seguire e tante altre piccole cosette che, quotidianamente, scandiscono le giornate all’OASI di Maen, piccola frazione di Valtournanche in Val d’Aosta (//www.oasimaen.it/). Amava ripercorrere la storia di quel posto, forse perché le persone anziane (aveva 76 primavere sulle spalle), proprio perché sanno che il loro tempo è quasi scaduto, spesso cedono ai ricordi, un po’ per nostalgia, un po’ per fare un bilancio della propria vita, un po’ per lasciare la loro eredità a chi viene dopo, i giovani; quei giovani a cui lui ha dedicato una vita intera.

    Certo come ognuno di noi, non aveva un carattere facile, ma essere educatore nel senso più stretto del termine, non prevede falsi buonismi: richiede invece enorme dedizione, durezza quando serve, capacità di ascolto, efficiacia nel trasmettere e nel far vivere valori oggi poco citati e ancor meno praticati. Molti di noi hanno imparato il vero significato di cose come SERVIZIO – GRATUITA’ – COMUNIONE – INSIEME – FATICA – PAGARE DI PERSONA – ALTRUISMO – RESTITUIRE – AMICIZIA – FEDE. Non imparato su noiosi fascicoli da catechesi di massa, ma imparato vivendole sulla propria pelle, ogni giorno, ognuno secondo le proprie capacità e secondo la propria sensibilità.

    E ognuno di noi quelle cose se le porta dentro, anche chi non lo vuole ammettere: l’OASI di Maen è così, una volta dentro, non ci esci più. Ed è vero, quel posto, anzi le persone di quel posto e il modo di viverlo, ti entrano dentro e dentro ti restano, scavano, riemergono, ti mancano. Questo modo di vivere è stato lui a trasmetterlo, lui con la sua fede incrollabile e io credo che prima che in Dio, lui avesse fede negli uomini e nella loro capacità di poter creare dei se stessi migliori e, di riflesso, un mondo migliore (lo so, fa tanto Miss Italia, ma concedetemi la licenza nazional popolare). Un uomo che amava rimboccarsi le maniche (anche fisicamente le aveva sempre tirate su) e spingeva tutti a farlo.

    Un uomo molto concreto, che conosceva la vita e le sue difficoltà; è significativo, in tal senso, che quando diceva cosa era davvero importante secondo lui, non parlava mai di Dio, di Gesù, della fede: lui diceva sempre: “le tre cose importanti nella vita sono la salute, gli affetti e il lavoro”. Certo la fede per lui era cosa fondamentale, ma sempre vissuta calandola appieno nella realtà che lo circondava, con tutte le contraddizioni del caso, comprese le sue. Ci lascia un’eredità difficile, ora sta a noi far sì che tutto il suo lavoro possa continuare ad avere un senso, anzi IL senso che lui ha saputo dargli e trasmettere a più di 100.000 persone.

    Era un grande educatore, era un grande sacerdote salesiano, era un grande dirigente sportivo, a volte era un gran rompiballe……era merce rara: era semplicemente un Uomo (e la maiuscola non è casuale).

     

    (con gratitudine e in ricordo di Don Aldo Rabino, 1939 – 2015)

    Cuore e coltelli...

    Iniziava la colonia, come ogni anno, ma per me era un anno particolare, perchè per la prima volta avevo la responsabilità diretta di una delle squadre nelle quali i bambini venivano divisi. Alla partenza da Torino l’accoglienza è delle migliori: lo sappiamo bene che la maggior parte di quei ragazzini arriva da situazioni difficili, lo sappiamo perchè molti di loro ci sono stati mandati dai servizi sociali e quindi è nostro dovere farli sentire accolti nel migliore dei modi. Uno di loro, un po’ più sbruffone degli altri, mostra un coltello a un amico e convincerlo a darlo ad un animatore non è cosa semplice.

    Arrivati a destinazione, ci si sistema nelle varie camere e poi si fa colazione prima di comunicare le varie squadre. Guarda caso, l’accoltellatore pazzo me lo cucco io, con immensa gioia e soddisfazione! La colonia inizia e prosegue con una certa tranquillità: qualche animo da calmare ogni tanto, ma niente di serio. Il teppistello non pare prestare troppa attenzione alle attività che si fanno; partecipa ai giochi con una certa distrazione, a meno che non ci sia un pallone da calcio di mezzo, allora si scatena, soprattutto se perde…Prepariamo anche le scenette per la serata teatro, ma il soggetto di cui sopra, nonostante abbia il ruolo da protagonista, non ne vuole sapere…e va beh, sarà una schifezza, ma poco importa, l’importante sarà divertirsi (classico pensiero di autoconvincimento prima dell’imminente catastrofe). Come per magia, la sera dell’esibizione, jack lo squartatore non sbaglia un colpo: battute, ingressi in scena, persino una certa serietà nell’assumere le espressioni facciali adatte alla circostanza…un successo inaspettato.

    A questo punto entro un po’ in crisi (positiva): forse stiamo facendo un buon lavoro e forse, tutto sommato, i bambini sono sempre bambini, nonostante tutto.

    Arriva il giorno del torneo di calcio, dove ovviamente facciamo giocare tutti insieme: bambini e bambine insieme, ognuno che contribuisce come può e come riesce. Ma il serial killer no, per lui è una questione di onore e quando vede che si sta perdendo e anche male, ricomincia a fare lo sbruffone, piange, impreca, esce dal gioco. Mi ricordo ancora il cazziatone che gli ho fatto dentro una delle porte, mentre raccoglieva il pallone dopo l’ennesimo gol avversario: un cazziatone per fargli capire che, anche se lui è un fenomeno, deve avere rispetto dei suoi compagni che, in quel momento, stanno dando l’anima nonostante sia evidente che non c’è trippa per gatti…e ricordo ancora che subito dopo, prende palla, si fa fuori mezza difesa e va a fare un gol tanto coraggioso quanto inutile…inutile ai fini del risultato, ma fondamentale per il morale della squadra e soprattutto del maniaco assassino.

    Una sera, il fratellino più piccolo del delinquente, non sta bene e dopo una lunga e intensa indagine, scopriamo che vorrebbe che il fratello maggiore dormisse con lui…traslochiamo l’homo violentus nella camera del malato e lo osservo con un certo stupore mentre si sistema accanto al fratello, gli asciuga le lacrime e gli prende la mano per farlo calmare; la notte passa tranquilla e il giorno dopo mister affettatore, va a trovare il convalescente almeno 10 volte…mah.

    Si arriva alla fine della colonia e finalmente c’è l’asta dei giocattoli: i punti che ogni squadra ha accumulato vengono trasformati in soldi virtuali coi quali ognuno può cercare di comprare ciò che gli piace, proprio come ad un’asta vera.Dopo qualche preliminare di scarso interesse, arriva il pezzo forte: pallone di cuoio ufficiale di seria A.

    Io sono seduto al fianco dell’aspirante killer e cerco in utti i modi di fargli prendere il tanto agoniato premio, perchè se lo merita davvero. Dopo svariati rilanci, non c’è altra soluzione se non puntare praticamente tutto ciò che si ha, ma lui non vuole e non capisco perchè…non lo voleva tanto sto cavolo di pallone? Alla fine ce la fa (se non ce la faceva il battitore dell’asta o accoltellavo io) e finalmente si può godere il suo pallone nuovo fiammante. Lo guardo contento e fiero e lui che cosa mi fa? – piange. Non dico, ragazzino, io mi sono fatto un culo così per farti prendere sto pallone, ho anche corrotto il battitore e adesso piangi? ma dico, sei fuori?…lui mi guarda e mi spiega che piange perchè non ha più soldi per comprare un regalo per la sorellina che è rimasta a casa perchè troppo piccola.

    Dire che mi sono sentito piccolo è riduttivo: tutto mi sarei aspettato, ma non questo, non ero preparato a un evento simile…mi alzo, sussurro qualcosa all’orecchio del battitore e poco dopo ci scappa anche una bambolina, clamorosamente battuta a prezzo ridottissimo…un’offerta speciale per un cuore speciale.

    Io pensavo che avrei fatto del bene in quelle due settimane di colonia, ma mi sono reso conto che un tepistello di strada di nove anni ha fatto del bene a me e per questo gli sarò grato in eterno.

    Non ho più saputo nulla di quel bambino, ma spesso ci penso e spero che ce l’abbia fatta, che sia riuscito a conquistare una vita bella e serena. Per quanto mi riguarda, posso solo dire che ho imparato a vedere le cose con occhi diversi ed a comprendere che spesso la luce più brillante si nasconde in una zona d’ombra e aspetta solo di essere liberata per splendere e illuminare chiunque la incontri.

    Nota di colore e assolutamente superflua: quell’anno la colonia l’abbiamo vinta noi e ora capisco perchè!

    Chi sono i tuoi eroi preferiti?

    Li osservavo al tavolo, circondati dagli affetti più cari: le nipoti coi loro compagni, il figlio con la compagna, tutti riuniti per festeggiare 51 anni di unione mai messa in discussione.
    Li osservavo e vedevo persone semplici, che hanno vissuto da sempre con lo stipendio di lui, guadagnato con sudore e dedizione e che ora vivono con una pensione meritatamente guadagnata.
    Persone semplici che hanno fatto della gioia di vivere la colonna sonora che ha accompagnato e accompagna le loro vite.
    Persone umili, aperte al mondo senza mai fare distinzioni: persone davvero buone, sempre disponibili, sempre col sorriso nonostante le difficoltà, nonostante le fatiche.
    Le guardavo e comprendevo sempre di più perché, se mi viene chiesto di pensare a persone di successo, penso a loro.
    Le guardavo e comprendevo sempre di più perché nella classifica dei miei supereroi preferiti, loro sono da sempre i vincitori.
    Li guardo e capisco che qualcuno mi ha dato la fortuna di averli come genitori...e se proprio devo ringraziare per qualcosa, questo è forse il motivo più grande.
    In un mondo che li giudicherebbe dei perdenti, sono la mia personale punta di diamante della grandezza e della magnificenza dell'animo umano...e scusate se è poco.

    a sedici anni

    A sedici anni ero anarchico.
    A sedici anni non si capisce niente. Non si sa come funziona il mondo.
    Frequentavo un piccolo circolo a Porta Ticinese, nel cuore di Milano. Si chiamava Movimento Socialista Libertario. Era più lungo il nome che l’elenco degli iscritti. Eravamo quattro gatti. C’era un cortile, c’era un gommista e c’eravamo noi. Ora non c’è più niente, il vecchio caseggiato popolare è stato abbattuto, c’è un condominio moderno. Molto più bello.
    A sedici anni pensavo che la guerra fosse un crimine dei governi, e dei generali, contro i popoli.
    Cantavo “Il disertore” di Boris Vian:
    Egregio presidente,
    non voglio far la guerra,
    non sono sulla terra
    per ammazzar la gente.
    A sedici anni pensavo che la guerra servisse solo a distruggere le città, a brutalizzare i bambini, a far vivere la gente come i topi e ad arricchire gli speculatori e i fabbricanti d’armi.
    A sedici anni pensavo che il nazionalismo fosse un crimine contro la pace e contro la libertà. Pensavo che il concetto stesso di Nazione e la retorica della Patria sarebbero stati travolti, molto presto, dalla fratellanza tra i popoli. Pensavo che i popoli non fossero centinaia di tribù incazzate, ma una sola umanità.
    A sedici anni pensavo che le frontiere non avessero senso. Cantavo le canzoni anarchiche di Pietro Gori
    Nostra patria è il mondo intero, nostra legge la libertà.
    A sedici anni pensavo che quelli come Putin, che mettono in galera gli oppositori, si chiamassero tiranni. Non c’è bisogno di aspettare che uno come Putin scateni una guerra, per sapere che è un tiranno.
    A sedici anni se mi avessero detto che il Patto di Varsavia sarebbe scomparso nel nulla, avrei pensato: bene, adesso il mondo andrà verso il disarmo. Scomparso il nemico, comincia il tempo della pace. Saranno smantellati gli arsenali.
    A sedici anni pensavo che i preti e i pope che benedicono i cannoni fossero criminali. E pensavo che i preti che maledicono la guerra, come fa Francesco, fossero mio padre e mio fratello.
    A sedici anni cantavo La guerra di Piero di De André, la storia di un soldato che muore perché non vuole uccidere il soldato nemico che gli sta di fronte.
    A sedici anni pensavo che fossero un crimine tutte le basi militari, i missili, le bombe, le mine, i carri armati. Pensavo che fossero criminali i fabbricanti di armi. Cantavo Bob Dylan, Masters of war:
    Voi che costruite i cannoni
    Voi che costruite gli aerei della morte
    Voi che costruite le bombe
    Voi che vi nascondete dietro i muri
    Voi che vi nascondete dietro le scrivanie
    Voglio solo che sappiate
    Che posso vedere attraverso la vostra maschera
    A sedici anni pensavo che bastasse cantare Bob Dylan e De André e imparare quattro accordi di chitarra per cambiare il mondo.
    Pensavo che la pace fosse molto più forte della guerra. Avevo i capelli lunghi ed ero convinto che “fate l’amore non la guerra” non fosse uno slogan un po’ stupido, ma un vero e proprio programma politico.
    A sedici anni non capivo niente e non sapevo niente. Ero ingenuo ed ero presuntuoso. Crescendo, come tutti, ho imparato a fare i conti con la vita, e con la realtà.
    Ma ogni tanto mi viene il dubbio che, a sedici anni, io fossi molto migliore di adesso.
    - Michele Serra -

    Impegno...

    Ormai pare che dissacrare le feste o le giornate commemorative sia più una moda che una vera convinzione: quindi in piena controtendenza, auguro a tutte le coppie, un felice giorno di san valentino...
    qualcuno lo festeggerà cenando fuori.
    qualcuno lo festeggerà regalandosi una serata intima.
    qualcuno approfitterà per ritagliarsi una serata senza figli, affidandoli ai nonni che a loro volta festeggeranno insieme ai propri nipotini.
    qualcuno lo festeggerà a distanza.
    qualcuno lo criticherà ritenendolo banale, consumistico, anacronistico.
    qualcuno lo festeggerà nel dolore.
    qualcuno lo festeggerà nel ricordo.
    qualcuno vorrebbe festeggiarlo e non può.
    ma qualsiasi sia il contesto, non è poi così scandaloso omaggiare l'amore e gli innamorati, perchè si omaggia ciò che già c'è...esisteva tutti i giorni prima ed esisterà tutti i giorni dopo...
    L'amore è impegno quotidiano, per questo si dice che una persona è impegnata...che male può fare prendersi un giorno per rendergli omaggio, ognuno come meglio sente di farlo.

    Se non diventerete come i bambini...

     

     

    Un pensiero puerile, banale e certamente insignificante ma:

    quando premo il tanto power e sento quel ronzio che identifica l'attesa di qualcosa;

    quando inserisco il jack nell'apposita sede e sento quel "tac" che preannuncia qualcosa;

    quando alzo il potenziometro del volume e quello del gain per ottenere un suono distorto quanto basta;

    quando faccio scivolare il plettro su quelle 6 corde dando inizio al brano prescelto...

     

    quando succede tutto questo non è sicuramente felicità, ma è una delle cose che più ci si avvicina.

    Quale memoria?

    Non c'è un senso nella memoria del passato se questa non si traduce in azione per un presente e un futuro migliori.

    L'orgoglio di essere befana

    Il mondo maschile è veramente fantasioso quando si tratta l'argomento "donne".

    Si dice che una donna può simulare un orgasmo, ma un uomo può simulare una relazione intera, il che la dice lunga su questi due universi paralleli, in continua ricerca di punti di incontro che sono sempre più rari, ma che ,quando si trovano, sono uno spettacolo.

    Uomini capaci di lasciar morire donne in una fabbrica e uomini che scendono in piazza per ricordarle ogni 8 marzo (in realtà è una leggenda, l'origine della festa della donna è ben diversa, ma poco importa). Uomini che da sempre detengono potere e prestigio nella vita pubblica e anche in quella privata a tal punto da arrivare ad uccidere ciò che sentono di loro proprietà e che, in quanto tale, non possono tollerare che sia proprietà di altri; il concetto di proprietà si ripete in molti aspetti della vita e non ne ho mai capito il senso: mia moglie, i miei figli, i miei operai, i miei amici, ecc. l'utilizzo dell'aggettivo possessivo si rende necessario per indicare un certo tipo di rapporto personale, ma spesso travalica il suo significato contestualizzando l'oggetto della frase a "cosa" realmente posseduta senza rendersi conto che la moglie (come il marito e gli amici) è lì per sua volontà in un atto di dono volontario di se stessa, che i figli sono del mondo e noi dobbiamo prepararli ad esso laciandoli poi andare, e via di questo passo.

    In questi giorni di festa mi è venuto da riflettere persino sulle due figure che più frequentemente vengono utilizzate per simboleggiarne il senso materiale (quello spirituale ormai è ridotto ai minimi termini, ahimè), ovvero Babbo Natale e la Befana. Anche in questo caso, perdonatemi la forzatura, mi sembra che vi siano delle nette differenze tra i due personaggi: Babbo Natale è un simpatico vecchietto che tutti amano perchè dispensatore di doni. E' pacioccoso, allegro, viaggia di lusso con slitta super splendida e incredibili renne volanti che lo scarrozzano di tetto in tetto a scaricar regali dai camini (ma chi ce l'ha mai avuto un camino, ndr).

    La Befana è una vecchietta bruttina, mal vestita e direi piuttosto inquietante in alcune rappresentazioni: viaggia su una scopa malandata e porta regalini (piccoli) o il famigerato carbone se si è stati cattivelli. Quindi la Befana discrimina, giudica, punisce e poi fa terminare tutte le feste per riportarci al tran tran quitidiano di lavoro e scuola.

    Lungi da me sminuire il valore simbolico di questi personaggi, ma è fuori dubbio che vi siano, ancora una volta, delle diversità.

    Babbo Natale è lo stereotipo perfetto dell'ego maschile: uomo di successo, benvoluto, ben vestito, nella sua vita pubblica tutte le attenzioni sono per lui, ha "operai" che lavorano per garantirgli il successo (elfi), benefattore e idolo delle folle.

    La Befana al contrario assume un carattere quasi insignificante, relegata a ruolo di gregario del Babbo...una valletta e per di più guastafeste.

    Eppure la sua figura mi viene da paragonarla al concetto di donna, nel suo significato più alto: è anziana ma arzilla a testimoniare la maggior resistenza delle donne alla fatica (babbino per fare il suo mestiere ha bisogno del macchinone, non se lo sogna neanche di cavalcare un aspirapolvere). E' vestita un po' così probabilmente perchè fino a 5 secondi prima di partire era lì a casa a riassettare, cucinare, lavare, stirare. Cavalca una scopa perchè così quando torna a casa è già pronta a riprendere le faccende lasciate in sospeso, che mica c'ha la servitù lei. Porta doni piccoli e carbone perchè sa che l'affetto passa dalle piccole cose e soprattutto passa anche dalla capacità di essere severi quando serve. Fa tutto in modo spontaneo, gratuitamente, senza che qualcuno glielo debba chiedere: niente lettere, telefonate, bigliettini appesi nei centri commerciali, disegni, email o sms. Nessuno la ringrazia, anzi qualcuno a fine festa la brucia in piazza, eppure lei torna sempre, silenziosa, anonima, ma anche forte e concreta.

    La Befana, come la donna, ci riporta alla realtà dopo l'ubriachezza data dall'eterno infantilismo degli uomini che, anche a 70 anni, basta che vedano un pallone e ritornano all'età mentale di 5 anni, ammesso che mai abbiano avuto un'età più avanzata.

    La Befana, come la donna, ci riporta alla vita vera dopo un attimo di sbandamento fisico e psicologico; il suo è un mestieraccio, mal pagato, non riconosciuto, ma qualcuno deve pur farlo e lei lo fa.

    Quindi care donne, quando vi sentirete fare gli auguri per la vostra festa il 6 gennaio, dimostrate fierezza e orgoglio, perchè voi sarete pure delle befane, ma coloro che ve li hanno fatti sono proprio dei babbi.

    La mappa della vergogna

     

    "Dietro ogni numero c'è un nome, sempre. Le statistiche sugli incidenti sul lavoro raccontano dati e percentuali, dietro ci sono storie. Famiglie, amici, città, luoghi. Questo è un progetto in aggiornamento, ed è soprattutto un impegno: tenere traccia di tutte le vittime del lavoro in Italia. Siamo partiti dalla costanza di Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza a Firenze, che da anni documenta la tragedia delle morti sul lavoro compilando una lunga e triste lista di decessi. Qui portiamo avanti questo elenco, mostrando una mappa dell'Italia che vorremmo vedere un giorno completamente vuota."

    (fonte "La Stampa")

    https://lab.lastampa.it/2021/morti-sul-lavoro-la-mappa-degli-infortuni/

    Ci stiamo dimenticando, ancora più del solito, della ormai classica strage che ogni anno porta via vite e distrugge famiglie.
    Una mappa ci ricorda che non sono solo numeri, ma persone...e ogni pallino rosso è una sconfitta per l'intera società.

    E buon anno!

    Danni letterari

    A gironzolare per profili ho l'impressione che la saga di "50 sfumature..." abbia creato parecchi danni

    Siamo tutti Fonzie

    fidùcia s. f. [dal lat. fiducia, der. di fidĕre «fidare, confidare»] (pl., raro, -cie). – Atteggiamento, verso altri o verso sé stessi, che risulta da una valutazione positiva di fatti, circostanze, relazioni, per cui si confida nelle altrui o proprie possibilità, e che generalmente produce un sentimento di sicurezza e tranquillità [...]

    (Fonte: vocabolario Treccani online)

    Il mondo di oggi, ma non credo che in passato fosse molto diverso seppur con altri parametri, tende a creare un forte sentimento di sfiducia da parte della gente nei confronti del prossimo.

    Di contro sembra che tale sentimento non venga un granchè applicato verso se stessi, il che si traduce spesso nell'incapacità o nella mancanza di volontà di mettersi in discussione, che poi è un modo elegante per esprimere il concetto, ormai assimilato da molti e introdotto con mirabile stile da un grande Alberto Sordi ne "Il marchede del grillo", ovvero: "io sono io e voi non siete un cazzo".

    Eppure viviamo un'intera esistenza ponendo la nostra inconsapevole fiducia verso qualcuno e molto spesso di quel qualcuno non conosciamo nè nome, nè tantomeno il volto, figuriamoci il curriculum o le competenze.

    Nel confort delle nostre casette confidiamo che l'architetto le abbia progettate bene, che gli artigiani le abbiano costruite altrettanto bene, che gli impianti siano sicuri: insomma che non ci crollino in testa al primo alito di vento.

    Usciti di casa prendiamo la nostra bella macchinina per andare al lavoro o dove ci pare, confidando che se schiacciamo il pedale centrale la macchina freni perchè progettata bene, costruita bene, manutenuta bene dall'officina di fiducia (ops, ho detto fiducia).

    Presi dai nostri mille impegni, perchè siamo persone di mondo, mica bau bau micio micio, ci fermiamo velocemente in un locale per mangiare un boccone confidando che il cibo sia fresco, correttamente conservato e debitamente cucinato: insomma che non faccia proprio schifo e non ci faccia morire di qualche malattia rara.

    In attesa di riprendere le importantissime cose che abbiamo da fare, uno sguardo veloce allo smartphone per aggiornare il nostro profilo sui social comunicando al mondo dove siamo, cosa abbiamo mangiato, dove stiamo andando, ecc ecc. confidando sul fatto che a nessuno, leggendo, venga in mente di svaligiarci casa perchè capisce che siamo fuori.

    Magari facciamo anche qualche piccolo acquisto online, confidando che la sicurezza dei nostri dati bancari venga garantita sia dalla nostra banca, sia dal soggetto da cui compriamo.

    Incrociamo decine, centinaia di sconosciuti ogni giorno e confidiamo che nessuno di loro ci faccia volontariamente del male.

     

    Senza parlare di quando mettiamo letteralmente la nostra vita in mano a qualcun altro, sia esso un pilota di aerei, un medico, un semplice autista di autobus, ecc. ecc. ecc.

    Viviamo in un costante atteggiamento di fiducia, anche se non ce ne rendiamo conto e, come recita la definzione data dal vocabolario Treccani, la fiducia è la diretta conseguenza di una serie di valutazioni che fanno sì che ci si senta ragionevolmente al sicuro in una data situazione, anche se non vi può essere una certezza assoluta (del resto di certo c'è solo la morte, oltre al fatto che gioco a basket da schifo e che suono la chitarra in modo scandaloso).

    In sintesi ci fidiamo perchè, per un calcolo delle probabilità, le possibilità che avvenga un evento per noi dannoso sono molte meno di quelle che tale evento non si manifesti, pertanto ci sentiamo in qualche modo garantiti.

    La distorsione che questi strani tempi portano con sè è che proprio laddove determinate garanzie statistiche siano rafforzate da comprovata esperienza, studi specifici, anni di pratica, professionalità dimostrata e via di questo passo, in qualche modo ci si senta in diritto dubitare (il che è lecito) e di controbattere quasi sempre senza averne le competenze (e questo non è lecito).

    Ormai un atto di fiducia sta diventando semplicemente un'estensione delle nostre convinzioni, estromettendo di fatto dal nostro modo di pensare, un concetto tanto semplice quanto, pare, così difficile da assimilare: "dove non so e non posso arrivare a sapere abbastanza, devo necessariamente fidarmi di chi sa molto più di me e al massimo chiedere maggiori informazioni".

    Invece semplicemente ci fidiamo (o crediamo di farlo) dove ci fa comodo, carichi delle nostre certezze per le quali cercheremmo conferma da qualsiasi fonte, pur di non doverle mettere in discussione.

    Stiamo diventando dei piccoli Fonzie terrorizzati al solo pensare di dover pronunciare le parole "ho sbagliato"; se almeno ci fossero ancora i juke box, potremmo mettere su un po' di musica colpendoli con perizia al grido di "Hey", e invece nemmeno questo.

    Del resto, quando si è assuefatti al suono della propria voce, non c'è più spazio per altro.

    Occorre però fare attenzione, perchè ad essere troppo pieni di sè si rischia una bella indigestione di ego e potrebbe essere davvero un'esperienza dolorosa: fidatevi!

    Sapori d'infanzia

    Cantava Francesco Guccini:
     
    "E un giorno ripensi alla casa e non è più la stessa;
    In cui lento il tempo sciupavi quand'eri bambina;
    In cui ogni oggetto era un simbolo ed una promessa;
    Di cose incredibili e di caffellatte in cucina".
     
    Mi è sempre piaciuto questo passaggio, poetico come sempre sa fare l'autore e allo stesso tempo ricco di verità; una verità che coinvolge chiunque quando, da adulto, prova a soffermarsi sulle mura della casa dove è cresciuto. E' inevitabile quindi prendere in considerazione i ricordi, belli e meno belli, che quel luogo ci propone; ricordi che, piaccia o meno, fanno parte di noi e costituiscono una buona fetta di ciò che, ormai grandi, siamo diventati. E allora mi vengono in mente le acciughe al verde sapientemente adagiate su una fetta di pane per una merenda di sostanza, con buona pace delle merendine industriali. Mi viene in mente quando mi alzavo di notte e rubavo i peperoni con la bagna cauda dal frigorifero e di quanto mia madre, il mattino dopo, facesse finta di arrabbiarsi perchè tutto ciò che restava era un contenitore desolatamente vuoto. Mi viene in mente la convivialità del pinzimonio, ottima scusa per farmi mangiare verdure, o la ben più apprezzata bourguignonne dove davo il meglio di me consumando quantità di carne da far impallidire anche Obelix. E poi il minestrone, le foglie di cavolo ripiene e mille altri profumi e sapori. Ma in tutto questo l'unico vero elemento che davvero conta è il contesto; qualsiasi sensazione che ci riporti alla memoria il nostro essere stati bambini, non è altro che la trasposizione sensoriale di un sentimento, di quell'amore che respiravamo in casa e che si traduceva anche, ma non solo, in quei profumi e sapori sopra citati. Tutto riconduce all'amore che abbiamo ricevuto e ci fa da stimolo per darne altrettanto, in una logica di continuità affettiva di cui il cibo è uno dei migliori testimoni.

    Santi...

    Io nella vita di santi non ne ho mai incontrati...

    però c'è modo e modo di essere peccatori

    Amen!

     

    "Il Quoziente Intellettivo medio della popolazione mondiale sta diminuendo nell’ultimo ventennio.

    Una delle cause è l'impoverimento del linguaggio.

    Diversi studi dimostrano infatti la correlazione tra la diminuzione della conoscenza lessicale (e l'impoverimento della lingua) e la capacità di elaborare e formulare un pensiero complesso.

    La graduale scomparsa dei tempi (congiuntivo, imperfetto, forme composte del futuro, participio passato) dà luogo a un pensiero quasi sempre al presente, limitato al momento: incapace di proiezioni nel tempo.

    Un altro esempio: eliminare la parola "signorina" (ormai desueta) non vuol dire solo rinunciare all'estetica di una parola, ma anche promuovere involontariamente l'idea che tra una bambina e una donna non ci siano fasi intermedie.

    Meno parole e meno verbi coniugati implicano meno capacità di esprimere le emozioni e meno possibilità di elaborare un pensiero.

    Gli studi hanno dimostrato come parte della violenza nella sfera pubblica e privata derivi direttamente dall'incapacità di descrivere le proprie emozioni attraverso le parole.

    Più povero è il linguaggio, più il pensiero scompare.
    La storia è ricca di esempi e molti libri (1984, di George Orwell; Fahrenheit 451, di Ray Bradbury) hanno raccontato come tutti i regimi totalitari abbiano sempre ostacolato il pensiero attraverso una riduzione del numero e del senso delle parole.

    Se non esistono pensieri, non esistono pensieri critici. E non c'è pensiero senza parole.

    Facciamo parlare, leggere e scrivere i nostri figli, i nostri studenti. Insegniamo e praticare la lingua nelle sue forme più diverse. Anche se sembra complicata. Soprattutto se è complicata.
    Perché in questo sforzo c'è la libertà.

    Coloro che affermano la necessità di semplificare l'ortografia, sfrondare la lingua dei suoi “difetti”, abolire i generi, i tempi, le sfumature, tutto ciò che crea complessità, sono i veri artefici dell’impoverimento della mente umana.

    Non c'è libertà senza necessità.
    Non c’è bellezza senza il pensiero della bellezza."

    (Christophe Clavé)

    Chiarimenti

    A quelle e quegli utenti che ogni tanto mi mandano messaggi proponendo sesso a pagamento, rispondo che a me va benissimo: io prendo 100 Euro l'ora, vedete voi... 🤨

    Alba e tramonto

    Ci sono persone che sono come l'alba: emergono pian piano e nel loro crescere portano luce, calore e colori.

     

    Ci sono persone che sono come il tramonto: affascinanti, romantiche, piene di colori, ma durano poco e dopo resta solo il buio.

     

    Il tramonto è sopravvalutato...

    Occasioni

    L'occasione non fa l'uomo ladro...

    L'occasione ti fa capire che tipo di uomo sei

    brevità

    Ciao raga

    Tutto rego?

    Facciamo ape?

    Buon pom

    Bella Bro

    ecc ecc

     

    E sì, sono anziano, ma ogni volta che sento queste robe ho la tentazione di prendere un volume della Treccani e usarlo come arma d'istruzione di massa...

    Incontri...

    Ti ho vista tra le mani di un altro uomo e con prepotenza staccarti da esse.
    Bellissima, nel tuo vestito arancione con sottili righe nere che esaltavano ogni tua curva, volteggiavi con la grazia e l'eleganza di una regina.
    Il tuo muoverti veloce, quasi impaziente, verso di me mi ha colto impreparato perchè mai avrei pensato di poter essere la meta di questo tuo volare leggera.
    Ad ogni centimetro in meno che ci separava, il mio stupore aumentava tanto che le mie mani sono rimaste immobili mentre sapevo che tu volevi sentirle afferrarti e stringerti forte. E finalmente sei arrivata da me, con tutta la forza dirompente di cui eri capace...tu hai preso me...in pieno...sulla faccia...

    cazzo di palla da basket...e ditelo quando me la passate, stronzi!!!

    Trova le differenze

    Se c'è una cosa che va riconosciuta al popolo polacco, è la grandissima serietà nell'affrontare i propri doveri.

    Se devono fare un lavoro, o lo fanno al meglio o non lo fanno.

     

    Poche sere fa, finito di esultare per la vittoria dell'italia maschile di pallavolo agli europei, mi sono accomodato sul divano per assistere alla premiazione; l'inaspettato si è materializzato con l'ingresso della squadra polacca, padrona di casa e terza qualificata.

    Assistere alla gioia di quegli atleti, che festeggiavano davanti al pubblico di casa la loro medaglia di bronzo come se avessero vinto il torneo, mi ha dato forse più emozione che assistere alla premiazione dei nostri atleti, campioni d'europa.

    Dietro quella esultanza c'era tutta l'essenza dello sport e forse della vita stessa.

    L'essere fiero del risultato raggiunto, anche se non è quello sperato, sapendo che era il massimo che si poteva ottenere, è una lezione che in molti, e in molti ambiti, dovrebbero imparare.

     

    La vita è fatta anche di (relative) sconfitte, che però possono diventare vittorie se viste dal giusto punto di vista, con la giusta umiltà, con la voglia di dire "ci ho provato, ho dato tutto e questi sono i frutti che il mio impegno mi fa godere".

     

    Il parallelismo con il comportamento degli atleti inglesi alla premiazione degli europei di calcio, viene spontaneo...e le differenze di approccio e di dignità sono evidenti.

     

    In un mondo dove sempre di più pare contare solo il vincere, certe cose fanno bene all'animo, fanno bene allo sport, ridanno il giusto senso a cose che quel senso lo stanno perdendo del tutto.

     

    Dio bendica i "perdenti" perchè senza di loro non esisterebbero i vincenti.

    Dio benedica la pallacanestro

    Finalmente. dopo la pausa estiva, siamo ritornati a solcare il parquet della palestra, desiderosi di affrontare la nuova stagione cestistica con entusiasmo e grinta:

    questa la fredda cronaca della prima serata:

     

    Ore 21:00 si entra il palestra e per i primi 20 minuti si cazzeggia raccontandosi ferie, viaggi, aneddoti vari oltre i soliti discorsi tra uomini di cui tralascerei i dettagli per senso del pudore.

     

    Ore 21:25 tutti in campo per il riscaldamento: dopo i primi due giri di campo qualcuno inizia a osservare il defibrillatore con preoccupante interesse

     

    Ore 21:27 fine del riscaldamento e formazione delle squadre per la partitella: dopo varie opzioni, mercato acquisti, valutazioni sulla garanzia degli equilibri tecnici, si giunge alla conclusione che si fa maglie chiare contro maglie scure, con inevitabili discussioni su come debba essere considerato quello o quell'altro colore.

     

    Ore 21:40 prima pausa del match: risultato 2 a 0 per le maglie chiare a seguito di 167 tiri, 98 falli, 3 enfisemi, 1 infarto e 4 attacchi d'asma

     

    ore 22:15 sul punteggio di 43 a 58 (litri di sudore perso) compare in palestra una figura vestita in tunica nera con in mano una falce e volto oltremodo magro, che osserva tutti con grande interesse: strano modo di fare il talent scout

     

    Ore 22:20 iniziano a serpeggiare i primi dubbi sulla capacità di tenuta altletica dei giocatori prendendo atto che striciare a terra non è una tecnica di gioco ammessa

     

    ore 22:30 fine delle ostilità per eccessiva differenza numerica tra le persone in campo e quelle svenute poco oltre le linee laterali.

     

    ore 22:45 nonostante la vista annebbiata, tutti trovano la porta di uscita della palestra: l'appuntamento è tra una settimana, riservato ovviamente ai soli sopravvissuti.

     

    A 50 anni forse sarebbe ora di smetterla con queste cose, ma in cartucciera ci sono ancora alcuni colpi e sprecarli sarebbe un vero peccato...e quei dolori del giorno dopo (ma diciamo anche dell'intera settimana dopo) sono lì a ricordarti che sei ancora capace di passione, di fatica, di condivisione, di amicizia...di vita.

     

    Dio benedica la pallacanestro.

    Tu chiamale se vuoi...conoscenze

    Essendo "anziano" e proveniendo quindi da una generazione che ha costruito la sua rete di relazioni basandola sulla condivisione "in presenza" delle proprie esperienze, stento a comprendere e ad accettare questo concetto di "amici" che viene utilizzato sugli ormai innumerevoli social network.

    Nell'immenso universo digitale si può accedere a quasi tutto e a quasi tutti, proponendosi ahimè troppo spesso per come non si è, ma per come si vorrebbe essere visti dagli altri.

    In alcuni casi lo si fa per palese disonestà, in altri per mendicare consensi che, diversamente, non arriverebbero.

    In tutta questa gran confusione di identità, per un motivo o per l'altro, capita sempre e capita a tutti di incappare in alcuni utenti con i quali scatta una certa simpatia, basata per lo più su un apprezzamento dei contenuti presenti sul di lui o di lei profilo.

    Per rimanere in contatto e, quindi, poter riaccedere velocemente a tali contenuti, i geni del male che gestiscono i social, si sono appropriati del termine "amici" per identificare due persone che sono in contatto tra loro.

    E allora se questa è l'amicizia del terzo millennio, tenetevela pure...io, da cariatide, mi tengo quei 3 o 4 amici che ho (perchè quelli ti rimangono nella vita) e lascio a voi l'illusione di avere centinaia di amici di cui, spesso, nemmeno conoscete il volto, figurarsi la vita.

     

    Nasciamo soli e moriamo soli...almeno cerchiamo di vivere con la giusta compagnia.

    Ricerche

    Si cerca la persona che incarni il nostro ideale di partner

    che abbia le caratteristiche che ci fanno stare bene

    che ci dia tutto, ma proprio tutto ciò di cui abbiamo bisogno

    che abbia occhi solo per noi

    che viva per noi

    e soprattutto (e qui, perdonatemi, mi scappa da ridere), che ci meriti.

     

    Manca sempre l'altro pezzettino:

    cosa vogliamo essere noi per questa persona

    quale sarà il nostro impegno per farla stare bene (impegno, perchè una relazione richiede impegno da parte di tutti e due, non per nulla si dice che una persona è impegnata)

    e soprattutto, visto che ci deve meritare (altra risata), ci chiediamo mai se noi la meritiamo?

     

    Se smettessimo di pensare di essere perfetti e provassimo ogni tanto a metterci in discussione, probabilmente le cose sarebbero molto diverse e, con ogni probabiità, migliori.

    porgi l'altra guancia...

    Un giorno un sacerdote in treno venne preso di mira da un gruppo di teppistelli; uno di questi si alzò e gli diede un sonoro schiaffone e poi disse "adesso porgi l'altra guancia" e il sacerdone, molto evangelicamente, lo fece prendendosi un altro sonoro schiaffone. Poi si alzò e dall'alto dei suoi 190 cm disse "ok ragazzi, il Vangelo qui è finito"...e li caricò di mazzate.

     

    Tutto finisce prima o poi...anche il Vangelo

    bentornati a sQuola

    La scuola deve preparare i futuri tecnici, i futuri manager, i futuri medici, i futuri artisti...raramente ho sentito dire che debba preparare i futuri uomini e donne.

    Argomenti

    Si sente ormai parlare fino allo sfinimento dei nostri diritti...

    sarebbe carino sentir parlare, ogni tanto, anche dei nostri doveri.

    Problema

    Il grosso problema, la cui diffusione è drammaticamente alta, è che mettiamo in dubbio qualsiasi cosa, tranne noi stessi.

     

    Ed è subito sera...

    Cronaca semi seria di un pellegrinaggio

    29 settembre:

    Ore 4:50 in attesa del pullman per medjugorie. Età media 137 anni. Si fa interessante.

    Ore 5:17 a Poirino sale gente con meno di 70 anni: forse stanno iniziando le prime visioni?

    Ore 12:00 la fame aiuta nelle visioni: compaiono in sequenza spaghetti aglio e olio, filetto al pepe verde con patatine e macedonia. Caffè e grappino solo per i casi più gravi

    Ore 13:30 autogrill per il pranzo. Cristianissima rissa per accaparrarsi gli ultimi Capri e Apollo: tre feriti e due dispersi il bilancio finale. In pullman si starà più larghi

    Ore 17:15 autogrill in croazia. Mega partitone a football americano per aggiudicarsi un posto in fila per il bagno. Più agguerrite le signore che a suon di borsettate nel basso ventre si fanno largo tra la difesa. Nota positiva, ottimo il caffè anche se il prezzo ha suscitato alcuni commenti poco mariani: 2 espulsi e uno squalificato. Sul pullman si starà ancora più larghi.

    Ore 20:00 arrivo in hotel a gospic. Cazzo, si sono ciulati il bidet. A proposito, match di rugby per prendere le valige: la gara a eliminazione prosegue, ma noi siamo ancora qui......hunger games, ci fate una pippa!!!

    Ore 22:15 finita cena...momenti di panico di alcuni commensali che si sono visti passare davanti la pasta al ragù senza che venisse loro data: i camerieri hanno rischiato il linciaggio, salvati dal tempestivo intervento della polizia locale. Conosciuto tal remigio che è convinto che la fuga dall'Egitto del popolo ebreo sia successiva alla morte di Cristo: il parroco ha avuto un malore e lo ha rimandato a settembre di religione, con voto "N.C." Probabilmente qualcuno è convinto che domani vedremo apparire Madonna, la pop star. L'avventura continua...

    30 settembre:

    Giorno 2, ore 7:00 colazione. A quanto pare i pellegrini non facevano la colazione da mesi, visto l'accanimento con cui si sono avventati sul buffet. Il personale dell'albergo, a scopo cautelativo, ha organizzato una linea di difesa per le cucine: alcuni tra i più intrepidi pellegrini ha addosso i segni del filo spinato durante la battaglia. Partenza per medjugorie prevista per le 7:30, esclusi i 5 feriti e i 2 ricoverati per ferite medio-gravi....

    Ore 15:25 siamo a medjugorie da un po'. Fatto pranzo (solita rissa per i posti a sedere) e attendiamo di recarci presso i luoghi di meditazione. Durante la visita a una chiesa qui vicino, interessanti scene di pellegrini in posa, abbracciati a statue di maria o di gesù, in attesa di foto ricordo con tanto di espressione mistica del tipo "ho una visione". A stento trattengo la voglia di fargli avere una visione del mio gancio destro sull'arcata dentale superiore.

    Ore 22:40, appena rientrati dall'adorazione dell'eucarestia dove canti e brani venivano eseguiti in svariate lingue: ti adoro in tutte le lingue del mondo. Buona notte.

    1° ottobre

    Ore 12:30. Pranzo dopo scalata al monte della via crucis e messa finalmente in italiano. Alcuni segni di cedimento fisico da parte di alcuni pellegrini, ma per ora nessun segno di possibili passaggi alla vita eterna. Con la scalata pomeridiana potrebbe accadere di tutto, si aprono le scommesse. Buon appetito.

    Ore 20:15 a cena dopo due scalate con tanto di cani guida e bastoni antivipera. La mia vicina di tavolo si è autoproclamata mia nonna e tenta di farmi mangiare tonnellate di cibo. Considerando che ha più barba di me, non oso contraddirla, se non altro per puro spirito di sopravvivenza. Il resto della truppa se la cava anche se arrivano alcuni segni di cedimento psico-fisico. Domani il clou con l'apparizione di Maria: chiederó di cambiare vicina di posto a tavola, speriamo bene. Buona serata.

    Ora vado a fare due passi per comprare elmetto e giubbotto antiproiettile: pare che domani, in occasione dell'apparizione di Maria, ci sarà lo scontro finale con pellegrini da tutto il mondo. Chi sopravvive potrà considerarsi miracolato.....per ora. Buona notte.

    Giovedì 2 ottobre, giorno dell'apparizione.

    Sveglia alle 5:30 con tentativo di smadonnamento subito trattenuto visto il tema della giornata. Colazione alle 6 e poi a piedi verso il luogo dell'evento. Giunti sul posto troviamo una folla che al confronto l'unica data italiana degli U2 è una festa dell'oratorio. Spazio vitale procapite circa 30 cm quadrati. Iniziano le prime liti per accaparrarsi un posto in prima fila anche con utilizzo di un linguaggio molto pio ("che il signore ti fulmini" un esempio eclatante). Una vecchietta, particolarmente assatanata, ha iniziato a inveire contro una giovane ragazza accusandola di occupare troppo spazio: capito che la malcapitata non era italiana, se ne esce con l'affermazione "you have problems". La ragazza si guarda intorno smarrita e quando incrocia i miei occhi sembra dirmi "gliela dai tu una testata, che io mi vergogno?". Pochi minuti dopo, molto coerentemente, la folla si apre come le acque del mar rosso, per permettere all'attore pippo franco di passare......potere della TV.

    Arriva il momento dell'apparizione e un silenzio irreale avvolge tutta l'area: viene poi letto il messaggio che Maria ha lasciato per i fedeli e, in pochi istanti, riprendono le ostilità tra i pellegrini. Praticamente l'apparizione è stato l'intervallo tra il primo e il secondo tempo di questa lotta fratricida che ha esaltato la natura umana in tutto il suo splendore: in estrema sintesi "meritiamo l'estinzione"

    A pranzo riesco ad evitare la mia nuova nonna, che peró ha fatto adepti e mi vedo costretto a mangiare 5 peperoni ripieni preceduti da due piatti di pasta formato obelix. Seguono svariate discussioni su cosa si è visto, con tanto di reportage fotografici dove si afferma di aver visto in sequenza: 2 soli, il volto di Maria, il cielo multicolore, 3 ufo, 5 asini volanti, la faccia di berlusconi che saluta la folla abbracciato a gesù, borghezio che fa il ditone a tutti mentre si scaccola col tricolore. La dialettica tra fermanente convinti e scettici si accende sempre più fino al tragico epilogo dove, a colpi di dessert tirato in faccia, la sala da pranzo si trasforma in un campo di battaglia con trincee improvvisate. Molti i caduti sul campo, soffocati da numerosi colpi di trancio alla banana. Ora ci si riposa per affrontare l'ultimo pomeriggio dove gli ultimi sopravvissuti tenteranno di raggiungere incolumi la nottata per poter ripartire verso casa, ammesso che ci si arrivi. Buon pomeriggio.

    Nel pomeriggio viene organizzata la visita ad un orfanotrofio ed a una comunità di recupero per ragazzi. In entrambi i casi si portano diverse valigie di roba da donare: ovviamente mi viene chiesto di portare quella carica di piombo che trascino con sforzo disumano fino a destinazione chiedendomi quale cacchio di indumenti possa avere un peso così. Interessanti e toccanti le testimonianze in entrambe le strutture, come altrettanto interessante è stato constatare come si sia riusciti ad uscire vivi dai piccoli negozietti messi a disposizione dei fedeli, dove l'assalto all'arma bianca è proseguito per svariati minuti tra rosari, immaginette, scatoline, baccialetti, cd, dvd, aranciata, coca, birra, panini, gelati, cicles, gratta e vinci.

    La sera, a cena, ulteriore testimonianza della proprietaria dell'hotel, una ragazza italiana con un passato discutibile e rinsavita a Medjugorie......i casi sono due, o la conversione ha funzionato, o la droga assunta era davvero tanta.

    Durante la cena, la grazia di Maria è giunta e nè la neo nonna, nè il suo fans club si sono seduti accanto a me e finalmente sono riuscito a consumare un pasto normale, anche se in continua apprensione per svariate occhiate che mi arrivavano da nonnina, piazzata strategicamente due tavoli più in là, con piena visuale sul mio piatto.

    Passeggiata serale con qualcuno che propone di andare in chiesa ad assistere ancora a un rosario, iniziativa questa prontamente bloccata: il povero malcapitato credo sia ancora legato al water, imbavagliato con la carta igienica...verrà recuperato il prossimo anno.

    Al rientro si fanno le valige confermando che la roba, per qualche motivo, quando la togli si moltiplica e non ci sta più.....la moltiplicazione di mutande e calzini.

    Nottata tranquilla in preparazione del primo tratto del viaggio di ritorno.

    Venerdì 3 ottobre

    Si parte alla volta di Zara, perla della Dalmazia. All'arrivo, una simpatica vecchietta dice alla vicina: qui siamo in dalmazia, non in croazia. Il parroco, ex insegnante di geografia, ha di nuovo un malore e la rimanda a settembre con voto "Mio Dio!". Lauto pasto in ristorante dove, ovviamente, gli unici che rimangono senza posto siamo io e mia moglie. Nonna però non accetta che io resti digiuno e in 3 secondi si procura 2 tavoli, sei sedie, piatti, posate, bicchieri, acqua, vino, birra, mi guarda e dice: "mancia, mancia, che ttti fa bbbene" ... i camerieri, terrorizzati, anzichè portarci le portate nei piatti, ce le mettevano dentro insalatiere e guai a non finire tutto.

    Terminato il pasto, con una guida locale si passa alla visita del centro storico della città: "questo è il duomo, ma è chiuso" - "questa è una chiesa molto interessante, ma è chiusa" - "qui potete rilassarvi un po' e prendere un caffè, ma non accettano euro".....insomma, una gran bella organizzazione.

    Alla fine però, ci si va a godere il tramonto in riva la mare, con tanto di musica ricavata dal movimento delle onde, davvero spettacolare.

    Chiediamo di farci fare una foto e il gentile compagno di pellegrinaggio dice: "con flash o senza?" decide per il senza, visto che dietro di noi il tramonto è davvero uno spettacolo: risultato, si vede un tramonto da paura e noi due siamo due macchie nere in pieno controluce....no ma grazie neh.

    Si risale sul pullman verso le 18:30 alla volta di Gospic, per cena e pernottamento.

    Arrivati ci si sistema nelle camere e si va a cena dove le discussioni sono inevitabilmente molto mistiche.....al termine, per dare un tocco di vita reale, decido di rovesciare la sedia che, provvidenza, finisce in pieno sul carrello dove la cameriera aveva appena raccolto bicchieri e bottiglie.....il pagamento dei danni lo rateizzo in 5 anni a interessi zero.

    Si va a nanna, pronti ad affrontare le 14 ore di viaggio che ancora ci aspettano il giorno dopo, prendendo tristemente atto che ormai il culo ha la forma del sedile...buona notte.

    Sabato 4 ottobre:

    sveglia, colazione dove, per sfinimento, tutti alzano bandiera bianca e si arriva ad un trattato di pace sancito da pane burro e marmellata, cereali e caffellatte.

    Si parte alle 8:00 per l'ultimo sforzo verso casa: ogni fermata ad un autogrill viene accolta da una ola e standing ovation dovute più alle vesciche piene che a reale convinzione.

    Si giunge a Obrov, ridente località della Slovenia, dove ci si ferma per pranzo in un ristorante immerso nei boschi. Nonna ha provveduto affinchè avessimo un posto a sedere e 5 camerieri dedicati a riempire piatti e bicchieri appena fossero vuoti.

    Durante una pausa, esco per prendere una boccata d'aria e noto alcune persone davanti a una piccola struttura, in adorazione: penso vi sia una immagine della Madonna e vado a vedere. In realtà trattavasi di sana porchetta in fase di cottura all'interno di un gigantesco barbecue: madonna o no, la porchetta è sempre la porchetta.

    Al termine del pranzo i fumatori si accaniscono sui propri pacchetti di sigarette, consci che per ore la dose di nicotina non potrà essere assunta.

    Durante il viaggio si scatena, ad un certo punto, la diatriba sul dove ci si trova: "siamo in Italia" - "siamo ancora in slovenia" - "siamo a verona" - "siamo a venezia" - io ho letto il cartello piacenza" ..... il parroco, ex compilatore di mappe per navigatori, ha un ictus e un infarto, dopodichè afferma: "basta, ci rinuncio, fate come cazzo vi pare".

    Ultima fermata in autogrill per la cena, dove ormai ci si muove come automi nella più totale inconsapevolezza di luogo e data e forse anche di se stessi.

    Il casello di Villanova d'Asti viene salutato come un'apparizione divina e ad ogni fermata per scaricare pellegrini ci si saluta con calore: "sì sì. ciao, sbrigati a scendere che qua si fa notte".

    Finalmente arriva la nostra fermata: si scende con passo incerto e circolazione alle gambe praticamente azzerata, si recuperano le valige e si arriva finalmente a casa dalla quale si ha la sensazione di mancare da un mese.

    Seguono saluti, baci, abbracci finchè la voglia di diventare un tutt'uno col materasso ha il sopravvento e ci si riappropria del proprio letto.

    Qualcosa comunque resta dentro, qualcosa che, in questo tragicomico pellegrinare, ha comunque raggiunto la parte più intima di noi. C'è chi la chiama fede, chi la chiama pace, chi la chiama serenità.....ognuno la chiami come vuole, fatto sta che è lì e credo ci resterà a lungo finchè non decideremo cosa farne e come concretizzarla nella nostra vita. Una cosa è certa, ripensando a questa settimana, si è ritornati un po' più ricchi e non credo che sia una cosa che si possa dire di ogni viaggio che facciamo........

    Grazie a tutti per l'attenzione e per aver condiviso questo piccolo racconto a puntate, a volte dissacrante, a volte ridicolo, ma non credo che lassù se la prenderanno: suppongo che abbiano un grande senso dell'umorismo e una gran pazienza, altrimenti non si spiegherebbe perchè non ci si sia ancora estinti.

    La storia che vive

    Contesto: puntata di Italan’s got talent (vabbè, ogni tanto mi lascio corrompere dalla tv)

    Concorrente un signore di 87 anni: entra con passo ovviamente non proprio atletico, con il vestito grigio, i capelli bianchi e un sorriso di quelli che solo le persone vere e semplici sanno fare.

    Ci si aspetta la solita cantata nostalgica o qualcosa del genere.

    Inquadrano il figlio dietro le quinte: un marcantonio di almeno 185 cm, grosso,barba lunga tipo biker cazzuto…insomma uno che se lo incontri per strada, gli dai il portafoglio sulla fiducia.

    Il simpatico anziano si presenta, timidamente, come rumorista, confermando almeno in parte le sensazioni iniziali.

    Porta il microfono alla bocca, la platea si ammutolisce e lui inizia a fare il rumore del treno a vapore: ciuff ciuff, ciuff ciuff.

    Istintivamente chiudo gli occhi e se non sapessi che è un uomo a fare questo rumore, giurerei che in sala sta passando il regionale per Fossano.

    Riapro gli occhi giusto per assistere alla standing ovation del pubblico e al sorriso compiaciuto, ma non presuntuoso, del concorrente geriatrico…..a seguire, su richiesta dei giudici, arrivano anche il treno alta velocità, il temporale che solo a sentirlo veniva voglia di prendere l’ombrello e il bombardamento durante il quale mi aspettavo di sentire le sirene di allarme per avvisare la popolazione ad andare nei rifugi: un delirio di applausi.

    Il concorrente dice poi di aver fatto il rumorista di mestiere, soppiantato poi dalle moderne tecnologie, sorride, saluta, ringrazia tutti, incassa il passaggio del turno di gara (non credo fosse il suo primo obiettivo) e se ne va.

    Dietro le quinte, l’uomo brutale e aspirante serial killer, osserva il genitore con occhi lucidi e commossi e poi lo abbraccia, un abbraccio che profuma di amore e gratitudine.



    Un episodio banale, inserito in un talent show che non brilla certo nel firmamento della miglior tv, ma un episodio che offre anche spunti di riflessione e un pizzico di malinconia.

    In quella esibizione, in quei rumori (anche se suoni mi sembrerebbe più appropriato), c’era una vita intera, una vita buona a giudicare da come gli occhi del figlio lo guardavano.

    Noi siamo sempre attenti e a volte ipocritamente commossi nelle numerose giornate della memoria….ricordiamo la storia, le tragedie, almeno per 24 ore e poi si ricomincia a vivere come sempre.

    Raramente ci accorgiamo che la storia, almeno quella più recente e che quindi ci tocca più da vicino, è ancora viva e risiede proprio nei nostri anziani.

    Dovremmo avere la pazienza, la voglia ed il rispetto per fermarci ogni tanto ed ascoltarli; loro sono il recente passato che ci ha portati qui, hanno storie da raccontare, ma pochi disposti ad ascoltarle.

    La loro vita è la loro eredità per noi, il loro dono alle generazioni che li seguono, ma rischia di essere un dono che non verrà mai dato.

    L’essere ascoltato, per un anziano, è uno dei modi per sentirsi ancora parte viva e attiva nella società.

    Ascoltare, per un giovane, è uno dei modi per imparare a vivere ed essere attivo nella società.

    E’ uno scambio di opportunità, è una condivisione di pensieri, è un mescolare epoche e vite che solo apparentemente sono distanti, ma che in realtà sono strettamente in relazione tra loro.

    Abbiamo una ricchezza umana immensa proprio alla porta accanto alla nostra, ma come si fa a trarne qualcosa di buono se continuiamo a non guardare oltre il nostro naso?

    Grazie sig. Enrico, Ciuff Ciuff anche Lei.

    I matti non hanno il cuore

    “I matti non hanno il cuore, o se ce l’hanno è sprecato…”

    (Francesco De Gregori – I matti)

    Curiosamente noto, in una via Garibaldi affollata, che tutti o quasi hanno l’espressione seria, alcuni annoiata, altri decisamente segnalatrice di un livello di scazzo ormai in rosso fisso…scena che si ripete ogni volta che passeggio per Torino, dove la maggior parte della gente, nonostante sia in giro a godersi il proprio tempo libero, sembra che sia più incazzata di quando quel tempo lo deve occupare in quell’attività tanto criticata quanto cercata che è il lavoro.

    A interrompere il mio osservare arriva la musica lontana di una banda che suona la marcia dei bersaglieri; è il primo giugno e immediatamente penso a una anticipazione della festa della repubblica, percui inizio a guardarmi in giro per capire da dove arrivino quelle note, attendendo il passaggio dei musicisti col caratteristico copricapo.
    La musica è sempre più vicina, ma della banda nemmeno l’ombra e inizio a dubitare del mio udito, anche perché nessuno sembra imitare il mio atteggiamento.

    Poco dopo scopro il perché: un signore sulla sessantina, alto abbastanza da poterlo definire basso, molto basso, sta passeggiando a passo spedito portando sulle spalle uno zaino da cui escono due casse che fans del trap levatevi proprio. Quelle casse sono l’origine della marcia che lui trasmette senza soluzione di continuità per tutta la via.
    Cammina e quando incrocia uno sguardo sorride e con un cenno del capo tanto delicato quanto educato, saluta e prosegue nella sua marcia senza curarsi di nulla, fiero e contento di fare quello che fa.

    Nulla di così strano, tutto sommato, se non per il fatto che mi rendo conto che tutte quelle facce, prima incazzate, annoiate e scazzate, ora hanno un sorriso stampato sulle labbra mentre commentano lo strano fuori programma.

    E forse “i matti non hanno il cuore o se ce l’hanno è sprecato”, ma il dono del sorriso è un atto che va oltre la pazzia, oltre il cuore stesso…è un minuscolo dono del creato, contagioso nella sua semplicità, candido nella sua purezza, potente nella sua immensità…

    E allora, caro signore, continui a marciare con le sue casse portando un sorriso a chi incontra, perché forse i veri pazzi siamo noi.

    Dalle stalle alle stelle

    Il 27 novembre 2018 non ha certo brillato nel firmamento dei trasporti ferroviari, perlomeno non nella tratta Rivarolo-Chieri; appena giunto alla stazione del Lingotto, per fare ritorno a casa dopo una giornata di lavoro, osservando il tabellone delle partenze ho subito intuito che sarebbe stato un lungo viaggio…gli indizi erano chiari, tipo “ritardo 45 minuti” o un decisamente più inquietante “Cancellato”.

    Dagli altoparlanti comunicano che un guasto tra le stazioni di Trofarello e Chieri comporterà ritardi a cancellazioni, ultimando l’annuncio con l’ormai evergreen “ci scusiamo per il disagio” che è diventato un classico come e forse più di “Nel blu dipinto di blu” di Domenico Modugno…se si facessero pagare i diritti SIAE per quella frase, le ferrovie italiane sarebbero la prima potenza economica mondiale.

    Fermo al binario 4, ascolto gli annunci e osservo le rotaie come un cane osserva la ciotola del cibo vuota, in attesa che il miracolo si compia e appaia come per magia il treno che mi riporterà a casa. Miracolo che sembra arrivare quando viene annunciata la partenza del convoglio per Chieri al binario 1.

    L’esodo biblico dei passeggeri si compie nel sottopasso lingottiano (o lingottese? vabbè non è importante); un popolo stanco e mediamente esasperato che accoglie questa partenza come un segno della bontà divina.

    Il sospiro di sollievo però dura il tempo di due fermate perchè giunti a Trofarello ci viene comunicato che il treno termina la corsa e non prosegue.

    La sensazione è la stessa che si proverebbe se ci facessero vedere i regali sotto l’albero e, all’ultimo momento, ci dicessero che non sono per noi.

    Il clima generale spazia dalla rassegnazione alla rabbia, con un inizio di imprecazioni così fantasiose da meritare di prendere qualche appunto, che nella vita servono sempre nuove forme di insulto.

    Consulto il tabellone delle partenze e leggo che al binario 5 arriverà, con un inevitabile ritardo di 25’, il prossimo convoglio; mi piazzo e attendo fiducioso, mentre al binario 6 c’è ancora un capannello di passeggeri che discute animatamente con il macchinista, confermando la tendenza a prendersela con chi non c’entra una beata mazza con le situazioni che ci recano disagio:

    al ristorante il cibo non è buono? me la prendo col cameriere.

    al supermercato ci sono troppe poche casse aperte? me la prendo con le cassiere.

    il treno si ferma a Trofarello? me la prendo col macchinista.

    Essere l’interfaccia col pubblico è il lavoro più rischioso e meno gratificante del mondo.

    A frantumare ogni speranza di viaggiare ancora su rotaia, arriva l’ennesimo annuncio che avvisa della presenza di un pullman sostitutivo pronto nel piazzale adiacente alla stazione.

    Ennesimo spostamento con esito incerto, in quanto del suddetto pullman non vi è ancora traccia, se non nella fantasia scatenata da un processo mentale di disperazione che ti fa vedere un autobus anche guardando una fiat 500 del 1971.

    Intanto valuto le alternative possibili:

    1

    Taxi: tempo stimato di arrivo a casa 25 minuti

    Costo stimato: 30 euro

    Esito: bocciato

    2

    Autobus 45 fino a Cambiano e proseguimento a piedi fino a casa: tempo stimato di arrivo 1,5 ore

    Costo: zero

    Rischio di essere investito durante il tragitto pedestre: alto

    Esito: bocciato

    3

    Dormire in stazione a Trofarello: tempo di arrivo a casa 24 ore

    Costo: zero

    Possibilità di racimolare qualche euro venendo scambiato per un clochard: scarsa

    Rischio di venire cacciato per vagabondaggio: alto

    Esito: bocciato

    Terminate le opzioni e gran parte delle energie, mi rassegno ad attendere il tanto famigerato bus, quando l’inaspettato si materializza nella figura di una giovane ragazza che mi si avvicina e mi chiede cosa sia successo, incuriosita dal volume di persone ferme davanti alla stazione.

    La breve spiegazione che le fornisco è utile a scatenare quella roba di cui tanto riempiamo i nostri post sui social, ma che stentiamo a materializzare in gesti concreti: la solidarietà.

    La ragazza in questione fa semplicemente un rapido calcolo: sono in macchina e vado a Chieri, ho 4 posti vuoti che equivalgono ad altrettante persone che posso trasportare fino a casa o quasi…e siccome la matematica non è un’opinione, al contrario della solidarietà che più che un’opinione è sempre più un’eccezione alla regola del cinismo, si offre di accompagnare 4 di noi fino alla stazione di Chieri, da cui poi ognuno proseguirà come è solito fare.

    Il tragitto scorre tra chiacchiere e qualche risata ironica sull’accaduto e su altri argomenti sicuramente futili, ma che servono sia a stemperare la tensione accumulata (e anche un po’ di stanchezza), sia a rendere gradevoli i pochi chilometri che ci separano dalla meta.

    Rientro a casa stupito di essere stupito, perchè mi rendo conto che l’ovvio è diventato ormai rarità, che la normale tendenza all’aiuto reciproco sta lasciando il posto alla diffidenza, alla paura e a quell’egoismo che troppo spesso viene definito sano, senza considerare che lo è nella misura in cui viene bilanciato da un tendere verso l’altro.

    Questa ragazza, di cui non ricordo il nome, non ha avuto il minimo dubbio, nessuna incertezza…per lei era del tutto normale offrire quel passaggio che invece non era assolutamente un atto scontato, soprattutto nel mondo dei “grandi”.

    Ma si sa, i giovani spesso costituiscono il meglio della società, proprio perchè non hanno ancora avuto il tempo di farsi corrompere da essa.

    Incasso la lezione di vita e la faccio mia, giusto per ricordarmi come dovrebbero funzionare le cose in un mondo normale.

    Quindi il grazie va a lei, non tanto per il passaggio tanto gradito quanto inaspettato, ma per per aver dimostrato, ancora una volta, che basta davvero poco per essere semplicemente quello per cui siamo stati progettati: esseri umani.

    bene ma non benissimo...

    nella fase di conoscenza, corteggiamento e innamoramento diamo sempre il meglio di noi, perchè dopo sia sopportabile il nostro peggio...

     

    ed è subito sera.

    Trigonometria

    cerco menti acute

    in mezzo a centinaia di persone ottuse...

     

    ed è subito sera...

    Social

    Scriviamo cose inutili

    a persone che non conosciamo

    e a cui non frega niente

    nell'immenso oceano

    del nulla assoluto

     

    ed è subito sera...

    Vuoi ballare?

    29 settembre, sabato sera, lungo mare...c'è poca gente che passeggia e questo dà la possibilità a me e alla mia compagna di goderci il luogo con una pace inusuale in una serata piacevolmente fresca.
    I locali sono praticamente vuoti e i pochi clienti sono turisti tedeschi o olandesi.
    Incappiamo in un artista di strada che diffonde la musica del suo violino attraverso un piccolo amplificatore alimentato a batteria, che trasmette le basi su cui lui suona con una buona tecnica.
    Si susseguono valzer, tanghi, mazurche e affini; ci sediamo sul muretto accanto a lui e seguiamo le note che di certo non sono ciò che abitualmente ascoltiamo, ma che in quel contesto risultano essere più che gradevoli.
    Una coppia anziana accanto a noi commenta e rispolvera i propri ricordi di gioventù, portati alla luce da quelle melodie.
    Ascoltano, sorridono e ricordano fino a quando lei gli dice "balli con me?"
    Lui da buon maschio duro e orgoglioso, nega questa concessione, ma un attimo dopo la guarda, sapendo che lei aspetta solo un suo cenno e replica "Vuoi ballare?"
    L'inizio è incerto, tradendo il fatto che da tanto tempo non lo fanno, ma man mano che la musica avanza, i passi e l'affiatamento ritornano ad essere quelli tipici di chi non solo si conosce da tanto tempo, ma che che da tutto quel tempo si ama.
    In mezzo al lungo mare, incuranti della gente, ballavano, sorridevano, facevano l'amore...un passante li osserva e gli grida "bravi" subito seguito dalla figlioletta che tiene per mano.
    Il musicista sembra rinvigorito da questo inaspettato fuori programma e si concede qualche virtuosismo, quasi a rompere una certa timidezza.
    Non resisto e prendo in mano il cellulare per filmare la coppia; sembra di essere in un film, di quelli da lieto fine e lacrime assicurate.
    E in effetti scopro, un passo di danza dopo l'altro, di avere gli occhi lucidi di emozione e di gratitudine per questo omaggio alla vita, all'amore e alla gioia.
    Terminate le danze, la coppia si risiede accanto a noi, li guardo sorridendo e dico loro "eravate bellissimi"...e lo erano, forse non per la maggior parte delle persone che passavano distratte e assorbite dai loro discorsi, ma per me lo erano...e lo sono ancora.

    Auguro loro di saper assaporare il loro tempo insieme sempre con questo spirito, finchè il buon Dio glielo consentirà...e li ringrazio per questa lezione di amore, per la loro tenerezza, per aver dimostrato come il senso di tutto, alla fine, sia tutto in quei passi di danza e in ciò che rappresentavano.

    Sì, erano bellissimi...erano mio padre e mia madre.

    da padre a figlia

    La nascita di un figlio è un evento che, si dice, sconvolge la vita; io preferisco dire che sposta gli equilibri che fino a quel momento si erano raggiunti non senza fatica e sudore.

    La nascita di un figlio è un evento dal forte impatto emozionale che, a differenza di altri, dura per molto tempo portando con sè l'inevitabile cedimento alla poesia di una nuova vita che arriva e ci accompagnerà per sempre.

    E molto spesso le onde emozionali riescono a celare la parte meno bella di un evento: i conflitti, le tensioni, le difficoltà...crescere insieme nell'eterna lotta tra educare ed venire educati reciprocamente.

    Si dice che fare il genitore sia il mestiere più difficile del mondo; io non lo definirei un lavoro, ma una precisa responsabilità che un genitore ha verso i propri figli e, di riflesso, verso l'intera comunità.

    E a un certo punto, inevitabilmente, arriverà il momento di tirare le somme, di guardarsi in faccia e onestamente fare il bilancio di come questa responsabilità sia stata gestita.

    Ma se questo è difficile, ancor più difficile è parlarne coi diretti interessati; quei ragazzi che ormai si affacciano alla vita in modo indipendente, che si allontanano dal nido natio, che si arroccano in posizioni antagoniste facendo emergere l'inevitabile lotta generazionale, fino ad arrivare a una mediazione che null'altro è se non l'oggettivazione di un processo di crescita nel quale noi genitori abbiamo avuto un ruolo fondamentale, nel bene e nel male.

    Parlare con i nostri figli è dannatamente difficile; vorrei saperlo fare meglio, vorrei mettere a nudo ciò che è ed è stata la mia vita...vorrei farlo come in questa canzone.

     

     

    Ma il cielo è sempre più "Blues"

     

    Viaggio musicale: prologo

    Correva l'anno 1981; io bambino di 10 anni stavo cercando faticosamente (e inconsapevolmente) la mia strada, la mia personalità e, in tutto questo, anche un'identità musicale in grado di rappresentarmi.
    Per fortuna o per sfortuna, dipende dai punti di vista, quell'estate sono andato in montagna insieme a un mio cugino, più grande e già affacciato al mondo travagliato dell'adolescenza.
    Pesce fuor d'acqua, gironzolavo con ragazzi di 16 anni con gli ormoni impazziti e la voglia di ribellione che affollava il loro DNA.
    Durante uno dei pomeriggi passati ad affollare l'unico locale del paese, qualcuno si alzò, mise 200 lire nel juke box (che belli i tempi dei juke box e delle lire) e inserì il codice del disco che voleva condividere con i presenti...me compreso.
    Bastarono circa 5 secondi per farmi entrare nel mondo che non ho mai più abbandonato: quell'inizio così vigoroso fatto di chitarra elettrica distorta, quella voce graffiante, quel crescendo di potenza, quegli assoli di cui potevo solo immaginare la velocità delle dita sulla tastiera...non avevo ancora capito chi ero, ma avevo capito quale sarebbe stata la colonna sonora della mia vita e quale strumento avrei provato a imparare a suonare (oggi posso dire con scarsi risultati, ma è l'intenzione che conta no?).
    Spesso sono piccoli istanti, imprevisti ed estemporanei, a cambiare per sempre qualcosa in noi. Io ringrazio quel ragazzo per aver messo quel disco...i miei vicini di casa, invece, lo maledicono da anni.

    C'est la vie.

     

     

    mi piacciono

    mi piacciono le persone dirette...

     

    in molti casi, dirette altrove

    Decidi

    Possiamo lamentarci fino allo sfinimento, inveire contro il destino, l'umanità, la vita stessa...ma è solo per non accettare il fatto che la maggior parte della nostra esistenza dipende dalle nostre decisioni, comprese quelle sul come reagire a quelle degli altri...

     

     

     

    Cantami l'amore

    Per scrivere una canzone d'amore basta poco e lo dimostrano le tante canzoni fotocopia che vengono prodotte in continuazione...e per dirla tutta, troppo spesso con testi banali, puerili, svilenti, scandalosamente ruffiani per far presa su un pubblico sempre meno esigente sia dal punto di vista musicale, sia da quello dell'intensità e profondità dei testi.

    Poi c'è qualcuno poco avvezzo a produrre questo tipo di canzone e proprio per questo, nel momento in cui si approccia all'argomento, lo fa in modo così elegante e raffinato da risultare definitivo. Questa non è una canzone d'amore, questa è LA canzone d'amore...e vaffanculo il "cuore che fa rima con amore"

     

     

    Percentuali

    Se fossimo il 10% di quello che diciamo di essere sui social, il mondo sarebbe un posto meraviglioso...se ne fossimo il 20%, sarebbe il paradiso terrestre.

    Sport...

    San Silvestro in una sera d'estate, campetto all'aperto di basket...gli zaini a bordo campo contengono lo stretto necessario per giocare.
    Il sole lentamente cala lasciandosi alle spalle il caldo opprimente e disegnando lunghe ombre sul terreno.
    Sul campetto in cemento che solco dopo più di 20 anni di assenza, vivo un ritorno alle radici dello sport, dove non c'è una società, non ci sono palazzetti, allenatori, tifosi, divise...ci sono solo ragazzi con il loro sudore e la loro passione, con la voglia di vivere insieme un momento di aggregazione fatto di sport e di totale assenza di qualsiasi etichetta sociale...c'è solo una palla da giocare, due canestri un po' sgangherati in cui farla entrare, canotte di mille colori diversi e quell'aria di condivisione, lealtà e amicizia che appartiene allo sport "on the road"
    Due ore in cui dimenticarsi del mondo, o forse semplicemente due ore in cui viverlo nel modo migliore...e alla fine, il corpo ti ricorda che inizi a essere in po' vecchio per questa roba, ma il cuore ti ricorda che sei ancora vivo...
    Dio benedica la pallacanestro

    Guscio di noce

    e tu per cosa lotti?

    che cosa cerchi?

    per cosa moriresti?

     

     

    Tossico

    Ognuno è tossico di qualcosa, di qualcuno, anche di sè stesso, ma pochi hanno abbastanza palle da ammetterlo.

     

     

    Mi pare appropriato

     

    Per dire...

    Ma a quelli che "sono unico" - "sono unica", si può rispondere "grazie al cazzo" o pare brutto?

    Ognuno ha i propri bisogni speciali...da custodire gelosamente in se stesso fino a quando non saprà che può fidarsi così in profondità da poterli lasciare liberi...

     

     

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